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Gas, una crisi annunciata

Gli abusi di posizione dominante di Eni nel mercato delle importazioni di gas si sono gradualmente tradotti non soltanto in un ostacolo alla liberalizzazione, ma anche in una carenza strutturale di offerta. A questo si aggiunge una insufficiente capacità di stoccaggio per la modulazione stagionale. La sostituzione della ripartizione pro-quota con un meccanismo d’asta ridurrebbe la convenienza economica di alcuni utilizzi dello stoccaggio. In questi giorni, avrebbe indotto i fornitori a offrire sconti significativi per i contratti interrompibili.

I fondati timori del Governo sull’eventualità di un blackout del gas e il ricorso a provvedimenti di emergenza hanno posto sotto nuova luce i problemi di inadeguatezza delle infrastrutture di importazione e di stoccaggio segnalati ripetutamente dall’Autorità antitrust e dall’Autorità per l’energia. Eni ha contrabbandato a lungo la tesi di una “bolla di gas” per giustificare il suo rifiuto di potenziare i gasdotti che ancora controlla all’estero, proprio come Enel difese l’adeguatezza della capacità di riserva del sistema elettrico fino a quando alcuni eventi sfortunati determinarono il blackout elettrico.
Gli abusi di posizione dominante di Eni nel mercato delle importazioni di gas si sono gradualmente tradotti non soltanto in un ostacolo alla liberalizzazione, ma anche in una carenza strutturale di offerta che richiede il razionamento delle forniture. Siamo ormai di fronte a un caso da manuale in cui il benessere sociale si riduce sia perché i prezzi sono troppo alti sia perché l’offerta è scarsa rispetto alla domanda. Senza contare il peggioramento di benessere dovuto ai costi ambientali dell’impiego di olio combustibile inquinante nella generazione elettrica.

Il freddo e le scorte

Certo, le forniture russe si sono ridotte e il freddo persistente mantiene elevati i consumi. Tuttavia, riduzioni occasionali delle forniture si sono probabilmente verificate anche in passato ed esistono scorte strategiche per farvi fronte. Le temperature in Italia sono costantemente basse, ma un sistema del gas è normalmente in grado di far fronte a una domanda con un profilo come quello attuale. Se la capacità delle infrastrutture è adeguata, la somma di produzione, importazione e stoccaggi può generare un flusso costante di gas per soddisfare la forte domanda invernale. Se poi disponessimo anche di una Borsa del gas sufficientemente liquida, la scarsità sarebbe segnalata da picchi temporanei dei prezzi all’ingrosso che richiamerebbero immediatamente flussi di gas aggiuntivi. Di solito, sono le punte impreviste di freddo a mettere alla prova anche sistemi caratterizzati da maggiori margini di sicurezza rispetto a quello italiano. Proprio questo timore giustifica gli interventi urgenti poiché l’arrivo di punte di freddo a fine stagione si scontrerebbe con la riduzione della pressione del gas dovuta al progressivo svaso dei giacimenti di stoccaggio. In realtà, un fenomeno insolito si è verificato di recente: la richiesta di metano per produrre energia elettrica destinata all’esportazione. L’imprevisto eccesso di domanda per la produzione elettrica potrebbe anche essersi tradotto in prelievi dallo stoccaggio, un bene condiviso da tutti i fornitori di gas per far fronte soprattutto alle richieste del mercato civile per il riscaldamento, che consente di integrare il flusso delle importazioni e della produzione nazionale con le scorte costituite nel periodo estivo.

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I problemi dello stoccaggio

Le carenze infrastrutturali del sistema italiano hanno natura duplice: riguardano non solo la capacità di importazione, ma anche la capacità di stoccaggio per la modulazione stagionale.
Il dibattito di questi ultimi giorni ha reso di dominio pubblico la necessità di potenziare i gasdotti di importazione, ancora controllati dall’Eni, e di costruire i rigassificatori in programma sulle coste italiane. Minore attenzione è stata data alla necessità di potenziare gli stoccaggi e di utilizzare in maniera più efficiente quelli già disponibili. Gli stoccaggi sono infatti un ingrediente fondamentale sia per soddisfare in maniera continuativa la forte domanda invernale, sia per far fronte a punte improvvise di freddo di breve durata.
La capacità di stoccaggio esistente è quasi del tutto controllata da Eni attraverso la società Stogit che da diversi anni investe poco in potenziamenti o nuovi giacimenti. Altri giacimenti esauriti da adibire a stoccaggio dovevano essere messi a disposizione dei concorrenti in base al decreto di liberalizzazione (164/2000). Le procedure di assegnazione da parte del ministero delle Attività produttive stanno richiedendo anni, per cui nessuno di questi nuovi impianti risulta ancora in esercizio. Nel frattempo, la capacità di stoccaggio disponibile è insufficiente a soddisfare la domanda di tutte le imprese venditrici di gas e viene razionata in base a procedure transitorie stabilite dall’Autorità per l’energia.
Queste stesse procedure risultano inefficienti. La capacità di stoccaggio viene annualmente distribuita fra tutti i richiedenti in base alle quote di mercato civile. Tale ripartizione non tiene conto, tuttavia, della parziale sostituibilità dello stoccaggio con altri strumenti di flessibilità. Alcuni operatori potrebbero far ricorso ai contratti industriali interrompibili, alla sostituzione del metano con olio combustibile nelle centrali bi-fuel (se operano anche nel mercato elettrico) o alla flessibilità dei contratti di importazione. Poiché la tariffa di stoccaggio è regolata (visto il monopolio di fatto che Eni detiene nel settore), oggi risulta comunque conveniente procacciarsi in anticipo tutto quel che si può, salvo poi cedere parte della capacità acquisita sul mercato secondario oppure farvi ricorso per finalità diverse, come il prelievo di gas per produrre energia elettrica.
La sostituzione della ripartizione pro-quota con un meccanismo d’asta potrebbe ridurre la convenienza economica di alcuni utilizzi dello stoccaggio. Assegnata la capacità scarsa a chi è disposto a pagare di più, perché non dispone di sostituti per soddisfare il bisogno di flessibilità, si darebbe comunque a tutti un segnale sulla necessità di procurarsi tali sostituti, vista la scarsità della risorsa. Del resto, il provvedimento adottato nell’emergenza attuale – mettere all’asta sussidi destinati alle imprese che volontariamente interrompono le loro forniture di gas – segue una logica economica molto simile. L’asta per lo stoccaggio avrebbe indotto gli stessi fornitori di gas a offrire sconti significativi per i contratti industriali interrompibili, contribuendo a ridurre la richiesta di immissione in stoccaggio.
Nel nostro paese però sembra veramente difficile uscire dalla cultura dell’emergenza.

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Qualcuno gli dica qualcosa

  1. Matteo Olivieri

    Lo stoccaggio di materie prime rappresenta, come la fornitura e la distribuzione, un sistema soggetto alle leggi della domanda e dell’offerta. La mancaza di competizione e i monopoli di fatto impediscono tale concorrenza ed acuiscono le crisi da scorte.
    Tuttavia guardiamo l’altra faccia della medaglia. Un paese che viene spesso strangolato dalle posizioni dominanti, nelle tlc vome nell’energia, ha due possibilità per reagire: assecondare i monopoli con lenta ( e incerta) introduzione di fattori competitivi, o ribellarsi facendo calare la domanda. Il risparmio energetico sarà la naturale conclusione di questo gioco al massacro in cui ogni tentativo di liberalizzare viene diluito da un’azione carsica di lobbying. Al calo della domanda si innescherebbe un processo virtuoso per cui i monopolisti dovrebbero diversificare le proprie attività, puntare su nuovi mercati, in una parola rendersi più efficienti per competere con i colossi stranieri. Soprattutto nel paese della manifattura aziende forti nell’organizzazione e nella logistica come ENEL ed ENI, con forte appeal sul consumatore, potrebbero esse stesse a divenire energy service companies che realizzano risparmi, e di lì potrebbero esportare il modello.
    Credo che i precedenti e gli attuali management di queste società siano incapaci di intepretare queste tendenze.

  2. Stefano Sylos Labini

    Nell’articolo andrebbe ricordato che ENI ed ENEL sono aziende dove lo Stato detiene ancora la maggioranza relativa del capitale; di conseguenza tali aziende sarebbero tenute a seguire gli indirizzi politici delineati in sede parlamentare. La situazione attuale va quindi ricondotta all’assenza di una politica energetica nazionale che favorisce una gestione delle due aziende finalizzata alla massimizzazione dei profitti di breve periodo e che trascura la ricerca, l’innovazione e la sicurezza energetica del nostro Paese.

  3. Mario Treno

    La liberalizzazione di un mercato strategico come il gas mi sembra sinceramente che rischi di apportare un danno maggiore alla sicurezza del nostro sistema economico. Non credo che una pluralità di attori economici possa realmente contrattare con le compagnie degli idrocarburi da una posizione di forza, come viene spiegato in questo articolo:
    http://www.politicaestera.org/wordpress/index.php?p=21
    Molto meglio una liberalizzazione limitata in cui l’ENI continui in ogni caso ad avere una posizione preminente.

    • La redazione

      il concetto di liberalizzaione limitata in economia non esiste (anche se puòessere considerato “politically correct”). La liberalizzazione é o non é. Lealternative vere sono fra un monopolio verticalmente integato dove un unicosoggetto coordina le transazioni e un mercato pienamente competitivo dove questo ruolo lo svolge il prezzo: la Borsa del Gas. Infatti quest’ultima é avversata da ENI, che per quanto mi risulta non partecipa se non marginalmente agli scambi pressoo il PSV ( Punto di Scambio Virtuale) l’embrione italiano della Borsa del gas. Quanto alla necessità di un operatore forte che contratti il prezzo del gas sul mercato internazionale,
      é un solido argomento (già usato) per ritardare la liberalizzazione. Si potrebbe anche condividere, ma chi garantisce che i vantaggi ottenuti da quell’impresa vengano distribuiti all’industria manifatturiera e ai consumatori civili? La benevolenza e il paternalismo dell’industria di
      Stato?

  4. Giovanni Goldoni

    Non frequento l’AEEG ma sono un attento lettore dei suoi provvedimenti. Mi pare che l’Autorità ed il Ministero siano tenacemente attaccati al controllo totale di ogni singola componente della tariffa. In assenza di pass-through della materia prima, la Borsa del gas resterebbe un corpo estraneo a forte rischio di rigetto.
    Ammettendo comunque la sua esistenza e una struttura dell’offerta competitiva (ipotesi ancora più eroica), e dando credito alle carenze russe, la scarsità riflessa nei prezzi non avrebbe richiamato flussi aggiuntivi, ma avrebbe prima riequilibrato i costi del KWh nazionale rispetto a quello di importazione, e ridotto la domanda della termoelettrica.
    L’assegnazione degli stoccaggi tramite asta potrebbe avvenire solo a valle di una Borsa del gas funzionante in modo accettabile (vedi sopra). Per il momento sarebbe stato più giusto riservare gli stoccaggi alla loro funzione d’origine di copertura della domanda di riscaldamento. Come? Ad esempio, sincerandosi che il volume progressivo dei prelievi da parte di chi è titolare degli stoccaggi fosse conforme alla stagionalità climatica ed ai contratti in portafoglio per forniture civili. In caso contrario applicare penalità ai prelievi tali da scoraggiare l’uso improprio.
    Enel ed Eni, per finire, non sono creature onnipotenti per volontà divina. Estendono la loro influenza fino a dove è loro consentito da governi, ministri ed autorità, che in tutti questi anni hanno scambiato le dismissioni di centrali con stranded cost eccessivamente generosi, i tetti antitrust con la loro precoce scomparsa; le misure compensative degli abusi di posizione dominanate con la sospensione indefinita della pena.

    • La redazione

      Sono d’accordo che con una vera Borsa del Gas la regolamentazione del costo della materia prima dovrebbe essere superata. Ma credo che sarebbe d’accordo
      anche il regolatore, cioé AEEG. Non dubito che l’esistenza della Borsa del gas avrebbe contribuito a stabilizzare anche il mercato elettrico, ma credo anche che elevati prezzi del gas (più alti ad esempio del prezzo regolato della materia prima) contribuiscano a richiamare risorse aggiuntive, se la
      capacità delle infrastrutture é adeguata. Si sente dire nell’industria che ENI vende gas alla Borsa di Zeebrugge, dove i prezzi stagionali sono elevati. Mi sembra ovvio che lo faccia! Ma questo non era il messagio fondamentale del mio articolo, che mirava piuttosto a discutere dell’allocazione della scarsa capacità di stoccaggio. Continuo a pensare che
      l’asta sia il miglior strumento inventato dall’uomo per razionare i beni scarsi. L’asta per lo stoccaggio consentirebbe di assegnare quest’ultimo in base al suo valore, che é diverso per i vari venditori di gas, incrementando l’efficienza. Dubito che punire le imprese con penali più elevate consenta
      di ottnere lo stesso risultato e poi costi di controllo sarebbero molto elevati. Meglio usare i sistemi di incentivo nella regolamentazione e lasciare le multe all’antitrust (nel caso dell’ENI sono state inutili anche quelle!).

  5. Carlo Stagnaro

    Il problema degli stoccaggi può essere risolto solo in parte tramite un obbligo per Stogit di vendere i depositi inutilizzati. Questo potrebbe contribuire ad aumentare l’efficienza degli stoccaggi esistenti nel breve termine, ma alla lunga non può garantire che le quantità di gas accumulate saranno sufficienti a bilanciare le fluttuazioni a fronte di consumi crescenti. Occorre piuttosto creare un clima economica che sia in grado di accogliere, valorizzare e richiamare investimenti, sia da parte del soggetto dominante (che sarebbe assurdo costringere a cedere mercato quando nessuno è manifestamente in grado di subentrare), sia da parte dei concorrenti che per ora sembrano latitare. Ciò significa dare piena attuazione a una liberalizzazione che per ora è solo sulla carta (e talvolta neppure lì), sia sciogliere il nodo della confusione burocratica. Perché uno dei paradossi del nostro “federalismo” è proprio che, se qualunque ente locale per quanto marginale può esercitare un diritto di veto di fatto, c’è uno scollamento drammatico tra il luogo dove avviene il processo di autorizzazione e quello dove gli impianti o le infrastrutture vengono messi in opera. Si spiega così l’incentivo per comuni, quartieri, province e comitati locali a mettersi di traverso. Sarebbe meglio immaginare un maggiore coinvolgimento degli enti locali nel processo autorizzativo – senza con questo duplicare le carte bollate – oppure esautorarli del tutto, ammesso che sia possibile. Altrimenti il rischio paese continuerà ad aumentare e i problemi si riproporranno sempre maggiori.

    • La redazione

      Gli stoccaggi attualmente gestiti in maniera integrata dal monopolista (Stogit) potrebbero essere ceduti in tutto o in parte ad altre imprese per favorire lo sviluppo della concorrenza in un settore che non è caratterizzato da monopolio natruale. Tuttavia tale soluzione non é mai
      stata considerata né a livello Europeo, né a livello nazionale. Quindi é un’alternativa che realisticamente deve essere essere esclusa almeno per ilmomento. Non é vero comunque che non vi siano imprese disposte ad investire nel settore, le procedure di affidamento di nuove concessioni a nuovi
      entranti nel settore dello stoccaggio non sono state ancora concluse ma hanno visto la partecipazione di diversi soggetti (si veda l’indagine conoscitiva congiunta AGCM-AEEG e il documento di consultazione sulle tariffe di stoccaggio per il nuovo periodo regolatroio di AEEG). La necessità di richiamare nuovi investimenti nel settore é stata riconosciuta
      anche dall’Autorità per l’energia che nell’ultimo documento di consultazione ha promesso condizioni molto interessanti per tali investimenti. Tuttavia prima che i nuovi impianti entrino in esercizio passeranno sette anni almeno. Nel frattempo resta il problema dell’allocazione della scarsa capacità esistente: continuo a pensare che solo l’asta assicuri una ripartizione dello stoccaggio in base al suo valore, migliorando l’effcienza
      rispetto al sistema attualmente utilizzato. D’accordo sugli enti locali.
      Alberto Cavaliere

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