La fonte di tutti i mali della giustizia civile è il numero abnorme di processi, dovuto ad alcune distorsioni del sistema, prevalentemente economiche. Ma il ricorso a soluzioni volte a far lavorare più velocemente i tribunali e i giudici non risolve il problema. Anzi rischia di avere effetti paradossali, come dimostra il caso dei procedimenti di risarcimento danni alla circolazione in Campania. Occorre invece spezzare i criteri economici che rendono sempre conveniente iniziare una causa. Ecco dieci proposte per migliorare l’efficienza della giustizia civile.
Abbiamo più volte sostenuto che la fonte di tutti i mali della giustizia civile è il numero abnorme di processi derivante da alcune distorsioni del sistema, prevalentemente economiche. Una anomalia tutta italiana che ha prodotto un enorme arretrato e ha avuto come ovvia conseguenza l’allungamento dei tempi dei processi civili e un onere sulla collettività valutato nell’1 per cento del Pil. L’inefficienza dell’amministrazione della giustizia non è quindi la causa, ma leffetto del trend sempre crescente di cause.
RC AUTO: IL CASO CAMPANIA
Un esempio illuminante ci viene dalle statistiche relative ai procedimenti di risarcimento danni alla circolazione davanti al giudice di pace. Le sopravvenienze sono cresciute dell’8 per cento all’anno. Nonostante le mille difficoltà, la produttività dei giudici è superiore alla media europea e riesce a garantire l’esaurimento di un numero straordinario di processi, pari a circa l86 per cento del sopravvenuto. Ovviamente, la costante differenza tra sopravvenuti e definiti ha prodotto la cifra record di 310.524 procedimenti pendenti.
Tav. 1 Risarcimento danni alla circolazione – Movimento dei procedimenti anni 2008-2010 presso gli uffici del giudice di pace per Regione (ordinate dall’autore per procedure sopravvenute nel 2010)
Fonte: ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi – Direzione generale di statistica
L’anno scorso, il 51,8 per cento di tutte le cause di Rc auto in Italia davanti ai giudici di pace si è concentrato in una sola Regione: la Campania con 119.978 su un totale di 231.565. La percentuale sale al 79 per cento se si comprendono anche Puglia, Sicilia e Calabria. Il rimanente 21 per cento delle cause è distribuito equamente nelle altre sedici regioni. In Campania viene depositato il 1.400 per cento in più di cause di Rc auto rispetto a una Regione attigua e con un numero simile di abitanti come il Lazio. Uno scandalo alla luce del sole che dovrebbe attirare l’attenzione del nuovo governo.
Questo esempio dimostra chiaramente che soluzioni volte a far lavorare più velocemente i tribunali e i giudici, se pur opportune e fortemente necessarie, non risolverebbero affatto il problema. Anzi, avrebbero l’effetto paradossale contrario di attrarre un numero sempre maggiore di cause. Ad esempio, le cinque proposte dedicate alla giustizia civile del programma del Big Bang, promosso da Matteo Renzi, non sembrano centrare il problema: avvocati pagati a preventivo, riduzione della sospensione dell’attività giudiziaria, accorpamento e informatizzazione dei tribunali insieme a un maggiore riconoscimento del merito dei giudici non intaccherebbero minimamente il numero di sopravvenienze. Anche l’adozione del Metodo Barbuto, proposta da Roger Abravanel, l’introduzione del numero chiuso nelle facoltà di legge e il cambiamento di modalità di lavoro dei giudici avanzate da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sarebbero efficaci solo dopo la drastica diminuzione dell’input, non prima.
LE DIECI PROPOSTE
Salvaguardando il sacrosanto diritto al reale accesso alla giustizia, occorre spezzare i criteri economici che rendono conveniente iniziare una causa secondo la consuetudine provarci conviene sempre. Pur con qualche rallentamento dovuto a fortissime resistenze corporative e parlamentari, la strada era già stata tracciata dal precedente governo. Il nuovo esecutivo Monti dovrebbe avere la forza di percorre con determinazione l’ultimo miglio. Ecco un pacchetto di dieci proposte che avrebbero, da un giorno all’altro, l’effetto desiderato.
1) Trasformare il contributo unificato in cauzione per il servizio giustizia. Nell’ormai famoso rapporto Doing Business, in Italia il Court cost, è stimato in 1.465 euro (il 2,9 per cento del valore della controversia) contro una media nei Paesi dell’area Ocse di 2.303 euro pari al 4,6 per cento. Nonostante i recenti aumenti, il costo chiesto dallo Stato per erogare il servizio giustizia è ancora sotto la media internazionale. In realtà, il problema non è tanto l’ammontare del suo costo quanto il fatto che deve essere considerato una cauzione da rimborsare in caso di vittoria a spese del soccombente.
2) Vietare la compensazione delle spese processuali. La pratica diffusa da parte dei giudici di compensare le spese processuali e le parcelle degli avvocati, non solo è premiante per la parte soccombente, ma ha creato un forte incentivo economico a fare causa. Occorre prevedere meccanismi automatici che addossino al soccombente le spese di giudizio e le parcelle dei legali di controparte.
3) Estendere i meccanismi sanzionatori anche in primo grado. Occorre estendere il meccanismo sanzionatorio introdotto in appello e cassazione della condanna da 250 a 10mila euro per la parte che ha introdotto istanze inammissibili o manifestamente infondate anche in primo grado applicandola anche a chi resiste indebitamente in giudizio. Ogni tribunale deve avere un suo budget di costi e ricavi pubblicato online di cui il presidente sia responsabile.
4) Introdurre le tariffe a forfait e incentivare i patti di quota lite. Il mantenimento delle tariffe minime per gli avvocati sono un falso problema. Quello vero è la responsabilizzazione anche economica dei legali sul risultato della loro prestazione. Sicuramente una soluzione è l’introduzione del compenso a forfait, sul modello tedesco, proposto da Daniela Marchesi insieme al mantenimento del patto di quota lite che permette anche ai meno abbienti di rivolgersi ai migliori avvocati.
5) Cambiare il criterio di remunerazione dei giudici di pace. Il giudice di pace percepisce dei compensi in base al numero di udienze effettuate e dei provvedimenti emessi. Il criterio incoraggia lallungamento dei tempi tramite la celebrazione di più udienze e scoraggia la possibilità di invito alla mediazione prevista nell’art. 5.2 del Dlgs. 28/10. Anche ai giudici di pace si potrebbe applicare un compenso a forfait.
6) Avviare indagini e approvare urgentemente una normativa antifrode nel settore Rc auto. Nelle zone in cui il numero di cause di Rc auto non sono in linea con il resto dItalia, occorre far avviare dalla Guardia di finanza indagini approfondite per individuare eventuali truffe e reati, anche di natura fiscale. Inoltre, bisogna rafforzare e approvare il disegno di legge antifrode presentato in Parlamento: la posizione dellAnia sulla questione è riassunta nella recente relazione al Senato. Due esempi lampanti da eliminare: la possibilità della cessione del credito del diritto al risarcimento del danno (in breve, il carrozziere o il professionista si compra il diritto del credito dal presunto danneggiato facendo causa all’assicurazione per un importo maggiorato del suo rischio imprenditoriale) e la liquidazione omnicomprensiva, inclusiva delle parcelle dei professionisti, che le compagnie liquidano ai danneggiati, fonte di possibile evasione fiscale.
7) Far diventare titolo esecutivo gli accordi sottoscritti da avvocati. Come avviene in Francia, gli accordi tra le parti assistite dai rispettivi avvocati, previa omologa da parte dei presidenti dei tribunali, potrebbero avere valore di titolo esecutivo. In questo modo si incentiva il negoziato diretto. Ovviamente, il tentativo di negoziazione in caso di insuccesso non deve valere come esperimento del tentativo di conciliazione.
8) Introdurre l’obbligatorietà della sottoscrizione di polizze di tutela legale nei settori ad alto contenzioso. In Germania le polizze di tutela legale sono molte diffuse. Come una polizza sanitaria, la polizza di tutela legale rimborsa le parcelle del proprio legale di fiducia, le perizie tecniche e il contributo unificato. In Italia esistono ma sono poco diffuse. Tra l’altro, pochi cittadini sanno che solitamente questa polizza è già inserita in quella di Rc auto. Per i condomini e le aziende dovrebbe essere obbligatoria.
9) Estendere la conciliazione a tutto il contenzioso civile. Nei primi sei mesi di applicazione, il 52,58 per cento degli incontri di mediazione si è chiusi con un accordo, l’80 per cento delle volte le parti sono state assistite dai legali. Sulla base di questi dati favorevoli, bisogna estendere il tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità a tutte le controversie civili e commerciali che vertono su diritti disponibili, alle separazioni e divorzi e al settore penale nei reati perseguibili a querela di parte.
10) Favorire gli inviti dei giudici in mediazione. Per smaltire l’enorme arretrato, occorre che il Csm includa nei criteri di valutazione della professionalità dei giudici un parametro che indichi il numero di cause pendenti chiuse in mediazione in applicazione dell’art. 5.2 del Dlgs 28/10 che permette ai magistrati di invitare i litiganti in mediazione.
* L’autore è un esperto di Alternative Dispute Resolution e ricopre un ruolo di responsabilità presso una delle principali società di Adr italiane.
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rosario nicoletti
Pur non essendo un legale ho dovuto frequentare le aule della giustizia. Trovo sacrosante le prime quattro proposte e più che giuste tutte le altre. Io aggiungerei, come indispensabile, anche una valutazione sui magistrati semplicemente osservando quante delle sentenze prodotte vengono riformate in appello. Non dobbiamo nasconderci che uno degli incentivi ad iniziare una causa è data dalla aleatorietà delle sentenze di primo grado.
pasquale pirro
Nel mio blog (www.pasqualepirro.it) riportando parte di questo articolo aggiungo anche un’ulteriore proposta l’eliminazione della media conciliazione che è stato tutto un bluff per far lavorare alcune società private vicine al governo berlusconi. La privatizzazione della giustizia è una cosa completamente negativa.
Andrea Colletti
E’ interessante vedere come il Sig. D’Urso scriva delle statistiche per portare acqua al suo mulino. Infatti afferma che il 52,58% degli “incontri di mediazione” sia riuscito. ciò che non dice però è che a leggere bene i dati le mediazioni che si sono concluse con un accordo sono il 52,58% del 30,62%, quindi praticamente un 15% del totale.
GCF
Perche’ nessuno propone mai l’obbligo per il giudice di giudicare la causa entro un tempo predeterminato? ad esempio, 4 mesi, pena effetti penalizzanti per il giudice stesso. 4 mesi sono previsti per il mediatore, perchè non anche per il giudice?. La maggior parte delle cause dal gdp sono giudicabili alla prima udienza: così fanno i gdp di Torino, sperimentato personalmente. L’obbligo della mediazione rischia la dichiarazione di incostituzionalità come a suo tempo l’arbitrato obbligatorio degli anni ’60. L’accesso al processo deve essere libero da qualsiasi contributo o cauzione, l’art.24 della Cost. non prevede limiti.
Fabio Checchi
Interessanti le 10 proposte e, benche’ non sia un esperto in materia, mi paiono ragionevoli. Data la mia esperienza vissuta, come condomino di un caseggiato che ha dovuto fronteggiare diverse cause da parte di un proprietario di un solo box (e solo quello !) che definire sciagurato e’ dire poco, potrei aggiungere una undicesima proposta che, a mio avviso, aiuterebbe non poco: “per tutte le cause civili, il cui importo economico realtivo al contenzioso, non superi 1.000 Euro, vale UN SOLO GRADO DI GIUDIZIO NON RIPETIBILE”. La forma non sara’ perfetta, ma il concetto mi pare chiaro. Nel nostro caso concreto, per un contenzioso di soli 50 euro annui dovuti, siamo arrivati con le cause fino in Cassazione e abbiamo gia’ sborsato come condominio, ben 100.000 Euro in circa 8 anni per pagare gli avvocati e i processi !
morselli elio
Mi convince poco l’assunto che i nostri giudici siano più veloci che in Francia e in altri paesi. Forse solo l’Inghlterra può starci alla pari. Ma prima di giudicare bisogna tener conto che i due sistemi di giustizia sono diversi. Comunque a me risulta da fonte certa che la durata media di un processo a Parigi è di un anno e mezzo. Fuori Parigi ancora meno. Siamo quindi ben lontanti dai 3, 5, 10 anni occorrenti da noi. Le ragioni del nostro enorme arretrato? Per me è semplice, e lo sapevano già i romani, gran giuristi: c’è un tacito e inconfessato accordo tra avvocati e giudici sulla convenienza per entrambi di ritardare quanto più possibile la sentenza. Ecco il broccardo che spiega tuttto: DUM PENDET RENDET. Infatti più la causa dura tanti più “acconti” possono essere richiesti dall’avvocato, e meno lavoro grava sul giudice, la cui maggiore fatica è nel redigere la sentenza. Questo basta anche a spiegare perchè la Campania batta il record nel totale degli arretrati…
Pietro Elia
In ordine a queste 10 condivisibili proposte, mi soffermerei in particolare sugli ultimi due punti. Il punto 9 direi con particolare attenzione alla mediazione commerciale: mi risulta davvero incomprensibile come, al momento della stesura dell’art. 5 co 1 non sia stata estesa l’0bbligatorietà anche in questo settore tenuto conto del favor che il mondo imprenditoriale (Confindustria in testa) nutre nei confronti dell’istituto. La proposta n. 10 va a toccare un altro attuale vulnus rappresentato dal bassissimo uso (solo l’1%) della mediazione delegata da parte della magistratura italiana: urge una corretta informazione sull’istituto nei confronti della categoria (so che voi di ADRcenter avete già intrapreso questa via).
Dante
Credo che le liquidazioni delle assicurazioni non siano più omnicomprensive (tranne, forse, nei casi di indennizzo diretto, dove non è prevista – assurdamente – la liquidazione di spese legali e finisce nell’essere ricompresa nell’indennizzo al cliente). Per il resto, assolutamente d’accordo. Il ricorso a procedure negoziate dev’essere assolutamente incentivato. Sulla Campania, probabilmente l’enorme numero è anche dovuto al fatto che i GdP sono avvocati, che magari non condannano alle spese la parte soccombente, non dispongono la riunione di processi obiettivamente connessi, tutto per fare i numeri in base ai quali vengono pagati. Spiace constatare che gli avvocati sono pronti a scagliarsi contro la mediazione obbligatoria e non condannano in alcun modo questo scandalo che è sotto gli occhi di tutti.
Enzo Pisano
I ragionamenti non supportati dai dati sui quali si basano sono filosofia pura. dei quasi centomila procedimenti annui esaminati e giudicati dai Giudici di pace in Campania, nel ramo RCA, sarebbe interessante conoscere l’esito della controversia, se è stata accolta o respinta la richiesta dell’assicurato o danneggiato, se la sentenza è stata riformata in appello, se sono stati inviati gli atti al Giudice penale per estremi di reati. insomma conoscere se i “cattivi” sono i cittadini campani, gli avvocati campani, i giudici campani o … le assicurazioni.
lorenzo
E’ necessario spezzare la dipendenza del reddito dell’avvocato dall’avvio delle cause. Ed allora una proposta potrebbe essere quella di abolire l’incompatibilità tra esercizio della professione e lavoro dipendente, consentendo ai legali abilitati, inseriti negli uffici legali delle imprese con rapporto di lavoro subordinato, di svolgere attività giudiziale e stragiudiziale a favore del proprio datore di lavoro, sull’esempio di ciò che accade per gli iscritti all’albo speciale. L’avvocato dipendente non avrebbe alcun interesse personale a coltivare cause, che non gli assicurano alcun reddito.
Mariacristina Prece
Anch’io sono d’accordo sul fatto che per ridurre il numero di processi bisogna soprattutto scoraggiare l’uso improprio dei tribunali, cioè, come dice bene l’autore, ridurre l’input. Incidere solo sui costi non è neanche giusto per chi invece avrebbe buone ragioni per avviare un contenzioso. Fondamentale credo sia diffondere anche una cultura della mediazione, incoraggiando la ricerca di un accordo tra le parti contendenti. Riguardo alla completezza dei dati, il fatto che solo il 15% circa delle mediazioni avviate si sia concluso positivamente, che in realtà è il 52% circa di quelle effettive, mi sembra che testimoni appunto questo: che la cultura della mediazione è ancora troppo poco diffusa se circa il 70% degli aderenti non si presenta e rinuncia alla possibilità di evitare un contenzioso. Significa esattamente che ci piace litigare o che alimentare le liti conviene a qualcuno…….
NAZZARENO
Sono un neofita, ma visto che ho una idea, la sottopongo alle vostre valutazioni. Per ridurre il numero di processi basta introdurre la norma che l’avvocato prende i soldi dalla controparte solo se vince la causa dalla controparte. In tal modo non spingerebbe i clienti in battaglie senza successo.
Gabriele Orlando
Da operatore sul campo sono primo testimone del tema proposto. Tuttavia mi sembra che l’autore dell’articolo, pur non cadendo nei soliti luoghi comuni, non abbia consultato adeguatamente chi in Tribunale lavora ogni giorno. In primo luogo la condanna alle spese di lite della parte soccombente è una regola espressamente codificata nel Codice di procedura civile: la compensazione è una possibilità subordinata a gravi ed eccezionali ragioni. Il problema si pone, quindi, su altri termini, questi: la giurisprudenza di merito, soprattutto di primo grado, tende ad abusare della compensazione senza motivare o motivando apoditticamente. E impugnando si ottiene spesso la riforma di quel capo di sentenza. Tuttavia nella maggioranza dei casi l’impugnazione della sentenza comporta l’offrire all’altra parte l’occasione per impugnare a sua volta la sentenza e ribaltare la situazione e, spesso, i giudizi si basano sull’accertamento di fatti che per un giudice terzo hanno più interpretazioni.con la certezza del giudicato favorevole.
Gabriele Orlando
Da ultimo andrebbe approfondita la questione degli avvocati: i patti di quota lite esistono già, ma gli avvocati c’entrano poco. Un giudizio non conviene all’avvocato perché per lui i costi si pagano subito, mentre per il cliente sono procrastinati all’esito del giudizio. Dati alla mano, i guadagni maggiori vengono dalla tabella stragiudizale della tariffa professionale, non a caso i “top legal” si concentrano su quello.
Alessandro
Una modesta proposta. Con la sentenza il giudice condanna alla refusione delle spese di lite l’avvocato che promuove una causa manifestamente infondata o che resiste ad una richiesta manifestamente legittima. Ogni patto tra avvocato e cliente per il ribaltamento di tale condanna su quest’ultimo è nullo, salvo che dimostri, con atto di data certa, di aver informato il cliente che ha torto marcio. Questo eviterebbe a) di colpire cittadini ignari di essere tecnicamente dalla parte del torto; b) che cittadini che invece lo sanno di essere tecnicamente dalla parte del torto trovino avvocati che li difendeano. Per il resto (le cause degne) concordo sull’abolizione dell’istituto della compensazione delle spese di lite. Le conciliazioni sono invece una sostanziale privatizzazione della giustizia. Mi sbaglierò, ma diffido dell’istituto, anticamera della causa e oneroso per i clienti (e comunque incostituzionale se obbligatorio e a pagamento). Basta con questa cosa della sospensione feriale. Nelle cause si danno rinvii di 2/3 anni e per un’udienza in Cassazione ce ne vogliono 3/4. Agire sulla sospensione feriale è svuotare il mare con il cucchiaino: demagogia.
Francesco galanti
Quanto affermato nell’articolo in ordine alla mediazione e’ semplicemente falso. E’ un istituto fallimentare e va abolito, come noto a chiunqe frequenti un tribunale civile. del resto mi pare che l’autore sia Collegato ad una società di ADR.
mariano
Sono d’accordo con queste proposte. Non con l’estensione della mediazione. due macroproblemi restano fuori: 1) L’incertezza del diritto (sostanziale e processuale) Sono purtroppo esterrefatto dal numero di decisioni aberranti (in cause ben superiori ai 100.000 euro) che vengono prese dai giudici di primo grado. ebbene il paper di banca d’italia del 2008 di bruna szego che nessuno, men che meno l’autore, si è preso la briga di leggere, è cristallino: la percentuale di reversal on appeal è del 50% e cià significa solo che i giudici di primo grado decidono male. 2) Il processo di esecuzione è ipergarantista e totalmente inefficiente dunque il debitore insolvente e colpevole non ha nessun disincentivo all’inadempimento. Tanto l’esecuzione non arriverà mai e farà in tempo a vendere i propri beni (per la revocatoria poi sono 17 anni come capitatomi di recente). 3) Troppi riti (inutili) Semplificare i riti processuali ed unificarli il più possibile. Regole chiare. Esecuzione assegnata a privati (pagati a risultato) e non tramite ufficiali giudiziari.
Enrico Astuni
Una breve notazione per segnalare che il rapporto della Banca d’Italia del 2008 va letto diversamente da come ha fatto uno dei commentatori che mi ha preceduto. Il totale degli appelli sulle sentenze di primo grado è approssimativamente tra il 20% e il 25% (pag. 20 ss.). Di questi appelli circa il 35% viene accolto (circa il 46-50% se si considerano gli appelli decisi nel merito, ossia non dichiarati inammissibili perchè tardivi, rinunciati etc.). Il tasso di riforma (sul lavoro complessivo) è quindi del 7-9%.
antonio sogliuzzo
Le proposte fatte dall’autore sono a dir poco discutibili. I problemi della giustizia italiana sono essenzialmente 3. numero di giudici ed uscieri insufficienti, inerzia degli stessi, iter processuali troppo dispersivi e complicati. Per il problema del numero dei giudici, bisognerebbe regolarsi in questo modo: assumere 10.000 giudici (costo teorico 700 milioni di euro) tagliando il numeor dei parlamentari di 500 unità(120 milioni di euro), taglio del rimborso elettorale ai partiti del 50% (120 milioni di euro), eliminazione delle province (400 milioni di euro), taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici di classe superiore , applicazione dell’IMU sulle proprietà della chiesa (oltre 1 miliardo di euro). Con queste misure di razionalizzazione della spesa corrente si potrebbero tranquillamente assumere 10.000 magistrati, naturalmente prevedendo anche un limite ai loro compensi. Da taglio delle province, che attualmente occupano 63.000 dipendenti, si potrebbero tranquillamente reperire 10.000 persone con i requisiti idonei a poter prestare attività di ufficio nei tribunali, naturalmente dopo opportuno corso di formazione.
Iacopo
Condivido l’estensione della mediazione ad altri ambiti, tuttavia con una sostanziale modifica dei presupposti formativi, le 50 ore non sono sufficienti per la mediazione penale o familiare.
antonio
La proposta n. 1 assomiglia tanto alla “cauzione per il caso di soccombenza” già dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale perchè in contrasto con il diritto di agire in giudizio sancito dall’art. 24 Cost. E il resto delle proposte non si discosta molto dall’idea di fondo per cui, per far funzionare la giustizia, occorre conculcare – direttamente o indirettamente – il diritto di agire in giudizio. Se questo è il grado di competenza di chi fa le proposte in tema di giustizia, anche su un sito come questo che dovrebbe farsi latore delle idee migliori, si capisce bene il motivo per cui la giustizia in Italia difficilmente potrà essere riformata e migliorata.