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DALLA CEDOLARE VANTAGGI SOLO PER I PROPRIETARI

Il decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale approvato con voto di fiducia è molto diverso dal testo originale. Anche nella parte che riguarda la cedolare secca sugli affitti. Intanto, non diventerà più un tributo proprio dei comuni. Poi, il nuovo regime di tassazione rende inefficace il ricorso alla leva fiscale quale strumento di contenimento dei canoni. Ad avvantaggiarsene sono unicamente i proprietari delle abitazioni. Soprattutto quelli che affittavano a canone di libero mercato e collocati negli scaglioni di reddito più elevati.

 

Con il voto di fiducia della Camera dei deputati del 2 marzo scorso, il decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale ha concluso il suo cammino parlamentare. È stato un percorso travagliato dalla mancata pronuncia della commissione bicamerale sul federalismo e dell’originaria impostazione è stato conservato ben poco nel testo finale, che nel tempo ha avuto diverse versioni. (1) Anche quella che era una delle novità con maggior presa mediatica, l’introduzione della cedolare secca per la tassazione degli affitti, ha subito una evoluzione, ma gli originari difetti (si veda i precedenti articoli "L’affitto langue anche con la cedolare secca", "Cedolare con molti difetti") sono stati aggravati dal venire meno della prospettiva di diventare un tributo proprio dei comuni.

UN ROVESCIAMENTO DI PROSPETTIVA

La prima versione del decreto legislativo prevedeva la devoluzione ai comuni del gettito della cedolare secca, con la previsione di attribuire allo Stato una compartecipazione sul gettito di questo come di altri tributi, relativi agli immobili, che dovrebbero fornire le risorse finanziarie al federalismo municipale. In prospettiva, la cedolare sarebbe dovuta (o almeno potuta) diventare un tributo proprio dei comuni.
Nella versione ora approvata, ai comuni viene devoluta una quota della cedolare secca pari al 21,7 per cento del gettito totale per il 2011 e al 21,6 per cento a partire dal 2012, a compensazione della riduzione di trasferimenti erariali di pari importo.
Ma se non è destinata a diventare un perno dell’autonomia finanziaria dei comuni, è legittimo chiedersi perché introdurre la cedolare secca.

IL DOPPIO REGIME DEI CANONI PRE-CEDOLARE

Uno dei maggiori difetti della originaria proposta della cedolare secca ad aliquota unica, applicata all’intero ammontare dei ricavi da canoni, consisteva nella constatazione che decretava la sostanziale fine del doppio regime per la tassazione Irpef dei canoni, introdotto dalla legge 431/1998, e che prevede l’applicazione dell’imposta sull’85 per cento dei canoni liberi e del 59,5 per cento su quelli concordati. La differenza nella percentuale di imponibile da percuotere con l’Irpef (che con le differenze di durata e di imposta di registro configura due distinti regimi contrattuali) permette di utilizzare la leva fiscale per consentire canoni più bassi di quelli di mercato a parità di redditi netti per i proprietari degli alloggi.
Nella seconda colonna della tabella 1 è riportata, per ogni scaglione di reddito, la riduzione percentuale di cui, con il regime di tassazione Irpef, può essere ridotto il canone di mercato ottenendone uno equivalente al primo, quanto a reddito al netto della tassazione. La percentuale è, ovviamente, crescente passando da uno scaglione di reddito a quello successivo. Non raggiunge mai livelli molto elevati; tuttavia, i locatori con un reddito imponibile superiore a 28mila mila euro avrebbero potuto affittare le loro abitazioni a canoni concordati di un 13-15 per cento inferiori a quelli di mercato, senza accusare alcun danno finanziario.
L’ordine di grandezza di queste percentuali costituisce anche un obiettivo riferimento nella
negoziazione, tra le associazioni dei proprietari immobiliari e quelle degli inquilini, per la determinazione dei canoni concordati.

UNA SPINTA ALL’AUMENTO DEI CANONI CONCORDATI

La cedolare secca ad aliquota unica, nella versione del decreto legislativo sottoposta al parere della commissione bicamerale, tassando in ogni caso l’intero importo dei canoni, decretava la fine di fatto del regime contrattuale del canone concordato. Il decreto legislativo approvato tassa con un’aliquota del 21 per cento il canone libero e con una del 19 per cento quello concordato, entrambi per l’intero importo percepito. Ma le condizioni previste non sono sufficienti per far sopravvivere il regime dei canoni concordati. La tabella 1  riporta la percentuale di cui un canone concordato può essere inferiore rispetto a uno di mercato per permettere al locatore di ottenere lo stesso reddito netto: non raggiunge il 2,5 per cento (naturalmente uguale per tutti gli scaglioni di reddito).
Con una percentuale di riduzione di quest’ordine di grandezza, è probabile che si determini un innalzamento del livello dei canoni concordati, che verrebbero portati molto a ridosso di quello dei canoni di mercato. Il potenziale effetto inflazionistico sui canoni concordati del nuovo regime di cedolare secca è sintetizzato nella tabella 2, nella quale sono riportati i valori dei canoni concordati equivalenti di un canone annuo di mercato di 10mila euro.
Con la tassazione Irpef, il valore del canone concordato equivalente a questo canone di mercato oscillava tra i 9.280 euro per i proprietari delle abitazioni con redditi appartenenti allo scaglione più basso, e gli 8.472 euro per i proprietari con reddito superiore a 75mila euro. Con la nuova normativa, il canone concordato equivalente diventa di 9.753 euro, per tutti gli scaglioni di reddito, con un aumento rispetto agli importi ottenuti con la tassazione Irpef oscillante tra il 5,1 e il 15,1 per cento.

PER GLI INQUILINI BENEFICI IRRISORI

L’introduzione del nuovo regime di tassazione dei canoni rende, quindi, inefficace il ricorso alla leva fiscale quale strumento di contenimento dei canoni: fa venire meno, in sintesi, un’opportunità per gli inquilini. Ad avvantaggiarsene sono unicamente i proprietari delle abitazioni. Soprattutto quelli che affittavano a canone di libero mercato e collocati negli scaglioni di reddito più elevati, come si può osservare dalla tabella 3 che riporta la riduzione percentuale di tassazione effettiva che accompagna l’introduzione della cedolare secca. Un locatore con un reddito superiore a 75mila euro vede abbassarsi l’incidenza dell’imposta di quasi 17 punti percentuali; uno collocato nello scaglione di reddito immediatamente sottostante di quasi 15. Su un canone annuo di 10mila euro il risparmio è rispettivamente di 1.655 e 1.485 euro.
A fronte di questi benefici, ai proprietari è richiesto il sacrificio di rinunciare ad aggiornare i canoni nel periodo di applicazione della cedolare secca. Il mancato adeguamento annuale all’inflazione e quello periodico, in occasione del rinnovo del contratto, costituisce il vantaggio per l’inquilino, la cui entità non è facilmente quantificabile a priori.
Il risparmio dovuto alla non applicazione degli incrementi Istat è molto contenuto in periodo di bassa dinamica dei prezzi. Negli ultimi quattro anni (2007-2010) l’incremento cumulato dell’indice dei prezzi al consumo è stato del 7,4 per cento. Se fosse già stata operante la cedolare secca, applicando (al 100 per cento, ma in genere vengono considerati al 75 per cento) gli incrementi annui dell’indice dei prezzi al consumo a un canone iniziale di 10mila euro, l’inquilino avrebbe risparmiato 760 euro in quattro anni.
Quanto alla invarianza dei canoni in occasione dei rinnovi dei contratti, si può ritenere che le decisioni dei proprietari sul regime fiscale a cui assoggettare i loro ricavi da canoni dipenderanno dalle condizioni di domanda e offerta del momento. Se la pressione della domanda è forte, è ipotizzabile che al proprietario non convenga rinnovare il contratto con il vecchio inquilino, ma disdirlo, liberare l’appartamento, tenerlo vuoto per qualche mese e stipulare un nuovo contratto con un nuovo inquilino e un nuovo canone. Non ci sarebbe troppo da meravigliarsi se diventasse di una certa frequenza il ricorso a questo sotterfugio, con le evidenti conseguenze negative per gli inquilini.

Tabella 1. Percentuale in cui può essere ridotto il canone di mercato ottenendo un canone concordato equivalente a parità di reddito al netto della tassazione per scaglioni di reddito e regimi di tassazione

Scaglioni di reddito Regimi di tassazione
Tassazione Irpef pre-cedolare Cedolare con aliquote:
canone libero = 21%, canone concordato 19%[i]
da 0 a 15.000 7,20 2,47
da 15.000,01 a 28.000 8,63 2,47
da 28.000,01 a 55.000 13,03 2,47
da 55.000,01 a 75.000 14,36 2,47
oltre 75.000 15,28 2,47

Tabella 2. Canone concordato equivalente di un canone di mercato di 10.000 euro per scaglioni di reddito e regimi di tassazione

Scaglioni di reddito Importo canone concordato equivalente
A) Tassazione Irpef pre-cedolare B) Cedolare con aliquote: canone libero = 21%, canone concordato =1 9% Percentuale di incremento 
C= (B-A)/A*100
da 0 a 15.000 9.280  9.753 5,1
da 15.000,01 a 28.000 9.137  9.753 6,7
da 28.000,01 a 55.000 8.697  9.753  12,1
da 55.000,01 a 75.000 8.564  9.753  13,9
oltre 75.000 8.472  9.753  15,1

Tabella 3. Percentuale effettiva di tassazione Irpef(*) e percentuali di riduzione a seguito dell’introduzione della cedolare secca per scaglioni di reddito e tipo di canone

Scaglioni di reddito Canone libero Canone concordato
Percentuale tassazione effettiva Irpef Punti percentuali di riduzione della tassazione con l’introduzione della cedolare secca al 21% Percentuale tassazione effettiva Irpef Punti percentuali di riduzione della tassazione con l’introduzione della cedolare secca al 19%
da 0 a 15.000 20,55 – 0,45 14,39 – 4,62
da 15.000,01 a 28.000 23,95 2,95  16,77 – 2,24
da 28.000,01 a 55.000 33,30 12,30  23,31 4,31
da 55.000,01 a 75.000 35,85 14,85 25,10 6,10
oltre 75.000 37,55 16,55 26,29 7,29

(*) la percentuale effettiva di tassazione Irpef è ottenuta dalla somma del prodotto dell’aliquota marginale di ogni scaglione di reddito per la quota del ricavo da canone sottoposta ad imposta in ognuna delle due tipologie di canone e della quota dell’imposta di registro a carico del proprietario.

(1) Un confronto, articolo per articolo, tra il primo testo e quello finale del decreto legislativo è stato condotto dall’ufficio studi del Senato nel Dossier n. 275 del febbraio 2011, reperibile all’indirizzo: http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/studi/2011/Dossier_275.pdf

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16 commenti

  1. stefano monni

    Certo non c’è molto da commentare salvo affermare "come volevasi dimostrare". D’altronde, secondo alcuni dati statistici, il 10% della popolazione più ricca detiene circa il 45% della ricchezza totale che, guarda caso, per circa l’80% è rappresentato dalle abitazioni. Se poi tutto ciò si mette in relazione con l’affluenza alle urne..

  2. Paolo Gabriele

    La prospettiva dell’articolo è parziale e forse miope o almeno pessimista. Si fanno troppi conti a consuntivo senza considerare che la reale novità della normativa è quella di fornire strumenti per il recupero dell’evasione sui canoni di locazione. Se tale risultato, da favorire in combinazione con una maggiore responsabilizzazione e il coinvolgimento dei comuni, in materia di accertamento e controllo, e degli stessi inquilini, che possono far emergere rapporti irregolari ottenendo grandi vantaggi, non si dovesse raggiungere, allora potremmo discutere degli effetti negativi di questa mini-riforma. Ma a questo punto emergerebbero, insieme ad errori di previsione, anche gravi manchevolezze nell’organizzazione degli enti locali a soddisfare essenziali livelli di efficienza operativa. Non ho visto, tranne in rari casi, spiegare nelle scuole a cosa serve pagare le tasse e come funzionano i servizi pubblici.

  3. luciano scalzo

    L’introduzione della cedolare per i redditi da locazione conseguiti dai comuni proprietari ha visto valorosi studiosi lanciarsi nelle più dotte disquisizioni e nei calcoli più disparati. Non mi pare di aver visto lo stesso interesse o accanimento quando con la finanziaria 2007 ( art.1 commi da 119 a 141) è stata introdotta, con effetto da 2008, per pochi soggetti quotati in borsa (le società d’investimento immobiliare quotate – SIIQ) la possibilità di essere esentate dal pagamento dell’IRES e dell’IRAP optando per un’imposta sostitutiva del 20%. Trattandosi di un opzione, queste società possono scegliere di pagare l’imposta sostitutiva quando conseguono un utile (il 20% è minore della somma delle aliquote IRES ed IRAP) e al contrario di applicare l’IRES e l’IRAP quando son in perdita (così azzerando la tassazione). E’ così o sbaglio? Inoltre, serietà professionale vorrebbe che il problema venisse trattato nella sua interezza. Il che porterebbe a considerare che i canoni di locazione sono tassati quand’anche non percepiti. Per non pagare le imposte sui canoni non percepiti, il propietario deve avere un provvedimento di sfratto esecutivo. E nel frattempo? Un saluto

  4. AM

    Penso che molti proprietari sarebbero lieti di pagare l’aliquota marginale invece che quella agevolata purchè applicata ai redditi netti e non ai ricavi (talora solo virtuali) delle locazioni. Ciò significa detrazione di tutte le spese documentate inerenti la locazione (anche legali), specie se si tratta di abitazioni ammobiliate, e della detassazione dei canoni non incassati per morosità del cliente. Suggerirei inoltre di semplificare le procedure che comportano costi e perdita di tempo.

  5. gyudo 39

    Gli immobili danno una rendita come i Bot, le azioni e le obbligazioni, perchè queste rendite non cumulano con l’Irpef e gli immobili dovrebbero cumulare? Sono rendite sempre tassate al 12,5%: aumentiamo anche queste al 21% e diminuiamo la tassazione sui c/c bancari, che al 21% non rendono niente.

  6. Henrico

    Il governatore di Banca d’Italia il 21 marzo all’università Cattolica: "Aumentare le aliquote fiscali è fuori discussione: comprometterebbe l’obiettivo della crescita, sottoporrebbe i contribuenti onesti a una insopportabile vessazione." Il parere autorevole, è vero, vale in generale, non necessariamente per la tassazione delle rendite finanziarie. Chiedo però a chi propone di aumentare la ritenuta sul rendimento finanziario: favorirebbe la crescita? non si dovrebbe piuttosto favorire ancora di più l’investimento in capitale, in capitale a rischio e a lungo termine?

  7. Maurizio

    Ennesima prova di follia (miopia?) collettiva: in questo Paese il problema è quello di premiare chi lavora e noi diamo un premio a chi vive di rendita. Follia.

  8. Massimo, Roma

    Perchè io devo lasciare allo stato fino al 38% di quello che mi guadagno lavorando (dopo aver già tolto IVA e INPS, eh?) e questo stesso stato chiede pressappoco la metà a chi deve solo far lo sforzo di incassare una volta al mese?

  9. Diego

    Un’altra riforma folle. Il crollo delle entrate che ne deriverà non sarà mai compensato dall’emersione del nero: dire che un provvedimento trova la propria copertura finanziaria nel recupero da evasione fiscale è un modo gentile per dire che il provvedimento, allo stato attuale, non ha copertura finanziaria e che, forse, lo avrà in futuro, ma incerto sia nell’an, che nel quantum, che nella misurazione. Dovrebbe essere vietato dalla legge coprire finanziariamente le leggi in questo modo. Inoltre, il crollo di gettito è fortemente sottostimato: si parla di perdita secca di introiti rispetto ai canoni (ieri tassati di più, oggi di meno, soprattutto per i redditi alti), ma non si considera che, sottraendo i redditi da locazione dal cumulo, anche i rimanenti redditi (da lavoro, impresa, pensione…) riusciranno ad essere colpiti da aliquote marginali inferiori (la vecchina con 100 immobili e pensione minima, oggi la pensione se la vede tassata al 43%, domani i canoni saranno al 21% e la pensione…esentasse!!): questo calcolo di perdita di gettito è impossibile da stimare, ma secondo me è di notevole impatto.

  10. raf

    Vedo molta ideologia sia nell’articolo che nei commenti. Nella pratica invece mi sembra una delle cose più intelligenti fatte da questo governo, ed è uno di sinistra a dirlo. Come qualcuno ha accennato, la casa comporta costi e non solo ricavi. c’è chi paga 700 euro di mutuo (di cui 300 di interessi) per una casa affittata a 650 di netto.. è un capitalista sfruttatore? Per essere corretti, lo stato dovrebbe permettere almeno di detrarre le spese e poi imporre una tassazione sul delta. In secondo luogo, la cedolare va a favore della classe media in quanto ha una o due case da affittare, e viene ammazzata dal 38% di aliquota (ricchi da 1400 euro al mese, Grazie Prodi, arigrazie Silvio). La vecchina con 100 case ha di sicuro una società, pagando 0 imposte, lo sanno anche i muri che oltre 4 case si fa una società. Idem per esempi di persone con meno di 15k di reddito che non ci guadagnerebbero niente con la cedolare..come fanno ad avere oltre alla propria casa, una casa da affittare? mistero! di solito sono evasori. per quanto riguarda i canoni concordati, a Milano sono inferiori del 70% a quelli di mercato.. chi li fa? fatemelo conoscere! Siete fuori della realtà.

  11. AM

    Molti commenti su lavoce hanno carattere ideologico o riflettono intereressi specifici dei commentatori, soprattutto quando si parla di imposte e non tengono in alcuna considerazione né l’articolo né gli interventi di altri commentatori. Alcuni usano il termine "rendite" a sproposito. Rendita è infatti un’entrata che non comporta spese, lavoro, rischi ed erosione del capitale da inflazione. Quindi cerchiamo di usare correttamente il termine di rendita per non creare confusione. La finanza e la proprietà immobiliare non offrono sempre e automaticamente delle rendite e d’altra parte anche il lavoro può rappresentare in casi particolari una rendita..

  12. Cleto

    Il ministro della Semplificazione Normativa, a margine dell’assemblea di Confindustria del 2009, nel presentare la cedolare secca, disse: “…la cedolare si autofinanzia, cioè la copertura sarà interna. Recentemente, fonti CGIA hanno affermato che il risparmio complessivo per le tasche dei locatori sarà di quasi un miliardo di euro l’anno. Ebbene, penso che abbiano regione entrambi. In Italia sono presenti circa 3,5 milioni di seconde case, di esse circa il 60% appartiene a famiglie con reddito annuo inferiore a 26.000 euro ed il rimanente 40% a famiglie con reddito superiore (fonte Fimaa). Se solo gli appartenenti alle classi di reddito più elevate opteranno per la cedolare secca, si avrà un costo per le casse dell’erario, in termini di minor introiti, presumibilmente, pari quasi ad un miliardo di euro. Se, invece, si riuscirà a convincere tutti i contribuenti ad esercitare l’opzione, in questo caso, probabilmente, la cedolare si autofinanzierà, poichè le maggiori imposte versate dai contribuenti a basso reddito compenseranno i risparmi di cui beneficeranno quelli che appartengono alle fasce di reddito più elevate.

  13. GIUSEPPE

    Se alla formazione del reddito complessivo del contribuente concorrono redditi che danno diritto a detrazioni dipendenti dall’ammontare del reddito (ad esempio redditi da pensione) la cedolare risulta regressiva. Ricordo che il reddito assoggettato a cedolare secca è computato ai fini del calcolo di deduzioni e detrazioni. (art. 3 c.7 Dlgs 23/2011) Redditi di lavoro dipendente: 1) Reddito complesivo da €8000 a €15000. Per ogni €1000 di reddito in più, le detrazioni per lavoro dipendente diminuiscono di €71,71. Su un canone di locazione a libero mercato di €1000 risultano dovuti €210 di cedolare secca e €71,71 di Irpef. Totale imposte €281,71. 2) Reddito complesivo da €15001 a € 55000. Per ogni €1000 di reddito in più, le detrazioni per lavoro dipendente diminuiscono di €33,45. Su un canone di locazione a libero mercato di €1000 risultano dovuti €210 di cedolare secca e €33,45 di Irpef. Totale imposte €243,45 (tra €23000 e €28000 la detrazione potebbe diminuire di ulteriori €40). 3) Reddito complesivo da €55001 a infinito. Per ogni €1000 di reddito in più risultano dovuti solo €21 di cedolare secca.

  14. il Santo

    Molti errori sulla nuova imposta. Regressiva? Sì. Già per questo andrebbe rivista. Ridurrà l’evasione fiscale? Non credo. Chi si sottrae al pagamento delle imposte si bea della cosa, non opterà certo per la cedolare col rischio che a qualcuno venga il dubbio di accertare gli anni pregressi. I redditi di locazione devono essere tassati sul netto? In realtà il 15% è già scontato forfetariamente (di più per i canoni concordati). Per i canoni non pagati c’è il credito d’imposta. Agevolerà solo i proprietari? Sì. Gli inquilini non beneficieranno di nulla. Forse se si voleva combattere l’evasione bastava incentivare di più gli inquilini ad avere un contratto registrato (introducendo delle detrazioni superiori alle attuali? Mi parrebbe una buona strada).

  15. PIER58

    Una volta che il governo fa una cosa giusta (!) piovono critiche, sono d’accordo con chi ha scritto perchè le rendite da conto corrente sono tassate al 27% , quelle speculative al 12,5% e la casa, che comunque a dei costi , paga altre tasse e comunque rende un servizio dovrebbe essere tassata a Irpef .L e rendite vere sono altre , se non si esce da queste logiche tardo comuniste non si va da nessuna parte ( lotta tra poveri) . Rendiamo detraibile/deducibile l’affitto almeno fino a certe classi di reddito e poi vediamo quanto evasione si recupera. Se non ci sono incentivi o meglio disincentivi ad evadere non riusciremo mai ad abbattere l’evasione.

  16. giovanni

    Se un conduttore non paga il canone di affitto quanto tempo ci metto per riavere l’immobile? Non è una bella garanzia per i conduttori? E le continue proroghe degli sfratti per finita locazione? Consiglio l’autore di fare consulenza al centrosinistra per le prossime elezioni ed abbinare i seguenti argomenti: – introduzione dell’ imposta patrimoniale (perchè è da liberali); – abolizione della cedolare secca. Con queste proposte le elezioni le vince sicuramente il centrosinistra, infatti è notorio che gli italiani non possiedono immobili e vogliono tassare il patrimonio che passeranno ai loro discendenti.

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