Il gruppo riformista degli economisti italiani ha ben presto suffragato la tesi del declino italiano. Lasciando solo chi chiedeva di liberalizzare il liberalizzabile, comprimere dolorosamente la spesa pubblica corrente, e contemporaneamente governare in deficit nella scommessa che i mercati, se non Bruxelles, avrebbero capito e ratificato la scelta di tirare la crescita con un radicale abbattimento della pressione fiscale compensato e sostenuto da un audace e inedito riformismo strutturale. Così scrive il direttore del Foglio per il nostro quarto compleanno. Un gruppo di economisti seri, preparati, connessi come di dovere a scuole, accademie, industrie, banche, giornali, decide di costituirsi a testimone della necessità dellinnovazione economica, e lo fa nella libertà autoreferenziale (ma non tanto) del web. Nasce lavoce.info ed è un successo immediato di stima e di pubblico. Siamo rimasti soli Così siamo rimasti soli o in pochi e comunque impotenti a chiedere che il ciclo, per niente inabissato nel declino, fosse frustato nellunico modo possibile: liberalizzando il liberalizzabile, comprimendo dolorosamente la spesa pubblica corrente, e contemporaneamente governando in deficit nella scommessa che i mercati, se non la Commissione di Bruxelles, avrebbero capito e ratificato la scelta di tirare la crescita con un radicale abbattimento della pressione fiscale compensato e sostenuto da un audace e inedito riformismo strutturale.
Complimenti, quattro anni dopo. Però la politica ha le sue virtù, che lavoce.info sottovaluta, e certe sue costanti che il gruppo tende a ignorare. Di questo ero convinto dallinizio. Come si fa a pensare riforme economiche serie, che mantengano ambizioni liberali non esclusivamente tecniche, non solo di riordino e razionalizzazione, senza misurarsi con londa corta della politica?
In poco tempo i testi e le iniziative del gruppo riformista degli economisti italiani, con i suoi forti e qualificati agganci internazionali, prendono a suffragare la tesi andante del declino italiano, e diventano la bibbia della nuova Confindustria di Luca Cordero di Montezemolo e di Innocenzo Cipolletta. LItalia è nel suo ennesimo dopoguerra in un panorama di rovine bene illustrato dalle inchieste di Letta & Bersani sulla mancanza di latte da consumare, per carenza di reddito, nella quarta settimana di vita famigliare. Il declinismo mi sembra un peccato originale politicamente e ideologicamente qualificato, mi sembra subito una resa allinevitabile dato il rischio di inseguire limpossibile e linvisibile (la politica economica di Berlusconi e Tremonti e Siniscalco).
Forse noi siamo stati pazzi, voi siete stati troppo saggi. Per un bambino di quattro anni, poi, veramente un eccesso di callidità.
Con simpatia, e aspettando di vedervi alla prova nella nuova stagione della ripresa.
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Riccardo Puglisi
Egregio dottor Ferrara,
Se la scelta -da parte della voce.info- di ignorare le costanti della politica consiste nell’evitare un linguaggio fumoso a favore di un linguaggio chiaro, schietto e preciso, ben venga questa scelta!
E’ ciò di cui il dibattito politico italiano ha esattamente bisogno.
venturoli massimiliano
Buongiorno volevo fare un applauso a Giuliano Ferrara. Onore al merito per l’ onestà intelettuale del “Giulianone Nazionele”, che essendo un giornalista di razza ed una persona seria, ha concluso dichiarando (in sintesi) ORA TOCCA A VOI.
Personalmente non sono quasi mai d’ accordo con Ferrara ma ” chino la testa ” davanti la Sua chiarezza ed onestà.
Faccio solo notare che Ferrara, avendo ” bazzicato” in passato nella Sinistra Italiana, facendo gli auguri, alla Sinistra moderata, di un ” buon lavoro” è perfettamente consapevole dell’ inpossibilità, per quest’ ultima, di riformare il Paese avendo come alleati la Sinistra Estrema. Sperando che Ferrara abbia torto Vi porgo i miei saluti
Venturoli Massimiliano
Roberto Russo
Giuliano Ferrara si domanda: “Come si fa a pensare riforme economiche serie, che mantengano ambizioni liberali non esclusivamente tecniche, non solo di riordino e razionalizzazione, senza misurarsi con londa corta della politica?”
Credo che il non esclusivamente tecniche contenuto nella domanda di Ferrara, dica di un problema di natura culturale che merita attenzione anche da parte di chi si interessa prevalentemente di economia e di politica economica.
Con qualche cedimento allo schematismo e senza indulgere ex post allastrazione, si potrebbe dire che per il tenore delle discussioni, per la forma dello spirito critico, per lo stile espressivo e l’architettura concettuale, il gruppo de lavoce tende a identificarsi, politicamente ed economicamente, con il riformismo moderato, storicamente e culturalmente, con il cosiddetto liberalismo di sinistra (democratico? radicale? laburista?); anche se rispetto a posizioni più marcatamente culturali, non mi pare si sia espresso in maniera diretta.
Problema di natura culturale, dicevo, che, però, non resta confinato nella cultura (stili di vita, valori, tradizioni, autocoscienza individuale e sociale, ecc.), ma si riversa un po dappertutto e determina (oltre, naturalmente, ad esserne determinato) quei tanti aspetti della vita politica ed economica che il gruppo de lavoce vorrebbe riformati.
Non auspico che nel sito de lavoce incominci a trovarsi un po di tutto. Mi piacerebbe solo sapere come la pensano i suoi principali redattori, anche se non intendono pensare questioni di ordine culturale (e sarebbe, o uno sbaglio tollerabile, per il conseguimento di uno scopo ben determinato, di una natura tecnica, per dirla ancora con Ferrara; o uno sbaglio intollerabile, perché improduttivo e fuorviante, cosa che, del resto, non sembra proprio). In altre parole, chi tifa per lavoce per ciò che dice (sul riformismo), dove si trova (culturalmente) con lavoce per ciò che non dice?
Auguri e lunga vita.
Giorgio Maritati
Chiedo ospitalità per sostenere che non serve classificare sotto vessilli ormai un pò logori (come riformismo, liberalismo, ecc.) l’attività di fermento culturale di un gruppo di intellettuali.
E’ più utile che tale gruppo continui a contribuire, con approccio interdisciplinare, ad aggiornare gli strumenti concettuali di comprensione dei fenomeni di una società complessa; e complessa perchè globale.
Aggiungo che essi non possono essere rimproverati, seppur scherzosamente, di “callidità” che sta per “astuzia, furbizia” perchè la serietà e l’obiettività sono pregi e non difetti della ricerca sociale.
Simone Sereni
Caro Ferrara, nel mio piccolo sono anche io un’economista, anche se oggi faccio un mestiere traverso… e non mi ci vuole la mia laurea per osservare empiricamente dalla mia e altrui realtà che l’inchiesta di Letta e Bersani sulla “crisi del latte alla quarta settimana del mese” non è affatto declinismo… mi rendo conto che chi è abituato ad un ambiente di elite (certi politici di sinistra inclusi) non riesce più a vedere come vive davvero tanta gente, anche istruita e professionalizzata. E non riesce (o meglio, non vuole) vedere che milioni di italiani si ingozzano di cellulari e hi-tec, ma sono pieni di “buffi” e nevrosi… Abbasso il suo ottimismo ideologico e ad orologeria, caro Ferrara. W le persone serie, come quelle del gruppo de Lavoce.info