Pessimi rapporti tra le parti sociali, ammortizzatori sociali costosi e inefficaci, un sistema universitario profondamente malato: sono i problemi principali della Francia di oggi. Giusto quindi andare a vedere cosa hanno da dire su questi temi i due candidati all’Eliseo. E scoprire chi fra i due abbia un’idea più chiara sulle strategie e sulle soluzioni da perseguire. Per migliorare il futuro dei giovani, diminuire la disoccupazione e impegnarsi in una vera riforma dell’università.

In passato, ho sempre votato per il candidato socialista. Ma questa volta non lo farò. Penso infatti che Nicholas Sarzoky, più di Ségolène Royal, abbia la capacità di realizzare le riforme di cui il paese ha bisogno.

I problemi della Francia

Quando si osserva la Francia dagli Stati Uniti, i problemi del paese appaiono chiari.

· I rapporti tra le parti sociali sono pessimi. Ed è ormai acclarato che i paesi con maggior disoccupazione sono quelli con i peggiori rapporti di lavoro, d’altronde, lo erano già prima. Le ragioni sono difficili da identificare con precisione, ma agiscono a vari livelli: le imprese esitano a lanciarsi in nuovi progetti che rischiano di provocare conflitti sociali. Le riforme strutturali, che si tratti di salari o di riforma del sistema previdenziale, richiedono troppo tempo o si fanno troppo tardi, quando le crisi le rendono inevitabili.
· Gli ammortizzatori sociali sono costosi e inefficaci. Due esempi: la protezione dell’impiego, con il suo sistema duale Cdi-Ccd, è chiaramente responsabile dell’inaccettabile sorte che la Francia infligge ai suoi giovani. Alternando lavori precari a periodi di disoccupazione, i giovani finiscono per imparare poco, progredire meno e ritrovarsi, a giusto titolo, disillusi. Sull’altro versante del ciclo di vita lavorativo, le rigidità delle regole pensionistiche inducono molti a smettere di lavorare, anche se continuerebbero a farlo volentieri. Giovani e anziani fanno le spese di una struttura di protezione sociale senza coerenza alcuna.
· Il sistema universitario è profondamente malato. Le grandes écoles selezionano in base alla preparazione matematica, ma finiscono col formare giovani con cultura generalista.

L’insegnamento è separato dalla ricerca. Le università mancano di mezzi e troppo spesso servono da parcheggi: offrono formazioni mediocri e senza possibilità di sbocchi concreti a giovani che preferiscono ritardare la loro entrata nel mondo del lavoro.

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Le riforme necessarie

Su questa diagnosi, credo che esista un largo consenso, almeno fra gli economisti. Ed entro certi limiti vi è anche accordo sulle grandi linee delle riforme da compiere:

Ø Migliorare il dialogo sociale a tutti i livelli, rendendo i sindacati più rappresentativi, creando sedi di dibattito tra le parti sociali. Come Roma, la fiducia non si costruisce in un giorno. Ma senza tali riforme strutturali e senza la volontà di giungere a un risultato concreto, le cose non cambieranno mai.
Ø Rendere la protezione sociale più efficace. È chiaro che bisogna ridurre le differenze fra Cdd e Cdi, per offrire alle imprese maggiori incentivi a formare, inserire e trattenere al proprio interno i giovani. La soluzione è chiaramente in una forma di contratto unificato, se non addirittura unico, che offra maggiori garanzie ai giovani, magari riducendo la protezione a tutti gli altri lavoratori. Ma la soluzione sta anche in percorsi lavorativi più ambiziosi, con formazione durante l’impiego e possibilità di lavorare fino a quando lo si desidera.
Ø Rendere il sistema universitario più competitivo. Se c’è un settore in cui gli Stati Uniti sono stati più bravi degli altri, questo è proprio il settore universitario. E le chiavi del loro successo sono facilmente riconoscibili: una maggiore autonomia delle università nella scelta di docenti, ricercatori e studenti; tasse universitarie più alte, sia per incitare gli studenti a non intraprendere strade senza sbocchi, sia per aumentare gli introiti delle università. E, in compenso, un sistema di borse di studio più generoso, che permetta a tutti gli studenti competenti e motivati di avere un percorso di studio realmente utile.

Le soluzioni dei due candidati

Cosa ci dicono Sarkozy e Royal a proposito di questi temi? Bisogna sempre essere scettici sui programmi elettorali, ma al di là del marketing politico, si notano alcune differenze:
Sui rapporti all’interno del mondo del lavoro, Royal ci promette due grandi tavoli di concertazione, uno sulla crescita, l’altro sui salari. Sarkozy ci assicura che prima di qualsiasi altra riforma, verrà avviato un dibattito tra le parti sociali che durerà dai quattro ai sei mesi. In caso di mancato accordo, sarà il legislatore a prendere una decisione. Mi sembra che la proposta, nei suoi due aspetti, discussione e poi decisione, muova nella giusta direzione.
Sulla riforma degli ammortizzatori sociali Royal ribadisce “la supremazia del Cdi”, un’affermazione che interpreto come una decisione di mantenere lo status quo, o forse di irrigidire ancor più il mercato del lavoro. Sarkozy propone un contratto di lavoro unico e più flessibile. Mancano i dettagli della proposta e, per certi versi, la si può interpretare come si vuole. Io ci vedo un desiderio di riforma e, proprio per questo, un altro passo nella giusta direzione.
Sulla riforma dell’università, entrambi i candidati garantiscono maggiori finanziamenti. Facile a dirsi… Sarkozy è tuttavia più esplicito sulle riforme strutturali. Promette maggiore autonomia e, soprattutto, più soldi per le università disponibili a sperimentare in questo senso. Royal invece promette di “rinforzare l’autonomia nel quadro nazionale”, una formula senza contenuto. Ancora una volta preferisco la posizione di Sarkozy.
Dopo aver scelto un candidato, abbiamo tutti la tendenza a osservarlo non con imparzialità, ma con gli occhi dell’innamorato. Può essere che anch’io sia preda di tale illusione. Ma, dopo aver ascoltato i due candidati e aver letto i loro programmi, ho l’impressione che Sarkozy sia riuscito a cogliere meglio i problemi della Francia e abbia un’idea più chiara sulle strategie e sulle soluzioni da perseguire. Mi sembra maggiormente in grado di migliorare il futuro dei giovani, diminuire la disoccupazione e impegnarsi in una vera riforma dell’università.

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* La versione originale dell’articolo appare sul sito www.telos-eu.com Traduzione dal francese di Daniela Crocco

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