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L’INFRASTRUTTURA NON FA LO SVILUPPO

Si dice spesso che gli investimenti in infrastrutture di trasporto stimolino lo sviluppo economico e la competitività di un territorio. Ma la connessione è molto più problematica e incerta di quanto si pensi. Anche per la rilevanza dei fondi richiesti alla realizzazione delle opere. Per questo va ben valutato quali siano quelle da privilegiare. Soprattutto, gli investimenti devono essere coerenti tra di loro e con l’insieme delle politiche di trasporto adottate. E vanno esplicitati gli obiettivi che si vogliono raggiungere in termini di distribuzione modale.

Una tesi spesso avanzata dalle categorie imprenditoriali, e accolta solitamente con favore, in modo trasversale, a livello politico, è che gli investimenti in infrastrutture di trasporto stimolino lo sviluppo economico e la competitività di un territorio.
L’argomentazione è la seguente. Il trasporto, essendo uno dei fattori della produzione, rappresenta un costo per le aziende. Gli investimenti infrastrutturali lo riducono abbassando i tempi necessari per le spedizioni e permettendo un risparmio di carburante per i veicoli. Le aziende sono quindi in grado di vendere i loro prodotti a prezzi più bassi. Questo stimola la domanda, consente un migliore sfruttamento delle economie di scala riducendo ulteriormente i costi: si attiva così un circolo virtuoso di crescita economica per le aziende e per il territorio. In realtà, la connessione tra infrastrutture di trasporto, sviluppo economico e competitività territoriale è molto più problematica e incerta di quanto comunemente si ritenga, sia sotto il profilo teorico sia sotto il profilo empirico.

IL LIVELLO MACROECONOMICO

Molteplici studi hanno cercato di misurare la relazione statistica tra investimento nei trasporti e crescita economica a livello macroeconomico. Nonostante diversi problemi definitori e statistici, autorevoli commentatori sono giunti alla conclusione che la relazione è positiva, ma modesta e fortemente dipendente dalla tipologia di investimento e dal livello preesistente di infrastrutture. (1) Nei paesi dell’Europa occidentale, già dotati di una rete infrastrutturale sviluppata, è assai probabile che il beneficio in termini di crescita economica sia molto limitato, dato il ridotto costo del trasporto sul valore complessivo del prodotto. Inoltre, il livello di indagine macroeconomico è utile ma insoddisfacente, in quanto è una “scatola nera” che non permette di capire attraverso quali canali di trasmissione un miglioramento della infrastruttura di trasporto esplichi i suoi benefici.

IL LIVELLO MICROECONOMICO

Tali canali sono invece meglio valutabili a livello microeconomico. Il principale effetto atteso da un miglioramento delle infrastrutture è la riduzione del costo generalizzato del trasporto. L’entità  dipende naturalmente dalle specifiche condizioni preesistenti e dall’intervento infrastrutturale . Ma più che alla riduzione in sé, che potrebbe non avere effetti consistenti e durevoli – anche alla luce della bassa incidenza del costo di trasporto sul valore complessivo dei prodotti – l’attenzione degli studiosi si è concentrata su alcuni effetti indiretti, ritenuti potenzialmente più importanti, quali la riorganizzazione della logistica aziendale, l’accesso a un più ampio bacino di lavoro e l’effetto sul mercato immobiliare.
La riorganizzazione della logistica aziendale, molto spesso incentrata su viaggi più frequenti con carichi ridotti per contenere i costi di magazzino, tende però a generare traffico indotto che rischia di compensare, parzialmente o integralmente, i risparmi di tempo resi possibili dal miglioramento infrastrutturale. Inoltre, se i costi ambientali non sono internalizzati, e quindi le aziende non li considerano nelle loro decisioni, esiste il rischio che i costi sociali possano risultare superiori ai benefici ottenuti
Ancora, la migliore accessibilità allarga i bacini di lavoro da cui le aziende possono attingere. Ciò  può tradursi in un’offerta di lavoro più specializzata con effetti positivi sulla produttività, di cui potranno giovarsi le imprese accumulando maggiori profitti o i consumatori pagando prezzi più bassi. L’effetto sui salari è di ribasso per le aree che ricevono lavoratori e di rialzo per le aree che hanno lavoratori in uscita.
Sui mercati immobiliari, in caso di vincoli all’espansione delle costruzioni, la maggiore accessibilità e il miglioramento di competitività territoriale può trasformarsi in un aumento delle rendite nelle aree più attrattive, che rischia di compensare i benefici competitivi generati dalle nuove infrastrutture di trasporto.

IL LIVELLO TERRITORIALE

Per identificare quale regione beneficerà degli investimenti infrastrutturali, è opportuno tener presente il cosiddetto problema della “strada a doppio senso”: quando i costi di trasporto sono alti, le aziende localizzate in una regione sono protette dalla concorrenza delle aziende situate al di fuori. La migliorata accessibilità non necessariamente favorisce le aziende regionali. Potrebbero risultare favorite quelle extra-regionali: saranno vincenti le imprese dotate di maggiori risorse (ad esempio, risorse naturali), con maggiori economie di scala, con un mercato locale di maggiori dimensioni, con una manodopera più qualificata a parità di retribuzione, con un costo dei terreni più basso e con una migliore integrazione a monte e a valle con fornitori e clienti. Non è quindi detto a priori che una regione meglio connessa riceva solo benefici dalla migliorata accessibilità né, tanto meno, che ne sia l’unico destinatario.
In conclusione, data l’incertezza degli esiti e la rilevanza dei fondi che si destinano agli investimenti pubblici in infrastrutture di trasporto, in alternativa ad altri utilizzi, è bene che la discussione e le valutazioni siano rigorose e approfondite, identificando quali opere siano da privilegiare tenuto conto della organizzazione logistica preferita dalle imprese, delle criticità della rete di trasporto in termini di congestione e delle ricadute energetiche e ambientali di questa e del funzionamento dei trasporti.
È necessario che gli investimenti infrastrutturali siano coerenti tra di loro e con l’insieme delle politiche di trasporto adottate e che siano chiaramente esplicitati gli obiettivi che si vogliono raggiungere in termini di distribuzione modale.

(1) Vedi Sactra “Transport and the economy: full report”,  http://www.dft.gov.uk/pgr/economics/sactra/ e T. R. Lakshmanan e W. P. Anderson “Transportation Infrastructure, Freight Services Sector and Economic Growth”. A White Paper prepared for The US Department of Transportation. Federal Highway Administration, Boston University, gennaio 2002.

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LE CONSIDERAZIONI FINALI

10 commenti

  1. Massimo GIANNINI

    L’analisi é interessante e merita maggior approfondimento nel dibattito politico nazionale ma anche in quello dell’industria. Chi lo va a spiegare ai nostri politici e agli industriali che l’infrastruttura non solo e non necessariamente fa lo sviluppo ma puo’ anche darsi che non sia un fattore di aumento di competitività e produttività importante e/o prioritario. Puo’ darsi che non sia importante se l’economia é prevalentemente un’economia di servizi ovvero beni non tradeable, cioé che non hanno bisogno di strade e ponti…I fattori di competitività non di prezzo, e quindi che escludono i trasporti e l’infrastruttura, sono probabilmente più importanti e di più facile modifica. Lo stesso si puo’ dire della produttività e non é certo dimostrato che per aumentarla debba avere più strade e più ponti. Sicuramente le infrastrutture sono importanti per un paese in via di sviluppo ma per un paese come l’Italia l’analisi costi benefici o il semplice costo opportunità potrebbero dimostrare che investire in infrastrutture, soprattutto alcune di cui si parla, non costituisce la migliore allocazione di risorse scarse anche in termini di rendimento dell’investimento stesso.

  2. Angelo Candido

    Ho letto con interesse l’articolo. Mi sembra che le considerazioni svolte prostulino soprattutto uno sviluppo industriale del territorio. Qual è l’incidenza delle infrastrutture sullo sviluppo turistico del territorio? Oggi per andare da Roma a Pescara in treno sono necessarie tre ore. Quattro per andare ad Ancona e otto per andare da Roma a Lecce. La carenza di infrastrutture obbliga a far viaggiare la totalità delle merci su gomma e limita fortemente le potenzialità di sviluppo turistico di ampie zone del Paese. Esiste una ricerca che abbia tenuto conto di questi fattori?

  3. francesco pontelli

    sono convinto che la maggior ricaduta economica per un investimento in infrastrutture sia valutabile come un minor costo per le imprese che accedono a tali reti . Va ricordato che il costo del lavoro risulta la sintesi si manodopera costi di accesso alle reti di trasporto e molti altri. Se si rendesse un migliore accesso ad infrastrutture nuove ed il loro utilizzo economicamente vantaggioso tutto il sistema industriale ne trarrebbe vantaggio ( al di là della immediata ricaduta sul PIL ) rendendo le nostre aziende più competitive : ormai siamo di fronte ad un costo complessivo di sistema che le aziende devono affrontare . Rendere quello delle infrastrutture minore rappresenterebbe un aiuto alla competitività del made in Italy , Grazie per lo spazio.

  4. Giuseppe Passoni

    Credo che le considerazioni dotte espresse nell’articolo avrebbero meritato un titolo ad esse più congruente a significare la “insufficienza” delle infrastrutture di trasporto nella determinazione dello sviluppo del territorio (Meunier, 1999, Infrastructures de transport et développement. L’apport de l’économie des réseaux, les Cahiers Scientifiques du Transport, n. 36/1999, 69-85). Va precisato inoltre che il citato rapporto SACTRA si riferisce prevalentemente alle infrastrutture stradali.

    • La redazione

      "Non perso" il tempo in treno? Tutte le costanti modali che emergono dai modelli suggerirebbero il contrario. Comunque al massimo la perdita puo essere un pò ridotta, certo non azzerata.
      Le esternalità dell’autotrasporto assumono che ci sia una rilevante diversione modale, che non sembra molto verificata. Inoltre ved. anche il rapporto IPCC per l’internalizzazione della strada. Per "l’effetto rete" ci sono ottimi modelli, ma i risultati sembrano modesti. Comunque ben vengano studi neutrali, certo non sarà difficile farne di migliori di questo con un minimo di risorse….

  5. M. L. PALMA

    Premesso che le rotture di carico risparmiate rendono competitivo su ogni altro mezzo il camion entro 250 chilomentri e che l’attuale sistema industriale PMI poggia tutto sul just in time: le provinciali e statali con gli investimenti di 10 anni (varianti bypass etc.) e col sistema chiasmico a inviluppo stradale divengono contenitori urbani lineari dove sono: liberati i centri abitati dal traffico; create aree con gratuita urbanizzazione primaria tali da calmierare la rendita e favorire sinergie tra insediamenti PMI, servizi e residenze; realizzati assi auto-stradali unidirezionali atti a drenare e velocizzare il traffico eliminando blocchi e ingorghi senza scampo; sgravate le economie locali da dannose congestioni e dalle pesanti rendite dei gestori autostradali; Pedaggiabili e selezionabili le utenze mediante le Rfid, Radio frequency identification (di veicoli in movimento, una specie di codice a barre leggibile via radio); Riportate le aree agricole alla loro vocazione primaria (nò capannone selvaggio). Dopo una vita "sul campo" posso cimentarmi in 1200 caratteri a descrivere una strategia glocale completa, ciò che l’Alta Specializzazione, accademica e no, riuscira mai a esprimere ?

  6. Ferlaino Fiorenzo

    1. le infrastrutture di trasporto permettono di estendere il mercato delle merci e dei servizi e con ciò lo smercio. ciò significa che alcuni beni che prima avevano dei vincoli ad essere commericalizzati ora hanno meno vincoli spaziali, umenta la quantità di smercio (vedi W.Launhardt I fondamenti matematici dell’economia politica in Bagiotti, Marginalisti matematici, Utet Torino ,1975) 2. Le infrastrutture di trasporto sono un grande investimento locale e pertanto agiscono positivamente sul reddito regionale e, per induzione, sugli altri settori economici; 3. il miglioramento delle infrastrutture di trasporto aumenta la produttività generale del sistema in quanto aumentano la velocità con cui le merci e i servizi vengono distribuiti; 4. empiricamente, non si hanno grandi sistemi territoriali regionali ricchi (in cui il PIL è elevato) che non dispongano di una ottima struttura dei trasporti. 5. Quello che si afferma nell’articolo in relazione all’estenzione dei bacini di gravitazione non dipende solo dalle strutture dei trasporti ma soprattutto dal rapporto tra ia variazione del prezzo del trasporto, della rendita e del reddito delle famiglie.

  7. Pietro Orsini

    L’articolo senza fornire alcuno strumento valutativo, ci insinua eminentemente due dubbi a- i costi per le infrastrutture hanno un rapporto costi – benefici troppo elevato, per cui vale la riflessione se siano soldi (quasi sempre pubblici) ben spesi. b- Non tutto il bene viene per favorirci. Ricordo che esistono modelli matematici di valutazione costi-benefici per la realizzazioni di direttrici di traffico ( strade, ferrovie ecc.) che si basano sulla valutazione parametrica del traffico generato e del traffico modificato. Sarebbe quindi auspicabile che l’amministrazione che propone nuove strutture, eseguisse e rendesse pubbliche le indagini preliminari che ci danno un’indicazione preliminare consona ai canoni classici. Solo per i casi di risultato preliminare positivo, possiamo porci i problemi di costi-benefici e se i benefici siano tali; per chi sono realmente benefici e per chi invece sono nocumento. Infine deve essere forte la necessità di avere un’analisi comparata con scelte alternative, come le autostrade informatiche, riqualificazione del territorio ecc. ecc. od anche pensioni d’oro per tutti e “ après .. le deluge”.

  8. Giovanni Vargiu

    "Nei paesi occidentale con una rete infrastrutturale sviluppata.." L’italia è tra questi? E che dire di congestione e code così frequenti nelle città italiane, come su autostrade d’europa? Che dire del potenziamento del trasporto ferroviario merci tramite gli interporti, quando è noto che la carenza è la linea (saturazione, colli di bottiglia)? Occorre ridurre i costi della congestione. Anche Investire sul trasporto pubblico sarà utile, se si diverrà effettivamente concorrenziali alla strada.

  9. BIAGIO VACIRCA

    Non riesco ancora a capire come si possa annoverare l’Italia tra i paesi situati nella frontiera dei paesi con buona dotazione infrastrutturale, quando il tabellone alla Centrale di Milano ci informa che la prima linea ad alta capacità non è ancora pronta. Consiglierei a Danielis, prima di lasciarsi andare a titoli un po’ marziani, di viaggiare un po’ (specie al sud) il nostro paese. Capirebbe allora che il trasporto sul gommato ( a proposito di costi sociali e ambientali) detiene un primato che nessun paese avanzato ci invidia. Se attraversasse lo stretto capirebbe che il tanto bistrattato Ponte rappresenta un elemento fondamentale per il rilancio ferroviario. Capirebbe che esistono tracciati privi di elettrificazione. Capirebbe che spostarsi dal generico punto A al generico punto B in tempi diversi non è assolutamente la stessa cosa. Se facesse anche esercizio di maggiore rigore scientifico ed analitico capirebbe che i c.d. costi del non fare per per dirla con Gilardoni si aggirano a circa 15 mld di euro l’anno. Ci vorrebbe invece una rete ferroviaria all’avanguardia, prospettiva che consentirebbe invece una concorrenza tra i trasporti a beneficio della collettività .

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