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COME ELIMINARE QUELLA TASSA ANTIPATICA

L’Irap non è un’imposta assurda, ma non ha una buona reputazione. Genera tuttavia un gettito rilevante e quindi non può essere semplicemente abolita. Occorre un progetto per ricondurla nell’ambito del sistema impositivo più tradizionale. Poiché finanzia essenzialmente un servizio universale, la sanità, deve essere percepita su tutti i redditi. Per esempio, attraverso una sovraimposta a favore delle Regioni sull’Irpef e sull’Ires. Oltretutto, il sistema fiscale italiano tornerebbe così a essere comprensibile e comparabile con quello degli altri paesi.

È più facile dire cosa non sia l’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, che definirla in positivo. Non è una imposta diretta, ma non è neanche una imposta indiretta. Non è deducibile dal reddito, ma non è neanche una imposta patrimoniale. Non è un contributo sociale, anche se finanzia in larga parte il sistema sanitario attraverso le Regioni. È una imposta che, messa in bilancio dopo l’utile netto, spesso l’assorbe tutto e genera rabbia e sconcerto presso gli imprenditori.

UN’IMPOSTA "ANTIPATICA"

Certo, l’Irap non è affatto una imposta assurda. Introdotta nel 1997 dall’allora ministro per le Finanze Vincenzo Visco, assorbì diverse imposte obsolete assieme ai contributi sanitari, operando così un’utile semplificazione. Fu neutra nella sua prima applicazione, poiché il suo gettito venne a compensare imposte e contributi aboliti. Favorì le imprese, quelle industriali in particolare, perché distribuì su una platea più vasta un gettito che prima era concentrato su di esse. Ma venne subito avversata. I motivi sono diversi. Quello più contingente riguardava l’estensione al vasto campo dei professionisti. Questi si irritarono e fecero una capillare campagna contro l’Irap presso gli imprenditori, che in larga parte dipendono dalle loro valutazioni per quanto riguarda il pagamento delle imposte. Ma l’Irap mise anche in piena evidenza distorsioni già presenti nel sistema fiscale, seppure mascherati. L’imposta sul valore aggiunto evidenziò, nei bilanci delle imprese, un carico fiscale che apparentemente non veniva pagato da chi produceva in altri paesi. Con l’Irap indeducibile, messa dopo aver determinato l’utile, si vedeva chiaramente l’effetto depressivo delle imposte, mentre prima, con imposte deducibili e contributi sanitari sul lavoro, questo effetto era nascosto nelle voci di costo del bilancio. Inoltre l’Irap finanzia le Regioni con un prelievo sulle imprese, rompendo così il rapporto diretto necessario in una democrazia tra chi vota (i cittadini) e chi è eletto e determina le imposte (gli amministratori delle Regioni), che oggi è mediato dalle imprese, supposte trasferire queste imposte sui prezzi finali dei loro prodotti. Ne risulta che le Regioni possono aumentare l’Irap senza un danno immediato di immagine sui propri elettori, a scapito delle imprese che non votano.

DALL’IRAP A IRPEF E IRES

Insomma, l’Irap non ha una buona reputazione e molti sono stati i tentativi per sopprimerla o ridurla. Ma genera un gettito rilevante e quindi non può essere semplicemente abolita. Occorre un progetto per ricondurla nell’ambito del sistema impositivo più tradizionale. La mia proposta (che avanzai già quando ero direttore generale della Confindustria) è quella di riportarla nell’ambito della tassazione generale dei redditi, perché essa finanzia essenzialmente un servizio universale (la sanità) attraverso la finanza regionale e deve essere percepita su tutti i redditi. La via potrebbe essere la seguente.
Le imprese rivalutano le retribuzioni dei lavoratori della percentuale di Irap, che diviene così un costo deducibile dalle imposte. I lavoratori avranno un reddito più elevato grazie a questo trasferimento e le imprese avranno un utile maggiore per il venir meno dell’Irap sulle altre poste del valore aggiunto. Lo Stato mette una sovraimposta a favore delle Regioni (e da esse modificabile in più o in meno) sull’Irpef e sull’Ires, tale da recuperare tutto il gettito dell’Irap. La più larga platea di imposizione dell’Irpef (che comprende tra gli altri i redditi da capitale, da pensioni e da immobili) assicura che i lavoratori e le imprese avranno un qualche vantaggio in termini di pressione fiscale complessiva. Le Regioni gestiranno l’ addizionale in relazione alle loro politiche di spesa. Gli elettori potranno giudicare gli amministratori regionali anche sulla base delle loro scelte fiscali che incidono sui loro redditi. Potranno premiarli o punirli con il loro voto: questo è vero federalismo fiscale. Il sistema fiscale italiano torna a essere comprensibile e comparabile con quello degli altri paesi.
Vi sarebbe poi la possibilità di sostituire parte dell’Irap con qualche aumento dell’Iva, in particolare con l’accorpamento di alcune aliquote, ciò che trasferirebbe parzialmente l’Irap anche sulle importazioni, con effetti benefici sulla competitività del paese. Certo, vi sono alcuni problemi tecnici da superare e anche non trascurabili problemi di transizione, posto che possono formarsi, nell’immediato, posizioni di vantaggio e di svantaggio di cui tenere conto. Ma queste problematiche sono già state affrontate e superate con l’introduzione dell’Irap e, quindi, possono essere gestite senza eccessive difficoltà.

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30 commenti

  1. giampaolo

    Si può fare di tutto, ma tutto ha un limite. Non riesco a capire quale sia lo scopo di questi spostamenti del carico fiscale, soprattutto nell’ottica di favorire la ripresa economica del Paese. Cito Visco oggi sul Sole24Ore: “su questo fronte si è creato «uno squilibrio micidiale che, se i sindacati non fossero responsabili, ci sarebbero già gli estremi per una rivolta fiscale».”

    • La redazione

      L’obiettivo della mia proposta verte soprattutto a semplificare il sistema riportandolo a quello di altri paesi (utile per chi viene ad investire da noi) ed a riannodare un rapporto tra chi paga le tasse e vota nelle regioni (lavoratori dipendenti ed autonomi con le loro famiglie), con chi viene eletto e mette la tasse (politici regionali). Oggi la regione si finanzia con l’Irap che è pagata dalle imprese, e fornisce servizi (sanità prevalentemente) ai cittadini, che hanno il compito di eleggere i politici che governano la regione. È una triangolazione poco democratica.

  2. pietropaolo chirico

    Di imposte bellissime non ce n’è alcuna. L’IRAP però è la peggiore di tutte. I suoi difetti sono numerosi, ma ve ne sno due che chiunque può comprendere: 1. impedisce di definire un aliquota fiscale sul reddito dell’imprese. Poichè Ires e Irap hanno basi impobili diverse, dire che in Italia le imposte sono del 27,5+3,9% è una enorme imprecisione. Basta questo per allontanare qualsiasi impresa straniera. Chi si azzarda a fare un piano di impresa in un paese dove non si capisce neppure quale è l’aliquota di tassaizone sulle imprese? 2. Impedisce di definire un aliquota di tassazione eguale per tutti gli operatori. Stante le sue peculiarità di base imponibile, non di rado aziende in perdita economica pagano l’Irap; aziende con utili modesti hanno un carico fiscale complessivo pari ad oltre il 100% dell’utile ante imposte. Si tratta di concetti semplicemente assurdi per chiunque non sia italiano, ma anche per molti di noi, ormai. E’ semplicemente irrealistico ipotizzarne l’abolizione mantenendo le altre aliquote invariate. Ma, tanto per cominciare, qualunque società preferirebbe un aumento di 4,5 punti dell’Ires (e quindi di nuovo la vecchia aliquota del 33%) all’Irap.

    • La redazione

      Concordo con queste osservazione ed è per questo che ho proposto di tornare ad un sistema più comprensibile, pur pagando lo stesso ammontare di imposte

  3. Riccardo Colombo

    Condivido quasi tutto dell’intervento. Mi sembra, tuttavia, poco realistico pensare che gli imprenditori accettino di aumentare le retribuzioni del valore dell’Irap ed inoltre si tratterebbe di una operazione specifica per ogni impresa, in quanto l’Irap impatta in modo differente in ogni realtà produttiva a causa delle differenze nel valore aggiunto. Ritengo che l’abolizione dell’Irap richieda una riflessione più generale sulla struttura delle aliquote Irpef oggi troppo penalizzanti per il ceto medio. Perchè non pensare di aumentarne la progressività verso i redditi più alti (oltre 100.000 euro)? Ritengo che andrebbe affrontato anche i problema delle rendite finanziarie e reintrodotta un imposta, tipo ICI, sulle prime case in funzione del reddito del proprietario. Condivido che le imposte sostitutive dell’Irap debbano continuare a fare capo alle Regioni, ma temo che non sia questa l’intenzione del governo.

    • La redazione

      Si possono fare molte ipotesi di finanziamento dell’Irap. La mia non era una proposta per finanziare l’abolizione dell’Irap, ma una proposta per sostituire l’Irap mantenendo le stesse caratteristiche. Temo che la progressività non riesca a dare molti contributi, data anche la forte evasione esistente. Sono del tutto e fortemente d’accordo con il ripristino dell’ICI o tasse equivalenti.

  4. moreno moratti

    Per certi aspetti è condivisibile il suo giudizio, sennonche’ siamo in Italia e vorrei vedere le decine di piccole aziende che riversano sui lavoratori i risparmi dell’Irap? Inoltre, come verra’ sostenuta la sanita’ pubblica? O meglio, i costi crescenti di una sanita’ pubblica soggetta inevitabilmente all’invecchiamento delle persone, come verranno assorbiti? Ho la sensazione, come nel caso dell’eliminazione dell’Ici sulla prima abitazione, che si cerchi una scorciatoia, a spese della crescita di un debito pubblico immanente, tanto di quest’ultimo, in questo momento, non ne parla nessuno, in strada intendo.

    • La redazione

      Con accordi sindacali si può controllare il trasferimento dell’Irap sui redditi. Penso che per le imprese (compresi artigiani e professionisti) che già pagano l’Irap e quindi non hanno nero, non ci sarà la tentazione di truffare i propri dipendenti: se avessero voluto farlo, lo avrebbero già fatto mettendoli in nero. Per quelle imprese che praticano il nero, il problema del trasferimento esiste, ma queste già non pagavano l’Irap.
      Posto che la mia proposta è a parità di gettito, non vedo rischi di finanziamento per la spesa sanitaria, diversi da quelli che già sussistono ora con l’Irap. Son del tutto d’accordo con il ripristino dell’ICI o tassa equivalente.

  5. alex

    Il dottor Cipolletta, as usual, è persona ragionevole. Di fatto però la sua proposta mette a carico dei lavoratori l’IRAP. Se verrà veramente compensata da un incremento salariale, come fidarsi della restituzione del fiscal drag, anche nel tempo, conseguente? Da noi, si conta sulla "memoria corta". Così come oggi ci si è dimenticato che l’IRAP è significativamente inferiore alle imposte a carico delle imprese che ha sostituito, ci si dimenticherà dell’origine del carico fiscale aggiuntivo per i dipendenti e para-subordinati e amministrati. E intanto il famoso cuneo tra lordo e netto crescerà a dismisura.

  6. Giampiero Cerchi

    Non mi è ben chiaro perchè gli amministratori di un’impresa debbano impegnarsi per controllare la gestione dell’azienda con un attento monitoraggio dei costi mentre lo Stato è esentato da questo tipo di approccio. Se gli ordini e i conseguenti ricavi diminuiscono i consulenti, gli economisti ed i vari esperti sul mercato propongono all’imprenditore di tagliare i costi, di ristrutturare il debito, di investire in innovazione ecc.. Viceversa gli amministratori del bilancio dello Stato devono cercare le coperture di un’eventuale riduzione/eliminazione dell’IRAP imponendo ulteriori tasse e imposte. Facciamo un pò di chiarezza, questo ciclo economico ha bisogno di sacrifici da parte di tutti, ma soprattutto ha bisogno che chi ha l’onere di formulare proposte di politica economica e chi ha l’onere di attuare queste misure, cominci a ragionare un modo molto più semplice: se ci sono minori entrate bisogna ridurre le uscite. Senza contare che, senza scomodare l’econometria o la storia economica, sono certo che minore pressione fiscale, maggiori controlli incrociati e sanzioni anti-evasione, e abolizione culturale dei condoni e degli scudi possano produrre maggiori entrate per lo Stato.

    • La redazione

      Sono d’accordo che la Pubblica Amministrazione debba ridurre le spese fin dove può, come fa chiunque si trovi in difficoltà. Ma bisogna anche ricordare che lo Stato non è una impresa. Può e deve prendere alcuni insegnamenti dal sistema delle impresa per la gestione dei servizi. Ma i servizi che produce lo Stato devono essere garantiti anche se la gente non paga o paga poco: questa è una caratteristica che lo differenzia dalle imprese che non sono affatto tenute a produrre beni o servizi se non hanno clienti. Le imprese possono anche fallire, ma il fallimento dello Stato non è previsto.
      Quanto al fatto di sapere se una minore pressione fiscale, a parità di disavanzo, generi una maggiore crescita, questo è ancora da dimostrare. Sono del tutto d’accordo sulla lotta all’evasione e sullo scandalo dei condoni e degli scudi fiscali da abolire.

  7. Giuseppe Antonio Coricelli

    Irap è assurda perchè non permette all’imprenditore di definirne prontamente l’onere nel corso della gestione, creando così una difficoltà operativa. In particolare, tale imposta è indipendente e non correlata al reddito prodotto dall’impresa, cioè deve esser assolta anche se l’impresa è in perdita e questa indeducibilità contribuisce alla scarsa traspaerenza del sistema fiscale e crea difficoltà nella lotta all’evasione. Preferibile avere lo stesso gettitto dall’Ires o reistituire l’Ilor.

    • La redazione

      Sono d’accordo con queste osservazioni ed è per questo che ho proposto una revisione dell’Irap senza stravolgere però il suo impianto di imposta generale sui redditi

  8. mirco

    L’idea è attraente. Però in alcune regioni dove la spesa sanitaria è in attivo la pressione Irpef regionale sarà lievissima in altre sarà pesantissima con servizi inefficienti, che creeranno richiesta di servizi sanitari alle regioni virtuose ed efficienti da parte della popolazione delle regioni inefficienti. Questo naturalmente vale anche per altre situazioni (vedi i comuni di Taranto e Catania insolventi o quasi ecc.). La mia preoccupazione è l’innescare un processo di ulteriore allontanamento fra nord e sud che preannuncia nella migliore delle ipotesi una morte dell’Italia in salsa cecoslovacca.

    • La redazione

      Il rischio paventato di differenze regionali già esiste con l’Irap che si riferisce alle imprese e non cambia con il sistema da me proposto. Portare il finanziamento direttamente su chi vota (senza aggravi di imposizione come nella mia proposta) consente però di dare maggior potere agli elettori per far sentire la loro voce in caso di uso sbagliato delle risorse.

  9. Luigi D. Sandon

    Faccio una controproposta all’autore: invece di aumentare l’IVA, basterebbe alzare le aliquote assurdamente basse sulle rendite, fino ad arrivare semplicemente al cumulo del reddito. Si otterrebbe una maggiore equità fiscale, si trasferirebbe una parte del carico fiscale dalle aziende e dalle persone che producono e generano occupazione, e si lascerebbe inalterata l’IVA che ad un quinto del prezzo in buona parte dei casi è già fin troppo alta, ed è tassa altrettanto antipatica dell’IRAP. E se i guadagni da “finanza” diventano meno appetibili si riducono pure i rischi di finanza spericolata e si trasferiscono più investimenti a innovazione e produzione. Ma forse questo è proprio quello che una discreta parte del “capitalismo” italiano non vuole più fare, specialmente con i capitali propri.

    • La redazione

      Veramente io non ho proposto di aumentare l’IVA per finanziare l’abolizione dell’Irap. Ho proposto un cambio di sistema che metta in relazione chi paga le tasse e l’amministrazione regionale che le impone.

  10. maurizio benetti

    L’autore avrebbe, forse, ragione se l’Irpef colpisse effettivamente tutti i redditi. Dimentica da un lato evasione ed elusione, dall’altro che alcuni redditi non sono soggetti ad Irpef. Il risultato della sua proposta sarebbe quello di aumentare la pressione fiscale su chi paga le tasse, in primis, lavoratori dipendenti e pensionati. Sarei curioso di sapere chi controllerebbe l’aumento retributivo conseguente alla eliminazione dell’Irap per i dipendenti delle piccole imprese, di quelle artigianali, familiari e degli studi professionali. L’autore dimentica poi i pensionati, quale sarebbe la loro compensazione?

    • La redazione

      È vero che c’è una forte evasione fiscale, ma con la mia proposta non aumenterebbe. Infatti, c’è totale equivalenza tra chi paga l’Irap e chi pagherebbe l’Irpef, con l’estensione della tassazione anche ad altri redditi compresi nell’Irpef e non nell’Irap. Quindi con la mia proposta non c’è affatto il rischio di "aumentare la pressione su chi paga", almeno non più di quanto ce ne sia già oggi con l’Irap. La mia non è una proposta per ridurre l’evasione fiscale ma, a parità di evasione, per cambiare la base imponibile con un qualche vantaggio per il reddito da lavoro e per qualche imprese.
      Quanto al controllo sul trasferimento dell’Irap nella retribuzione, possono essere fatti accordi sindacali. Chi già paga l’Irap non avrà difficoltà o interesse a truffare, e chi non la paga già oggi è in nero. Per i pensionati, si può immaginare di esentare dalla sovraimposta regionale tutti quelli che già non pagano l’irpef o che hanno un reddito sotto un certo limite. Invece non vedo ragioni perché non paghi il servizio sanitario regionale chi ha una pensione elevata, come avviene oggi con l’Irap

  11. Marco Cipelletti

    Nell’ottica semplificata di chi si occupa di mercati finanziari, l’introduzione dell’IRAP elimino’ un’importante distorsione, introducendone pero’ un’altra piu’ grave. Un indubbio pregio fu la riduzione del forte incentivo all’indebitamento: con le aliquote di allora, la deducibilita’ degli interessi passava dal 52% al 36%. Tuttavia l’IRAP, tassando il costo del lavoro, introdusse un incentivo alla delocalizzazione e una distorsione tra le imprese, penalizzando quelle piu’ labour intensive. All’epoca in borsa si disse subito che TIM era la maggior beneficiaria dell’introduzione dell’IRAP: ma cosa aveva fatto TIM per meritare una forte riduzione del carico fiscale? Intanto la competitivita’ del manifatturiero subiva inivece un danno. Una soluzione equa del problema IRAP credo sia la graduale trasformazione in tassa sull’utile operativo, tramite l’eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile. Si eliminerebbero le discriminazioni tra diversi livelli di integrazione verticale industriale, mantenendo la neutralita’ rispetto alle fonti di finanziamento. E magari qualche “rientro in patria” di attivita’ produttive compenserebbe parte del gettito perso.

    • La redazione

      È vero che l’introduzione dell’IRAP ha generato distorsioni. Questo avviene ogni volta che si muta sistema fiscale, specie se per distorsioni ci si limita a vedere chi guadagna e chi perde da un sistema ad un altro. Ma questo è un vantaggio transitorio che potrebbe anche essere la correzione di uno vantaggio precedente. L’Irap resta una tassa che finanzia le regioni essenzialmente per il costo della sanità. Trovo sbagliato che una simile tassa sia messa sulle imprese perché separa del tutto chi offre il servizio sanitario e fissa la tassa (la regione) e chi paga questo servizio e elegge gli amministratori regionali (il cittadino).

  12. giuseppe faricella

    Per ragioni ideologiche (ma, forse, anche un po’ razionali…), sono completamente in disaccordo col presidente Cipolletta: se si vuole abolire l’Irap, secondo me il gettito mancante non va recuperato attraverso inasprimenti (seppur lievi) dell’Ires e, men che mai, dell’Irpef, ma va coperto con predisposizioni e/o aumenti di prelievo su immobili non strumentali, su partecipazioni finanziarie e su interessi attivi e permettendo alle regioni di reintrodurre imposte di tipo patrimoniale. Infatti, credo che l’osservazione empirica ci dica che la pressione fiscale in sé è neutra nel medio periodo, mentre non lo è la sua composizione: per questo vanno sempre fiscalmente avvantaggiati – nell’ordine – i redditi da lavoro, gli investimenti produttivi e i redditi di impresa.

    • La redazione

      Al di la delle ragioni ideologiche (che non conosco), la mia proposta era una trasformazione dell’Irap senza modificarne la natura di imposta generale con cui si finanziano le regioni ed in particolare il sistema sanitario su base regionale. Questo il motivo per cui ho lasciato gli stessi soggetti di imposta. Quanto a ripristinare una imposta sugli immobili(ICI o altro) per finanziare gli enti locali (comuni e provincie), sono del tutto d’accordo e l’ho scritto più volte in articoli su Il Sole 24 Ore.

    • Giampy

      Prima di parlare di patrimoniali vorrei farle notare la differenza che esiste tra IMU 1.06% su titoli 0.20% cioè 5volte..ma si sa che IMU in Italia non la pagano i poteri forti(chiesa,sindacati,fondazioni BANCARIE,partiti politici)ma solo i 2 milioni di cittadini che posseggono 2.5 milioni di case(proprietà diffusa)…assurdo parlare ancora di patrimoniale immobiliare con mercato fermo e una svalutazione del 30%minimo e non notare ciò che ho sottolineato con la presente…grazie per l’attenzione

  13. Giuseppe Caffo

    Ritengo che l’IRAP sia una tassa antipatica e stupida, soprattutto perchè penalizza i ceti produttivi e non tiene conto del costo del lavoro, disincentivando imprese e professionisti dall’assumere. Ma nell’attuale congiuntura credo che la priorità assoluta vada alla tenuta dei conti pubblici. Come ieri sera l’ottima trasmissione REPORT ci ha ricordato, molti grandi Stati si stanno indebitando fuori misura e quindi nel mondo ci sarà un’emissione sempre più alta di obbligazioni (solo negli USA questa settimana è prevista una emissione record di 123 miliardi di dollari). Tutto questo porterà inevitabilmente un aumento dei tassi d’interesse. Come sarà finanziato il nostro enorme e crescente debito pubblico? Questa inquietante domanda merita risposte chiare e dettagliate. Non credo all’auspicio del Governatore Draghi che ha detto di recente che basta aumentare il PIL. Purtroppo considerando le condizioni generali del nostro paese, temo che dovremo stringere ancora la cinghia per un bel po’.

    • La redazione

      La mia proposta non è di abolire l’Irap, ciò che determinerebbe un aumento del disavanzo pubblico. Ho proposto invece di cambiare sistema a parità di gettito. Quindi senza effetto sul disavanzo e sul debito pubblico. La proposta mira a legare più direttamente la regione che tassa e il cittadino che paga.

  14. Luigi Cristiani

    Porto testualmente quanto dice:"Vi sarebbe poi la possibilità di sostituire parte dell’Irap con qualche aumento dell’Iva, in particolare con l’accorpamento di alcune aliquote, ciò che trasferirebbe parzialmente l’Irap anche sulle importazioni, con effetti benefici sulla competitività del paese." Ecco questa è la soluzione per imbrigliare ancora di più un paese con bassi consumi e pochi investimenti in innovazione. L’aumento dell’IVA, in ultima istanza, ricadrebbe sui consumatori deprimendo di consuguenza i consumi nel loro complesso. Inoltre trovo che la competitività del paese non si acquisisce aumentando il costo finale dei beni importati ma investendo in ricerca. So che a molti l’investimento in ricerca non piace perchè agli imprenditori e manager italiani interessa solo il ricavo immediato e non dare al paese la possibilità di crescere nel lungo periodo. Sarebbe meglio per tutti rileggere Shumpeter!

  15. Carlo

    L’IRAP sarà anche astrusa ma il fatto ancor più antipatico è che costa alle aziende anche in termini di determinazione della base imponibile e di dichiarazione. Sarebbe a mio avviso accettabile trasformarla in una sovraimposta dell’IRES senza costringere le imprese a calcoli di basi imponibili separate. Si aggiunga poi che dal 2009 la dichiarazione è separata dal modello UNICO e deve essere trasmessa come modello a sè stante. Insomma, le imposte vanno pagate ma che la loro applicazione sia almeno semplice.

  16. hominibus

    L’Irap, applicata al fatturato, è una cosa già più efficace dell’imposta sul reddito, perché esonera dalla lettura dei costi, ma non rappresenta la migliore soluzione per far pagare le imposte alle attività produttive, perché lascia la discrezione della fatturazione. Rifiutando la ipocrisia che impera sull’argomento, questi soggetti, come tutti gli altri contribuenti chiamati a partecipare nella copertura delle spese comuni, dovrebbero pagare sul valore mobiliare ed immobiliare di mercato dei cespiti di cui sono proprietari, che ha l’enorme vantaggio di usare un parametro comprensivo di redditività e valore oggettivo corrente del patrimonio posseduto. Questa sarebbe una modalità veramente "antipatica" di far pagare le tasse.

  17. Stante A.M.

    Concordo con quanto scritto dall’autore dell’articolo. Mi domando solo se sia così necessario rivedere i salari dei lavoratori verso l’alto, durante la trasformazione dell’ Irap in Irpef; probabilmente l’abolizione dell’Irap, abbassando i costi di produzione, porterebbe un decremento dei prezzi al consumo, e quindi un incremento del salario reale, senza passare dall’aumento del salario Reale. Avanzo questa idea, consapevole dei suoi limiti, ma sottolineando il pregio del forte aumento di competitività internazionale delle nostre imprese, che provocherebbe.

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