Un tetto settimanale imposto ai prezzi dei carburanti può rivelarsi inutile e addirittura controproducente, come mostra l’esperienza di altre tariffe predeterminate per periodi più o meno lunghi. Infatti il meccanismo può indurre gestori e compagnie a fissare cautelativamente prezzi artificiosamente alti. Una campagna informativa e una rimodulazione delle imposte sarebbero probabilmente molto più efficaci per scoraggiare i rincari.
Il protocollo sulla ristrutturazione della rete distributiva dei carburanti, siglato il 21 aprile al ministero dello Sviluppo economico, oltre a rimandare a futuri provvedimenti strutturali, prevede che i gestori fissino ogni settimana un prezzo che potrà essere solo diminuito nei giorni successivi. (1)
Nel migliore dei casi, si tratta di una misura bizzarra, ma sostanzialmente ininfluente. Nel peggiore, può contribuire a innescare o ad amplificare fluttuazioni dei prezzi e della domanda in un mercato che non ha certo bisogno di essere destabilizzato. Lunico vantaggio è un lieve miglioramento del contenuto informativo e della comparabilità dei prezzi, che indubbiamente agevola le scelte dei consumatori. Tuttavia, la possibilità di effettuare successivi sconti in corso dopera rende piuttosto evanescente anche questo eventuale modesto guadagno. Per contro, laccordo sui tetti, se preso sul serio, comporta rilevanti costi amministrativi per controllare ciò che succede realmente nelle circa 23mila pompe sparse in tutta Italia. Se ci si limitasse solo al minimo indispensabile di un paio di visite settimanali, della durata di appena cinque minuti (compresi gli spostamenti dei controllori), sarebbero necessarie oltre 15mila ore di lavoro al mese, con un costo del lavoro stimabile in oltre due milioni di euro lanno.
PREZZI FISSI, ASPETTATIVE E INFORMAZIONI
Una delle poche cose su cui gli economisti sembrano daccordo è che, di fronte a uno shock momentaneo o nel corso di un cambiamento strutturale, è meglio che si muovano i prezzi piuttosto che oscillino le quantità scambiate, che di solito si portano dietro costosi aggiustamenti delloccupazione, delle scorte e degli investimenti. Laccordo appena siglato, invece, introduce ulteriori elementi di rigidità nel sistema dei prezzi. Ma non basta: è almeno dagli anni Settanta che ci si è resi conto che i prezzi vengono fissati secondo meccanismi che guardano al futuro e quindi solo eventi inattesi e imprevedibili possono alterarne la dinamica generale , indipendentemente dalle convenzioni sulla pubblicazione dei listini. Quindi, fissare un tetto ai prezzi dei carburanti per un mese o per un anno serve solo trasferire gli aumenti (e le riduzioni) nel tempo, ma non incide minimamente su quei problemi strutturali passati in rassegna anche di recente da Marzio Galeotti, che rendono i carburanti italiani tra i più costosi dEuropa.
In ogni caso, se i gestori o le compagnie dovranno fissare un tetto valido per i successivi sette giorni, saranno naturalmente portati a essere molto prudenti, in modo da lasciarsi ampi margini per assorbire eventuali rialzi delle materie prime. In pratica, il tetto sui carburanti farebbe la fine delle condizioni minime per i servizi bancari o delle tariffe professionali minime, che risultano quasi sempre peggiori di quelle che qualsiasi cliente riesce a spuntare. Come se non bastasse, la pubblicizzazione di prezzi massimi settimanali artificiosamente elevati potrebbe gonfiare le aspettative e i prezzi di riserva dei consumatori, contribuendo a spingere ancora più in alto le quotazioni dei carburanti. (2) Le conseguenze potevano essere anche peggiori se lintervento del presidente dellAutorità antitrust non avesse scongiurato il pericolo che le compagnie potessero fissare contemporaneamente il prezzo settimanale con evidenti rischi di collusione.
In realtà, la semplice predeterminazione dei prezzi non fornisce alcuna garanzia sulla loro moderazione, come dimostra anche landamento delle tariffe amministrate a livello locale e nazionale, che tipicamente variano al massimo un paio di volte lanno. Ad esempio, lultimo rapporto di Indis-Unioncamere segnala come il complesso dei prezzi regolati sia aumentato di quasi il 16 per cento negli ultimi cinque anni, contro una inflazione media dell11,2 per cento, con punte del 21,8 per cento per acqua e rifiuti. (3) Per non parlare dellandamento di un altro tipico prezzo prefissato, ossia le tariffe Rc auto che, dal 1996 al 2009 sono aumentate del 131,3 per cento, contro il 35,3 per cento della zona euro. Insomma, sembra proprio che i tetti periodici non servano a molto e, laddove sono già applicati, possano anche fare qualche danno.
In realtà, se gli elevati prezzi dei carburanti italiani dipendessero solo dalle quotazioni del greggio, non ci sarebbe quasi nulla da fare. Se invece fossero soprattutto il risultato dellinefficienza e delleccessivo potere di mercato di compagnie e gestori, come sostengono in molti, allora sarebbe più semplice scoraggiare gli aumenti con altri mezzi, possibilmente senza ricorrere alle lungaggini della nostra legislazione antitrust. Ad esempio, invece di sbandierare ogni giorno i record toccati dai vari carburanti, si potrebbero rilevare e diffondere i prezzi più convenienti praticati sul mercato, in modo da deprimere i prezzi di riserva dei consumatori e schiacciare verso il basso lintero sistema dei prezzi.
LO SCAMBIO TRA ACCISE E IMPOSTE PROPORZIONALI AI PREZZI
Se invece si preferiscono ricette più tradizionali, si potrebbero tagliare le accise, aumentando nella stessa misura lIva sui carburanti, oppure introducendo anche in Italia una carbon tax, che presenterebbe anche il vantaggio di evitare possibili contrasti con la normativa comunitaria in materia di Iva. Oggi, infatti, se il prezzo finale della benzina aumenta di 10 centesimi al litro, le compagnie e il sistema di distribuzione incassano circa 8,3 centesimi in più, al netto delle accise (che non variano con il prezzo) e dellIva che pesa per il 20 per cento sul prezzo industriale comprensivo delle accise. Per lo stesso motivo, una riduzione di 10 centesimi del prezzo finale costa ai gestori 8,3 centesimi.
Supponiamo, invece, di tagliare le accise di circa 17 centesimi al litro e di portare lIva sui carburanti dal 20 al 40 per cento (strappando il via libera della Commissione europea), oppure di introdurre una imposta ecologica pari al 20 per cento del prezzo industriale. Il prezzo alla pompa rimarrebbe lo stesso, ma, in futuro, un aumento di 10 centesimi frutterebbe ai gestori solo 7,1 centesimi, e una riduzione costerebbe loro 1,2 centesimi meno di prima. Di conseguenza, sarebbe minore lincentivo ad aumentare i prezzi finali dei carburanti, mentre risulterebbe relativamente più vantaggioso diminuirli. Lo scambio tra accise e imposte proporzionali al valore, come Iva e carbon tax, avvantaggerebbe inoltre i settori e i soggetti che possono scaricarle, perché utilizzano i carburanti come semplici input intermedi. Infine, è molto probabile che la rimodulazione delle imposte porterebbe spontaneamente a ridurre la frequenza dei rincari, senza bisogno di protocolli e controlli amministrativi, perché aggiornare continuamente i listini ha un costo sia per le compagnie, sia per i gestori.
Laltra faccia della medaglia di un ridimensionamento delle accise sarebbe naturalmente lamplificazione degli effetti delle fluttuazioni del Brent e degli altri costi di produzione dei carburanti, nonché dei margini di profitto delle compagnie, ma questi aspetti non possono essere affrontati efficacemente mediante semplici provvedimenti congiunturali.
* Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente quelle dellautore e non impegnano in alcun modo listituto di appartenenza.
(1) Il testo integrale dellaccordo può essere consultato qui
(2) Ossia la soglia al di sotto della quale il consumatore è disposto ad acquistare immediatamente un prodotto.
(3) Si veda a questo link
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nonnoFranco
E se il governo, forte del 30% dell’Eni che gli consente di nominare il consiglio di amministrazione, “imponesse” un prezzo concorrenziale da parte dei distributori Agip, non sarebbe forse questo il modo di rompere il “patto che non c’è?” Saluti, nonno Franco
G.Carone
Sono assolutamente d’accordo con il commento del collega nonno Franco: sarebbe la soluzione più ecnomica e vantaggiosa (cosi detta panacea) per noi utenti!