L’ottimismo manifestato da più parti sull’andamento del turismo in Italia non sembra giustificato dai dati. Nel 2010 sono calati, e molto, i giorni di vacanza e i viaggi d’affari. Tradotti in euro significano perdite significative per gli operatori. E gli italiani hanno rinunciato soprattutto alle microvacanze e ai week-end lunghi. Ovvero a quel superamento della stagionalità che rappresenta la speranza di consolidamento e crescita del settore. Manca in particolare una politica del turismo per il mercato interno.
Domenica 20 febbraio si è conclusa ledizione 2011 delle Borsa internazionale del turismo di Milano, la principale rassegna del settore in Italia. Ma le note ottimistiche diramate dal ministro Michela Vittoria Brambilla e dal presidente dellEnit Matteo Marzotto non riescono a far sorridere le imprese, che registrano un calo molto drastico della domanda interna, il principale mercato di riferimento.
RITORNO AL PASSATO
Nel turismo la crisi non è finita, o più probabilmente il settore ne ha risentito in ritardo rispetto ad altre branche della nostra economia. E lanalisi critica è lecita, stando alle cifre pubblicate dallIstat proprio il 16 febbraio 2011, giorno di inaugurazione della Borsa, che sono stati largamente trascurati nella comunicazione e nei dibattiti. (1)
I dati relativi ai viaggi e alle vacanze degli italiani nel 2010 confermano quanto già evidenziato da Isnart – Unioncamere sulloccupazione delle strutture ricettive (alberghiere ed extralberghiere), che per quasi tutto lanno e soprattutto durante lestate avevano fatto registrare una contrazione rispetto allanno precedente.
Il 2010 infatti segna un ritorno al passato, un balzo indietro di quattro-cinque anni almeno, per quanto riguarda la propensione ai viaggi e alle vacanze degli italiani, che lo scorso anno hanno consumato viaggi molto di meno che nel recente passato.
I viaggi degli italiani x 1000
Totale vacanze | Totale lavoro | |||
Viaggi | Notti | Viaggi | Notti | |
2008 | 106.810 | 644.097 | 16.128 | 62.553 |
2009 | 98.677 | 622.581 | 15.422 | 57.634 |
2010 | 87.407 | 586.004 | 12.590 | 40.943 |
Fonte: Viaggi e vacanze in Italia e allestero, Istat 2011
Variazioni 2010/2008
Totale vacanze | Totale lavoro | |||
v.a. x 1000 | % | v.a. x 1000 | % | |
Viaggi | -19.403 | -18,2 | -3.538 | -21,9 |
Notti | -58.093 | -9,0 | -21.610 | -34,5 |
Fonte: elaborazioni su dati Istat, 2011
Quanto ai viaggi di lavoro, i tagli nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni si sono fatti sentire: meno missioni, meno congressi e fiere, meno viaggi di rappresentanza.
IL CALCOLO DELLE PERDITE
Purtroppo il turismo in Italia non ha ancora imparato a guardarsi in tasca e continua a sfornare e commentare dati fisici, ma non economici: contiamo le teste dei turisti e le notti passate fuori casa, ma non la spesa.
Così è difficile parlare dei risvolti economici di un simile tracollo: possiamo però provarci sulla base di diverse rilevazioni incrociate, condotte ancora una volta da Isnart Unioncamere, e dalla Banca dItalia. (2) Le stime convergono su di un valore medio di circa 100-105 euro in termini di spesa media per persona/giorno.
Se così fosse, la perdita di fatturato complessiva dellofferta turistica italiana nel 2010, per il solo effetto del calo del mercato interno di 58 milioni di notti per vacanza, sarebbe di circa 6 miliardi di euro: una enormità.
A queste perdite si va poi ad aggiungere il calo di 21 milioni di notti per il turismo daffari, notoriamente più ricco: almeno altri 2 miliardi di euro, a essere prudenti.
Sempre secondo lIstat, nel 2010 gli italiani non hanno del tutto rinunciato alla vacanza estiva, ma si sono spostati di meno durante il resto dellanno, tagliando magari anche solo sui week-end.
Però è proprio questa la polpa del business turistico, che non campa solo di festività comandate, ma sempre più di prolungamento stagionale, di microvacanze, di ponti e week-end lunghi. (3)
Se fosse per stare aperti solo a ferragosto, non ci sarebbe utilità a costruire o a gestire alberghi, come sanno bene tutte le imprese che fanno un business plan prima di iniziare l’attività.
Lindustria turistica italiana nel suo complesso ha una sola speranza di diventare sistema, attività primaria e centrale nella vita di milioni di lavoratori, settore permanentemente attivo, vocazione stabile dei territori: e questa speranza risiede nel superamento della stagionalità.
Altrimenti resterà il regno della saltuarietà, dei mestieri che cambiano con le stagioni, del lavoro sommerso, come segnala sempre lIstat il 18 febbraio 2011: il 56,8 per cento del prodotto interno lordo alberghiero sarebbe in nero. (4)
Al di là di ogni altra considerazione, è del tutto evidente che il vuoto lasciato dal ministero del Turismo (abrogato con referendum popolare nel 1993) non è stato colmato dal protagonismo delle Regioni, sancito nel 2001 dalla riforma del Titolo quinto della Costituzione.
Mentre infatti sia lEnit – Agenzia italiana per il turismo sia le Regioni hanno mantenuto la competenza sui mercati esteri, il più delle volte duplicando le proprie azioni, il mercato interno è rimasto orfano di ogni attenzione e provvedimento, con i risultati che oggi si vedono.
(1) Istituto nazionale di statistica, Viaggi e vacanze in Italia e allestero, anno 2010, 16 febbraio 2011.
(2) Banca dItalia Ufficio italiano cambi, Viaggiatori stranieri in Italia e viaggiatori italiani allestero, anno 2010.
(3) Coldiretti SL&A, Dossier microvacanze a chilometro zero, Roma, 2008.
(4) Enrico Giovannini, relazione al tavolo per la riforma fiscale, 18 febbraio 2011.
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riccardo tonioli
Nel 2011 ci sarà anche da registrare l’effetto negativo della "protesta delle gite scolastiche" che si farà sentire soprattutto nei mesi primaverili.
luciano ardoino
Complimenti, ottima disamina
giacomo bailetti
Analisi corretta. Ciò che in Italia favorirebbe la destagionalizzazione sarebbe il rafforzamento del turismo culturale, il segmento in cui l’Italia ha risorse ineguagliabili. Tuttavia il taglio alle risorse per la cultura e la convinzione dei nostri ministri che la cultura sia un lusso (ricordate cosa ha detto poco tempo fa Tremonti: "con la cultura non si mangia") non promette niente di buono per il turismo italiano. Anche perché nei segmenti diversi dal turismo culturale (balneare, montano, ecc) l’Italia rischia di essere sempre meno competitiva.
Laura Benigni
Forse il mercato interno mantiene o scopre una certa vivacità se esiste un lavoro locale competente, aggiornato, coordinato. Forse è l’Italia delle mille piccole città o dei mille piccoli borghi a soffrire del calo del turismo? Ma che cosa fanno le province e i piccoli comuni per far conoscere e far diventare accoglienti sagre, patrimonio culturale, ristoranti, bar e magari persino cori e scuole di musica? Nel territorio in cui vivo per visitare alcune delle raccolte di arte più interessanti, rigorosamente chiuse il sabato e la domenica, è necessario essere più di quattro e prendere un appuntamento in anticipo. Ovviamente queste raccolte più interessanti non sono riportate nelle guide e si scoprono solo se si vive sufficientemente a lungo su un territorio e si comunica con chi risiede sul luogo da sempre. Eppure, l’Italia minore non è una delle nostre grandi ricchezze, dal punto di vista culturale e naturalistico?
bob
Labolizione del ministero del turismo in un Paese come il nostro è frutto di demagogia assoluta. Dire che lItalia è senza ministero specifico è come dire che la Francia non abbia il Ministero dellAgricoltura. La follia di consentire alle Regioni la gestione turistica è frutto, oltre che di demagogia, anche di ignoranza assoluta, di mentalità provinciale e di disonestà. Neanche gli USA pubblicizzano il loro territorio dividendolo in territori specifici, visto le dimensioni potrebbero farlo, ma invitano il turista negli States. Chi opera nel turismo sa che un pacchetto di offerta in Italia comprende delle mete irrinunciabili che sono nellordine Roma, Firenze, Venezia etc. Allora come si può gestire un progetto o una comunicazione se non con un coordinamento nazionale, essendo noi un lembo di territorio? Il pensiero italioto e provinciale è quello di pensare che il turista parte per visitare Firenze poi finisce lì. Solo se pensiamo che nei prossimi anni il bacino turistico più importante sarà la Cina, l India e cosi via ci rendiamo conto dellatteggiamento feudale che abbiamo. Proprio ieri leggevo delle 21 "ambasciate" della Lombardia aperte allestero e completamente abbandonate.
Elena Gadoni
Il calo del turismo scolastico nel 2011 non sarà soltanto dovuto alla protesta, ma alla reale impossibilità di gestione e organizzazione delle gite lunghe. A causa dei ripetuti tagli sul personale, infatti, diventa quasi impossibile la copertura dei docenti accompagnatori e le classi restanti rimarrebbero scoperte.
anna herrmann
Un patrimonio culturale come il nostro dovrebbe essere difeso, valorizzato e promosso come una delle risorse economiche principali, mentre è vero esattamente l’opposto. Chi viaggia in Francia, Spagna, e particolarmente in USA sa che per siti anche di modesta levatura vengono spesi soldi in manutenzione, valorizzazione, promozione che poi hanno grandi ritorni economici e giovano a tutto il paese. Da noi è deprimente vedere le condizioni di degrado di splendidi siti e opere d’arte uniche e, nel contempo, sentire i responsabili dei Beni Culturali e del Turismo lodarsi per iniziative di cui il meglio che può dirsi è che sono inutili e ridicole.
Cecilia
Purtroppo in Italia i costi per le vacanze sono molto alti rispetto alla qualità offerta. Se si riducessero i costi di alberghi, ristoranti e quant’altro legato al turismo, tutta l’economia ne trarrebbe vantaggio; con i costi più bassi, magari, le persone non farebbero "mordi e fuggi", ma si fermerebbero qualche giorno in più.
pasquale morea
Avevo la metà dei miei anni attuali che già leggevo gli scritti del dr. Landi. Siamo invecchiati insieme, ma i problemi del turismo in Italia sono ancora oggi gli stessi che lui citava allora. Un Paese che non ha mai creduto per davvero nel valore aggiunto del turismo alla sua economia, non poteva che produrre i disastri che ha fatto. La comunicazione turistica abbonda nelle sue varie forme, i filoni tematici altrettanto, i pesi dei dati statistici sulla quantità di consumo di questi ultimi (culturale, enoganostronomico, leisure) sono gli stessi da tempo. Se non c’è crescita, vuol dire che la spesa discrezionale delle famiglie si è ridotta e sono anche cambiate le abitudini di consumo turistico. Il sistema dell’offerta però è rimasto lo stesso, promozioni tariffarie quando la gente non si muove e tariffe elevate quando i periodi feriali sono di massa. Con il risultato che chi non può permetterselo resta a casa. Politiche di destagionalizzazione servono a poco se le famiglie si muovono soprattutto quando le scuole sono chiuse. I costi dei servizi poi sono sempre più sbilanciati nel rapporto prezzo/qualità. Il sistema va ripensato nel complesso e non con iniziative di facciata.
patrizia grossi
A settembre ho fatto un viaggio in America di tre settimane tra California, Nevada, Utah, Colorado, Arizona. Abbiamo noleggiato la macchina con tutte le massime coperture, utilizzato motel (di varie categorie) strade e superstrade gratis (8000 miglia circa). Tornata dal viaggio e fatti due conti in tasca, vi assicuro che in Italia partivamo dal Nord per finire al massimo a Firenze.
Dario Quintavalle
Nella vicina Germania si può trovare un centro di prenotazioni in ogni Stazione od Aeroporto, che offre ottime sistemazioni a un prezzo medio di 50 per notte. A me in Italia è capitato di prenotare un albergo a Pisa, su una lista dell’Ente del Turismo, sul presupposto che fosse vicino all’aeroporto. Era invece vicino alla stazione, e beh, certo, era a Pisa. Quando cala la domanda, bisogna abbassare i prezzi e migliorare i servizi. Da questo orecchio gli operatori turistici non ci sentono, quindi ben gli sta. Continueremo a spendere i nostri sudati quattrini all’estero. E’ il mercato, bellezza…
Roberto Brilli
Sono un docente di un istituto alberghiero e, quindi, opero nel settore preposto a "formare" alcuni dei futuri operatori del settore (cuochi, camerieri, addetti al front-office, sommelier). Guardando ai problemi del turismo italiano dalla mia piccola visuale ritengo che in Italia si improvvisi troppo; contiamo in maniera esagerata su quegli elementi tradizionali che riteniamo intramontabili (bellezze artistiche, paesaggistiche, buona cucina, ecc), tanto da farci dimendicare che manca una strategia complessiva, una struttura "paese", e mentre riteniamo che non passeremo mai di "moda" gli stranieri vanno altrove (come dimenticare che stiamo scivolando inesorabilmente nella classifica mondiale?) e noi italiani abbiamo sempre meno soldi per fare turismo. E se avessimo come punto di partenza le esigenze dei turisti? Se valutassimo che i turisti, come ospiti, chiedono una efficiente e capillare rete di trasporti, ambienti puliti, informazioni complete, rapporto qualità prezzo adeguata e potrei ancora continuare. Il turismo è la nostra risorsa principale? Perchè non prevedere un sistema che metta a confronto e permetta un maggiore dialogo tra i diversi attori coinvolti in qiesta importante partita: mondo del lavoro (imprenditoriale e sindacale), scuola e formazione universitaria, regioni, province, comuni e strutture di promozione (che come spesso accade in Italia, sono troppe e creano confusione). Promuovere un territorio significa promuovere un sistema, una struttura.
sandro
Lo scorso anno ha passato la settimana di Pasqua in Andalusia (Siviglia, Granada, Cordoba). Pur essendo in Spagna il periodo di altissima stagione (il più caro), in due con volo, affitto auto, ecc. abbiamo speso relativamente poco senza farci mancare nulla. Quest’anno per Pasqua ho iniziato a guardare i prezzi in Italia, pur scartando a priori Roma, Firenze, Venezia i prezzi che trovo in internet mi stanno convincendo che Barcellona potrebbe essere una scelta alternativa molto interessante. Molto spesso in Italia i prezzi (e la qualità dei servizi offerti) sono del tipo "spenniamo i polli tanto poi non li vediamo più". "I polli", dopo essere stati spennati una volta, se possibile evitano di ripetere l’esperienza.
francesco
Non vedo perchè l’Italia dovrebbe costituire una qualche attrattiva per chicchessia. Io ci vivo da 48 anni e circolare per le sue strade è veramente un invito alla fuga: sporcizia, maleducazione, traffico terribile, automobili e camion in numero enormemente superiore rispetto a qualunque paese d’oltralpe. Tutto l’edificato post 1945 sostanzialmente disgustoso, da abbattere, (e invece aumenta sempre più e sempre più brutto). Paesaggi agrari cancellati. Non so proprio cosa si venga a vedere. Villette, capannoni della logistica, autostrade intasate, spazzatura. Ma ai padroni del vapore di ogni parte politica e ai loro compari "imprenditori" va bene così. Solo col girare delle betoniere si fanno i soldi veri, nel Bel Paese…