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LA CORTE TEDESCA SALVA L’EURO. PER ORA

La Corte costituzionale tedesca si è pronunciata a favore della partecipazione della Germania ai piani di salvataggio europei. Non è il plenum del parlamento a decidere su queste materie, ma la commissione bilancio. E non esclude nemmeno strumenti come gli Eurobond. Ma in dicembre il dibattito su misure più stabili di difesa della moneta unica ridarà la parola al parlamento tedesco. La Corte sarà probabilmente chiamata a intervenire di nuovo in un dibattito dal quale dipende il cammino ormai faticoso dell’Unione Europea.

La decisione del Secondo Senato del Bvg (la Corte costituzionale federale di Karlsruhe) pubblicata mercoledì 7 settembre, sembra, a una prima lettura, uno sviluppo importante della giurisprudenza costituzionale tedesca relativamente al rapporto fra la Germania e l’Unione Europea.

IL CAMBIO DI ROTTA

Non è necessario qui riandare alla serie di pronunce della Corte suprema tedesca per constatare che in particolare rispetto alla decisione, che pure aveva ratificato il Trattato di Lisbona, ci troviamo qui dinanzi a una presa di posizione molto più cauta e moderata. Segno forse del fatto che le critiche rivolte a quella sentenza da parte di molti costituzionalisti tedeschi, e non solo, hanno avuto un qualche impatto sulla deliberazione interna al collegio giudicante, il quale anche questa volta, come nel caso della decisione sul Trattato, ha prodotto una sentenza unanime, nonostante che i giudici fossero certamente in disaccordo all’inizio del dibattito interno.
Nella sentenza redatta nel 2009 (BVerfGE 123, 267) dal giudice Udo Di Fabio, la Corte presentava una lista di temi considerati parte del nucleo inalienabile della sovranità nazionale, che nemmeno il Bundestag, il Parlamento tedesco, avrebbe avuto competenza di delegare a un’istituzione “sopranazionale” come l’Unione Europea.
Nel caso della sentenza di mercoledì (2 BvR 987/10, 2 BvR 1485/10, 2 BvR 1099/10) la Corte non entra nel merito delle competenze legislative del Parlamento federale, ma si limita a dire che misure relative al meccanismo di stabilizzazione dell’euro devono essere preventivamente accettate dalla Commissione bilancio del Bundestag (Haushaltsausschuss; si veda la sezione 141 della sentenza). Quali sono le conseguenze di questa decisione? Vediamole in ordine perché è su questo punto che va giudicato l’impatto della sentenza sul rapporto fra governo e parlamento tedeschi e Unione Europea.
Anzitutto, la sentenza esclude che le decisioni del governo in questione debbano essere approvate dal plenum del Parlamento; in secondo luogo, i lavori delle commissioni non sono pubblici e questo rende più semplice per il governo trovare un accordo con la commissione (controllata peraltro dalla maggioranza), come mi fa osservare Christoph Schönberger. Naturalmente l’obbligo di questa procedura può in certa misura rallentare i lavori, ma in un sistema a parlamentarismo forte come quello della costituzione tedesca un coinvolgimento minimo di questo tipo non può sorprendere. La Germania di Bonn non è la Francia della costituzione gollista a parlamentarismo “razionalizzato” dove le leggi si fanno con un accordo fra l’esecutivo e il Conseil d’Etat. Il Parlamento tedesco va peraltro oggi nel suo funzionamento al di là delle richieste della Corte di Karlsruhe, poiché per le misure note come Efsf (European Financial Stability Facility) ha richiesto l’approvazione del plenum.
La Corte non ha escluso nemmeno l’approvazione di misure come gli Eurobond. Naturalmente nella conferenza stampa che ha accompagnato la pubblicazione della sentenza, il presidente Voßkuhle ha sottolineato che la stessa non rappresenta uno cheque in bianco per il governo, ma è semplicemente una clausola d’uso per ricordare che la Corte costituzionale resta il custode della carta fondamentale.

NON FINISCE QUI

 La lettura della sentenza, certo influenzata dalla personalità moderata del presidente, mostra prudenza e rispetto per gli organi elettivi ai quali su questioni estremamente sensibili come quella in discussione, la Corte non si arroga il compito di indirizzare dei diktat. Il testo sembra un compromesso ragionevole fra le posizioni diverse espresse dalla pubblica opinione tedesca che sul tema è divisa, come peraltro verosimilmente la stessa Corte. Le sconfitte elettorali recenti del cancelliere Angela Merkel, ripetutesi di recente nel suo Land di origine il Mecklenburg-Vorpommern e con una probabile replica in quelle a scadenza vicinissima a Berlino, mettono la coalizione di governo in una posizione difficile. Il voto nel Meclenburgo ha visto una avanzata significativa non solo dei Verdi ma anche della Spd (al 35,7 per cento contro soltanto 23,1 per cento per i cristiano-democratici della Cdu), entrambe formazioni politiche più favorevoli alla integrazione europea.
Certo la Germania si trova di nuovo al centro del destino del Vecchio Continente. Questa volta la Corte di Karlsruhe, a differenza dell’Alta corte federale di Lipsia nel 1932, sta mantenendo il paese, per quello che le compete, sulla strada migliore. In dicembre il dibattito su misure più stabili relative alla difesa della moneta unica ridarà la parola al Parlamento tedesco. La Corte sarà probabilmente chiamata a intervenire di nuovo in un dibattito dal quale dipende il cammino oramai faticoso dell’Unione Europea.

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  1. Piero

    Il salvataggio dell’euro per la Germania è un obbligo, avendo la stessa avuto i principali vantaggi con la sua adozione, sia in termini di esport nell’Europa che in termini di unificazione con la Germania dell’est. La minima cosa che la Germania può fare è accollarsi l’onere di guidare l’euro fuori dalla burrasca, accettando gli eurobond in cambio di politiche rigorose dei singoli paesi euro, quindi se entro fine anno non verrà annunciata tale misura la speculazione torna all’attacco, non penso che gli italiani possano subire ulteriori manovre.

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