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OBBLIGO DI PREMIARE IL MERITO

Anche nella Pa si va finalmente verso l’adozione di un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale. I settori che raggiungono standard più alti dovranno beneficiare di maggiori risorse per premiare la produttività individuale. Come riconoscimento della capacità di cambiamento e di propensione all’innovazione. Per esempio, usufruendo di una parte più consistente di fondi, collegata a un percorso di diminuzione della percentuale fissa di retribuzione a favore della parte variabile.

Il recente disegno di legge delega del governo finalizzato “all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico” punta decisamente a vincolare la pubblica amministrazione nell’adozione di un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale.
Il fine è evidente: passare dalle mere previsioni dei contratti collettivi alle realizzazioni, superando alcuni degli ostacoli che finora hanno impedito progressi significativi e diffusi nel campo dello sviluppo e della misurazione dell’efficacia delle prestazioni pubbliche.

INFORMATIZZAZIONE IMPRESCINDIBILE

La scarsità di accordi sul campo ha diverse cause che insieme hanno concorso a contrassegnare l’apertura di tavoli negoziali spesso rituali e poco proattivi alle istanze di cambiamento.
La prima ragione è che, quando si parla di misurare la produttività, non è possibile prescindere da soluzioni tecniche adeguate. Sono necessari una diffusa informatizzazione, che prevede la transazione a sistema dei singoli atti amministrativi e del loro contenuto, una predefinita condivisione delle ore di lavoro occorrenti per la prestazione del servizio, articolate secondo il differente contenuto qualitativo dello stesso, un funzionale sistema di monitoraggio e reporting. Solo così è possibile individuare criteri di misurazione delle prestazioni trasparenti e oggettivi. Non bisogna, poi, trascurare che se si vuole radicare la valutazione a livello di sistema servono strumenti che siano facilmente gestibili.
L’innovazione tecnologica è, quindi, una precondizione. Dal rapporto Assinform 2008 emerge, invece, che la spesa in It della pubblica amministrazione centrale è scesa del 3,2 per cento nel biennio 2006-2007. Risulta, allora, più che mai necessario investire in It per supportare una funzionale misurazione delle prestazioni individuali che possa riguardare la totalità dei dipendenti e non una ristretta cerchia. Non siamo, però, all’anno zero. Va pur detto che in molti settori pubblici già esistono buone applicazioni informatiche create per misurare gli obiettivi di bilancio degli uffici. I dati, quindi, ci sono. Bisogna solo stimolare la costruzione di rapporti che sono pensati, oltre che per il controllo gestionale e operativo e per la verifica dei risultati dell’ufficio, anche per rilevare e misurare il merito e l’apporto individuale.

IL RUOLO DI DIRIGENTI E SINDACATI

L’altro ostacolo all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico è stato la mancanza di capacità di innovazione, di vera spinta propulsiva per la costruzione del cambiamento. Sono stati seguiti percorsi tradizionali che spesso hanno coinciso con una sostanziale inerzia organizzativa. E qui le parti in causa sono, da un lato, la dirigenza pubblica, dall’altro, le organizzazioni sindacali, che hanno spesso vanificato moderne prescrizioni meritocratiche con incentivi distribuiti sulla base della mera presenza.
Se alla dirigenza sono richiesti un forte senso della missione pubblica e una diffusa capacità di governare sistemi complessi in cui prevalga la cultura del fare, del servizio verso i cittadini, un sindacato moderno deve assumere un ruolo di audit interno della bontà ed efficacia dei sistemi di valutazione, pretendendo un continuo affinamento dei metodi di valutazione, ma non precludendone l’attuazione dogmaticamente oppure opponendo il “meglio” futuribile al “buono” attuabile.
Ultimo ma non meno importante scoglio è stata l’eccessiva parcellizzazione dei tavoli negoziali. Non solo accordi nazionali redistributivi dei fondi alle singole strutture regionali accompagnati dai criteri di massima da seguire nelle ripartizioni, ma poi accordi regionali assegnatari delle somme alle singole realtà territoriali e, a seguire, accordi a livello di singoli uffici territoriali per l’assegnazione delle somme al proprio personale, come se si trattasse di singole “aziende” e non di un sistema “produttivo” articolato ma unitario con eguali strutture organizzative, criteri di lavorazione e tipologie di “prodotti”.
La forte accelerazione, impressa attraverso “un’imposizione” normativa, non deve allora meravigliare, ma appare la via d’uscita obbligata a un’impasse poliennale.
La centralizzazione non andrà a discapito delle potenzialità locali che potranno ben raccordarsi con il centro per mettere a fattor comune le migliori esperienze. Il raccordo con l’amministrazione centrale sta già avvenendo, ad esempio, per l’accordo sui premi al merito concluso dall’Agenzia delle Entrate del Trentino (LINK “Premiare il merito è possibile” di Antonino Gentile, in La voce. info del 18.01.2008).
L’accordo trentino ha stabilito che una quota della produttività deve andare al singolo sulla base di indicatori oggettivi e trasparenti in grado di intercettarne l’apporto ai risultati della struttura in cui opera. Parte pubblica e parte sindacale trentina,  seppur con contrasti al proprio interno, hanno così tradotto in atti concreti l’esigenza di cambiare le cose, di dare un segnale anche ai cittadini contribuenti. Ma può uno Stato che voglia riformare la pubblica amministrazione affidarsi alla buona volontà dei singoli?

PREMI INDIVIDUALI

È chiaro che diverse sono le pubbliche amministrazioni e il loro stato tecnologico e organizzativo e, quindi, di diversa efficacia saranno i sistemi di misurazione della produttività che saranno adottati, certamente con il concorso delle organizzazioni dei lavoratori. Ma intanto bisogna finalmente partire verso una meritocrazia diffusa nel pubblico impiego che per primi vogliono i tanti lavoratori pubblici che nel pubblico credono, per il pubblico si sono sacrificati e che aspettano da troppo tempo che siano i migliori a dirigere la Pa.
Ovviamente, quelle articolazioni della Pa che si pongono e raggiungono standard produttivi e di qualità misurabili in maniera più incisiva ed efficace dovranno beneficiare, sulla base di indicatori di performance non autoreferenziali, di più ampie risorse per premiare la produttività individuale. Ciò come riconoscimento di una maggiore capacità di cambiamento e di una maggiore propensione all’innovazione. Potrebbe avvenire usufruendo di una parte più consistente di fondi (provenienti dagli incrementi di produttività), collegata a un percorso di diminuzione della percentuale fissa di retribuzione a favore della parte variabile. Ad esempio, se si parte da una retribuzione complessiva con una composizione di 90 (fisso) e 10 (variabile), attingendo alle risorse da incrementi di produttività, si può passare a una retribuzione complessiva con una composizione di 80 (fisso) e di 25 (variabile).

* Direttore Agenzia delle Entrate del Trentino – Premio Forum Pa 2008 protagonisti dell’innovazione.

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NON È TUTTO ORO (BLU) QUEL CHE LUCCICA

  1. Fabrizio Francescone

    Dott. Gentile, chi Le scrive, lavoratore dell’Agenzia delle Entrate e sindacalista UIL (la successione delle attività non è casuale) ha proposto in Veneto, senza riuscirci, l’applicazione dell’accordo trentino per il Fondo Unico 2006. Un‘idea che andava oltre la stessa Amministrazione e contro cui tutte le altre OO.SS. si sono strenuamente schierate. Una sconfitta da Caporetto: perché se fino ad oggi le OO.SS. potevano comunque contrattare il fondo unico, domani, a DL 112 invariato, sarà la legge a dettare le condizioni. Ciò che molti sindacati non hanno compreso è che se avessimo adottato un sistema di contrattazione integrativa in base al merito, oggi la politica non avrebbe sentito il bisogno di attuare questo intervento. Non siamo cioè, riusciti a vedere lontano. Non è un segreto, però, che alcune sigle preferiscano una politica dettata dall’alto per non assumersi le responsabilità di accordi non sempre popolari. Spero che l’Agenzia delle Entrate riesca in futuro a ripristinare i fondi della contrattazione integrativa, con cui bisognerà motivare un personale altamente qualificato e che negli ultimi anni ha dimostrato di poter costituire un modello per tutta la P.A.

    • La redazione

      Caro Francescone, condivido pienamente le sue riflessioni. La P.A. contiene al suo interno realtà diversificate che, in un approccio puntuale, devono essere tenute debitamente distinte. Sanità, fisco, previdenza, istruzione sono parti di un sistema pubblico che non può essere considerato da un punto di vista unitario perché diverse sono le prestazioni fornite, diverse le strutture organizzative, diversi il grado di informatizzazione, la selezione del managment, i sistemi di controllo di gestione, ecc. L’Agenzia delle Entrate è una realtà particolare nell’ambito del pubblico impiego. Tutti i dipendenti sono dotati di pc collegati in rete e tutte le attività istituzionali poste in essere alimentano banche dati da cui è possibile, grazie alle applicazioni informatiche realizzate, misurare la produzione degli uffici e dei singoli dipendenti. Budget, obiettivi,tempi medi di lavorazione sono entrati nella vita quotidiana di ciascun dipendente. E’ giunto il momento che tutto questo patrimonio di competenze e tecnologia conferisca al personale dell’Agenzia delle entrate quel particolare status di appartenenza che la maggioranza merita. Chi si impegna, chi lavora bene, oltre che vedere apprezzato il proprio impegno con un incremento della parte variabile della retribuzione, deve essere certo che questo sarà tenuto in conto per la propria carriera. Le persone devono poter programmare il proprio percorso professionale che deve, quindi, essere graduale e predeterminato. Se un giovane funzionario accetta logiche di mobilità funzionali alle esigenze dell’amministrazione deve sapere che questo lo agevolerà rispetto a chi offre minori disponibilità. Inoltre, chi svolge prestazioni misurate e monitorate deve godere di articolazioni dell’orario di lavoro più flessibili. Se la giovane funzionaria addetta al contenzioso ritiene utile, per esigenze familiari, gestire il proprio impegno lavorativo con tempistiche differenti lo deve poter fare. Deve interessare una costituzione in giudizio fatta bene e tempestivamente e non una costituzione in giudizio fatta dalle ore 8 alle ore 14.
      Progressioni di carriera che premino la capacità ed il rendimento individuale, flessibilità organizzativa, è su questo terreno che si creano quelle aspettative di sviluppo che permettono ai singoli di guardare avanti con fiducia nella possibilità di realizzarsi e di realizzare servizi all’altezza di un sistema paese efficiente e competitivo. Tutto ciò, però, non può prescindere da un forte senso della missione e dalla consapevolezza del valore di ciò che si fa e degli esiti che avrà nei confronti dei soggetti a cui è rivolto che devono avere una moderna dirigenza pubblica ed un moderno sindacato.

  2. un tantofacente

    Dobbiamo partire dall’obiettivo preciso ed indefettibile che la Pa deve porsi in questo dato momento storico: dimostrare di essere in grado di misurare la propria produttività e fare in modo che la misurazione della produttività del singolo sia alla base del riconoscimento del salario accessorio. Deve farlo e deve dimostrarlo, perché il cittadino deve capire come vengono impiegate parte delle risorse pubbliche. Questo è l’obiettivo dal quale non si può più prescindere e che è molto più importante della strada che occorre utilizzare per raggiungerlo. Dopo tanti contratti, si è visto che, nella stragrande maggioranza dei casi, nel pubblico impiego, il salario accessorio legato alla produttività è stato invece di fatto legato alla presenza in ufficio. Ben venga, dunque, una strada alternativa, quale è quella indicata dalla legge delega. Ben venga, pur nella consapevolezza che nel migliore dei mondi possibile (con i migliori dirigenti e con le rappresentanze sindacali responsabili) è la contrattazione sindacale ad occuparsi di tali aspetti. In questi anni il gatto bianco (la contrattazione decentrata) ha preso ben pochi topi, e, dunque, non ci resta che puntare sul gatto nero.

  3. carlo palumbo

    Condivido pienamente le riflessioni del collega Antonino Gentile : insufficente innovazione tecnologica, inadeguatezza della dirigenza pubblica e del mondo sindacale, parcellizzazione dei tavoli sindacali, costituiscono le cause principali che hanno impedito l’adozione di un sistema di indicatori di produttività e di misuratori di qualità delle prestazioni capaci di far trionfare i meriti individuali. La tesimonianza resa dal sindacalista UIL Fabrizio Francesconi è, dal mio punto di vista, particolarmente significativa e interessante.

  4. Torquato Marù

    Caro Dr. Gentile, faccio parte dell’Ag. delle Entrate da soli 4 anni, ho davanti a me un percorso lungo e il suo intervento mi stimola ad impegnarmi ancora di più. Non ho altre esperienze di pubblico impiego, ma penso che l’organizzazione della quale faccio parte si caratterizzi per le modalità lavorative attraverso le quali vengono erogati ed assicurati i servizi alla collettività. E’ giusto legare parte del salario alla produttività perché una maggiore e migliore prestazione deve sfociare non solo in una più alta retribuzione, ma anche nel riconoscimento di un percorso di carriera. Le ultime procedure concorsuali hanno assicurato all’Agenzia professionalità in grado di operare in tutte le attività istituzionali. Molti giovani neo-assunti avevano già maturato significative esperienze e conoscenze (abilitazioni professionali, master) che hanno poi adoperato sul campo contribuendo ad arricchire il capitale umano dell’Agenzia. Spero che i suoi intendimenti possano essere applicati velocemente perché ritengo che l’Ag. delle Entrate è già stata da tempo interessata da radicali cambiamenti organizzativi e al suo interno produttività ed efficienza sono concetti già adottati e collaudati.

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