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ALITALIA: UNA LOTTA NELL’ABISSO

Il “Piano Fenice” non è la soluzione che si poteva sperare alla lunga crisi dell’’Alitalia. Ma ormai è l’’unica soluzione sul tappeto, a parte il fallimento. Certamente, se fosse stata accettata la proposta primaverile di Air France i costi per lo Stato e per i consumatori italiani sarebbero stati inferiori e il profilo strategico dell’operazione sarebbe stato più chiaro: Alitalia sarebbe divenuta parte del più grande gruppo mondiale di vettori aerei tradizionali (full cost). Dal Piano Fenice sembra emergere per la nuova Alitalia un profilo vicino a quello di una low cost. (nessun hub, sei basi nazionali, disponibilità del personale a trasferirsi nella base cui sono assegnati, maggior peso alla parte variabile della retribuzione per i piloti, maggior flessibilità nell’impiego per gli assistenti di volo). È probabile che la trattativa con il partner straniero si chiuda proprio nella prospettiva di offrire ad esso (chiunque sia) un vettore capace di coprire la fascia price sensitive del mercato, oltre che portare voli dall’Italia agli hub stranieri di riferimento. Cosa questo abbia a che fare con la compagnia di bandiera (tanto fortemente voluta dal premier italiano) è poco chiaro.
Piloti e assistenti di volo hanno capito perfettamente che il profilo professionale del personale viaggiante è molto diverso tra compagnie low cost e compagnie full cost. E il nuovo profilo non è a loro per niente gradito. Il Ministro Matteoli ha reso noto che chi rifiutasse l’’offerta di lavoro di Cai verrebbe escluso dai benefici degli ammortizzatori sociali. La minaccia si basa sull’’art. 1-quinquies della legge 291/2004, dove si prevede l’’esclusione dal trattamento di cassa integrazione di colui che “non accetti l’’offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto a quello delle mansioni di provenienza”. Secondo quanto riportato dai giornali a fine settembre, lo stipendio offerto da Cai a piloti e assistenti di volo sarebbe più basso di  quello percepito nella vecchia Alitalia, ma di meno del 20%. Ma produttività e flessibilità dovrebbero essere molto maggiori. Se così effettivamente stanno le cose, la minaccia del Ministro sembra credibile. Mentre sembra incredibile che alcuni piloti e assistenti di volo non abbiano capito che forme di lotta ai limiti della legalità e oltre, dopo aver contribuito al declino dell’Alitalia, possono ora contribuire al “taglio” definitivo di chi vi ricorre.

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11 commenti

  1. Emilio Roncoroni

    Il Prof. Boitani non ha trattato in questo intervento il tema degli slot, ma é un’ombra che veleggia su tutto il piano CAI. Secondo quanto riportato sul Sole di oggi 11 novembre CAI ritiene legittimo non attribuire alcun valore agli slot visto che Alitalia é prossima al fallimento e pertanto perderebbe tali diritti. Ora se Alitalia perde tali diritti perchè CAI li incorpora gratuitamente? Chi attribuisce gli slot a CAI se non é più possibile la cessione da Alitalia a CAI? Perchè un altro vettore non può offrire voli sulla tratta Linate- Fiumicino visto che gli slot sarebbero liberi, secondo il pensiero di CAI?

  2. Massimo GIANNINI

    Se la legge parla di un livello "non inferiore del 20% rispetto a quello delle mansioni di provenienza" legalmente penso s’intenda anche tenuti fermi produttività e flessibilità. E’ ovvio che se la busta paga scende meno del 20% ma la produttività o le ore lavorate aumentano é come avere una riduzione superiore al 20%, e quindi la cassa integrazione dovrebbe essere dovuta… Fermo restando che è ormai assodato che la proposta di Air France era molto meglio e che forse era meglio anche il fallimento, visto che ci sono ancora 300 milioni di euro a carico della collettività (eppoi non ci sono soldi per la cassa integrazione…), una domanda viene spontanea: ma come CAI pensa di rilanciare una compagnia senza piloti e assistenti?

  3. Marco La Colla

    Un cittadino mediamente informato, quale io mi sento, si chiede: Ma come possono piloti ed assistenti tirare la corda a questo modo rischiando una catastrofe che, oltre alla compagnia , coinvolgerebbe anche loro? La risposta è una sola: sanno perfettamente che l’Alitalia, o quel che ne resta non può fallire. Il suo fallimento sarebbe anche quello di chi ha osteggiato l’accordo con Airfrance ed ha invece fortemente spinto una soluzione nettamente peggiorativa pur di salvare "l’italianità" della compagnia di bandiera. Questo sanno e di questo si fanno forza. Il governo, malgrado le minacce dei vari ministri, consiglierà alla CAI di cedere ancora qualcosa, promettendo qualche ulteriore aiuto.La Cai accetterà e tra qualche mese o qualche anno, ci ritroveremo in una situazione analoga a quella di adesso. Quanto ci costerà tutto questo lo sapremo forse a consuntivo, sempre che ce lo voglian fare sapere, ma intanto, per i nostri viaggi cominciamo a riprendere in considerazione il treno che, con l’alta velocità, diventa altamente competitivo con l’aereo, sia in termini di costo che in termini di tempo.

  4. ritucci giorgio

    Una brutta storia italiana di privilegi originati da politica e sindacalismo clientelari a discapito degli interessi dei cittadini chiamati sempre a pagare le spese per mantenere al potere un gruppo ristretto di politici e sindacalisti al potere della nazione. Dei veri mascalzoni senza scrupoli presuntuosi ed ignoranti. Ed anche fortunati perchè in altri paesi a democrazia matura sarebbero già stati presi a calci nel di dietro. Farabutti e ladri che con le loro ideologie e chiacchiere hanno reso un paese di un’indecenza inaccettabile. Meglio sarebbe stato il fallimento secondo le regole dell’economia di mercato. Molti dei disoccupati avrebbero trovato un’occupazione simile perchè l’attività della fallita sarebbe stata presa da altre imprese. Non si può ragionare più in termini nazionalisti di compagnia di bandiera quando si dovrà necessariamente andare verso l’integrazione politica di tipo federale essendo l’attuale unione europea una confederazione superata di stati nazionali sovrani. Il discorso però è del tutto valido anche nell’attuale assetto federale perchè o Francia o Germania od altro stato sono parte dell’unica Europa e non possono più essere considerate straniere.

  5. Gian Maria Bernareggi

    Se da una parte il profilo di CAI desumibile dagli annunci è del tipo low cost – come correttamente osserva Andrea Boitani – dall’altra è evidente che il governo tende ad attribuire alla Compagnia il massimo potere di monopolio possibile. Prevedo che da tutto ciò uscirà un’ inedita combinazione fra low cost (per il vettore) e high price (per i clienti), che sarà magari necessaria per mantenere Colaninno & C. in un business altrimenti ben poco appetibile, ma costituirà un autentico colpo basso per chi si ostinerà (o sarà costretto) a volare AZ. Con la tragicomica prospettiva, per la stessa AZ, di finire comunque, al massimo fra 5 anni, come una sussidiaria di quell’ Air France che si diceva di voler tenere lontana dai sacri confini dell’ italica Compagnia di Bandiera!

  6. Alessandro

    Per salvaguardare l’italianità si è deciso di entrare in una trattativa tutt’altro che trasparente. A parte il caso di concessionari e costruttori vorrei far notare la strana coincidenza tra la ferma opposizione italiana al nuovo piano europeo per l’ambiente e la presenza, nella cordata CAI, dei più importanti acciaieri italiani.Per chi non lo sapesse il piano 2008-12 assegna agli impianti esistenti diritti di emissione pari a184mln di ton di CO2, di questi circa 13 mln sono assegnati all’ILVA (RIVA) i cui conti saranno certamente fortemente influenzati dalle regole per il prossimo periodo del protocollo in discussione in questi giorni(senza voler citare la storia della diossina di Taranto), ed anche la Marcegaglia si è fortemente opposta al piano Europeo.Sicuramente le due cose non sono in relazione,ma questi sono comunque fatti ed ognuno ne potrà trarre le proprie conclusioni.Una trattativa con una controparte estera sarebbe stata molto più credibile, proprio perchè sarebbero venuti a mancare i presupposti per presunti sussidi incrociati. In definitiva cosa ci stiamo guadagnando da una compagnia italiana? Le rotte verso l’Italia? Le potevamo negoziare con Air France,il futuro proprietario…

  7. Alberto

    Il problema del monopolio sulle rotte italiane è marginale soprattutto lo sarà fra poco tempo sulla Milano Roma, su cui entrerà in funzione l’alta velocià che a conti fatti avrà tempi di percorrenza pari se non inferiori all’aereo. Non bisogna infatti dimeticare che gli aeroporti sono collocati al di fuori delle città e per essere raggiunti necessitano di mezzi e tempi non brevi. Il fatto grave a mio modesto avviso di questa operazione è il fatto che la nuova Alitalia (Cai) non abbia un piano di sviluppo improntato sulle rotte estere e intercontinentali che sono quelle che hanno i più elevati margini e che consentono al paese di attrarre turisti (Italia VIII posto ormai) e uomini d’affari.

  8. lupo

    ..Perché Cai non ha i soldi ne avrà mai i soldi per comprare Alitalia, è solo uno show architettato per vendere alitalia ad air france facendo contento il governo “che ce l’aveva messa tutta” e scaricando tutte le responsabilità del fallimento della trattativa sulle spalle dei sindacati, che peraltro sono pure d’accordo in cambio di garanzie per i propri lavoratori e, forse perché non si sa mai, anche personali. allo stesso tempo gli imprenditori della cordata avranno il loro tornaconto con una serie di nuove iniziative a favore delle imprese che verranno varate in seguito. Avanti! Lo spettacolo deve continuare!

  9. marie arouet

    Appare ormai chiaro che nell’attuale viceda Alitalia l’interesse generale è stato del tutto sacrificato. Gli apparati di stato sono tutti proiettatti verso una soluzione la più conveniente per i soliti noti e pagata da tutti. Tale distorsione delle funzioni statali mette in crisi il concetto stesso di repubblica e di stato repubblicano. Tant’è che ancora una volta sia il potere legislativo (modifica ad hoc delle procedure concorsuali) sia il potere esecutivo (la scelta di praticare quella soluzione indipendentemente dai costi per la collettività in termini economici e di effecienza del sistema dei trasporti) sia il potere giudiziario (con la sua cronica allergia a contrastare lo sperpero pubblico e la inusuale celerità nel paventare responsabilità penale in capo ai lavortori che esercitano il diritto di sciopero) concorrono a realizzare l’ennesima rapina di stato nel silenzio quasi generale degli organi di informazione.

  10. Emilio De Luigi

    Mi continua a sorprendere la disinvoltura con la quale si definisce un accadimento “ai limiti della legalitá ed oltre” come per lo sciopero Alitalia in corso fa il giornalista. Infatti mi lascia perplesso il rassegnato sapore semplicemente “definitorio” della frase. É come dire “mentre é un avverbio” o “il diametro é il doppio del raggio”. Chi potrebbe eccepire? Intuisco cioé che il giornalista sa benissimo che la sua definizione é esatta, il fatto é veramente illegale, ma non ha altro da riferire o commentare, perché assolutamente nulla accadrá a coloro che attuano l’ “illegalitá e oltre”. Non se ne scandalizza affatto, e non se ne scandalizzano i lettori. O mi sbaglio? Se ho ragione, ebbene, questa é per me, Italiano all’ estero da una vita, un’ altra conferma che in Italia le cose vanno come vanno perché in tutti, ma proprio in tutti, giornalisti compresi, c’ é la assoluta “certezza dell’ inpunitá”. Legalitá e illegalitá son semplici termini definitori, e null’ altro.

  11. antonio p

    Sono gli esempi che i governio italiani sono stati schiavi deglli "affaristi istituzionali" legati ai padroni del Vapore che hanno comandato in Italia dal 1970 in poi in accordo col la Triplice sindacale con cui hanno diviso il frutto del lavoro degli operai lasciando agli stessi solo debiti e poche bricciole che ora non bastano più per comprare il pane e la pasta.

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