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IMPRENDITRICE? IL BANCHIERE NON SI FIDA

Le donne hanno difficoltà ad ottenere finanziamenti bancari per attività di impresa e di investimento. Una ricerca mostra che i problemi tra le banche e le clienti nascono proprio sulla capacità di negoziare le condizioni di accesso al credito. Ma qui gioca un ruolo cruciale l’intermediario finanziario. Le sue caratteristiche ideali comprendono capacità di mediazione, di relazione, di ascolto e comprensione. Forse per migliorare la situazione basterebbe che ad ascoltare le istanze di imprenditrici e professioniste fosse un operatore bancario di genere femminile.

accesso al credito delle donne appare caratterizzato da una condizione paradossale: da un lato gli istituti di credito considerano le donne un utente di particolare interesse per quanto riguarda le diverse forme di “credito al consumo”, tanto che alcune banche hanno lanciato prodotti espressamente rivolti a questo segmento di  potenziale clientela. Dall’altro, le donne accedono in misura limitata ai crediti per attività di impresa e di investimento. (1)

UNA RICERCA SULLE IMPRENDITRICI

Un recente studio promosso dalla Regione Lazio ha cercato di mettere a fuoco l’entità e le forme della difficoltà di accesso al credito, con l’obiettivo di individuare le migliori pratiche da intraprendere per introdurre nuovi servizi e attuare quelli già esistenti. Ma anche di arrivare alla creazione di di strumenti innovativi, non solo finanziari, capaci di agevolare la nascita e lo sviluppo di progetti imprenditoriali al femminile.
Nell’ambito del progetto, un’indagine socio-economica ha ricercato eventuali forme di discriminazione di genere nell’accesso al credito, utilizzando un campione di 600 donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni, occupate nella provincia di Roma in qualità di titolari di ditte individuali o come libere professioniste, nonché un campione di controllo di 100 uomini con le stesse caratteristiche,. Alcuni risultati sono degni di nota.
Ben due terzi delle intervistate hanno dichiarato di non aver vissuto esperienze di discriminazione finanziaria per il fatto di essere donna. Quando, invece, si sono sentite discriminate è stato soprattutto a causa della loro “professione” e per ragioni “diverse”, legate prevalentemente alla disponibilità economica, al reddito, al volume d’affari, alla scarsa solidità patrimoniale o alle garanzie offerte. Sono in particolare le donne titolari di una ditta individuale, e non le libere professioniste, ad aver sperimentato queste forme di discriminazione. Al crescere dell’età, aumenta la percentuale di donne che si è sentita discriminata finanziariamente: si passa dal 27 per cento circa tra le donne di 20-35 anni al 31 per cento di quelle tra i 43 e i 49. Non è poi da trascurare quel 23 per cento che attribuisce all’incapacità dell’intermediario finanziario la responsabilità di non saper cogliere le esigenze del cliente. Il dato è di un certo rilievo se lo si associa alla risposta al quesito in cui si chiedeva alle intervistate se ritenessero che un intermediario attento alle specifiche esigenze delle donne avrebbe potuto ridurre il fenomeno delle discriminazioni finanziarie: ben il 37 per cento ha risposto positivamente. Ma ciò che più interessa rilevare è che, nonostante nella domanda non si facesse riferimento al genere dell’intermediario, le intervistate hanno pensato a una donna per quel ruolo. Infatti, tra le le ragioni dell’opportunità di introdurre una siffatta figura professionale, le intervistate hanno indicato: perché le donne sono più sensibili, attente; perché un intermediario donna sarebbe più comprensivo e affidabile; perché le donne sono più decise, determinate e di parola; perché le donne hanno buone capacità di mediazione, propensione all’ascolto e sono abili nell’ottenere informazioni. Le donne sanno creare rapporti di fiducia, trasmettono sicurezza e affidabilità.
In una domanda aperta, si è cercato di rilevare in che modo la discriminazione finanziaria fosse intesa dalle intervistate. Innanzitutto, per discriminazione finanziaria si intendono tutte le forme di diversità nel trattamento della clientela, che si realizzano in occasione della richiesta di servizi bancari a carattere creditizio. Verso quali soggetti, dunque, si realizza la discriminazione finanziaria? Chi sono le persone contro cui si dirige? A detta delle intervistate le forme della discriminazione finanziaria possono avere un duplice ordine di ragioni: di tipo socio-economico e di tipo individuale. Le prime riguardano lo status sociale ed economico del cliente, dati dal suo reddito, dal suo patrimonio, dalla sua capacità di fornire adeguate garanzie a sostegno della richiesta di credito diretta alla banca. Quanto più l’attività svolta è esposta a rischi economico-finanziari, tanto meno il cliente sarà considerato affidabile.
Il secondo ordine di ragioni attiene maggiormente alle caratteristiche di genere del cliente, alla sua nazionalità, alla sua età. Essere donna anziché uomo, straniero anziché italiano, avanti con gli anni anziché (relativamente) giovane sembrerebbe creare problemi nelle opportunità di accesso al credito. Tuttavia, queste caratteristiche sono sempre indicate come secondarie, specie il genere, rispetto a quelle relative alla condizione socio-economica dei clienti.

DOVE NASCONO LE DIFFICOLTÀ

Le risultanze dell’indagine consentono di mettere a fuoco alcuni interessanti aspetti del rapporto tra donne e credito.
Le maggiori criticità tra le donne e il sistema bancario risiedono non tanto nel rapporto diretto con la banca, nel rapporto di sportello o di servizio generico, ma nella capacità delle banche di negoziare con le clienti le condizioni di accesso al credito. È questo che fa sentire le donne “fuori dal gioco”, non accompagnate nella realizzazione dei loro progetti.
A questo tema si lega quello della figura dell’intermediario finanziario che gioca un ruolo davvero cruciale all’interno del sistema. Nonostante la maggior parte delle intervistate (e degli intervistati) affermino l’irrilevanza del genere dell’intermediario, tutto lascia pensare che in realtà questo elemento non sia affatto indifferente nell’ostacolare o contenere fenomeni di discriminazione nell’accesso al credito. Le caratteristiche che un intermediario finanziario dovrebbe avere sono tutte riconducibili alla specificità femminile: capacità di mediazione, di relazione, di ascolto, comprensione, pazienza e così via. Ciò non significa escludere dal ruolo gli uomini, ma mette in luce l’opportunità di considerare la presenza di almeno un operatore bancario di genere femminile, deputato ad ascoltare le istanze di imprenditrici e professioniste.

(1) Si veda su questo tema il lavoro di Alesina, Lotti e Mistrulli, Do Women Pay More for Credit? Evidence from Italy, NBER – Working Paper 14202.

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  1. Francesca TEDESCHI DI DARIO

    L’articolo centra il bersaglio. Posso dire che anch’io non sono riuscita mai a farmi dare credito pur avendo messo in piedi una realtà importante oggi come OF-Osservatorio Finanziario e ancora prima la webcommunity Aiutoooo.com e ancora prima…lasciamo perdere. Ho dovuto far fronte con risorse personali, facendo enormi sacrifici e soprattutto non potendo fare quello che avrei voluto: ad esempio nel 2005 avevo lanciato RETEROSA una FACEBOOK antelitteram che nessuno mi ha voluto finanziare. Ho ancora il boccone amaro per traverso e ogni volta che entro in facebook e leggo dei suoi successi mi viene da piangere.

  2. Antonino Mineo

    Circa 20anni fà , dimessomi dall’impiego, ho realizzato il mio sogno, da tecnico dei telefoni sono diventato allevatore di capre e il primo produttore di caprini in sicilia. Nonostante sia diventato bravo ed abbia riscosso un grande successo, non ho mai potuto mettere su una azienda come vorrei, perché non sono riuscito ad ottenere un finanziamento per comprare un terreno e realizzare il mio sogno. Ho parlato con tanti banchieri, ma ognuno ha trovato una sua giustificazione. Oggi sentendo gli inviti ,e non solo, che il governo rivolge alle Banche mi chiedo quanto faranno per dare ossiggeno alle piccole imprese, che poi sono quelle che veramente producono reddito. Io, personalmente, sono d’accordo con severi controlli sul come e a chi danno il denaro.

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