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TUTTA COLPA DEL QUORUM

Non accorpare i referendum alle elezioni amministrative ci è costato circa 70 milioni. Non proprio pochissimo in tempo di risorse scarse. Ma al governo è sembrato conveniente evitare l’effetto di trascinamento delle amministrative e sperare così di far fallire i quesiti per mancanza di quorum. Le conseguenze sono negative non solo sul piano finanziario, ma anche su quello della maturità democratica del paese. La soluzione è abbassare il quorum, collegandolo al tasso di partecipazione alle ultime elezioni politiche.

Non accorpare i referendum al primo turno delle amministrative ci è costato senz’altro dei bei soldini. Quanto di preciso è difficile dire. Ma se si pensa che il costo diretto del referendum (senza cioè contare i costi indiretti, quali il tempo perso per andare alla cabina elettorale) viene valutato attorno ai 300 milioni e che il primo turno delle amministrative ha interessato circa un quarto della popolazione, avremmo potuto probabilmente risparmiare attorno ai 70 milioni di euro. Nulla in confronto ai 700 miliardi di spesa pubblica complessiva, per carità, ma neanche noccioline. Per dire, con i soldi risparmiati avremmo potuto rimettere facilmente a posto Pompei, dragare un po’ d’acqua in Veneto, sistemare qualche casa nel centro dell’Aquila.

SCELTE COSTOSE

Ancora più deprimente è che questa scelta sia stata fatta dal governo, contrario ai referendum, per evitare l’effetto di trascinamento delle amministrative e sperare così di far fallire i quesiti per mancanza di quorum. Scelta che, specularmente, ha spinto tutta l’opposizione a coalizzarsi, evitando distinguo che invece avrebbero dovuto esserci per un minimo di coerenza interna, per ottenere l’obiettivo contrario e dare una spallata al governo.
L’obiettivo dell’esecutivo è semplice; siccome già di per sé un buon 20-25 per cento degli elettori non vota mai, basta che il governo convinca il 25-30 per cento ad andare al mare e il gioco è fatto. Con effetti perversi, non solo sul piano finanziario, ma anche su quello della maturità democratica del paese, perché non è mai un bel segnale vedere governanti che chiedono ai propri cittadini di non esprimersi su questioni importanti.
Come evitare questi incentivi perversi? È evidente che l’unica soluzione è abbassare il quorum per la validità del referendum. Abolirlo è assurdo, perché permetterebbe a minoranze sufficientemente numerose e organizzate di tenere perennemente sotto scacco l’azione di governo, a detrimento della maggioranza dei cittadini. Fissare una qualunque soglia sotto al 50 per cento degli elettori, appare arbitrario: perché il 25 per cento e non il 35 per cento? Una proposta più ragionevole è collegare il quorum al tasso di partecipazione alle ultime elezioni politiche. Per esempio, si potrebbe dire che il referendum è valido se vota almeno l’x per cento di quelli che hanno votato alle ultime politiche, dove X è qualche valore attorno a uno. La proposta pare sensata. Tra coloro che non votano mai, neppure alle politiche, ci sono senz’altro anche elettori informati e consapevoli che non vanno ai seggi solo perché insoddisfatti dell’attuale offerta politica. Ma molti sono anche i disinteressati, gli indifferenti, quelli convinti che comunque partecipare al voto è uno spreco di tempo. Liberissimi di pensarla così, ma allora bisognerebbe evitare che la loro astensione strutturale condizioni il risultato delle consultazioni popolari. Legare il quorum alla partecipazione alle politiche precedenti è un modo per riuscirci. In più, fissare la soglia in percentuale, invece di un valore assoluto, eviterebbe di doverci mettere continuamente le mani, se come è possibile il tasso di partecipazione delle politiche dovesse abbassarsi in futuro anche da noi, come è successo in altre democrazie mature.

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23 commenti

  1. Marco

    Non sarebbe possibile sottrarre discrezionalità alla politica in questi casi, imponendo il risparmio dato dall’accorpamento di elezioni e referendum ogni volta che ciò è possibile, per legge? La prima ragione a favore, la buona gestione della finanza pubblica, mi sembra già ben detta. La seconda è una opinione, da "non costituzionalista". La previsione di un quorum per il referendum abrogativo può nascere dalla necessità di garantire al referendum forza sufficiente ad abrogare una legge. Una minoranza, sebbene attiva e molto motivata, non può abrogare un provvedimento che rispetta tutti i passaggi necessari di una democrazia rappresentativa. Dubito seriamente che nelle intenzioni dei Costituenti vi fosse alcuna idea di politicizzare il "quorum" e le date elettorali, per "fare fallire il referendum". Un referendum abrogativo è strumento, limitato, di democrazia diretta. Se il ceto politico, gli eletti, lo boicottano, o strumentalizzano troppo, dimostrano non solo di essere degli spendaccioni, e quindi poco credibili quando parlano di azioni o riforme volte a spendere meglio, o meno, ma anche di disprezzare il corpo elettorale.

  2. Paolo campigli

    Condivido la sostanza del testo: solo che "X" non può essere certo vicino a uno, piuttosto a 50 o a 55. Ovvero un quorum attorno al 40% con l’attuale affluenza alle politiche vicina all’80%.

  3. Stefano Filippini Lera

    Perfettamente d’accordo. Lo penso anche io da anni. Bisogna combattere l’incivile ipocrisia dell’appello all’astensione. O si pongono soglie realisticamente raggiungibili oppure si eliminano del tutto i referendum, che non arrivano praticamente mai al quorum. Pensiamo ai Radicali che ne hanno visti fallire a decine e, quei pochi che sono passati, sono stati stravolti da successive modifiche legislative. Personalmente ritengo che la via migliore sarebbe porre il quorum al livello del 50% dell’affluenza media delle elezioni politiche negli ultimi cinque-dieci anni. Cordiali saluti

  4. Alessandro Spinelli

    Premesso che qualunque riduzione del quorum referendario è benvenuta, mi pare francamente opinabile chiamarne "assurda" l’abolizione per timore di un eventuale strapotere di sedicenti "minoranze organizzate". Ricordo che le tempistiche dei referendum sono già enormemente dilatate (raccolta firme, il cui numero potrebbe essere aumentato, vaglio della Corte di Cassazione, organizzazione della consultazione,ecc ecc.), il che, insieme all’inesistenza del quorum che spingerebbe i cittadini a votare, renderebbe vani i tentativi di queste "minoranze" (se di minoranze si tratta).

  5. Lorenzo Stanca

    Onestamente la scelta di un quorum del 50% di elettori+1 non mi sembra affatto arbitraria considerato che questo numero rappresenta la maggioranza assoluta dei votanti. Al contrario, se venisse abbassato potremmo assistere a situazioni nelle quali un 30% degli elettori decidere per il restante 70%, mentre per come ora sono le cose è la maggioranza assoluta che decide per gli altri. Non penso infatti che anche un’eventuale riduzione del quorum riuscirebbe ad aumentare consistentemente il numero di votanti, e l’ultimo referendum costituzionale lo prova: nonostante tutti i partiti avessero invitato a votare (e nonostante fosse un referendum di notevole importanza) il quorum fu superato di pochissimo (se non erro votarono circa il 52% degli aventi diritto). Inoltre una riduzione del quorum incentiverebbe la proliferazione di nuovi referendum, il che potrebbe infastidire gli elettori, continuamente chiamati al voto, con la conseguenza di ridurre ulteriormente i votanti. Forse più semplicemente gli italiani non gradiscono questo strumento dato che lo snobbano da quasi vent’anni ormai.

  6. Daniele

    Mi scusi, non capisco la proposta. Il senso è chiaro, ma l’esempio no. Dire che il quorum dovrebbe essere posto in proporzione di circa 1:1 con il tasso di partecipazione alle ultime politiche equivale a dire che il quorum dovrebbe essere alzato attorno all’80%. Dov’è che sbaglio? Oppure, il suo non è stato un refuso e ponendo x uguale a 1 intende che il quorum debba essere solo dell’1% dei votanti alle politiche? (Il che contraddirebbe con l’obiezione della minoranza bene organizzata.)

  7. Franco

    A mio parere bisognerebbe partire dall’analisi della formazione della legge di cui si chiede l’abrogazione. Contare cioè quanti cittadini direttamente hanno contribuito alla sua approvazione. Non dovrebbe essere difficilissimo: escludendo solo il presidente tenuto alla promulgazione, si risalirebbe, con le debite proporzionali applicazioni nei riguardi delle forze politiche proponenti e aderenti, all’effettivo numero dei fautori. Questo criterio, una volta individuato e prescritto, dovrebbe essere espresso fin dalla stessa promulgazione. Si pagherebbe oltretutto il gran torto di diseguaglianza di trattamento tra leggi di ampio consenso popolare e parlamentare e leggi varate a maggioranza striminzita o dopo procedure di fiducia su decreto. Questo attestato di promozione sarebbe un criterio asettico di affidabilità per l’effettivo valore-vigore della legge a tutti gli effetti per cittadini e imprese indigene e straniere. Non sono un matematico nè uno statistico ma, a parte la curiosità di sapere come possano esistere 50 milioni di elettori in un paese dove secondo quella stima dovrebbero rimanercene solo una decina tra minorenni e interdetti, è certo che mai si avrebbe il 50%.

  8. marco alvisi

    E’ ben possibile che una minoranza decida per la maggioranza, il che accade alle elezioni politiche, dove ovviamente un quorum non esiste, per cui vince (semplificando) chi ottiene la maggioranza dei votanti e non la maggioranza assoluta dei voti. Piuttosto secondo me una proposta sensata sarebbe abolire il quorum e contemporaneamente alzare il numero di firme necessario per proporre un referendum (ad esempio 1.500.000 invece che 500.000). Questo renderebbe più difficoltosa la fase di raccolta delle firme ed impedirebbe che si voti su temi di interesse limitato, mentre obbligherebbe poi i politici a prendere decisamente posizione (argomentandola) sull’oggetto del voto, lasciando la scelta ai votanti.

  9. Giovanni

    Mi scusi, ma il senso non dovrebbe essere che affinché un referendum abbia validità si debba raggiungere il 50%+1 su un totale costituito da tutti coloro che hanno preso parte alle politiche? Dal testo sembra invece che debbano votare tutti coloro che hanno preso parte alle politiche…

  10. remo

    Niente di più semplice, se tutte le forze politiche si accordassero per rendere obbligatorio accorpare i prossimi referendum alle elezioni politiche od amministrative avremmo risolto sia i problemi di partecipazione, sia economici, sia di responsabilità politica perchè costringerebbe ad argomentare anche il NO. Di Pietro, Bersani e terzo polo ci pensino.

  11. Maurizio Lisciandra

    Abolizione del quorum e aumento delle firme necessarie a presentare la proposta referendaria, ad esempio 2 milioni. Oppure sistema alla tedesca, se i sì superano il 25% degli aventi diritto il referendum è valido. Infine, obbligatorietà di accorpamento di elezioni con referendum per risparmiare denaro. In poche parole, ci vuole un po’ di buon senso….

  12. Pietro

    Non sono d’accordo con l’articolo, il quorum deve essere elevato (50%+1) proprio per evitare che la minoranza decida sulla maggioranza. Piuttosto alzare il numero di firme necessarie per la proposta referendaria visto che negli ultimi 16-20 anni si è abusato dello strumento referendario. Quando i cittadini devono esprimersi su un numero limitato di quesiti vanno a votare, se i quesiti sono frequenti e troppi le persone disertano le urne. In questo senso testi complessi nei quesiti sono contrari al principio referendario di scelta autonoma dei cittadini.

  13. Alessandro Pagliara

    Giusto il ragionamento, ma quel 50%+1 dei votanti andrebbe riferito almeno alla media delle precedenti 3 o 4 tornate elettorali in modo da non essere inficiata da un momento di sbandamento dell’elettorato….per il resto concordo in toto!

  14. R.

    Io credo che il quorum vada abolito: c’è uno strumento, il referendum, a cui tutti dovrebbero accedere: se si rinuncia si ha abdicato al proprio diritto-dovere di partecipazione a dirigere il Paese, comportamento di sè e per sè stigmatizzabile (a mio avviso sanzionabile). Leggo tra i commenti la proposta di abolire il referendum: che stupidaggine! E’ l’unico strumento per far sentire la propria voce a questa classe politica autoreferenziata!

  15. Alberto

    Secondo me sarebbe sbagliato abbassare il quorum, perchè se un referendum è importante (e qui si potrebbe aprire un altro dibattito) allora deve decidere la maggioranza degli elettori. Io piuttosto escogiterei un qualche meccanismo per rendere l’accorpamento obbligatorio e non più soggetto alle bizze del governo di turno

  16. Margherita

    In un articolo scritto proprio su questo sito da Luigi Guiso e Massimo Morelli (RIFORMIAMO IL REFERENDUM, 9 Giugno 2011) viene fatta una proposta che reputo più interessante e probabilmente più efficace di un semplice abbassamento del quorum. Gli autori propongono di passare ad un quorum "approvativo": il referendum sarà valido se e solo se l’x% dei votanti esprime parere favorevole. Si può discutere sul valore che x dovrebbe avere (loro propongono 25), ma il miglioramento rispetto al sistema attuale è chiaro. Ogni incentivo all’astensione sarebbe neutralizzato, il che porterebbe a tre sostanziali vantaggi: 1) il risultato rispecchierebbe le reali preferenze della popolazione; 2) sia i sostenitori del SI che i sostenitori del NO sarebbero incentivati a sostenere chiaramente le loro motivazioni, creando un dibattito aperto sul tema e quindi una maggiore presa di coscienza da parte dei cittadini 3) non accorpare il referendum ad altre elezioni non avrebbe più alcun senso.

  17. AM

    Sono d’accordo sulla necessità di abbassare il quorum. Proporrei inoltre l’obbligo di accorpare il referendum, quando possibile, con altre votazioni e , inoltre, chi chiede il referendum dovrebbe versare anticipatamente all’erario un contributo alle spese. Non si comprende infatti perchè la collettività dovrebbe accollarsi l’onere di richieste referendarie soprattutto se condivise da un’esigua minoranza. Il contributo non sarebbe dovuto in casi particolari.

  18. Giulio

    Non sempre i costi sono l’unica variabile importante. In questo caso, credo che accorpare referendum ed elezioni avrebbe portato ad una ancora maggiore politicizzazione del referendum stesso, cosa dannosa sia per l’istituzione del referendum, sia per i suoi effetti.

  19. tiberio damiani

    Il quorum come l’elevazione del numero di firme necessarie per richiedere il referendum sono dei meccanismi di blocco della forma più immediata di espressione della volontà popolare, ad essi sono stati affiancati con alterne vicende l’invito all’astensione e nell’ultimo caso la separazione dalle precedenti votazioni. Mi chiedo quale sia il razionale legale del quorum e se il quorum esista anche per le elezioni politiche o amministrative. E se in questo caso non è previsto il quorum, con quale razionale di legge. Poi esiste il problema della difficile comprensione dei quesiti che determina inevitabilmente semplificazioni delle informazioni con slogan o spot. Questo problema però non è legato al referendum stesso, ma al modo in cui talora vengono scritte le leggi, o gli articoli successivi, inseriti anche in provvedimenti separati dal principale, con una confusione che ha anche provocato la richiesta del Presidente della Repubblica di promulgare leggi omogenee nel contenuto. Penso che prima di creare ulteriori blocchi alla espressione diretta della volontà popolare si dovrebbe avere una semplificazione della scrittura delle leggi. Cordiali saluti

  20. Alessandro Stenico

    Non accorpare i referendum alle elezioni amministrative ci è costato circa 70 milioni per circa 50 milioni di elettrici ed elettori. Le elezioni federali 2007 nella vicina Confederazione elvetica con corpo elettorale di circa 5 milioni, sono costate circa 7,5 milioni di franchi (circa 5 milioni di €). Gran parte dei costi sono da attribuire all’opuscolo informativo e a spese informatiche. Facendo le dovute proporzioni, da noi con le stesse procedure di voto vigenti in Svizzera, si dovrebbero spendere 50 milioni di € e non 300. Tutta la materia elettorale dovrebbe essere semplificata, senza ledere la segretezza del voto. Che senso ha votare due giornate intere, in Turchia domenica scorsa i seggi hanno chiuso alle 17.00. La sorveglianza ai seggi così come la nostra ha dei costi enormi, esiste forse ancora in Turchia. Tutte le operazioni dei seggi potrebbero essere ridotte all’essenziale. In Svizzera si vota oramai solo per corrispondenza, lo scrutinio è breve con solo due scrutatori per urna, ecc…..

  21. BOLLI PASQUALE

    I partiti italiani, così,come considerati dalla sociologia politica,da strumento per l’esercizio delle politiche, delegate dal popolo sovrano, si sono trasformati in strumentalizzatori: in sostanza, i parlamentari nominati in Parlamento,ma non eletti o scelti da chi ne ha diritto,cioè dal popolo,ritengono di non avere un rapporto delegante-delegato nell’adempimento del proprio mandato.Questo devastante concetto ha generato professionisti autonomi che agiscono soltanto per interessi propri o del capo di riferimento.Il referendum,senza quorum, eliminerebbe questa gravissima anomalia a favore dell’impegno civile e democratico dei cittadini che spesso sono ignorati, ed offesi da comportamenti di assoluta arroganza. I risultati dei recenti referendum non sono stati una sorpresa,non sono stati la vittoria della politica, ma la severa condanna della tracotanza di chi si fa scudo di una legittimazione popolare soltanto per propri scopi, fini e difesa..Non è più tollerabile che si difendano propri condannabili comportamenti o ingiustizie in nome di una delegata sovranità. Si riconosca,finalmente,agli italiani dignità e civiltà a tutela del diritto e della pace sociale.

  22. Adronio

    Il quorum va abolito, in base al principio democratico fondamentale:chi non vota non conta. La paura delle minoranze prevaricatrici è insensata: senza quorum la maggioranza batte la minoranza, punto e basta. Bisogna anche tener conto che l’attuale andazzo viola il principio della segretezza del voto, in quanto chi vota è probabilmente (90%) uno che vota sì. In Svizzera e negli Usa esiste il quorum? P.s. evidente l’errore matematico nel testo originale (X circa 1) che aumenterebbe il quorum.

  23. Carlo

    E’ un’ottima proposta, ce condivido in pieno, Potrebbe essere oggetto di una raccolta di firme per una proposta di legge ad iniziativa popolare, ma temo che non sarebbe mai discussa: la casta è potente e odia la partecipazione popolare, come ha già dimostrato numerose volte. Il popolo è buono solo per votare, e ci toglierebbero pure questo …. “per risparmiare”. Meno male che la Costituzione è fatta bene … e la Corte Costituzionale è resistente … ma siamo appesi a un filo.

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