La raccolta di informazioni statistiche attendibili presso i cittadini e le imprese è uno dei principali compiti della statistica ufficiale e pone un delicato problema, che riguarda allo stesso modo la qualità dei dati e la correttezza dei rapporti fra stato e società civile. Nel dibattito scientifico, nessuno raccomanderebbe metodi autoritari nella raccolta di informazioni statistiche. Piuttosto, la migliore letteratura raccomanda di stabilire un rapporto di fiducia con le persone intervistate, basato preferibilmente sulla condivisione dello scopo delle indagini statistiche, della loro utilità sociale. In effetti, in tutti i paesi democratici, lo stato raccoglie informazioni a fini statistici senza fare ricorso a metodi coercitivi. A parte considerazioni di tipo etico, la ragione ‘tecnica’ è chiara: le informazioni estorte ai cittadini sotto minaccia di sanzione sono quasi sempre meno affidabili (basti pensare allo scarsa qualità dei dati del vecchio Gomkomstat, l’ufficio statistico dell’URSS).
In Italia, fino alla fine del 2007, è esistito a questo riguardo un paradosso giuridico: era infatti in vigore una legge che obbligava i cittadini a rispondere comunque all’Istat, a pena di sanzioni pecuniarie. L’Istat è stato quindi sinora costretto a seguire, da un lato, le migliori pratiche professionali (che sconsigliano la minaccia di multe) e, dall’altro, ad informare gli intervistati dell’esistenza di un obbligo di risposta e delle relative sanzioni, che scattavano qualunque fosse il motivo della mancata risposta. Alle perplessità tecniche si aggiungevano i dubbi etici. E giusto multare una famiglia colpita da un lutto recente perché non se la sente di rispondere all’indagine dell’Istat?
La Finanziaria 2008 stabilisce saggiamente che, a partire da quest’anno, le eventuali sanzioni verranno applicate tenendo conto dei motivi della mancata risposta. La nuova normativa, quindi, riconosce l’erroneità della precedente per quanto riguarda i criteri di raccolta efficiente delle informazioni statistiche. Questo rende eticamente improponibile l’applicazione delle vecchie sanzioni. Sembra infatti profondamente incoerente applicare ai cittadini le sanzioni previste da una normativa superata proprio perché si era rivelata scientificamente insostenibile ed inopportuna.
Con il cosiddetto decreto ‘Milleproroghe’, pertanto, il Governo ha disciplinato la transizione fra la vecchia e la nuova normativa, in modo da evitare disparità di trattamento fra cittadini e imprese. In sostanza l’Istat viene esentato dal multare le mancate risposte alle vecchie indagini, evitando così una montagna di costosissimi accertamenti, che rischiano oltretutto di generare un contenzioso amministrativo complicatissimo. E’ strano il fatto che alcuni parlamentari chiedano di cancellare la disciplina della fase di transizione, a rischio di ingolfare inutilmente la macchina della giustizia amministrativa e civile. Tutto questo nel nome del vecchio obbligo di risposta assolutamente inderogabile che, se applicato pedissequamente, avrebbe molto probabilmente peggiorato la qualità delle statistiche ufficiali e, quel che è peggio, trasformato l’Istat nel Grande Fratello (o, se si preferisce, nella Santa Inquisizione).
(*) L’articolo riflette esclusivamente opinioni personali e non coinvolge la responsabilità dell’Istat
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