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L’insostenibile leggerezza della ricarica

I rilievi dell’indagine promossa da Agcm e Agc sui servizi di telefonia mobile con ricarica del credito non sembrano avere fondamenti economici solidi. Se le imprese hanno potere di mercato, tariffe a due parti consentono di aumentare i profitti, ma sono compatibili con un equilibrio non collusivo. Da dimostrare che gli effetti della regressività gravino sulle categorie effettivamente deboli. Mentre sono le molteplici determinanti dei prezzi a limitarne la trasparenza. E la cancellazione del contributo potrebbe anche avere conseguenze controproducenti per i consumatori.

Dopo un’attesa di oltre cinque mesi, dopo le indiscrezioni di quotidiani e telegiornali, e le recenti dichiarazioni di Calabrò, il 16 novembre l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni hanno reso noti i risultati dell’indagine conoscitiva sui servizi di telefonia mobile con ricarica del credito. La ricarica comporta il pagamento di un onere aggiuntivo (da 0 a 5 euro) rispetto al valore del traffico telefonico acquistato, la cui incidenza diminuisce al crescere del taglio della ricarica (in questo senso, si parla di regressività). Il contributo rappresenta una specificità italiana e ha permesso ai gestori di conseguire nel 2005 ricavi per circa 1,7 miliardi di euro.

Cosa dicono le Autorità

Le Autorità concludono che l’esistenza del contributo di ricarica – simile alla quota fissa di una tariffa a due parti – facilita la collusione fra imprese. E delineano due possibili interventi in relazione ai problemi di trasparenza dei prezzi e di discriminazione verso alcune categorie di consumatori. Il primo prevede l’eliminazione del contributo di ricarica, in modo che i consumatori possano meglio determinare i costi sostenuti e confrontare le offerte presenti sul mercato. Il secondo intervento prevede invece il mantenimento del contributo di ricarica, ma l’abolizione della sua struttura regressiva, così da non discriminare gli acquirenti di tagli di ricarica di importo basso, per lo più studenti o non occupati fra i 14 e i 24 anni con vincoli di liquidità.
Anche se tutti noi consumatori saremmo ben lieti di non pagare più il contributo di ricarica, a parità di altre condizioni, come economisti nutriamo forti dubbi sui presupposti economici e sull’opportunità di intervento dell’Autorità. In breve, ci tocca il ruolo di “avvocati del diavolo”: le Autorità sembrano infatti aver ignorato la possibilità di comportamenti “innocenti” da parte delle imprese e fondano alcune conclusioni su assunzioni poco difendibili. (1) .

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Collusioni, regressività e trasparenza

L’Autorità sostiene che l’esistenza del contributo di ricarica potrebbe favorire la collusione. Fissare una parte del prezzo indipendente dai piani tariffari e immediatamente osservabile dai concorrenti ridurrebbe infatti, almeno parzialmente, i costi di coordinamento legati alla complessità delle tariffe. A supporto di questa tesi, nell’indagine si sottolinea che, mentre i prezzi medi al minuto sono diminuiti, il contributo di ricarica è rimasto costante e pressoché uguale fra operatori, consentendo una “sacca” di redditività immune dalla pressione concorrenziale.
Pur concordando che la parte fissa del prezzo possa favorire comportamenti collusivi, tuttavia non si può escludere che le imprese l’abbiano introdotta con altri obiettivi. La letteratura ha mostrato che, in un contesto in cui le imprese abbiano potere di mercato, tariffe a due parti consentono di aumentare i profitti, ma sono compatibili con un equilibrio non collusivo. (2) Nella telefonia mobile, il potere di mercato è legato alla presenza di switching cost, che ancora oggi rendono oneroso il cambio di operatore, nonostante la portabilità del numero. In particolare in Italia, date le peculiarità della domanda, le imprese concentrano le loro strategie sulla creazione di switching cost “artificiali”, attraverso l’offerta di piani tariffari volti a fidelizzare gli utenti. Hanno quindi un incentivo a mantenere la parte variabile relativamente bassa e ad appropriarsi del sovrappiù del consumatore attraverso la parte fissa.
In termini di dinamica dei prezzi, l’evoluzione della concorrenza ha reso profittevole per le imprese abbassare la parte variabile, ma non la parte fissa. Con una domanda in espansione, al momento dell’entrata di Omnitel, la base installata di utenti ha reso Tim poco aggressiva sulle nuove categorie di consumatori con bassa disponibilità a pagare e ciò ha permesso a Omnitel di guadagnare quote di mercato. In particolare, non potendo discriminare tra vecchi e nuovi utenti sul costo di ricarica, Tim non ha avuto incentivo a ridurlo e la strategia ottimale di Omnitel è stata quella di imitare l’impresa leader.
La regressività, poi, si ritrova in molti mercati di beni e servizi di uso comune (si pensi agli sconti di quantità). Inoltre è tutto da dimostrare che i suoi effetti gravino sulle categorie effettivamente deboli; il vincolo di liquidità per i giovani può essere in realtà frutto di un controllo della spesa da parte delle famiglie. In molti casi questi utenti acquistano tagli di ricarica di basso valore, ma con elevata frequenza, il che suggerisce un intenso utilizzo del telefono cellulare. Ci chiediamo dunque come si possa giustificare un eventuale intervento dell’Autorità volto a riparametrizzare un prezzo di libero mercato, soprattutto laddove non sia chiaro se la discriminazione colpisca i consumatori effettivamente più deboli.
Per quanto concerne la trasparenza, è l’esistenza di un’oggettiva difficoltà a calcolare il prezzo medio al minuto a causa delle sue molteplici determinanti (per esempio scatto alla risposta, Iva, meccanismi di autoricarica) a limitare la trasparenza dei prezzi, più che il contributo di ricarica. È proprio tale complessità che rende difficile la determinazione del costo effettivo delle telefonate, nonché il confronto fra i diversi piani tariffari di un operatore o di operatori concorrenti. Pertanto l’eventuale eliminazione del contributo di ricarica da parte dell’Autorità non gioverebbe, se non molto marginalmente, alla trasparenza dei prezzi. Inoltre siamo sicuri che le imprese, una volta abolita la parte fissa, non aumenterebbero i prezzi al minuto per aumentare i loro profitti, proprio avvalendosi della scarsa trasparenza dei piani tariffari? Non dimentichiamo che oggi il mercato italiano presenta prezzi al minuto inferiori alla media dei paesi europei, come sottolineato dalla stessa Autorità. La crescente insofferenza verso il contributo di ricarica, che ha dato origine all’indagine, potrebbe avere per i consumatori effetti controproducenti.

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(1)
Per un’analisi più approfondita vedi M.R. Battaggion, N. Corrocher, L. Zirulia, (2006), “Telefonia mobile e costi di ricarica: un dibattito aperto.”, Economia e Politica Industriale, n. 4.
(2) L.A. Stole, (2003), “Price Discrimination and Imperfect Competition”, Mimeo, di prossima pubblicazione in Handbook of Industrial Organization.

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27 commenti

  1. Gianfranco Melone

    Mi sorprende, nel testo, “l’ingenua” fiducia verso la trasparenza del mercato, che mi sembra pervada tutto l’articolo.
    Chiedo agli autori:
    1) Il contributo sulla ricarica, rappresenta o no un’anomalia, in quanto esistente solo in Italia (con profitti notevoli per le società come indicato nello stesso articolo)?
    2) Una sua abolizione contribuirebbe ad un’operazione di trasparenza sui prezzi reali richiesti per il servizio?
    3) Eventuali aumenti ingiustificati delle tariffe sarebbero contrastati dall’intervento dell’autorità .

    • La redazione

      Al contrario. Noi siamo convinti che il mercato italiano della
      telefonia sia davvero poco trasparente. Basta guardare alla moltudine di piani tariffari e opzioni offerti dalle imprese. Ma la nostra sensazione è che il contributo di ricarica abbia un impatto marginale su questo (basti pensare che tutti noi siamo consapevoli del costo di una ricarica, ma molti di meno sarebbero in grado di dire quanto pagano al minuto…).
      Se la sua osservazione si riferisce anche all'”efficienza” del mercato, consideri però che un conto è il potere di mercato (che rende il mercato meno “efficiente”, che probabilmente le imprese italiane hanno più delle imprese straniere, ma che di per sè non sanzionabile) ed un conto è la collusione (che invece è sanzionabile).
      In risposta alle sue domande:
      1. Sì, è presente solo in Italia, il che sicuramente è stato un buon motivo per promuovere l’indagine scientifica.
      2. No, per quanto detto prima, se non in maniera marginale.
      3. In realtà, ci sono davveri forti dubbi che l’Autorità possa intervenire sui prezzi finali per gli utenti, considerano che si tratta di un libero mercato (di fatto la trasparenza è l’unico “appiglio” per l’Autorità).

  2. AC

    I gestori di telefonia innocenti? possibile, ma, a mio avvio, molto poco probabile.

    Come per il fisso, anche nel mobile la tendenza è quella di stabilizzare la parte fissa dei ricavi a scapito di quella variabile, ed è del tutto logico che sia così: forse non è collusione esplicita (che comunque gli stessi autori non escludono), di certo non è comportamento “innocente”….

    Non mi sembra inoltre discutibile l’effetto di regressività del sistema delle ricariche, a prescindere dai motivi (peraltro ovvi) per i quali ai figli non vengono elargiti ampi budget di spesa telefonica. Non credo ci vogliano indagini sofisticate per verificare che le ricariche da 100 o più euro siano effettuate in prevalenza da chi non ha problemi a quadrare il bilancio familiare di fine mese!

    Infine, è ben probabile che l’abolizione del costo di ricarica (o una sua misura proporzionale e non fissa) potrebbe far incrementare i costi al minuto, magari allineandoli ai livelli europei, ma questo, semmai, non andrebbe a favorire la trasparenza e quindi la competitività?

    Cordialmente

    • La redazione

      Caro Currao,
      per noi “innocente” è sinonimo di non collusivo, ossia non sanzionabile dall’Antitrust sulla base delle normi vigenti. Anche noi pensiamo che la collusione sia possibile, ma che si dovrebbero anche considerare ipotesi alternative. Non siamo convinti, poi, che un aumento dei prezzi al minuto, data la complessità delle offerte delle imprese, avrebbe un effetto positivo sulla trasparenza. Al limite, ci pare più possibile il contrario…

  3. Marco Quadrelli

    I servizi di tlc sono soggetti al pagamento di concessioni governative (l. 202/91), ov’è stabilita che la licenza per l’impiego di apparecchiature terminali per servizo radiomobile pubblico è soggetta a tale tributo e che lo stesso – il contributo di ricarica (come gli Autori erroneamente qualificano) è riscosso dal concessionario del servizio (tariffa ex art.21 tabella all. a D.p.r. 641/72). Il presupposto oggettivo del tributo è la creazione di un titolo giuridico per cui l’utente può utilizzare il sistema e l’applicazione del tributo è correalata alla sussistenza di documento che provi l’esistenza di un rapporto contrattuale (come il contratto di compravendita per ricarica) tra gestore e utente, cfr. art.39 D.p.r. 633/72 e d.m. 366/2000 art.4 co.5). Onde i presupposti giuridici per l’eliminazione del contributo di ricarica non ci sono.
    Quanto allo switching cost, vedasi delibera AgCom 7/02/CIR sulla portabilità del numero mobile e in particolare l’art.2 quanto al trasferimento del credito residuo (cfr. anche: Ag.Entrate, ris. 329/E del 21.10.02, dove le somme trasferite si qualificano come cessione di denaro e sono escluse dal campo di applicazione del tributo ex art.2 co.3 lett. d, D.p.r. 633/1972). Onde è errata anche l’affermazione degli Autori circa l’eccessiva onerosità del cambio di operatore.
    Cordiali saluti,
    Dott. Marco Quadrelli
    Collaboratore di “Istituzioni di diritto pubblico”, facoltà di Sociologia, Università Cattolica Milano.

    • La redazione

      Caro Quadrelli,
      come riportato nell’indagine, i contributo di ricarica non include nessuna imposta, a differenza di quanto accade nel caso degli abbonamenti. Per quanto riguarda la portabilità del numero, essa ha senz’altro ridotto gli switching cost, ma senza eliminarli, come mostra anche l’esperienza di altri paesi. Le offerte estremamente convenienti che le imprese propongono ai clienti degli altri operatori, per far cambiare loro gestore, sono lì a dimostrarlo.

  4. paolo

    All’estero il costo della ricarica non c’è. Inoltre l’utilizzo di una sim prepagata favorisce le aziende: in pratica il cliente anticipa il pagamento di telefonate che farà in seguito.
    E’ chiaro che le aziende di telefonia ne traggono vantaggio. Inoltre statisticamente c’è anche un percentuale si simcard che vengono ricaricate ma poi non utilizzate per mesi e alla fine il credito scade.. Altro che costo di ricarica!
    Inoltre la discussione sulla regressività non sta in piedi. Ha senso parlare di regressività se mi dici “una scheda di memoria da 1 giga costa 50 euro, ma quella da 2 giga costa 80 euro”. (quello che si compra è “misurato” in una grandezza diversa)
    Invece qua si parla di un costo dell’operazione: faccio una ricarica da 15 euro, ma mi costa 20: a me sembra una specie di truffa, in cui si offusca il prezzo vero.

    Per parlare di regressività in modo “onesto”, le ricariche dovrebbero avere un prezzo equivalente al loro valore nominale (15 euro = 15 euro), mentre il costo di conversazione al minuto potrebbe scendere se, mettiamo, in un mese si parla per piu’ di 1 ora.
    Io non sono un economista, ma queste considerazioni bastano a farmi sospettare la “collusione”. Immaginiamo di impostare un semplice sistema di teoria dei giochi. Dato che tutte le aziende praticano il costo di ricarica, l’azienda 1 potrebbe eliminarlo, potendo attrarre cosi’ maggiori clienti. Cosa succederebbe pero’, anche l’azienda 2 farebbe altrettanto: il vantaggio in termini di clienti alla fine non ci sarebbe ma entrambe le aziende avrebbero ridotto il loro guadagno. Non è come il paradosso dei “prigionieri”, ma con la differenza che qui i prigionieri si parlano e cooperano ?

    • La redazione

      Caro Viappiani, noi non escludiamo la possibilità che ci sia
      collusione (“i prigionieri che si parlano e cooperano”). Ma non escludiamo nemmeno che le imprese stiano giocando un gioco in cui l’esito non cooperativo sia quello che osserviamo. Sulla regressitività: pensi al fatto che, date le tariffe, acquistare una ricarica corrisponde all’acquisto di un certo ammontare di minuti. Il prezzo di questi minuti (il costo di ricarica) non cambia di fatto con i minuti: è la stessa logica del suo esempio, che mostra anche come la regressività sia un fatto piuttosto comune…

  5. ANDREA D'AMBRA

    Leggo con stupore questo Vs articolo in difesa di un evidente cartello messo in piedi dagli operatori di telefonia mobile con un’invenzione tipicamente italiana che, soltano nell’ultimo anno ha fatto guadagnare ai gestori ben 1,7 Miliardi di Euro.
    So che lavoce.info è linkato dal blog di Beppe Grillo e, visto il sostegno di quest’ultimo alla mia battaglia contro quest’anomalia tutta italiana non pensavo che Voi foste su queste posizioni cosi in difesa dei grandi interessi e delle lobby della telefonia mobile in italia.
    Come mai TIM non ha costi di ricarica in Grecia?
    Come mai Vodafone non ha costi di ricarica in Germania?
    Come mai siamo l’unico paese ad avere questo balzello?
    E una precisazione per concludere, Gentili Professori, Economisti e quant’altro… non è vero che in Italia abbiamo le tariffe piu’ basse rispetto agli altri paesi.
    Alle tariffe bisogna infatti aggiungere il costo di ricarica che va ammortizzato e lo scatto alla risposta.
    Cose che negli altri paesi non esistono.
    in Austria (operatore Yesss) pagano 6,9 centesimi al minuto (senza costo di ricarica né scatto alla risposta) . In Finlandia (operatore Kolumbus) lo stesso: 0,069 € al minuto sempre senza costi di ricarica o scatto alla risposta. E per finire in Belgio si arriva anche a 5 centesimi di € al minuto (sempre lordo).
    Per maggiori informazioni: http://www.aboliamoli.eu
    Cordialmente
    Andrea D’Ambra
    Promotore della petizione contro i cost di ricarica.

    • La redazione

      Noi pensiamo che l’ipotesi di collusione sia plausibile, ma non certa. Ci pare possibile anche che le imprese non colludano. Avremmo voluto che l’indagine considerasse i due scenari. Vorremmo che, se chiamata a giudicare, l’Autorità considerasse gli elementi a favore e contro ciascuna delle due ipotesi, e giudicasse di conseguenza.
      E’ piuttosto comune che imprese si comportino in modo diverso in mercati diversi, senza che questo implichi la collusione. E’ quello che ogni buon manuale di economia chiama discriminazione di terzo grado. L'”anomalia italiana” è un fatto che sicuramente ha reso doverosa l’indagine, ma logicamente non implica che ci sia collusione. Ci vuole un argomentazione: l’antitrust la propone. Esiste una controargomentazione: se ne discuta.
      Questo non è difendere i grandi interessi, è solo un modo serio di ragionare.
      Con ogni probabilità, un intervento sui costi di ricarica ci sarà. La probabile conseguenza sarà un aumento dei prezzi al minuto, in relazione alla scarsa trasparenza che caratterizza il mercato in presenza di numerosi e complessi piani tariffari (a cui contribuisce, ci pare, molto di più lo scatto
      alla risposta che il contributo di ricarica). Vedremo se i consumatori staranno meglio o peggio.
      A questo riguardo, e per concludere, il riferimento alle tariffe è preso dal testo dell’indagine.Per prezzi,intendavamo esattamente i proprio minutari.
      Qui è la citazione:
      “Le evidenze illustrate – in termini di panieri OCSE e di ARPU medi per paese e per singoli operatori – appaiono indicare un tendenziale allineamento dei prezzi italiani rispetto a quelli medi europei. Questo risultato sembrerebbe derivare da due distinti fenomeni che incidono in senso opposto sul livello complessivo del prezzo: da un lato, l’esistenza in Italia – unico paese in Europa – di una componente di prezzo fissa per l’utenza derivante dal pagamento del contributo di ricarica, che incide prevalentemente sugli utenti a basso consumo; dall’altro, la presenza di una certa pressione concorrenziale sulla componente minutaria del prezzo” (pp 35-36).

  6. ciro daniele

    Anch’io considero molto fastidioso (e soprattutto antiestetico) il costo di ricarica, ma purtroppo non credo che la sua eventuale abolizione comporti alcun vantaggio per i consumatori. Anzi sono convinto che la polemica su questo presunto balzello serva solo a distogliere l’attenzione del pubblico e dell’Antitrust da problemi molto più seri. Tra l’altro, le compagnie telefoniche potrebbero facilmente aggirare e ridicolizzare un eventuale “anatema” dell’Antitrust contro il costo di ricarica semplicemente aumentando il costo dello “scatto alla risposta”, oppure accentuando gli sconti sulle telefonate più lunghe, che mi sembrano due componenti molto più rilevanti delle multi-part-tariff applicate da quasi tutti i gestori di telefonia mobile e fissa. In realtà la parte fissa delle tariffe telefoniche serve solo a fidelizzare il cliente ed a spingerlo a consumare di più per ammortizzare i costi fissi che deve comunque sostenere per mantenere un’utenza telefonica. Concordo assolutamente con le argomentazioni degli autori dell’articolo e vorrei solo aggiungere che, nel campo della telefonia mobile, la vera anomalia italiana non è il costo di ricarica, ma piuttosto una incomprensibile tassa governativa che grava sugli abbonamenti ma non sulle schede ricaricabili e che, tra l’altro, frutta solo pochi spiccioli all’erario. Solo per colpa di questo inutile balzello la maggior parte degli utenti preferisce utilizzare le schede prepagate, conferendo così alle compagnie telefoniche una liquidità impressionante a costo zero. Non a caso, in altri Paesi le ricaricabili sono quasi sconosciute ed anzi il loro impiego fa sospettare usi poco commendevoli delle utenze mobili. Suggerisco dunque a Grillo e all’Antitrust di impiegare le proprie energie per chiedere l’abolizione della tassa sugli abbonamenti, piuttosto che per censurare comportamenti che è fin troppo facile sostituire con pratiche assai più dannose per i consumatori.

  7. Mario Mariniello

    Vorrei solo fare una precisazione tecnica: è certamente vero che l’abolizione del costo di ricarica produrrà verosimilmente un aumento dei prezzi. Ma l’effetto totale sul surplus dei consumatori non è chiaro: sia in termini generali (aumentano i prezzi ma si annulla il costo di ricarica) che per le singole categorie (in linea di massima, la tariffa fissa penalizza di più i consumatori che derivano un’utilità minore dalle telefonate).
    Almeno sotto questo aspetto, quindi, la decisione dell’AGCM mi pare contestabile solo se si ritiene giusto attribuire un ugual peso al welfare delle imprese e dei consumatori, ovvero se si assume che l’obiettivo dell’antitrust sia massimizzare il welfare totale e non il benessere dei consumatori.
    Mario Mariniello (EUI)

  8. enrico

    L’argomento non mi convince del tutto. i consumatori che acquistano ricariche di taglio più basso, studenti, disoccupati con liquidity constraints, dovrebbero avere una minore marginal willingness to pay, pertanto una tariffa ottimale, dovrebbe, essere progressiva e non regressiva. inoltre dato che all’estero il costo di ricarica è nullo, dovremmo chiederci perchè, se è parte di una efficient tariff, le imprese estere non lo utilizzano. pertanto, mi sembra poco convincente spiegare la parte fissa della ricarica con un argomento di optimal pricing.

    • La redazione

      Caro Enrico,
      il fatto che la tariffa sia regressiva e non progressiva è un punto importante su cui anche noi abbiamo ragionato. Tuttavia non crediamo che quest’argomentazione infici completamente la logica dell’optimal pricing. Non dimentichiamo che qui non siamo in un contesto di monopolio, ma in una struttura di mercato oligopolistica. Sul secondo punto, a noi sembra che la differenza fra la strategia di prezzo delle imprese italiane e quella delle imprese estere sia riconducibile alle diverse caratteristiche della domanda e all’esistenza di un canone sull’abbonamento. Ricordiamo che in Italia il 90% degli utenti utilizza carte prepagate e solo il 10% abbonamenti: un divario così ampio non si riscontra in nessun altro paese europeo.

  9. Marcello Cenni

    Costi di ricarica dei cellulari: l’Autorità avvia una consultazione pubblica
    Oggi, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha esaminato gli esiti dell’indagine conoscitiva sui servizi di telefonia mobile con ricarica del credito ed ha deciso di promuovere un intervento regolamentare a tutela degli utenti attraverso lo svolgimento – ai sensi di legge – di una consultazione pubblica della durata di 30 giorni. A conclusione di tale consultazione, sarà assunta la decisione finale.

    Obiettivo della nuova struttura tariffaria è garantire la massima trasparenza e tutelare le fasce sociali più deboli, che sono quelle che oggi subiscono il maggiore aggravio del costo.

    Roma, 13 dicembre 2006

  10. vito ayroldi

    Al di la delle pur interessanti disquisizioni teoriche, ci sono due fattori da considerare.
    1. nel passaggio all’Euro il costo della ricarica è passato da 5000 Lit. a 5 Euro:è impossibile giustificare in qualsivoglia modo questo rincaro.
    2.I costi di ricarica per quanto mi risulta non sono presenti negli altri paesi europei.
    Suggerirei di usare il rasoio di Occam e stare ai fatti la cui semplice osservazione dice molte più cose di astrusi ragionamenti teorici che non hanno il pregio di partire dalla realtà.

    • La redazione

      E’ vero che nel passaggio all’euro il costo della ricarica è quasi raddoppiato. Ma questo non è il punto. Infatti l’aumento del prezzo non è di per sé sinonimo di collusione, tanto più che molti altri beni e servizi hanno seguito il medesimo incremento in conseguenza dell’introduzione dell’euro.

  11. Riccardo

    A nessuno viene in mente che il costo di ricarica sia legato ad una peculiarità del nostro mercato ?
    E cioè che sui contratti grava una canone di concessione governativa che negli altri Paesi non c’è. E questa è la ragione per cui nessun utente privato in Italia è titolare di abbonamento a differenza che altrove.
    Si abolisca questa tassa statale, e automaticamente i consumatori troveranno vantaggioso aprire contratti, così inducendo le compagnie ad eliminare i costi di ricarica sulle carte ricaricabili.

  12. anymous coward

    La prima per il prof Quadrelli della Cattolica:
    La tassa di concessione governativa non puo’ essere identificata con i costi di ricarica, come Lei erroneamente fa.
    Il presupposto per l’applicazione di tale tassa e’ il titolo abilitativo, che viene individuato dall’amministrazione finanziaria nel contratto di abbonamento, non nel contratto di vendita della ricarica o della prepagata.
    Se ve ne fosse il bisogno potrei entrare nei dettagli.
    Sulla TCG: la medesima amministrazione ha piu’ volte affermato che le carte prepagate sono esenti per mancanza del presupposto.
    Resta comunque l’anomalia italiana della tcg (tassa non progressiva) su un titolo abilitativo assolutamente non necessario (non lo e’ in quanto chi possiede una carta ricaricabile utilizza il sistema in maniera assolutamente legittima, se vi fosse necessita’ del titolo abilitativo le ricaricabili sarebbero semplicemente illegali), che potrebbe essere dichiarato illegittimo se solo qualcuno volesse fare battaglie meno populiste anche se piu’ complicate.
    A quel punto sarebbe il mercato stesso ad autoregolarsi, ma temo che siano di moda altre idee, ultimamente.
    Quello che preoccupa e’ che non solo i singoli prediligono il populismo e la ricerca di facile visibilita’, ma anche le istituzioni.
    Il continuo accenno alla regressivita’ dei prezzi e’ un indice di questo scadimento, che fa temere che in fondo vi sia il desiderio del ritorno alle tariffe amministrate quale elemento di “giustizia sociale”

  13. paolo

    pensate se andando a fare il pieno, il benzinaio vi dicesse che da oggi dovete pagare 5 euro ogni volta per “costo di rifornimento”…NO COMMENT!

    questo paragone chiarisce subito l’assurdità del costo della ricarica del cellulare.

    E’ poi probabile che in seguito a cio’ verranno aumenti i prezzi al minuto. Ebbene, che lo facciano, ma almeno ci sarà la trasparenza di sapere quanto paghiamo esattamente una telefonata al minuto. Ripeto, a me sembra un “offuscamento” del prezzo reale, quindi una specie di truffa.

    Sara’ anche interessante, da un punto di vista intellettuale, studiare il modello economico sottostante se e cosa cambierebbe per il mercato, ma una truffa rimane sempre una truffa!

  14. dino benetollo

    in Austria alle poste quando prendo una scheda telefonica per tl.pubblici pago qualcosa meno dell’importo avuto poichè le poste mi riconoscono un anticipo di contante su una futura spesa.(posso anche perdere la scheda !) Per i cellulari tanto pago e tanto ho. Se fosse tolto la tassa sui contratti a fatturazione il problema poi sarebbe risolto.Bella Italia!!!

  15. AC

    Ringrazio per la risposta, anch’io, come voi e per lo stesso motivo, ho virgolettato la parola “innocenti”, ma, dal tenore degli altri commenti, mi sembra di non essere l’unico a pensar male di questa pratica tutta italiana.

    Che poi non sia sanzionabile da parte dell’Antitrust in base alle norme vigenti non vuol affatto dire che non si possa, in qualche maniera, intervenire al riguardo, come potrebbe a breve fare l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

    Infine, rispetto pienamente il vostro parere, ma il mio resta questo: senza una componente fissa, è senza dubbio più facile (e quindi più trasparente) confrontare i costi variabili, ancorché tra la miriade di offerte oggi esistenti!

  16. Antonio Nota

    Premesso che potreste aver ragione nell`analisi che avete fatto io a questo punto mi chiedo come mai l`evidenza empirica di altri paesi e di uno in particolare ( UK) e` completamente diversa dalle vostre conclusioni. Non esistono costi di ricarica, e le tariffe sia in termini nominali che a parita` di poteri d`acquisto sono notevolmente piu` basse.
    A questo punto mi sorge il dubbio che le compagnie in questione abbiano avuto degli extra-profitti. Se la venisse tolta la parte fissa della tariffa, perche` mai dovrebbe aumentare la parte variabile?
    questo potrebbe succedere solo se le aziende colludono tra di loro. ma per evitare che succeda io credo che molto importante sia aumentare il numero di operatori ( in uk con popolazione equivalente esistono 7 operatori) sia punire le imprese per i comportamenti concludenti che di fatto limitano la concorrenza ma senza fare in modo che i consumatori ne soffrano. Una regola potrebbe essere quella per la quale ogni danno subito dal consumatore per ritardo e risarcito direttamente dalla nuova compagnia verso la quale il consumatore migra salvo poi per la compagnia agire di regresso verso la vecchia compagnia. Aumenterebbero i costi per la compagnia leader che sarebbero costretta a imitare i follower per essere piu` efficiente.

  17. Simeone Russo

    Secondo il mio parere, modesto ed opinabile da chiunque, il comportamento collusivo c’è.
    Sono d’accordo più su una ipotesi di “costo unico di ricarica” se proprio dobbiamo sorbirci questo balzello. Mi spiego meglio, e molto banalmente.
    Se si va in posta a pagare un bollettino o in banca per fare un bonifico si paga una cifra x indipendente dal valore monetario che si va trasferendo. Ora io non credo che per fare una ricarica da 10 o da 150 euro ci siano costi differenti, e come consumatore sono pronto a pagare una cifra equa (che ne diciamo di 1 euro) per ogni operazione di ricarica indipendente dal traffico telefonico ricaricato.
    In questo modo a) il confronto sarebbe immediato; b) l’effetto regressivo esisterebbe comunque ma limiterebbe fortemente la capacità di rendita dei gestori e probabilmente spingerebbe anche i consumatori meno abbienti a ricaricare con un taglio più adeguato al consumio medio pro capite delle comunicazioni mobili.
    c) i gestori sarebbero stimolati ad una maggiore concorrenza sul traffico voce e/o traffico non voce.
    d) si tutela comunque la parte finale della catena di distribuzione a cui oggi si “addebitano” tali costi.
    Voglio ricordare tra l’altro che alla sua entrata sul mercato wind non faceva pagare nè le ricariche ne gli sms (un altro capitolo a parte, è questo il vero business da regolamentare).
    Grazie per l’attenzione.

  18. Anonymous

    Io ritengo che il costo di ricarica, per quanto fastidioso dal punto di vista del consumatore, abbia delle basi economiche sottostanti:
    a) remunera i costi di distribuzione
    b) anche la telefonia mobile, come quella fissa, tende ad avere una struttura di costi fissi. Ossia i costi sostenuti dagli operatori tendono a rimanere costanti al variare del “minutaggio” che passa sulle loro reti. Diverse offerte tariffarie presentate ultimamente riflettono questo approccio.
    c) Per quanto riguarda la collusione c’è da notare che gli operatori non dominanti (Wind e Tre) hanno delle offerte di ricarica che annullano la maggiorazione in questione.
    La mancata trasparenza va affrontata imponendo particolari obblighi nella comunicazione, non certo nella determinazione dei prezzi.

  19. Jacopo Soranzo

    Ipotizzo la non collusione. La compagnia telfonica wind inizilamente non applicava costi di ricarica su nessuna delle sue schede ricarica, apparentemente non è stata fortemente premiata dal mercato per questo comportamento concorrenziale, tanto che alla fine ha deciso di applicare tali costi sulle ricariche inferiori ai 50 € e probabilmente di spostare sulle tariffe al minuto la politica concorrenziale. Da questo si può ipotizzare che il problema reale sia nel mercato, poco attento alla costruzione del prezzo. Certo se fosse imposta governativamente maggiore semplicità tariffaria (no costi di ricarica no scatti alla risposta) sarebbe meglio, ma questo risultato non può essere frutto del meccanismo di mercato dato che apparentemente lo stesso non lo premia e quindi non crea il vantaggio per le aziende nel seguirlo.

  20. antonio lemmi

    Solo in Italia è stato possibile consentire ai gestori telefonici per un così lungo periodo, una rendita di tale portata…. cioè hanno stravolto il principio basilare della matematica finanziaria…oltre ad avere cospicui finanziamenti (esempio 100.000 ricariche per 5 euro… a settimana) gli interessi invece che essere passivi, cioè sostenere tali costi, i gestori hanno delle vere e proprie “sopravvenienze attive”!
    E’ vergognoso.

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