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Una rete per le piccole imprese

Nasce una rappresentanza della piccola impresa e del lavoro autonomo, R.ete. imprese Italia. Mette assieme le cinque associazioni storiche degli artigiani e dei commercianti e rappresenta nel suo complesso oltre due milioni e mezzo di imprese. Ha davanti alcune sfide, come quella di riuscire a rimanere un soggetto effettivamente autonomo dai partiti senza cedere a tentazioni di neocollateralismo, mentre resta da definire dove si fermerà il processo di aggregazione di altre realtà associative. Ma ancora più importante è il nodo dei rapporti con Confindustria.

 

Il 5 maggio 1910 nasce a Torino la Confederazione generale dell’’industria italiana. Il 10 maggio 2010 nasce a Roma R.ete. imprese Italia che coordina cinque confederazioni degli artigiani e dei commercianti. La concomitanza cronologica del centenario di Confindustria e della formazione di una struttura di rappresentanza della piccola impresa e del lavoro autonomo offre alcuni spunti di lettura interessanti. Vediamo perché.

CONFINDUSTRIA: IL PESO DELLA STORIA

Il centenario di Confindustria costituisce un importante segnale di continuità non solo per banali motivi cronologici, ma per il percorso attraverso il quale l’’associazione giunge a questa scadenza. Nata come espressione della grande impresa industriale, mantiene sostanzialmente inalterata dopo un secolo di vita la propria fisionomia.
Certamente, ci sono stati alcuni cambiamenti significativi nella sua base associativa (crescente attenzione al terziario e inclusione delle ex imprese a partecipazione pubblica), nella sua struttura organizzativa (progressivo rafforzamento del sistema associativo nel suo complesso e maggiore attenzione alle imprese e alle associazioni di piccole dimensioni) e nelle funzioni svolte (ridimensionamento dell’’attività negoziale e potenziamento dell’’offerta di servizi e della attività di rappresentanza politica). Ma, vista nel lungo periodo, l’’associazione ha mantenuto, pur passando attraverso passaggi storici cruciali -– pensiamo al regime fascista, all’’autunno caldo e, più recentemente, alla fine dell’’impresa fordista e alla globalizzazione dei mercati -– una profilo di continuità e di stabilità. (1)

R.ETE. IMPRESE ITALIA: LA FINE DEL COLLATERALISMO

Il 10 maggio 2010 le cinque associazioni “storiche” di rappresentanza degli artigiani e dei commercianti – Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti – hanno dato vita a Rete imprese Italia. Il progetto di unificare la rappresentanza del lavoro autonomo era nato il 30 ottobre 2006, con il cosiddetto “patto del Capranica”, in risposta alla manovra finanziaria del governo Prodi. Si tratta di un evento rilevante per varie ragioni.
Anzitutto, attenzione ai numeri: Rii rappresenta nel suo complesso oltre 2,5 milioni di imprese, cioè un numero di iscritti quasi venti volte superiore a quello di Confindustria (vedi tabella 1).
In secondo luogo, la nascita di Rii sancisce la fine del collateralismo tra partiti e gruppi di interesse che ha caratterizzato storicamente il sistema di rappresentanza degli imprenditori italiani. Associazioni con origini ideologiche e legami partitici differenti (Confcommercio e Confartigianato orientate a destra, Cna e Confesercenti a sinistra) si trovano a collaborare all’’interno di una struttura unitaria.
Ciò spiega anche –- e qui arriviamo al terzo punto –- il grande pragmatismo che caratterizza le domande politiche intorno alle quali nasce Rii: semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi e informativi per le imprese, facilitazione dell’’accesso al credito, abbassamento delle aliquote fiscali e contemporaneo allargamento della base imponibile, riforma degli ammortizzatori sociali. Insomma, un progetto, che non parte da schieramenti partitici o da posizioni ideologiche, ma da precise esigenze “di sopravvivenza” della piccola impresa e del lavoro autonomo schiacciati dalla crisi economica, dalla pressione fiscale, dagli inadempimenti e dalla scarsa efficienza della pubblica amministrazione.

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SCENARI E PROSPETTIVE

Dopo decenni di sostanziale immobilismo nel sistema di rappresentanza degli imprenditori italiani – almeno a livello centrale, in periferia qualcosa si stava muovendo già da tempo: si apre una fase di dinamismo di cui è assai difficile prevedere gli sviluppi. I nodi critici sono essenzialmente tre.
Il primo è di natura squisitamente politica. Due milioni e mezzo di iscritti, cioè di voti, che potenzialmente potrebbero diventare quattro, secondo le stime di Rete imprese Italia, sono sicuramente appetibili. (2) Riuscirà Rii a rimanere effettivamente un soggetto autonomo dai partiti o riemergeranno tentazioni verso forme di neocollateralismo? La consistenza numerica può tradursi in forza negoziale nei confronti dei governi solo se viene garantita l’indipendenza dai partiti.
Il secondo e il terzo sono di natura associativa. Anzitutto, il processo di aggregazione della rappresentanza imprenditoriale si fermerà o includerà anche altre realtà associative? Il settore agricolo, e in particolare la Coldiretti, entrerà a far parte di Rii o, invece, manterrà la propria autonomia? E Confapi che farà? E, infine, c’’è il grosso nodo dei rapporti con Confindustria. L’’assenza di Emma Marcegaglia dalla cerimonia di costituzione di Rii non è certamente di buon auspicio, anche perché giustificata con motivi tutto sommato futili. (3)
In tutti i paesi europei la piccola impresa e il lavoro autonomo hanno forme di rappresentanza autonome rispetto alla grande impresa. (4) In questo senso non si configurerebbe una peculiarità del caso italiano. Tuttavia, autonomia non significa contrapposizione. E, infatti, nelle altre realtà nazionali esistono dei meccanismi organizzativi più o meno espliciti che consentono comunque alla borghesia industriale di mantenere la leadership della rappresentanza imprenditoriale, soprattutto nel campo delle relazioni sindacali. Bisogna vedere se Confindustria sarà in grado di stabilire positivi rapporti di collaborazione con Rii o se, invece, legata al proprio passato, si manterrà in un dorato isolamento. Il peso della storia, a volte, può diventare una zavorra.

R.ete. imprese Italia e Confindustria

Associazione Numero imprese associate
Confartigianato 700.000 c.a.
Cna 670.000 c.a.
Casa artigiani 130.000-150-000 c.a.
Confcommercio 740.000 c.a.
Confesercenti 352.666
Totale RII 2.592.666 c.a.
Confindustria 142.762
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Fonte: Cna e Casartigiani: “Corriere della Sera”, 11 maggio, 2010, p. 9 “Affari e finanza”, 10 maggio 2010, p. 6; Confartigianato; Confindustria; Confcommercio; Confesercenti.
(1) La volontà di trasmettere una rassicurante immagine di continuità si evince chiaramente anche da una semplice visita al sito www.centenarioconfindustria.it.
(2) Sulle potenzialità associative di Rii si veda la “scheda rappresentanza” sul sitowww.confartigianato.it.
(3) Sul punto si veda l’’articolo di Roberto Bagnoli, In prima fila la politica e lo Stato, non Confindustria, “Corriere della Sera”, 11 maggio 2010, p.8-9.
(4) Su questo si veda la ricerca coordinata da F. Traxler, Small and Medium sized Enterprises and Business Interest Organisations in the European Union, Uapme (European Association of Craft, Small, and Medium-sized Enterprise), 2005.

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Dilettanti allo sbaraglio sulla non autosufficienza

  1. AZ

    …di questa rete. Come (da pochi anni) iscritto alla CNA (ed operando con una microimpresa in un ambito high tech) devo dire che senza la ben funzionante struttura provinciale di questa associazione saremmo stati mangiati vivi dalle banche, e i resti del festino sarebbero stati sparsi al vento dalle amministrazioni locali. L’impulso ad archiviare il collateralismo c’ è, solidamente motivato da una divergenza effettiva di interessi tra burocrazie sempre piu’ autoreferenziali e le necessità degli associati, che di questi tempi hanno bisogno di risposte rapide e trasparenti. Non sarebbe male avanzare unitariamente certe proposte semplificatorie… Due esempi banali: 1) possibile che una regione possa arrivare a dotarsi di 5 o 6 enti/agenzie per la gestione dei fondi europei, e che alle volte il percorso di un progetto passi addirittura per due diversi gestori? 2) possibile che comuni tutt’altro che virtuosi nella gestione dei rifiuti (e con qualche derivato in bilancio) per nutrire le loro fameliche casse stiano già annunciando aumenti di tia/tarsu anche del 30%? Iniziative rasoterra fuori dalla retorica usuale su ricerca e innovazione (del tutto priva di sostanza).

  2. Marcello Battini

    Speriamo che questa operazione di confluenza associativa, apra la strada ad altre confluenze associative, in particolare penso ai sindacati dei lavoratori. Quest’ultimi, da anni parlano d’unità sindacale e più ne parlano, più litigano. Intanto i lavoratori pagano sempre di più i sempre più ridotti servizi sindacali. Ritengo, con molto realismo, che questa unificazione, se avverrà, sarà solo per un intervento esterno al mondo sindacale.

  3. Corrado Bortot

    Da oltre un decennio partecipo alla gestione di una associazione di categoria che aggrega oltre 3500 piccole imprese di consulenza automobilistica ed autoscuole, UNASCA (Unione Nazionale Autoscuole Studi di Consulenza Automobilistica), inizialmente come segretario provinciale, ora con incarico nazionale. Ho sempre vissuto questa esperienza con grande stimolo ma anche con la netta sensazione di "isolamento" rispetto ad altre grandi organizzazioni, un isolamento anche cercato dai vertici dell’associazione nell’intento di mantenere un giusto distacco da ogni forma di convolgimento partitico, autonomia indispensabile anche e sopratutto per i nostri interventi "politici" a tutela della categoria. Necessitava e necessita tutt’ora, a mio modesto parere, la possibilità di una alternativa di riferimento diversa dal panorama attuale della rappresentanza imprenditorile. Nella speranza che il carattere "super partes" di questa nouva realtà possa nel tempo rimanere tale non posso che accogliere positivamente tale iniziativa.

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