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UN NUOVO SISTEMA DI REGOLE PER LE BANCHE CROSS-BORDER

Come garantire la stabilità del sistema finanziario senza rinunciare ai benefici dell’innovazione e alla dimensione globale e multifunzionale delle istituzioni? Cerca di rispondere a questa domanda un rapporto di Ceps-Assonime. Ne pubblichiamo una sintesi, suddivisa in quattro interventi. Iniziamo dalla nuova architettura regolamentare dei gruppi bancari cross-border, fondata sul contenimento dell’azzardo morale per i banchieri e sull’effettiva possibilità di fallimento per tutte le istituzioni finanziarie. Nei prossimi numeri de lavoce.info proporremo gli altri tre articoli che completano l’analisi.

Il dibattito sulla riforma della regolamentazione è stato inopinatamente deviato da proposte tese a ripristinare antiche separazioni strutturali tra gli intermediari oppure a limitarne per legge certe attività (la “regola di Volcker”). Tali misure non sono necessarie, sarebbero di difficile attuazione e potrebbero comportare alti costi in termini di disponibilità di credito per l’economia – se ad esempio limitassero la capacità delle banche di coprirsi dai rischi di credito o di gestire la liquidità.

DUE PILASTRI PER LA STABILITÀ

Esistono soluzioni alternative che possono garantire la stabilità del sistema senza rinunciare ai benefici dell’innovazione finanziaria e alla dimensione globale e multifunzionale delle istituzioni finanziarie. Tali soluzioni si fondano su due pilastri:
i) il contenimento dell’azzardo morale per i banchieri, attraverso il rafforzamento della disciplina di mercato sugli azionisti e sui manager delle banche e l’aumento del costo della licenza bancaria;
ii) l’effettiva possibilità che tutte le istituzioni finanziarie, o almeno gran parte di esse, possano fallire senza ripercussioni sistemiche ingestibili.
Le precondizione per ripristinare incentivi corretti per i manager e gli azionisti delle banche è la modifica delle regole sul capitale, in particolare con l’eliminazione dei requisiti basati sugli attivi ponderati per il rischio. Quel sistema è logicamente viziato, poiché la rischiosità degli attivi non può essere misurata indipendentemente dalle condizioni di mercato e dal grado di fiducia e, pertanto, i requisiti di capitale vengono sistematicamente sottostimati in condizioni di mercato favorevole, sovrastimati quando il clima della fiducia si deteriora. Un requisito di capitale minimo, calcolato in rapporto al totale delle attività o delle passività dei gruppi bancari, è comunque indispensabile per porre un tetto all’eccessiva assunzione di rischio da parte delle banche, in presenza di massicce asimmetrie informative tra i manager, da un lato, gli investitori e i regolatori dall’altro.
Una volta corrette le regole prudenziali sul capitale, per rimuovere dal sistema bancario l’azzardo morale occorre intervenire su tre fronti:
i) riportare a un giusto equilibrio i privilegi della licenza bancaria;
ii) rimuovere la promessa esplicita o implicita di salvataggio pubblico in caso di crisi;
iii) rendere difficile una eccessiva acquiescenza delle autorità di vigilanza verso le banche vigilate.
Il sistema di garanzia dei depositi si è spesso trasformato in un sistema che protegge la banca o l’intero gruppo bancario, invece che i soli depositanti, al fine di impedire ripercussioni negative sulla fiducia del mercato. Inoltre, molti sistemi di garanzia dei depositi non sono adeguatamente finanziati; ciò comporta una promessa implicita che, in caso di bisogno, si potrà ricorrere alle casse pubbliche – una promessa che diviene quasi una certezza per le banche di maggiore dimensione.
Un sistema riformato di garanzia dei depositi è il primo pilastro di una architettura regolamentare per i gruppi bancari cross-border capace di contenere al minimo l’azzardo morale. Al fine di ristabilire il giusto prezzo per la licenza bancaria, le banche dovrebbero sostenere ex-ante il costo pieno della garanzia dei depositi, con contributi al fondo di garanzia basati sul rischio intrinseco della banca. Tali contributi devono diventare lo strumento per far pagare alle banche il giusto prezzo del rischio che generano, valutato in base a un accertamento di vigilanza della probabilità di fallimento di ciascuna banca e del rischio generato per il sistema. La valutazione del rischio dovrebbe considerare, oltre alla qualità degli attivi, fattori quali la stabilità delle fonti di finanziamento, la gestione dei rischi e il sistema dei controlli, la liquidità e le fonti integrative in caso di bisogno, il grado di interconnessione con altre banche, la complessità, la stessa dimensione.
Il secondo pilastro per ridurre significativamente l’azzardo morale nel sistema finanziario è la credibile rimozione della promessa che le grandi banche non possano fallire. Al riguardo, tutti i principali paesi dovrebbero adottare procedure speciali di risoluzione – sul modello di quelle già esistenti negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Italia – gestite da un’unica autorità amministrativa, con ampi poteri di intervento in caso di crisi. Prevenzione, riorganizzazione e liquidazione sarebbero parte di un’unica procedura su base consolidata, gestita per ciascun gruppo bancario da un’unica autorità amministrativa.
Per facilitare la procedura di risoluzione, tutti i gruppi bancari dovrebbero fornire ai supervisori un documento (“le disposizioni testamentarie in vita”) che illustri in dettaglio la struttura consolidata delle entità legali che dipendono dalla capogruppo per la loro sopravvivenza, i crediti verso il gruppo e il loro ordine di priorità, gli eventuali meccanismi di ‘segregazione’ per proteggere le funzioni di rilevanza sistemica (sistemi di pagamento, settlement di operazioni auto liquidanti, eccetera) e una chiara descrizione delle responsabilità e dei meccanismi decisionali operativi.

L’INTERVENTO DELL’AUTORITÀ DI VIGILANZA

Infine, il terzo pilastro di un sistema finanziario efficacemente riformato è un meccanismo volto a limitare l’inerzia dei supervisori. Serve un sistema di interventi obbligatori da parte delle autorità di vigilanza, sotto la vigilanza dell’Autorità bancaria europea, man mano che il capitale scende al di sotto di determinate soglie. Se la ricapitalizzazione fallisce, i supervisori saranno tenuti a imporre le misure di riorganizzazione necessarie: vendita di attivi, chiusura di linee di business, cambio di management, cessione dell’intera banca a un istituto più solido. Se anche tali azioni risultano insufficienti, inizia la liquidazione: i depositi e le altre attività “sane” della banca saranno allora conferiti a una “banca ponte”, assicurandone la continuità, mentre tutte le altre attività e passività, insieme con il compenso pagato per il trasferimento di attivi e passivi alla banca ponte, resteranno nella “banca residuale”. A quel punto, questa perderà la licenza bancaria e verrà affidata a un amministratore – nominato dall’Autorità bancaria europea – che ne curerà la liquidazione davanti ai tribunali delle giurisdizioni rilevanti.
Il beneficio di un tale sistema è che gli interventi correttivi hanno luogo ben prima che il capitale scenda a zero, in modo che le perdite per il fondo di garanzia dei depositi e, in ultima istanza, per i contribuenti, siano contenute. Il sistema deve essere completato da un accordo tra i paesi membri dell’Unione su una chiave di ripartizione delle perdite residue che non sia stato possibile evitare.

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UN COMMENTO DI BRUNO JAFORTE ALL’ARTICOLO DI BERIA E RAMELLA – LA REPLICA DEGLI AUTORI

  1. Franco Benoffi Gambarova

    Condivido appieno il contenuto dell’intervento. Ma sono molto scettico circa la possibilità che si arrivi ad una decisione, tantomeno a livello europeo. Si è visto come la UE sia incapace di creare anche un modesto framework di politica industriale, nel caso dell’automotive: i Paesi sono quindi andati allo sbando, primo fra tutti il nostro. I politici sono ignoranti (non hanno, ad es. capito cosa significa agnostico, quando Marchionne ha pronunciato questa parola) e schiavi di un populismo deteriore. Ben venga la Vostra iniziativa di dare ampio spazio a questo argomento: forse il popolo capirà quanto importante sia decidere al riguardo. E forse lo ricorderà quando andrà a votare. Franco Benoffi Gambarova

  2. PDC

    Una proposta "moderata" per riformare senza rivoluzionare. Staremo a vedere cosa succederà realmente, ma sospetto che nemmeno le proposte più moderate verranno attuate. Consiglio vivamente ai lettori (ed all’autore) la consultazione del blog di Yves Smith, focalizzato essenzialmente su questi problemi: http://www.nakedcapitalism.com/

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