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UN PEZZO DI RIFORMA FISCALE PER INCENTIVARE IL LAVORO

La riforma fiscale prossima ventura deve riuscire a rilanciare la crescita senza ridurre le entrate dello Stato. Ecco una piccola riforma che ha queste caratteristiche. Si tratta di abolire la detrazione fiscale per coniuge e altri familiari a carico, figli esclusi, con la contestuale introduzione di un credito di imposta per le retribuzioni più basse. L’obiettivo è sostenere il reddito delle famiglie incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, delle donne in particolare. Ridurrebbe la povertà soprattutto fra le madri sole.

Non sappiamo ancora nulla della riforma fiscale che dovrebbe vedere la luce entro fine giugno. Sappiamo però che deve riuscire a rilanciare la crescita senza ridurre le entrate dello Stato. Ecco una piccola riforma che ha queste caratteristiche. Si tratta di abolire la detrazione fiscale per coniuge e altri familiari a carico (con esclusione dei figli) con la contestuale introduzione in Italia di un credito di imposta per le retribuzioni più basse (come incentivo condizionato all’impiego) che potrebbe essere strutturato a livello familiare o individuale. L’obiettivo di questa riforma è sostenere il reddito delle famiglie incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto delle donne. Dovrebbe essere il primo passo di una riforma organica delle misure di supporto alle famiglie con figli a carico che richiederà anche una razionalizzazione del complesso sistema di assegni al nucleo familiare. Secondo stime basate su un modello di microsimulazione fiscale questa riforma porterebbe a un significativo incremento dell’offerta di lavoro femminile e ridurrebbe la povertà, soprattutto tra le madri sole.

LA SITUAZIONE ATTUALE

Le detrazioni fiscali per familiari a carico sono pari a 800 euro per il coniuge e 750 euro per altri familiari. Ne hanno diritto i contribuenti che vivono con familiari il cui reddito annuale non supera i 2.840 euro e che pertanto sono ritenuti fiscalmente a carico. Nel momento in cui un familiare inizia a lavorare, il superamento del limite reddituale fa perdere al contribuente il diritto alla detrazione, determinando una tassa implicita al lavoro della seconda fonte di reddito famigliare, nel nostro paese soprattutto le donne. Al tempo stesso, non si tratta di detrazioni volte a favorire le famiglie povere, dato che le detrazioni si azzerano solo per redditi individuali superiori agli 80mila euro.
Non sono inoltre condizionate a responsabilità di cura di bambini o anziani che andrebbero sostenute in maniera specifica. Il costo fiscale di queste detrazioni nel 2009 è dell’ordine di 4 miliardi di euro corrispondenti al 2,6 per cento del gettito totale dell’Irpef.

COSA CAMBIARE

Queste risorse possono essere meglio utilizzate per incoraggiare il lavoro anziché per incentivare soprattutto le donne a rimanere fuori dal mercato del lavoro.
Utilizzando un modello di microsimulazione fiscale è possibile calcolare le imposte e i trasferimenti, in diversi regimi fiscali, per un campione rappresentativo della popolazione nazionale e quindi valutare gli effetti redistributivi dell’utilizzo alternativo di tali risorse. Sulla base di un modello strutturale di offerta di lavoro possiamo anche stimare gli effetti della riforma proposta sull’offerta di lavoro. (1)
Il nuovo credito di imposta segue una logica opposta alle attuali detrazioni per familiari a carico, in quanto viene concesso soltanto se l’individuo lavora e riceve una retribuzione relativamente bassa. Può essere strutturato a livello familiare o individuale: nel primo caso abbiamo preso a modello il Working Tax Credit britannico, mentre nel secondo caso si configura come un supplemento al salario individuale. (2)

GLI EFFETTI POTENZIALI SULL’OFFERTA DI LAVORO…

Abbiamo contenuto l’entità degli incentivi condizionati all’impiego in modo tale da rendere l’operazione neutrale dal punto di vista dei saldi di bilancio. A parità di gettito, l’abolizione delle attuali detrazioni e l’introduzione di un incentivo condizionato all’impiego a livello familiare (con un ammontare massimo attorno ai 300 euro al mese fino ad azzerarsi per redditi familiari superiori ai 1.300 euro al mese) favorirebbe un aumento dell’offerta di lavoro delle donne in coppia oggi fuori dal mercato del lavoro di circa 3 punti percentuali, grazie soprattutto a un incremento della quota di donne che lavorano dalle 8 alle 30 ore settimanali. L’introduzione di un sussidio condizionato all’impiego a livello individuale (equivalente a un contributo aggiuntivo pari al 9 per cento del salario lordo degli individui che lavorano almeno 16 ore alla settimana, con un ammontare massimo pari a 70 euro mensili) raggiungerebbe un maggior numero di beneficiari e sosterrebbe un incremento maggiore nell’offerta di lavoro (tabella 1).

Tabella 1: Offerta di lavoro (%): donne in coppia

Ore lavorate a settimana Sistema attuale In-work benefit familiare In-work benefit individuale
0 – 7 42.8 40.2 38.0
8 – 19 5.5 7.3 8.8
20 – 30 19.0 19.7 20.9
31 – 40 26.5 26.6 26.1
41+ 6.3 6.3 6.2

Nota: Simulazioni basate sul sistema fiscale in vigore nel 2003 (le novità legislative introdotte dal 2003 a oggi non hanno determinato cambiamenti significativi nella struttura degli incentivi fiscali senza pertanto inficiare i risultati qui proposti). L’introduzione dell’in-work benefit a livello familiare o individuale è simulata a parità di gettito abolendo le detrazioni per il coniuge a carico e altri familiari e tenendo in considerazione le reazioni comportamentali delle donne.

Aumenterebbe anche l’offerta di lavoro delle madri sole, una categoria in crescita nel nostro Paese, pur in presenza di una riduzione del numero di ore lavorate delle madri che allo stato attuale lavorano full-time: grazie all’in-work benefit, troverebbero maggior beneficio nel diminuire la propria offerta di lavoro.

Tabella 2: Offerta di lavoro (%): madri sole

Ore lavorate a settimana Sistema attuale In-work benefit familiare In-work benefit individuale
0 – 7 27.7 25.0 26.0
8 – 19 5.7 7.6 7.2
20 – 30 19.4 21.8 20.9
31 – 40 37.0 36.0 36.0
41+ 10.3 9.7 9.9

Nota: vedi Tabella 1.

… E SULLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO

Gli incentivi condizionati all’impiego avrebbero un effetto maggiore tra le donne attualmente escluse dal mercato del lavoro e con bassi redditi familiari, la cui offerta di lavoro è maggiormente sensibile a variazioni dei redditi da lavoro. Inoltre, renderebbero più attraenti i lavori part-time con una conseguente concentrazione dei beneficiari nel primo quintile della distribuzione del reddito (figure 1 e 2) e una riduzione della povertà sia tra le donne in coppia con reddito inferiore al 40 per cento della mediana che, soprattutto, tra le madri sole (tabella 3).

Figura 1: % di beneficiari e perdenti per quintili di reddito – Donne in coppia

Nota: vedi Tabella 1. Quintili definiti sulla base del reddito disponibile equivalente (OECD modified scale).Beneficiari (perdenti) sono individui con un incremento (decremento) del reddito equivalente superiore al 5%, indicati con valori positivi (negativi) sull’asse verticale

Figura 2: % di beneficiari e perdenti per quintili di reddito – Madri sole

Nota: vedi Figura1.

Tabella 3: Tasso di povertà (%)

  Sistema attuale In-work benefit familiare In-work benefit individuale
Donne in coppia 6.3  4.9  5.8
Madri sole  17.5 14.0 15.7

Nota: vedi Tabella 1. Soglia di povertà al 40% della mediana del reddito disponibile equivalente (OECD modified scale).

Tali strumenti implicherebbero una netta redistribuzione da famiglie con un solo percettore di reddito a favore delle coppie in cui entrambi i coniugi lavorano e dei genitori soli.
Un’obiezione che può essere mossa a questa proposta è che rischia di penalizzare le coppie in cui uno dei potenziali percettori di reddito ha perso il lavoro. Ma il credito d’imposta renderebbe più conveniente la ricerca di un impiego alternativo. Qualora l’incentivo condizionato all’impiego fosse strutturato a livello famigliare, potrebbe almeno in parte compensare la perdita di reddito se l’unico lavoratore rimasto in famiglia ne risultasse beneficiario. Inoltre, sono altri gli strumenti che devono fronteggiare situazioni di povertà fra chi ha perso il lavoro, vale a dire un sistema organico di ammortizzatori sociali (tra cui schemi di reddito minimo garantito).
In conclusione, pur trattandosi di un intervento relativamente modesto nell’entità delle risorse che verrebbero riallocate, questa riforma potrebbe contribuire ad aumentare in modo apprezzabile l’offerta di lavoro femminile (con ricadute positive anche sull’impiego in servizi sostitutivi al lavoro casalingo) e a ridurre la povertà, soprattutto fra le madri sole. Aumentando il reddito da lavoro per i membri che oggi hanno minori capacità di generare reddito nella famiglia, finirebbe anche per rafforzare il potere contrattuale delle donne nelle scelte sulla divisione degli oneri famigliari. È una riforma tanto più necessaria in Italia, dove, come già documentato su questo sito (cf Boeri Del Boca), le donne hanno una posizione contrattuale molto debole all’interno della famiglia.

(1) Per il modello vedi Figari F. (2011), “From housewives to independent earners: can the tax system help Italian women to work?” ISER Working paper 2011-15. Colchester: University of Essex
http://www.iser.essex.ac.uk/publications/working-papers/iser/2011-15
(2)Il Working Tax Credit è un sussidio concesso alle famiglie a condizione che almeno un individuo lavori almeno 16 ore alla settimana (30 ore se senza figli) e che il reddito familiare non sia superiore a determinati ammontari che dipendono dalla numerosità familiare. Nel 2010, l’entità massima del sussidio era pari a 380 sterline al mese per una coppia con figli e decresceva all’aumentare del reddito familiare fino ad azzerarsi per famiglie con un reddito di 1500 sterline al mese. La struttura familiare può indurre effetti disincentivanti sull’offerta di lavoro del secondo coniuge se il nuovo reddito da lavoro rende la famiglia non eleggibile al sussidio. Nel caso italiano, caratterizzato da un mercato del lavoro maschile meno flessibile di quello inglese, l’effetto disincentivante risulta essere di modesta entità.

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23 commenti

  1. Lorenzo Lusignoli

    La proposta è molto interessante per quanto riguarda la popolazione attiva. Manca tuttavia un ragionamento sulle classi di età. Una significativa parte delle detrazioni per coniuge ed altri familiari a carico è destinata alla popolazione anziana. La sua abolizione, dunque, oltre ad avere effetti ridotti sull’offerta di lavoro, determinerebbe un mancato sostegno per questa popolazione, in maggioranza femminile, a meno ovviamente della parte premiata dal credito d’imposta. Una revisione degli assegni al nucleo familiare sarebbe certo auspicabile e potrebbe coprire questo inconveniente, ma in questo caso parte delle risorse andrebbe indirizzata su questo ed il credito d’imposta ne risulterebbe ridotto. Il secondo problema sorgerebbe se il credito fosse concesso in base alla dichiarazione fiscale (citando la retribuzione viene però il dubbio che gli autori intendano concederlo in base alla busta paga, dunque a lavoratori dipendenti, escludendo autonomi e pensionati). Non pochi contribuenti che si trovano nelle basse fasce di reddito sono evasori fiscali. In questo caso si rischierebbe quindi di favorire alcuni evasori con il credito d’imposta, togliendo risorse agli anziani.

  2. luciano s.

    Correlare la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro ad una detrazione teorica di € 800 mi sembra un semplice esercizio di ragioneria. Facendo i conti della serva il ragionamento funzionerebbe così: una donna rinuncia lavorare, e quindi a guadagnare € 15.000/20.000 annui, solo perchè il marito, e non quindi la stessa donna, ha diritto a una detrazione teorica di € 800 . Dovremmo quindi pensare che l’uscita del mercato del lavoro delle donne sposate e con figli sia dovuto alla detrazione di €800? Come avete più volte scritto in questa rivista le ragioni della bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, così come il basso tasso di fertilità, hanno cause ben più serie e note a chiunque si trovi a gestire una famiglia. Viorrei ricordarvi che da giugno a settembre, con le scuole chiuse, i bambini sono a totale carico delle famiglie che, in assenza di nonni e bisnonni, devono ricorrere a costosi centri estivi.

  3. Sergio Ascari

    Proposta geniale! Ma sarebbe interessante stimarne il "gettito". Quante/i sono i coniugi "a carico"? penso che sarebbe avversata non solo per ragioni culturali dai residui sostenitori della casalinghitudine, ma anche dagli evasori stanati (chissà quanti!), che lavorano in nero e prendono la detrazione. Per questo motivo forse l’offerta di lavoro non aumenterebbe poi così tanto, ma il gettito sì.

  4. Primo Silvestri

    Un ragionamento condito da molti "se", in particolare "se l’individuo lavora". E chi lo fa lavorare se l’Italia non cresce ? Non si corre il rischio di lasciare le persone (donne comprese) senza lavoro e senza detrazioni ? Che per una famiglia non coprono certo i costi di un mancato reddito. Così al danno si aggiungerebbe la beffa.

  5. Carlo Turco

    La proposta sembra convincente, ma mi sorge qualche dubbio (siamo in Italia): non è che si incentiverebbe anche qualche datore di lavoro a diluire la retribuzione su un numero fittizio di ore maggiore di 16 e qualcun’altro a ridurre la retribuzione oraria di donne occupate (considerato che non esiste un livello di salario minimo)?

  6. Felice Di Maro

    L’Articolo merita attenzione ma convince poco in quanto se si aboliscono le detrazioni quanto meno dovrebbe aumentare l’imponibile. Diversamente pagano sempre i soliti noti. Pongo un esempio grossolano. Un pensionato che prende circa 1400 euro ha un imponibile mensile di oltre 1700. Se si tolgono le detrazioni della moglie ad esempio non prende più 1400 euro. Mi si dimostri contrario. Comunque vanno studiate le ricadute sui pensionati che vedono oggi calare il potere di acquisto delle pensioni.

  7. massimo

    C’è troppa sperequazione nelle "retribuzioni", doppi incarichi, incompetenze e quant’altro, la soluzione? Chiunque non può percepire più di cinque volte lo stipendio medio italiano e il resto vada alle tasse per risanare il lavoro, la ricerca, la cultura e la scuola. Chi sgarra vada in galera

  8. Luigi Bernardi

    Proposta senz’altro interessante ed in linea con quanto va accadendo altrove in Europa. Restano peraltro due problemi: la situazione degli incapienti e quella di chi non vuole/può lavorare anche con l’ETC.

  9. MariaLaura

    Devo leggere con calma per capire, tuttavia ad una prima lettura: c’è qualche nesso con il quoziente familiare? Se si, se no, in cosa è la differenza?

  10. Lorenzo

    Sono ovviamente favorevole a qualsiasi proposta che vada in direzione di una redistribuzione del reddito prodotto. Trovo però due presupposti dietro queste proposte su cui sono in disaccordo e su cui quindi chiedo, se gli autori hanno tempo, un loro commento.
    1)la proposta si basa sul presupposto che ci sia una forte parte di disoccupazione volontaria. E che possa questa essere eliminata attraverso incentivazioni al lavoro. Inoltre questa sarebbe causata da una "inflessibilità" dei lavoratori, non disposti ad accettare le condizioni di mercato. Penso al contrario che non ci sia disoccupazione volontaria, se non da parte di appartenenti ai ceti medi, che possono ancora permettersi di vivere sui risparmi e il patrimonio
    2)non si prende in considerazione che la causa della disoccupazione è piuttosto una mancanza di domanda aggregata.In mancanza di questa, non ci sono investimenti ne nuova occupazione. Resta solo occupazione fittizia, flessibile, data dallo spezzettamento di veri posti di lavoro.

  11. Luigi

    Non mi sembra che questa proposta aiuti la gente senza lavoro o che lo sta perdendo. Più che altro mi sembra che ci sia il desiderio di fare una proposta contro tendenza, per il desiderio di essere alternativi. Ma sembra che viviate al di fuori della realtà.

  12. dott. Scocco Fabio

    Credo che la proposta da Voi pensata sia ingiusta ed inicua, soprattutto in una fase dove trovare lavoro, soprattutto per le donne è molto difficile. La detrazione fiscali devono andare solo verso la capacità contributiva, che non è data dal reddito, ma dal patrimonio, perché si protrebbe avere la sorpresa di famiglie che beneficiano di crediti d’imposta, perché non dichiarano reddito (evadono) ma vanno in giro con la Ferrari! Se neanche Voi capite questo allora non c’è più speranza! Si devono tassare le transazioni finanziarie speculative in tutta europa (contro i ribbassisti speculatori, banchieri ecc.) e favorire coloro che investono nel lungo periodo, passare ad una tassazione della ricchezza e non del reddito.

  13. il marti

    Mi trovo in accordo con quanto scritto da Lorenzo e aggiungo due righe sulla mia situazione personale, con la consapevolezza che si tratta solo di uno dei mille casi che si possono presentare. Sono sposato, senza figli. Mia moglie è a carico, studia medicina. Mi sembra di capire che questa proposta avrebbe l’effetto di incentivare una ragazza a rinunciare a laurearsi per andare a fare la commessa… Non mi sembra una grande idea, anche in un’ottica di economia sociale. Per informazione, con 800 € all’anno ci paghiamo (una parte) delle tasse universitarie…

  14. Cleto Iafrate

    L’A.d.E. ti invia un F23 precompilato se versi un acconto irpef in ritardo, in quanto non vuole perdere nemmeno gli interessi sulle somme tardivamente incassate; però rinuncia a recuperare svariati miliardi di evasione all’anno. Per ripartire bisogna tassare le rendite con aliquote personali congrue che vanno dallo zero al 30%. Se la rendita detenuta è congrua alla media dei redditi dichiarati, l’aliquota sarà pari a zero%, essa aumenterà in modo proporzionale all’incongruità della rendita detenuta rispetto al reddito netto dichiarato fino a questo momento dal contribuente. Come si possono accantonare delle rendite se non si è mai dichiarato alcun reddito?

  15. giulio

    Mi sembra che vi siano altri più efficaci provvedimenti da prendere (abolizione Province, enti, commissioni inutili (utili solo per i politici cosiddetti "trombati"), privilegi dei politici, finanziamenti a pioggia delle industrie, produttività e sprechi nelle PA). Inoltre si presuppone che coloro che sono a carico possano poi trovare lavoro, ma il lavoro non sempre si trova (e se ne troverà sempre meno). Così si rischia di colpire i ceti più sfortunati.

  16. nicola

    Concordo che sia iniquo far beneficiare di una detrazione fiscale chi ha il coniuge o un familiare a carico perchè ha perso il posto di lavoro. Si pensi a chi ha esaurito la copertura degli ammortizzatori sociali, e non ha la protezione di un nucleo familiare, seppure monoreddito. Tuttavia in questo momento di crisi economic, ad aumentare la domanda di lavoro, maschile o femminile, servirebbe soprattutto a deprezzare ulteriomente il costo del lavoro, che scarseggia. E’ inutile creare una domanda di lavoro femminile con incentivi fiscali a trovarsi un impiego, se questo impiego poi non c’è. Le risorse risparmiate da una riforma del genere, attuata in momenti migliori, dovrebbero rafforzare la dotazione degli ammortizzatori sociali.

  17. giuseppe cusin

    A mio avviso, gli incentivi considerati nella vostra proposta sono troppo bassi affinché per una donna che presta i propri servizi solo in famiglia diventi conveniente offrire lavoro nel mercato. Inoltre, la disoccupazione femminile in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, è quasi del tutto involontaria, e su questo tipo di disoccupazione la vostra “piccola riforma” non ha effetti. La vostra proposta può servire a fare emergere lavoro irregolare, ma questo risultato si avrebbe eliminando un sostegno al reddito delle famiglie povere. Sarebbe interessante capire se il costo di un sussidio alle imprese durante la gravidanza delle lavoratrici dipendenti sia sostenibile dal bilancio pubblico. Un sussidio di questo tipo renderebbe più conveniente per le imprese assumere donne sposate e contribuirebbe ad aumentare il tasso di natalità.

  18. bob

    Può qualcuno spiegarmi come fanno a Londra ad assumere in maniera così semplice ragazzi che cercano lavoro nei campi più disparati? Sono tutti in nero?

  19. poetinozzo

    Detto tra noi, sembrerebbe una gran cavolata, ben altre sono le riforme da fare.

  20. Marcello Novelli

    Buonasera Tito, ho provato a fare due conti sulla proposta dell’Irpef a 3 aliquote scoprendo che e’ assolutamente infattibile (se non rinunciano ad una dozzina di miliardi di entrate fiscali o uccidendo di tasse chi guadagna tra i 30 e i 100 mila euro all’anno). Se volete dategli un occhiata.

  21. avv. ANIELLO SANDOLO

    Caro Tito, consiglio ai nostri economisti ed al governo, nell’elaborare le loro teorie economiche e/o le scelte di governo di tener conto dei mutamenti demografici. Essi infatti sono diventati i punti critici della crisi globale. L’Italia del dopoguerra conobbe il baby boom e/o lo yaulth bulge (esplosione demografica giovanie, come dicono i demografi, che coincise con il boom economico). In quel periodo la forbice giovani – anziani era 5 a 2 per cui 5 lavoravano e due erano in pensione. Da ciò si evince che se cinque producevano 100 da cui bisignava toglier 20 per le pensioni rimaneva ricchezza per 80 che veniva distribuita e spesa per tutti. OGGI il rapporto si è invertito per cui 2 lavorano e 5 sono in pensione.Da ciò deriva che si produce 20 ma ne spendiamo 80. Questo modo di governare è antieconomico. Per evitare ciò bisogna controllare e governare i mutamenti economici. A tal proposito chiedete pareri a prof. Rosina. Per questo motivo ritengo la manovra finanziaria del governo pessima. Favorisce l’amlpiarsi del fenomeno del "silver bulge" – Capelli argentati – invecchiamento a scapito del yaulth bulge -giovani che corrono il rischio di diventare gli schiavi del XX° secolo.

  22. maria

    Da quando è deceduto mio marito non ho diritto alla detrazioni fiscali per i familiari a carico perché i miei 3 figli studenti percepiscono un favoloso reddito di pensione di 3.000 euro all’anno per me non cambia niente.Forse togliendo le detrazioni per i coniuge e figli staremo tutti nello stesso calderone. A me non sembra giusto che io dal mio 730 non posso detrarre le spese che sostengo per le tasse universitarie , spese mediche ecc. anzi cumulo i miei favolosi reddito da pensione che è di 600 euro di reversibilità al mese più il mio stipendio da insegnante debbo allo stato da luglio a novembre ben 4.000 euro di tasse. Come possono i mie figli mantenersi con 3.000 euro all’anno? Pagarsi le tasse universitarie , i libri eccc…Qualcuno me lo spieghi. Bisognerebbe rivedere l’ISEE in cui confluiscono i redditi di tutti i componenti al lordo e non al netto allora forse avremo anche delle rette universitarie più consone a quando effettivamente percepiamo. Uno studente bocconi ano ha detto che egli apparteneva al ceto medio e i suoi genitori avevano rinunciato alle vacanze per iscriverlo alla Bocconi,io a cosa debbo rinunciare a mangiare .

  23. Gaetano

    La proposta contrasta con il principio costituzionale della progressività delle imposte dirette. Tale progressività deve essere REALE e in quanto tale deve essere basata sul reddito famigliare e non individuale. Non viene assolutamente considerato un valore l’attività sociale che svolgono le donne nell’ambito dell’educazione dei banbini, spesso lasciati soli o con baby sitter (in nero… ndr). L’attività delle Madri casalinghe merita un riconoscimento e non il semplice appunto di forza lavoro non impegnata.

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