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AGEVOLAZIONI AGLI INQUILINI, NON AI PROPRIETARI

Anche nel migliore dei casi, l’istituzione della cedolare secca comporta una perdita di gettito per l’erario di circa un miliardo. Una cifra simile basterebbe per concedere a tutte le famiglie italiane che potrebbero averne diritto il contributo previsto dal fondo sociale per l’affitto, abolito dall’ultimo governo Berlusconi. Trasferire risorse dai proprietari di case a favore degli inquilini risponde a criteri di equità. E nello stesso tempo aiuta la crescita perché la misura si rivolgerebbe a famiglie  con redditi bassi, elevando perciò la propensione al consumo.

Il decreto “salva Italia” ha messo in sicurezza i nostri conti pubblici con un contributo non trascurabile del settore immobiliare, e in particolare del suo segmento residenziale. Per la seconda fase dell’azione di governo, che dovrebbe mettere in moto la crescita, non si potrà contare su molte risorse: il presidente Monti dovrà cimentarsi nel miracolo delle nozze coi fichi secchi. Un qualche aiuto potrebbe, tuttavia, ottenerlo correggendo qualche scelta immotivata e errata del precedente governo. Due di tali scelte riguardano l’introduzione della cedolare secca sugli affitti e la sostanziale eliminazione del fondo sociale per l’affitto. Sarebbe auspicabile l’eliminazione della prima e il rilancio del secondo.

IL COSTO DELLA CEDOLARE

I sostenitori della flat tax sui ricavi da canone delle abitazioni hanno sempre sostenuto che la sua introduzione non avrebbe avuto costi per l’erario poiché l’aumento di gettito derivante dalla emersione del mercato dell’affitto in nero (spinta dalla riduzione dell’aliquota) avrebbe più che compensato la perdita di gettito Irpef. Ma l’attesa è destinata a essere delusa, non fosse altro che per un problema “fisico”: il numero potenziale di alloggi affittati in nero è più basso del necessario.
Nella tabella 1 sono riportate alcune elaborazioni realizzate sui dati dell’Agenzia del Territorio. (1) Le abitazioni di proprietà di privati locate risultano poco più di 2,7 milioni, per un ammontare di canone complessivo di quasi a 11,5 miliardi di euro al netto della deduzioni ai fini Irpef e di circa 14 lordi (base imponibile della cedolare secca). Data la distribuzione dei canoni per scaglioni di reddito dei proprietari, il gettito Irpef di competenza statale ammonta a poco meno di 3,8 miliardi, mentre il gettito della cedolare secca è di poco più di 2,9. Considerando anche le perdite di gettito relative alle addizionali Irpef (comunale e regionale) e all’imposta di registro, ciò che all’erario viene a mancare con l’introduzione della cedolare è una somma di circa 1,4 miliardi di euro. (2)


Tabella 1. Gli effetti dell’introduzione della cedolare secca

 

Scaglioni di reddito Irpef (euro)

Numero delle abitazioni di proprietà di privati

Perdita di gettito dovuta all’introduzione della cedolare (ML di euro)

Nuovo imponibile che dovrebbe emergere per recuperare la perdita di gettito (ML di euro)

Numero di nuovi contratti di locazione relativo al nuovo imponibile

Fino a 15.000

854.570

-48

226

68.264

da1 5.000 a 28.000

766.461

-148

706

175.290

Da 28.000 a 55.000

772.448

-595

2.835

510.334

Da 55.000 a 75.000

141.917

-194

925

110.575

oltre75.000

193.771

-433

2.060

166.284

Totale

2.729.167

-1.418

6.753

1.030.7

Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia del territorio, 2010

Per recuperare questo gettito dovrebbe emergere un imponibile di oltre 6,7 miliardi: l’attuale base Irpef dovrebbe crescere di quasi la metà; un obiettivo che potrebbe essere raggiunto se ai 2,7 milioni di abitazioni già affittate in regola con il fisco se ne aggiungesse un altro milione. (3)
Poiché l’Istat stima in 3,12 milioni le famiglie che in Italia vivono in affitto in un’abitazione di proprietà di una persona fisica (condizione per l’applicazione della cedolare secca), la flat tax potrebbe spingere alla regolarizzazione fiscale 400mila contratti di locazione. (4) Se anche succedesse, il passaggio dal vecchio al nuovo regime di tassazione del canone produrrebbe, comunque, un buco fiscale dell’ordine di un miliardo di euro. (5)

IL FABBISOGNO DEL FONDO PER L’AFFITTO

Di analoga grandezza sarebbe la cifra necessaria per concedere a tutte le famiglie italiane che ne potrebbero avere diritto, il contributo per il pagamento del canone previsto dal cosiddetto fondo sociale per l’affitto, istituito dalla legge 431/1998.
Le famiglie in affitto possono accedere al fondo se hanno un reddito annuo non superiore a: a) due pensioni minime Inps (cioè circa 11mila euro), di cui almeno il 14 per cento speso per pagare il canone; chi si trova in questa situazione (beneficiari di fascia A), può ottenere un contributo massimo di 3.099 euro; b) quello stabilito da ogni Regione per l’assegnazione delle case popolari ed è speso per almeno il 24 per cento per l’affitto; per questi nuclei familiari (beneficiari di fascia B) il contributo non può superare i 2.325 euro.
La limitatezza delle risorse statali di cui ha sempre sofferto, non ha mai permesso al fondo di assolvere la sua funzione con la massima efficacia; l’ultima Legge di stabilità ha addirittura cancellato il relativo capitolo di spesa dal bilancio statale, dopo che lo stanziamento per lo scorso anno era stato ridotto al lumicino.
Ai fini della ripartizione tra le Regioni delle risorse statali assegnate al fondo, viene (o meglio veniva) considerato anche il fabbisogno finanziario per erogare il contributo spettante ai beneficiari di fascia A. Nel 2010 ammontava a circa 515 milioni di euro; con questa cifra si può attribuire il contributo massimo a quasi 170mila famiglie. I dati disponibili relativamente ad alcune Regioni permettono di stimare il fabbisogno relativo ai beneficiari di fascia B in una cifra analoga a questa , con la quale può essere erogato il contributo massimo a 220mila famiglie.

UNO SCAMBIO PER L’EQUITÀ E LA CRESCITA

Il presidente del Consiglio Monti ha dichiarato di ispirare l’azione del suo governo a tre parole d’ordine: rigore, equità, crescita. La casa ha, finora, concorso alla prima (con la reintroduzione dell’imposta patrimoniale sull’abitazione principale, l’anticipazione dell’Imu e la rivalutazione dei valori catastali degli immobili). Potrebbe concorrere anche alle altre due, se il governo proponesse (e riuscisse a far passare in parlamento) l’abolizione della cedolare secca e l’impiego delle risorse necessarie per coprire la perdita di gettito che accompagna l’introduzione della cedolare per finanziare il fondo sociale per l’affitto con uno stanziamento che diverrebbe sufficiente a farne uno strumento efficace di sostegno per almeno 400mila famiglie che vivono in affitto.
Trasferire almeno un miliardo di euro dai proprietari di case (di circa la metà della riduzione di gettito ex cedolare si avvantaggiano i proprietari con un reddito di almeno 55mila euro e di quasi la totalità quelli con almeno 28mila euro) a favore degli inquilini (che, nella metà dei casi, hanno un reddito familiare che non arriva a 1.000 euro al mese e, nell’altra metà, il reddito è, comunque, tanto basso da consentire loro di concorrere per ottenere una casa popolare) va certamente nella direzione dell’equità. Ma aiuta anche la crescita: lo spostamento di una tale massa di danaro da soggetti appartenenti agli scaglioni di reddito più elevati verso famiglie povere o con redditi comunque bassi, elevando la propensione al consumo, dà un sostegno alla domanda e allo sviluppo. Lo scambio sarebbe a “saldo invariato” per i conti pubblici.

 

(1) I dati sono contenuti ne Gli immobili in Italia 2010, http://www.agenziaterritorio.it/?id=7660

(2) Per le ipotesi e le metodologie alle base delle elaborazioni si rinvia a Gli effetti della cedolare secca sul mercato degli affitti, reperibile all’indirizzo http://www.monitorimmobiliare.it/articolo.asp?id_articolo=7927

(3) Montella e Mostacci (https://www.lavoce.info/articoli/pagina1001882-351.html), elaborando i dati dell’indagine campionaria Banca d’Italia sui bilanci familiari, hanno concluso che “il riequilibrio del gettito si può ottenere solo se si recuperano canoni di locazione finora non dichiarati in ammontare pari al 78 per cento di quelli già noti al fisco. L’obiettivo da raggiungere, per non appesantire ulteriormente il debito pubblico, è pertanto quello di scovare tre evasori per ogni quattro contribuenti”.

(4) Le famiglie che vivono in affitto sono 4.218.825. Di esse il 74,4 per cento (3.138.806) vive in alloggi di proprietà di un privato (Istat, I consumi delle famiglie. Anno 2009, p. 33); al censimento della popolazione e delle abitazioni del 2001 le abitazioni in affitto risultarono 4.322.744, di cui 2.945.897 di proprietà di persona fisica.

(5) Il risultato differisce da quello riportato nella relazione tecnica illustrativa dell’articolo sulla cedolare secca del decreto legislativo 23/2011. Secondo il documento, il gettito della cedolare secca sarebbe tale da più che compensare la perdita di gettito Irpef. La divergenza è dovuta al fatto che nella relazione viene, da un lato, sottovalutata la perdita del gettito Irpef e, dall’altro, sopravvalutata la capacità di emersione attribuita alla cedolare. La sovrastima deriva sostanzialmente da sovrastima della dimensione del mercato dell’affitto in nero. Questo mercato non viene circoscritto dalla differenza tra il numero di famiglie che vive in affitto in alloggi di proprietà di persone fisiche e il numero di contratti di locazione denunciati al fisco, bensì identificato con il numero di alloggi a “disposizione”.

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18 commenti

  1. michele

    Per una volta che si favorisce chi fa le cose correttamente si chiede di eliminare la cedolare secca. E’ certo che se viene eliminata, aumenterò il canone e una parte me la farò dare in nero. Si vede l’inquilino sempre come il poveraccio, mentre spesso chi prende casa in affitto non è che non può comprarla, ma semplicemente non vuole perchè è più ‘svincolato’ rispetto a fisco, obblighi e tasse varie. Togliessero tutto, ma non la cedolare secca.

  2. Torelli Roberto

    Per aiutare l’inquilino basta attuare l’articolo 53 della Costituzione che prevede di dedurre le spese,dal reddito lordo, necessarie per i bisogni della vita quotidiana e l’affitto è una di queste! Con un minore imponibile l’inquilino paga meno IRPEF. Il proprietario, sempre applicando l’articolo 53 della Costituzione, che prevede di accertare i redditi effettivi e complessivi addizionerà agli altri suoi ricavi il reddito proveniente dall’affitto, soggettandolo al principio della progressività! Inoltre applicando l’articolo 53 della Costituzione a tutte le altre spese, debelleremo devinitivamente l’evasione fiscale, non solo sugli affitti a nero che sono una enormità, ma su tutti gli altri aspetti della vita quotidiana! visitate il sito dell’Associazione articolo 53: http://sites.google.com/site/articolo53

  3. Ugo Pellegri

    Conosco persone che hanno sacrificato una vita per potersi comperare una casa ed essere orgogliosi di essersi assicurati un minimo di sicurezza per il futuro. Conosco persone che, pur avendone la possibilità, hanno scelto di non risparmiare e vivere in abitazioni in affitto, magari di proprietà di enti pubblici a canoni irrisori, per evitarsi un mare di grane, tasse, spese di manutenzioni e quant’altro. Ora, dal tenore dell’articolo, pur facendo le dovute distinzioni, pare di capire che l’autore sia un “tifoso” delle “cicale” che incrementano i consumi magari voluttuari. Io preferisco comunque tifare per le “formiche” che, ai consumi, preferiscono gli investimenti duraturi. Quello proposto è il modello che lo stato italiano persegue da troppi anni: spese correnti elevate, investimenti pressoché nulli, tasse alle stelle.

  4. AM

    Si potrebbe concedere all’inquilino l’opzione di acquisto rateale dell’appartamento in cui vive concedendogli un ampio arco di tempo per il versamento dell’intero importo. Il proprietario, trattandosi di ricavo di vendita con pagamento rateale non sarebbe colpito dall’l’imposta sui redditi, ma solo dalla patrimoniale IMU pro quota. Il valore dell’appartamento verrebbe commisurato in qualche modo a 2 valori: il canone precedente e il valore catastale nuovo (rivalutato). Sarebbero tutti soddisfatti. Il proprietario si libererebbe di un bene che gli crea tasse e grattacapi mentre l’inqulino diverrebbe proprietario.

  5. Federico Pontoni

    Questi calcoli “back-of-the-envelope” sembrano azzardati e troppo semplici. Anzitutto, non è detto che i contratti registrati siano registrati alla cifra giusta (un po’ come quando, all’acquisto della casa si dichiara un valore più basso per pagare meno imposta di registro, cosa che ha spinto il legislatore a parametrare l’imposta di registro sul valore catastale almeno per le prime case). E’ quindi possibile che, ai prossimi rinnovi di contratto, ci sia magicamente un corposo aumento dei canoni d’affitto. Secondo, oltre alle case che servono come abitazione principale, ci sono gli affitti stagionali: la cedolare secca dovrebbe favorire l’emersione anche di questa tipologia. Questo potrebbe drasticamente ridimensionare il delta da voi calcolato. Detto questo, si può certamente ragionare a misure di sostegno per gli inquilini.

  6. dinigiov

    Una tra le motivazioni della cedolare secca (cd) penso sia lo stimolo ad affittare case sfitte (non solo fare emergere i fitti in nero): mi piacerebbe sapere se dall’istituzione della cd è aumentato il numero di case affittate. I giovani non se ne vanno da casa (per studio o lavoro) anche per il livello degli affitti, elevati data la scarsa offerta. Le nuove coppie non si formano né si riproducono anche per la mancanza di case in affitto a prezzi abbordabili. La maggiore mobilità che deriverebbe da un mercato degli affitti efficace permetterebbe una migliore allocazione del lavoro.

  7. marco

    Penso che un’aliquota un’unica sia sempre una sbaglio in quanto favorisce chi è più ricco; d’altronde è stata fatta dalla casta politica proprio per questo! Detto questo penso che chi ha una sola casa in affitto dovrebbe pagare anche meno del 20 % e che bisognerebbe andare a tassare di più chi ha ad esempio 20 case in affitto; essere equi significa essere progressivi e distribuire il carico su chi può dare di più; la stessa operazione penso andrebbe fatta anche sull’irpef aggiungendo due aliquote al 45% e al 47% sopra i 100000 e i 200000 euro all’anno in modo da abbassare le aliquote che stanno sotto; la stessa operazione andrebbe fatta anche per le rendite finanziarie; non si possono solo tassare le transazioni! Bisognerebbe pagare in tutto in base al reddito effettivo

  8. Arezzo

    Oggi il problema più rilevante per i locatori di immobili è la elevatissima frequenza della morosità fra i conduttori. In genere gli inquilini, spesso stranieri, interrompono il pagamento del canone e delle quote condominiali dopo appena qualche mese, ben sapendo che la lentezza delle procedure di sfratto consentirà loro di occupare l’ alloggio ancora per diversi mesi. Nel frattempo i proprietari dovranno pagare le tasse fino a sentenza esecutiva di sfratto e spesso riavranno il loro immobile danneggiato o occupato dai mobili dell’ inquilino moroso. La locazione è diventata oggi, non una rendita, ma una operazione economica gravata da rischi assai rilevanti, colpire la proprietà in nome di un atteggiamento culturale ideologico non potrà che danneggiare il mercato dell’ affitto e ridurre la propensione dei proprietari a destinare i loro immobili alla locazione.

  9. donato

    Forse, non ci si rende conto che il settore immobiliare ha già ampiamente fornito il suo contributo alla “crescita”. La nuova IMU costerà 3 volte il valore della vecchia ICI. Essere proprietari di una seconda casa (ma, spesso, si tratta della prima nella quale per ragioni varie non si riesce ad abitare) non può essere considerato un disvalore. Per quanto riguarda poi l’emersione del nero, credo si debba attendere ancora un po’ di tempo. Ritengo difficile che chi fino ad oggi ha rischiato pesanti sanzioni non dichiarando delle entrate da locazioni, possa aver ritenuto conveniente regolarizzare dei contratti in corso. Gli stessi soggetti, invece, al momento della stipula di nuovi contratti sapranno sicuramente valutare i vantaggi della cedolare secca e vi aderiranno. Un’altra spinta all’emersione, poi, verrà certamente dalle restrizioni all’utilizzo del contante che non consentirà più ai locatari di pagare cash, mettendo in qualche modo a nudo “il nero”.

  10. michele

    Non c’è solo il gettito da considerare. Il “trasferimento” fiscale di risorse da proprietari a locatari aprendo una sorta di valvola tra due vasi comunicanti, trascura la complessità del sistema del prelievo. Il Governo ha già penalizzato pesantemente la proprietà immobiliare con l’IMU, che sulle seconde case (quelle “candidate” alla locazione) in alcune grandi città sarà il triplo dell’ICI. Di fatto, c’è già l’imposta patrimoniale da alcuni reclamata a gran voce: riguarda la proprietà immobiliare urbana di pertinenza privata, che non è una “manomorta” tassabile a volontà, ma generalmente risparmio già tassato e reinvestito. La letteratura sugli effetti diretti e indiretti di simili espropri è abbondante. Ancora: che dire delle difficoltà di affittare a soggetti affidabili, e dei tempi e delle oggettive difficoltà per ottenere sfratti per morosità? E infine, che dire del regime di “blocco” degli affitti prorogato ad ogni scadenza dal 1947, che rende il mercato innaturale? Da ultimo, le armi contro i proprietari “furbi” che la nuova IMU consegna ai locatari sono un fortissimo incentivo all’emersione del “nero”.

  11. luigi

    Sotto i 15000 euro non c’e’ alcuna convenienza ad applicare la cedolare secca e anche tra 15000 e 28000 in molti casi non è conveniente. Sotto i 15.000 euro, dunque nella fascia di aliquota Irpef al 23%, l’Irpef graverebbe per il 19,55% (0,85 x 0,23) del canone annuo di locazione e per il 13,69% (59,5 x 0,23) nel caso di canoni concordati. Aggiungendo un prelievo per addizionale regionale e comunale ipotizzato all’1,5% e considerando l’1% di imposta di registro a carico del locatore, si arriva ad un prelievo complessivo di 22,05% contro il 21% della cedolare secca. Per cui tutti gli altri numeri postati sono sballati e non attendibili. Aggiungo che l’IMU è più che doppia rispetto all’ICI e che se per caso c’e’ una morosità si deve attendere un anno per riavere la propria casa e continuare a pagare le tasse. A questo punto si fa prima ad espropriare le case almeno della manutenzione e dei morosi si occupa direttamente lo stato.

  12. MARIO DEL CHICCA

    Già dal titolo “Agevolazioni agli inquilini, non ai proprietari” appare chiara l’impostazione ideologica dell’autore. Vorrei fare queste considerazioni :
    a. Se il numero potenziale di alloggi affittati in nero è più basso del necessario, forse vuole dire che i numeri degli affitti in nero come da valutazioni dell’Agenzia delle Entrate, dei sindacati inqulini, dell’opinione pubblica, ecc. erano sovrastimati e che i proprietari di casa erano più “onesti” del previsto; non è una bella cosa?
    b. il fondo per l’affitto è certamente una bella iniziativa, ma chi l’ha detto che debba essere alimentato non dalla fiscalità generale, ma solo dai proprietari di immobili?
    c. visto che il signor Raffaele Lungarella tiene tanto all’equità (ci mancherebbe altro!) vorrei chiedergli se riteneva fosse equa la tassazione dei canoni di locazione, magari al 36,55%, come era prima dell’introduzione della cedolare secca in confronto di quella per le rendite finanziarie che era al12,5%. Mario Del Chicca

  13. Alfiero Grandi

    Caro Lungarella condivido. Ho provato a sollevare il problema in passato più volte senza fortuna. Ti auguro di riuscire laddove non sono riuscito a farmi ascoltare. Suggerisco di inviare l’articolo a tutti i gruppi parlamentari e al sito web della Cgil, chissà ? Cordialità Alfiero Grandi

  14. alias

    Buongiorno, ai commenti, in maggioranza contrari all’articolo, aggiungerei che trascura – la possibilità di affittare le porzioni, e non gli interi immobili; – la conseguenza che i fitti medi (e così il gettito) sono inferiori alle medie virtuali loro attribuibili. Ma, entrando nell’ovvio, la cedolare, che aiuta i contribuenti ad arrotondare la lira, avvantaggia grosso modo soprattutto i percettori di redditi fino ai 28.000 euro; che magari sono gli stessi ai quali le ultime norme hanno allungato l’età pensionabile, con moratoria sugli aumenti contrattuali; modificato in corso d’opera le norme sui riscatti le ricongiunzioni e le portabilità dei contributi (già peraltro pagati e Riscontati da Istituti di previdenza e fondi pensione); aumentato l’Iva di 3 punticini. Forse, che il silenzio dignitoso della Cgil si spiega così?

  15. alessandro

    L’articolo cosi’ com’e’, nell’affrontare la condivisibile proposta di una politiche a favore del diritto all’abitazione, trascura un aspetto prioritario e non ulteriormente procrastinabile: l’assenza di tutela della proprietà nei confronti di inquilini morosi e comunque la difficoltà di riottenere il bene locato in tempi ragionevoli. In generale il proprietario (magari piccolo) deve attendere lunghi anni per ottenere l’immobile che gli viene restituito spesso devastato e dopo aver dovuto sostenere ingenti spese legali. Seppure con fatica (per non parlare dello stress) il proprietario dovesse riottienere il rilascio dell’immobile non recupera mai i fitti non percepiti ne’ le spese condominiali e figuriamoci quelle legali .Sino a quando la locazione di un’appartamento rappresentera’ un rischio non ponderabile, specie per il piccolo proprietario, qualsiasi politica pur giusta per promuovere il diritto alla casa, sarà espressione di demagogia e tutelerà solo lo status quo e le caste che ci hanno cosi’ a lungo governato, portandoci alla crisi odierna Un articolo che disgiunga questi aspetti e’ parziale e facilmente tacciabile di parzialità ideologica

  16. Giovanni

    Vedo che c’è chi propone la possibilità per l’inquilino di dedurre le spese per l’affitto dal reddito. Il proprietario gli pagherebbe l’IMU, le spese per la manutenzione, il condominio se lui non avesse voglia di farlo e lui dedurrebbe le spese dalle tasse. In poche parole, sarebbe più costoso abitare in casa di proprietà che in affitto. Varrebbe la pena di fare sacrifici per l’acquisto di una casa!

  17. Marcello

    Mi sembra che nessuno abbia fatto notare che la cedolare secca imponendo la rinuncia agli aumenti ISTAT avvantaggia anche l’inquilino e questo beneficio cresce con gli anni. Per un contratto 4+4 se l’inflazione dovesse crescere, il proprietario potrebbe perdere in mancati aumenti di canone più di quanto risparmia in tasse. Nel caso di immobili di appartenenti a più proprietari, tutti devono essere d’accordo a richiedere l’applicazione della cedolare secca con procedure anche laboriose, e se uno di loro non ha convenienza, non si potrà fare. Sarei curioso di sapere quante sono state le richieste di cedolare secca sul totale degli affitti.

  18. Roberto Maggi

    La cedolare secca a suo tempo ha riequilibrato la tassazione di un investimento immobiliare rispetto ad uno mobiliare (azioni 12,2% affitti aliquota Irpef).Se si fosse finanziata anche una detrazione del 33% agli inquilini su quanto pagato d’affitto ,probabilmente si sarebbe finanziata in parte con l’emersione dal nero di molti immobili.Ma le diro di più ,dato che tutto il gasolio in circolazione in Italia è additivato al 7% con biodiesel ed alla pompa lo si paga tutto come gasolio anche se i petrolieri pagano sul biodiesel il 20% dell’accisa dovuta (0,10 contro 0,50 al lt) se si facesse pagare anche solo il 50% dell’accisa si potrebbe finanziare una detrazione anche del 50% di quanto pagato d’affitto,si consentirebbe agli inquilini di risparmiare e in futuro accedere ad un mutuo che magari copra solo il 70% dell’acquisto di un immobile di proprietà e si farebb eripartire in modo sanon il mercato immobiliare.Pertanto risparmiamoci la solita guerra tra tartassati e puntiamo piuttosto ad eliminare le ricche mance di stato .

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