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Ma quanto incasseremo dal digitale terrestre?

Il maxi emendamento alla Finanziaria si basa in parte su 2,4 miliardi di euro di entrate legate alla vendita di frequenze elettromagnetiche in seguito al passaggio dal sistema televisivo analogico al digitale terrestre. Le frequenze saranno destinate a servizi di telefonia mobile in banda larga. Bene che il ministero dell’Economia abbia avviato questo processo che porterà sicuri benefici. Il problema è che la stima economica delle entrate è calcolata per eccesso. Vediamo perché.

 

Il maxi emendamento alla finanziaria si basa in parte su di una stima di 2,4 miliardi di euro di entrate legate alla vendita di frequenze elettromagnetiche in seguito passaggio dal sistema televisivo analogico al digitale terrestre (switch off) (Articolo 1, commi 13-18, sui diritti d’uso di frequenze radioelettriche). Il cosiddetto “dividendo digitale” del quale abbiamo parlato su lavoce.info già in altre occasioni.
Le frequenze saranno destinate a servizi di telefonia mobile in banda larga. Questa è un’’ottima iniziativa che porterà, grazie all’’aumentata capacità trasmissiva, benefici in termini di nuovi servizi, prezzi più bassi e crescita economica.
Va dato merito al Ministero dell’’Economia di avere avviato il processo. Esprimo tuttavia forti dubbi sulla copertura finanziaria prevista in base alle seguenti considerazioni.

DUBBI E CONSIDERAZIONI

1. Non è ben chiaro né quali frequenze saranno messe all’’asta né come verrà svolta la gara. Nulla entrerà nelle casse dello Stato per quanto riguarda le frequenze TV in mano alle emittenti nazionali. Questo è stato denominato “dividendo interno”, una trovata lessicale tutta italiana che non trova riscontri nel resto del mondo. Gli operatori televisivi si ritengono, a torto, proprietari delle frequenze sul quale hanno finora trasmesso il proprio programma (1 canale = 1 programma). Ogni rete televisiva pretende di conservare le frequenze analogiche senza tener conto che, nel nuovo scenario digitale, un canale è in grado di trasportare fino a 15 programmi! Per questo motivo assistiamo alla moltiplicazione dei monoscopi e dei palinsesti clonati nelle zone dove la transizione al digitale è già avvenuta. Se si vuole generare ricchezza e crescita tramite aste competitive rivolte ai servizi mobili bisognerebbe togliere frequenze a Rai e Mediaset (senza però’ ridurre il numero di programmi che possono irradiare, anzi consentendo loro di avere un moltiplicatore pari a 2 o addirittura 3 volte i loro attuali programmi). Ma ciò’ non avverrà’ se non si cambia la legge.

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2. In particolare, restano da assegnare dei multiplex nazionali, di cui abbiamo già scritto. Qui è previsto un beauty contest limitato ai soli operatori televisivi e non un’’asta, dunque incassi zero per lo Stato e nessuna frequenza disponibile per le reti mobili.

3. Le frequenze dovrebbero arrivare dunque in buona parte da quelle in mano alle reti private (1). La vedo dura.Le leggi vigenti affermano che almeno un terzo delle frequenze debba essere assegnato all’’emittenza locale. Dunque, poiché sono previsti 25 multiplex nazionali, la legge impone di destinare all’’emittenza locale almeno 13 multiplex in ogni area. Una simile proliferazioni di reti è una follia, visto che, come già detto, non si capisce quali contenuti potranno essere trasmessi sulle varie centinaia di programmi irradiabili. Anche qui, se non si cambia la legge non ci sarà alcuna frequenza disponibile per un’’asta alla quale partecipino gli operatori mobili. Ovviamente il problema alla base di tutto ciò è quello di non avere mai chiarito di chi “sono” le frequenze (dovrebbero essere dello Stato), e come sono state assegnate nel passato nel “far west” del nostro etere. Tale ambiguità porterà a contenziosi e ricorsi al Tar, contando anche sul fatto che le emittenti private riceverebbero un trattamento discriminatorio rispetto a quelle nazionali. Siamo arrivati al paradosso di dover prevedere di pagare compensazioni alle Tv locali per fare tornare allo Stato ciò che è dello Stato, e sempre senza impedire alle Tv locali di continuare a trasmettere i loro programmi. (2)

4. L’’ultimo fattore di incertezza è lo scontro probabile tra Ministero dell’’Economia e quello dello Sviluppo Economico (spetta a quest’’ultimo organizzare la gara). Mentre va dato atto a Tremonti di avere compiuto dei passi importanti e condivisibili, l’’ineffabile Romani si è già affrettato a dire che se si fa una crisi di governo non si fa la gara, e che inoltre lo spettro è già tutto occupato dalle varie televisioni.

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(1) Alcune frequenze, meno pregiate, dovrebbero arrivare da un’’altra banda intorno a 2.600 MHz. Sembra esserci una certa confusione nella stima economica di queste frequenze particolari nel maxi emendamento, in quanto si prende come riferimento la base d’asta di una gara precedente in una banda contigua. Tuttavia tale base d’’asta era una “lump sum” per la durata dell’’intera concessione, mentre viene qui intesa come canone annuo e moltiplicata per un fattore 15 che sono gli anni previsti per le nuove licenze. Questa stima mi sembra pertanto in eccesso.

(2) Il maxi emendamento prevede “misure finanziarie compensative ” fino a 240 milioni di euro, per lo spettro “attualmente destinato alla diffusione d trasmissioni in ambito locale”.

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Se il diritto allo studio non è uguale per tutti

  1. Giancarlo Mazzone

    E’ stato affermato da persone qualificate che l’ "etere" occupato oggi dall’analogico passando al digitale si amplia al minimo di quattro volte, cioè 1 canale analogico vale 4 canali digitali. Ciò significa che i canali televisivi nazionali (Rai, Mediaset e La7) possono moltiplicarsi per 4 gratuitamente senza alcun esborso, il cosidetto dividendo interno. Secondo il buon senso almeno due canali digitali per ogni canale analogico nazionale dovrebbero ritornare allo Stato per essere ceduti ad altri utilizzatori aumentando in tal modo le entrate per coprire gli urgenti fabbisogni. I media non si occupano di questo problema secondo la migliore tradizione del nostro Paese.

  2. Montermini Marco

    Romani è semplicemente im-pre-sen-ta-bi-le. Un lobbista di Mediaset a capo dello sviluppo economico del paese…chissà che bello sviluppo. E non sono anti-Belusconiano…

  3. Alfonso Potenza

    Non ho capito bene una cosa. Lo stato non può farsi valere sulla Rai (di stato) per riprendere le frequenze. Ovviamente anche la Mediaset (di stato, almeno in questo momento) non ridarà le frequenze. A quando la vendita della Rai? Almeno non sarà tutto in mano ad uno.

  4. Tiziano

    Siamo alle solite. Il nostro governante, padrone tra le tantissime altre di televisioni, fa in modo che le frequenze restino alle TV (concorrenti ma anche a sé stesso) sapendo che una TV che ora dispone di decine di canali non può produrre una gamma tanto vasta di contenuti (lui, però, sì!). E le frequenze libere messe all’asta…!? Solo per la telefonia!!! …MAVAFFF

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