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Per un Quantitative easing efficace *

E’ stato annunciato ufficialmente il Qe che da marzo sarà lo strumento a disposizione della Bce contro la deflazione. Vediamo quali sono gli effetti che possiamo attenderci. Insieme a un Dossier che raccoglie i nostri interventi sul tema. 
QE, ORMAI UNA CERTEZZA
Ora che un Quantitative easing europeo è praticamente certo, ci si domanda come verrà attuato. I dettagli della sua realizzazione infatti sono di primaria importanza per il successo del programma: formulazioni poco chiare e ambigue devono essere evitate a tutti i costi, poiché il Qe ha effetto anche attraverso le aspettative create. Difatti, l’esperienza di altre grandi banche centrali rimarca l’importanza chiave degli “effetti annuncio”.
CONDIVISIONE DEL RISCHIO TRA LE BANCHE CENTRALI?
La maggior parte dell’attenzione finora è ricaduta sulla condivisione del rischio.
• Il rischio di default sarà messo in comune attraverso il bilancio della Bce?
• oppure le diverse banche centrali nazionali si faranno carico del proprio debito sovrano, assumendosi così interamente ogni perdita?
Le obiezioni alla condivisione del rischio sono ben note e sono per lo più politiche (la recente opinione della Corte di giustizia europea ha dissipato ogni dubbio legale).
I benefici sono invece meno lapalissiani. Uno degli obiettivi del Qe è quello di reinfondere fiducia nella sostenibilità del debito dei paesi dell’Europa mediterranea, riducendo lo spread e diminuendo il costo del capitale per le imprese. Il raggiungimento di questo obiettivo sarebbe sicuramente più facile condividendo i rischi, e non solo per ragioni simboliche.
Ipotizziamo che, in caso di default, i governi siano costretti a ricapitalizzare le proprie banche centrali per le perdite subite. Se l’onere di ricapitalizzazione ricadesse interamente sul paese interessato, il governo non potrebbe certamente dichiarare bancarotta rispetto al debito detenuto dalla propria banca centrale. Ciò significa che la banca centrale nazionale diverrebbe senior creditor rispetto al mercato, e il debito pubblico in mano ai privati diverrebbe più rischioso. Se invece l’onere di ricapitalizzazione di una banca centrale nazionale fosse condiviso da tutti i governi dell’Eurozona, la seniority del debito detenuto dalle banche centrali sarebbe diluita in modo corrispondente. La condivisione del rischio via bilancio della Bce contribuirebbe quindi a ridurre il rischio residuale sopportato dai privati.
In ogni caso, è importante non enfatizzare troppo i benefici della condivisione. Il default di un paese dell’Eurozona è un evento così estremo che è quasi impossibile speculare su cosa potrebbe accadere esattamente. Sarebbe seguito da una ricapitalizzazione delle perdite della banca centrale? In alternativa la banca centrale potrebbe rimanere con patrimonio netto negativo, come la Banca del Cile e la Banca nazionale Ceca hanno fatto per diversi anni. Il default potrebbe causare un’uscita o una rottura dell’Eurozona? Potrebbe essere associato con una forma di assistenza inter-governativa, come nel caso della Grecia? Rispondere a queste domande è praticamente impossibile.
Tuttavia, l’effetto principale del Qe è di ridurre il rischio generale di default aumentando la domanda aggregata e quindi il reddito nominale. Dunque, anche se una parte del rischio residuo fosse traslato sui detentori privati del debito , al diminuire della probabilità di default, lo spread scenderebbe.
DIMENSIONE, VELOCITÀ E DURATA DELL’ESPANSIONE DI BILANCIO
Ma per quanto possa essere importante, la condivisione del rischio non è la questione principale. Ciò che conta è quanti titoli saranno acquistati, con quale maturità e quanto rapidamente, mentre quale banca centrale li deterrà può considerarsi un punto secondario.
Il Qe aumenta la domanda aggregata attraverso diversi canali:
• Effetto liquidità ed effetto di portafoglio.
Vi è accordo generale sul fatto che gli effetti attraverso il primo canale siano contenuti. In molti paesi la domanda di credito rimane piuttosto debole: il vincolo principale sulle banche è la mancanza di capitale più che di liquidità, e i tassi di interesse sono già molto bassi.
• Effetto sui tassi di cambio
Il canale dei tassi di cambio è più importante, ma anche su questo ci sono dubbi: l’Eurozona non è una piccola economia aperta al commercio (le esportazioni esterne sono solo il 20 per cento del Pil) e l’euro si è già indebolito considerevolmente. Questo rende le implicazioni fiscali del Qe uno dei più importanti canali per aumentare la domanda aggregata.
• Implicazioni fiscali
Come ha spiegato William Buiter, quando una banca centrale intraprende un’operazione di Qe sostituisce debito nazionale con denaro, che è una passività non rimborsabile. Questo allenta il vincolo di bilancio intertemporale del governo. Se la banca centrale detiene il debito permanentemente, la riduzione eguaglia l’intero ammontare del Qe. La riduzione equivale invece ai pagamenti sugli interessi se il debito è mantenuto solo temporaneamente o non è rifinanziato alla scadenza.
Questo implica che le conseguenze fiscali del Qe sono direttamente correlate alla durata dell’espansione del bilancio della banca centrale. Un’espansione duratura può essere raggiunta con l’acquisto di debito di lungo periodo mantenuto poi fino alla scadenza, o reinvestendo il debito acquistato.
Anche se i consumatori fossero razionali nel senso di Ricardo, l’allentamento del vincolo di bilancio porterebbe a un’immediata espansione della domanda aggregata, purché il percorso di spesa futura previsto dal governo rimanesse invariato. Questo perché i consumatori spenderebbero di più, anticipando un aumento permanente del loro reddito disponibile.
Se invece, come è plausibile, l’equivalenza ricardiana non è rispettata, l’espansione della domanda aggregata può solo avvenire se il governo sfrutta lo spazio fiscale addizionale creato dal Qe per sostenere un deficit maggiore, attraverso tagli fiscali o aumenti di spesa.
Quindi, il Qe può essere un potente strumento per stimolare la domanda aggregata. Proprio come l’“helicopter money”, gli effetti espansivi diretti non si basano su aggiustamenti di portafoglio, effetti di liquidità o movimenti dei tassi di cambio.
L’importante è che il Qe sia coordinato con la politica fiscale e che abbia inoltre effetti duraturi, se non permanenti, sulle dimensioni del bilancio della banca centrale.
IMPLICAZIONI DEL QE PER L’EUROZONA
Dal momento che l’effetto annuncio è un importante canale attraverso il quale il Qe opera, la Bce dovrebbe annunciare importi specifici e orizzonti temporali ben definiti: per esempio, l’impegno ad acquistare titoli di Stato di lungo periodo per 60 miliardi di euro al mese per almeno un anno – con l’ulteriore impegno di continuare a comprarne fintantoché il livello dei prezzi non ritorni sul tracciato di crescita del 2 per cento. La Fed, per esempio, ha acquistato 85 miliardi di dollari al mese nella sua ultima operazione di Qe.
In linea di principio, questi titoli dovrebbero essere mantenuti dalla Bce, con rischio condiviso. Se fosse necessario invece ricercare un compromesso all’interno del Consiglio direttivo, sarebbe meglio rinunciare alla condivisione del rischio piuttosto che alle dimensioni e alla durata del Qe.
In conclusione, la Bce dovrebbe spiegare chiaramente come una contestuale espansione fiscale sia cruciale per l’efficacia del Qe. Altrimenti, rischierebbe di essere biasimata per un fallimento di cui non è responsabile, per quanto la parte monetaria del programma possa essere ben elaborata.
Il quantitative easing è l’ultimo strumento che la Bce ha per combattere la deflazione e non dovrebbe essere sprecato tra errori e cattivi compromessi.
* L’articolo è disponibile anche in lingua inglese su www.voxeu.org
 

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14 commenti

  1. Antonio Castelli

    Egregi Professori,
    ho due perplessita riguardo il QE.
    La prima riguarda i termini assoluti del progetto. Non credete che una soglia di inflazione del 2% (fissata come limite per l’applicazione del QE) sia comunque troppo bassa per far ripartire le economie dell’eurozona. Probabilmente bisognerebbe avere un target decisamente più ambizioso, 5 o 6%. A maggior ragione se per 2% intendiamo una media nei 18 stati dell’eurozona, a quel punto verosimilmente l’inflazione rimarrebbe ancora troppo bassa nei paesi periferici.
    La seconda obiezione concerne la cura degli squilibri. Il QE potrà garantire un aumento generalizzato dell’inflazione ma questo non è il solo problema. Un problema sicuramente rilevante è lo squilibrio tra le dinamiche dei prezzi dei vari paesi. Come possono sperare i paesi in deficit di riacquistare competitività se hanno un inflazione superiore ai paesi in surplus? E questo è sempre successo nei confronti della Germania dal 1999?
    In altre parole l’Eurozona ha squilibri che andrebbero curati, come si può fare attuando politiche centralizzate?

    • Maurice

      Vieppiù. Ma davvero si può pensare che con il 2% di inflazione si possa far ripartire un economia fatta di vecchi pensionati, extracomunitari e giovani che se ne vanno al ritmo di 100 mila l’anno ?
      Ammesso anche che il Made in Italy ne trarrà vantaggio. Ma l’immissione di liquidità deve avere come propellente l’entusiasmo, una sicurezza nelle leggi e una onestà di fondo come dinamica. Seppure avremo un Pil con un +1 o + 2 ! È nulla nella martorizzata economia, oramai imbuffata di debiti e scoraggiata. Il progetto Europa devrebbe contenere i famosi Eurobond, ed economie condivise, altrimenti tutti a casa propria come prima, ed al più presto possobile.

  2. “…Ipotizziamo che, in caso di default, i governi siano costretti a ricapitalizzare le proprie banche centrali per le perdite subite….” ============ è mai successo nella storia (diciamo da quando esistono le Banche Centrali) che un governo abbia mai dovuto ricapitalizzare la propria Banca Centrale ? Teoricamente quando esisteva il Gold Standard era ipotizzabile, ma in ogni caso da quando esiste moneta fiat cioè la moneta sono passività nei bilanci della Banca Centrale o delle banche commerciali questa nozione ha perso qualunque senso. E a nessuno nei paesi in cui le BC hanno comprato finora più 10 trilioni di dollari di titoli pubblici (USA, UK, Giappone, Svizzera) passa per la testa di porsi il problema. La Banca Centrale che acquisti titoli di stato può, come ad esempio dice Michael Woodford semplicemente evitare di di rivendere i titoli comprati ed evitare di realizzare le perdite e ad un certo punto cancellarli (Woodford: “parlare di rivendere [i titoli comprati tramite questi programmi di Alleggerimento Quantitativo] è molto negativo…Dobbiamo andare oltre ed ELIMINARE il debito governativo che ora siede nei bilanci della Banche Centrali…”. La Banca Centrale in ogni paese moderno opera per conto dello stato e può aumentare legalmente le sue passività semplicemente digitando numeri sotto la voce “riserve” nel suo bilancio. A differenza di chiunque altro non deve pagare interessi sulle sue passività e può operare anche se il suo patrimonio diventa negativo

    • (continua). Perchè non scrivere chiaramente che il “QE” è la dimostrazione che il debito pubblico non è mai un problema per lo stato perchè questi, tramite l’espansione delle passività della sua Banca Centrale, può ridurlo e anche cancellarlo, quando vuole. E quindi i venti e più anni di austerità e in particolare quella degli ultimi cinque anni non avevano giustificazione economico-finanziaria. E che, come ricorda di frequente Giulio Salierno Alietta su “MilanoFinanza”, i 1,800 miliardi di interessi sui titoli di stato da quando è stato firmato il trattato di Maastricht e i 3,000 mld di interessi pagati da quando si è “divorziato” Tesoro e Bankitalia, hanno costretto a dissanguare di tasse l’economia italiana senza alcuna giustificazione. In altre parole, l’implementazione del QE dimostra che da una generazione si soffoca l’economia italiana di tasse per pagare interessi sul debito pubblico senza alcuna giustificazione.

  3. andreag

    Proviamo a buttare lì qualche numero, tanto x valutare l’impatto di questo QE limitandoci all’Italia?
    Se l’ammontare complessivo del QE fosse 500mld € e la ripartizione nazionale fosse sulla base delle quote detenute del capitale della BCE, per l’Italia si parlerebbe di poco meno di 90 mld€.
    In base al modello riportato nell’articolo, l’aumento della domanda aggregata corrisponderebbe al minor interesse pagato dallo Stato sui titoli di nuova emissione. Questo, ovviamente, date le seguenti ipotesi: 1) lo stimolo del QE sui tassi si trasmetta velocemente e per intero dal mercato secondario dove BCE comprerà, a quello primario; 2) lo stimolo monetario venga mantenuto almeno fino a scadenza dei titoli; 3) il Governo in questione sia credibile nel perseguire politiche di domanda aggregata considerate efficaci, efficienti e rispettose dei vincoli del Fiscal Compact.
    Il primo punto possiamo considerarlo verificato, il secondo dipenderà dai dettagli tecnici del QE, ma alla luce dei dettagli del programma OMT e del parere legale della ECJ, credo che gli acquisti non andranno oltre le scadenze a 3 anni (segmento a breve).
    Il terzo punto per l’Italia è dolente….
    Comunque, con tassi 2014 dei btp 3anni all’1% e bot 1anno a 0,50% , una riduzione media di 0,50% mi sembra già un risultato.
    Risultato? Interessi minori per neppure 1 mld€ l’anno…..
    MA DI COSA STIAMO PARLANDO?! :-\

  4. bob

    Io al dott Giavazzi vorrei porre una domanda banale che poi, forse, tanto banale non è. Per certificare un documento in Germania alla Agenzia delle Entrate si impiega 8 ore? Bisogna farsi spiegare quale marca da bollo* serve e poi andarla a cercare per apporla? *( anno 2014 marca da bollo). Se anche in germania è così ok allora possiamo parlare di QE e altro, altrimenti di cosa parliamo?

    • Enrico

      Aggiungerei anche la seguente: se l’agenzia delle entrate si accorge che ti deve dei soldi ti manda una raccomandata chiedendoti di presentarti presso gli uffici (naturalmente senza spiegarne il motivo). Una volta presso gli uffici ti informano che ti devono dei soldi e che devi farne richiesta (ovviamente entro una certa data altrimenti il diritto a richiederli decade).

  5. Amegighi

    Il QE ha indubbiamente funzionato in USA.
    Lasciando da parte le differenze politiche tra USA (Stato federale) ed UE (mercato unico di stati nazionali), mi chiedo: le due economie in termini di utilizzo del circuito bancario, tipo di prestiti richiesti eccetera, sono assimilabili a tal punto che quanto vale per un tipo di economia, vale anche per l’altro ?
    Se ho ben capito, il QE serve ad “innescare” un circolo virtuoso nell’utilizzo e circolazione del denaro. Ciò presuppone un sistema sociale, cioè un insieme di interazioni tra i fattori che costituiscono la società stessa. A me non sembra che i fattori che interagiscono nella società americana, nè le dinamiche di interazione siano uguali a quelle europee. Ne deriva che ho dei dubbi che il sistema QE funzioni anche in Europa.

    • Piero

      In USA ha funzionato bene, e’ stato attuato prima che la crisi finanziaria contagiasse l’economia reale, in Italia al contrario la crisi finanziaria ha fatto danni all’economia pari ad una guerra mondiale.

  6. bob

    “Se ho ben capito, il QE serve ad “innescare” un circolo virtuoso nell’utilizzo e circolazione del denaro”. Ma come lo innesca se il denaro è elargito attraverso le banche? Con una crescita prevista nel 2015 del + 0,4 % di PIL chi da le garanzie? La disinformazione sistematica ” strangolerà” proprio coloro che la attuano

  7. Roberto

    Complimenti, avete azzeccato tutte le scelte della BCE sul QE, 60 miliardi al mese per almeno 1 anno (18 mesi) e continuerà finchè non si raggiungerà il target dell’inflazione.
    Draghi inoltre nella conferenza stampa ha sottolineato più volte la minore importanza della condivisione dei rischi da parte delle banche centrali nazionali.
    Adesso non ci sono più scuse, tutte le carte monetarie possibili sono in tavola, sta agli stati fare le riforme per favorire la crescita.

  8. Piero

    Bene il QE, si doveva fare prima e si poteva fare meglio. In ogni caso l’annuncio che il QE non si ferma fino a che l’inflazione non arriva al 2% e’ un segnale positivo.
    La tardività con cui è stato fatto l’intervento richiede un’ulteriore intervento statale per fare ripartire il credito alle imprese, forse il QE da solo non sarà sufficiente, di seguito allego un mio commento di settembre 2014.

  9. Piero

    Non si esce dall’attuale situazione se non viene ripristinato il rapporto di fiducia tra banche e imprese
    La soluzione del credit crunch, oltre che dalla Bce può avvenire anche con la crescita della circolazione della “moneta bancaria”. La “moneta bancaria” non dipende dall’offerta di moneta sotto il controllo della Bce, ma dalla domanda di moneta da parte dell’economia e della “propensione al prestito” o meglio al “rischio” delle banche. Naturale che oggi abbiamo le banche con i bilanci “gonfi” di titoli di stato, si ritiene quindi che solo la Bce possa con una “poderosa” campagna di acquisti sul mercato secondario sollevare le banche da tale peso che impedisce loro di fare il proprio mestiere, ossia prestare il denaro. Oltre tale problema abbiamo una situazione ancora più grave, la crisi economica interna ha diminuito l’affidabilità delle nostre Pmi, di conseguenza abbiamo una riduzione della “propensione al prestito” o al “rischio” da parte delle banche italiane, qui la soluzione non viene trovata dal mercato ma deve essere data dal Governo, dovrà scendere in campo con il “fondo centrale di garanzia statale” al fine di supportare il credito bancario e quindi agevolare il ricorso allo stesso da parte delle Pmi, in tale modo si ripristina la fiducia tra banche e imprese che oggi purtroppo è venuta meno.
    L’intervento statale deve essere significativo, almeno 100 mld, naturale che le imprese che usufruiranno della garanzia si dovranno impegnare al mantenimento dell’occupazione.
    Solo questa può essere la misura che fa decollare il Pil nei prossimi mesi, sicuramente interrompe la chiusura delle imprese, con tutti i benefici in termini di fondi utilizzati per gli ammortizzatori sociali.
    L’aumento della circolazione della “moneta bancaria”, ha un effetto diretto nell’economia reale, naturale che il Governo dovrà restare concentrato sulle riforme già annunciate.

  10. mauro artibani

    Scende il prezzo del petrolio: bene!
    Costa meno girare in macchina, aumenta il potere d’acquisto; costa meno fare merci, va bene per chi le produce e chi le acquista.
    Scende il prezzo dell’Euro: bene!
    Migliora la bilancia commerciale Ue, ancor di più la capacità competitiva delle imprese continentali.
    Avanti tutta per la crescita con la deflazione allora?
    Macchè, si fa in tutt’altro modo.
    L’atteso annuncio arriva dalla conferenza stampa del presidente della Bce, Mario Draghi, successiva al direttivo dell’Eurotower. La Banca centrale europea interviene per il rilancio dell’economia, con un massiccio programma di acquisto titoli per l’importo di 60 miliardi di euro ogni mese a partire da marzo. Il programma di quantitative easing (allentamento quantitativo) consiste nell’aumento della quantita’ di moneta in circolazione tramite l’acquisto di titoli di Stato e altre obbligazioni.
    L’obbiettivo: contrastare i rischi di deflazione, riportando il tasso di inflazione verso il 2%, e agevolare il credito.
    Il conforto, a Draghi, per cotanto fare si spreca: Le misure della Bce daranno piu’ certezze e piu’ potere di acquisto permettendo anche ai cittadini di spendere di piu’.
    Per tutti dice il ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan in una conferenza stampa a Davos. “Per un cittadino italiano cambia, che c’e’ piu’ potere di acquisto e piu’ certezza per il futuro. Quindi ci sono buone ragioni per aumentare la fiducia nel futuro e quindi l’invito a famiglie e imprese, che nel frattempo stanno aggiustando i loro bilanci, e’ quello che si puo’ iniziare a spendere di piu’ e le imprese a investire di piu’ tenendo conto anche del calo delle tasse”.
    Con cotanto dire si intende dire: sostegno alla domanda per acquistare, far vendere e ri-produrre.
    E qui c’è il bluf: si dice sostegno alla domanda, magari con il debito, si intende dire sostegno ai prezzi.
    Essipperchè, se il sostegno alla domanda si ottiene già deflazionando, all’opposto il sostegno ai prezzi si tenta reflazionando.
    Giust’appunto si tenta; seppur lecito tentar di dar sostegno ai prezzi, il farlo si mostra inefficace e qui sbandano le politiche monetarie.
    Quale sostegno avrà quella domanda, per fare la crescita, quando a regime i prezzi saranno aumentati supperggiù del 2%?
    Quale sostegno avranno le Imprese per vendere da quei prezzi non spesi?
    E, ancor di più, perchè gli abitanti del vecchio continente, abbondantememente affrancati dal bisogno, dovrebbero trovare conveniente spendere a debito per dar sostegno ai prezzi?

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