L’attuazione del Jobs act mira all’abolizione -a partire da gennaio 2016- delle finte partite Iva e dei contratti a progetto che ingrossano le fila del precariato. Facciamo il conto di quanti sono i collaboratori che possono diventare lavoratori subordinati.
In ossequio alla promessa di ridurre il numero delle forme contrattuali, il secondo round di decreti del Jobs act, ha messo al centro l’abolizione del contratto a progetto per ora solo nel settore privato. L’articolo del decreto approvato il 20 febbraio recita: “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.”
ITALIA, PATRIA DI LAVORATORI AUTONOMI
Questa nuova norma allarga la definizione di lavoro dipendente subordinato anche a quei lavori “autonomi” che sono in qualche modo organizzati da un committente (i cosiddetti autonomi etero-organizzati). L’intento è riportare nell’alveo del lavoro dipendente le molte finte partite Iva e contratti a progetto che ingrossano le file del precariato. L’Italia è il paese del lavoro autonomo: i lavoratori autonomi sono circa 6,3 milioni, il 23 per cento dell’occupazione totale, quasi dieci punti percentuali in più dei vicini francesi e tedeschi (15 per cento). Alcuni sono imprenditori, ma la maggior parte sono autonomi senza dipendenti (il 18 per cento dell’occupazione totale contro l’11 per cento in Francia e Germania). È probabile che molti di questi ultimi sarebbero lavoratori dipendenti in qualunque altro stato europeo.
L’implicazione pratica della nuova norma è che d’ora in poi un lavoratore etero-organizzato può andare dal giudice e chiedere di essere trasformato in subordinato. Questo vale per qualunque lavoratore autonomo che abbia una partita Iva o sia un collaboratore. Molte partite Iva e collaboratori sono davvero lavoratori autonomi e rimarranno tali. Ma quali e quanti sono i collaboratori che più probabilmente diventeranno subordinati?
I contratti di collaborazione sono di vario tipo e i “collaboratori” fanno mestieri assai diversi (co.co.co e co.co.pro ci sono sia nel pubblico sia nel privato) e la loro quota nell’occupazione totale è già in calo per effetto della legge Fornero collaboratori (soprattutto collaboratori a progetto: 200 mila unità in meno rispetto al 2011). La tabella riassume le loro principali caratteristiche come si evincono dai dati della gestione separata dell’Inps.
Tabella 1: caratteristiche dei collaboratori nel 2013
La grande maggioranza dei collaboratori ha un contratto a progetto (502 mila) o è amministratore o sindaco di società (506 mila). Queste due figure sono molto diverse per età media e reddito: giovani e a basso reddito i lavoratori a progetto, anziani e ad alto reddito gli amministratori. I collaboratori nel settore pubblico sono 42 mila(soprattutto università) cui vanno aggiunti molti sindaci o amministratori di aziende pubbliche o para-pubbliche, più ovviamente i dottorandi (52 mila) e i medici specializzandi (28 mila).
QUANTI SONO TOCCATI DALLA RIFORMA E QUANTI NO
Nessun collaboratore del pubblico è toccato dalla riforma almeno fino al 2017 e in attesa della riforma del pubblico impiego. Il decreto esclude infatti dalla riforma gli amministratori, i collaboratori della Pa, i dottorati e i medici specializzandi. In più esclude i lavoratori il cui contratto collettivo ammette esplicitamente i contratti di collaborazione (in sostanza i lavoratori dei call centre che sono classificati tra i co.co.pro). Alla fine la riforma riguarda circa 500 mila collaboratori del settore privato.
Per cercare di capire quanti di loro potenzialmente potranno diventare lavoratori dipendenti, la tabella sotto indica se i collaboratori sono mono o pluri-committente e se vivono solo di quel contratto da collaboratore (se cioè non hanno altre forme di tutela previdenziale obbligatoria, sono i cosiddetti collaboratori “esclusivi”).
Tabella 2
I collaboratori che hanno maggiori probabilità di essere trasformati in lavoratori dipendenti con il nuovo contratto a tutele crescenti sono quelli che sono mono-committenti ed “esclusivi”, cioè non hanno altra copertura previdenziale se non la gestione separata. In questo caso il collaboratore ha tutto l’interesse a diventare un dipendente e il suo unico committente potrebbe essere invogliato a trasformarlo in dipendente approfittando degli sgravi contributivi previsti per il nuovo contratto a tutele crescenti. In termini di reddito, il 90 per cento dei collaboratori mono-committenti ed esclusivi guadagna meno di 24 mila euro annuali e quindi avrebbe diritto alla decontribuzione totale per tre anni se firma un contratto a tempo indeterminato nel corso del 2015. Non tutti i 371 mila collaboratori a progetto mono committenti ed esclusivi verranno ragionevolmente assunti come dipendenti. Molto più probabilmente saranno circa 200 mila perché dobbiamo togliere i lavoratori dei call centre e dobbiamo considerare che molti committenti non vorranno comunque stipulare contratti a tempo determinato o indeterminato. Infine molti collaboratori in realtà preferiscono rimanere autonomi e ovviamente potranno continuare a esserlo.
Gli altri tipi di collaboratori, quelli “pluri-committenti” e quelli “non esclusivi”, probabilmente rimarranno lavoratori autonomi ma senza contratto a progetto. Quelli che sono pluri-committenti (circa 50 mila) probabilmente apriranno una partita Iva. Tutti gli altri probabilmente manterranno un rapporto di lavoro autonomo senza necessariamente aprire una partita Iva. Avranno un rapporto di collaborazione come ora e il datore verserà una quota di contributi alla gestione separata Inps esattamente come ora. Per esempio tra i 502 mila co.co.pro, circa 85 mila non sono “esclusivi” cioè coperti anche da altre casse previdenziali. La maggior parte di essi sono pensionati (38.900) ma anche lavoratori pubblici o privati (30 mila) o artigiani e commercianti (10.400). Tutti questi probabilmente sono veri autonomi e rimarranno collaboratori. Il problema (o la fortuna) sarà per i collaboratori mono-committenti ed “esclusivi” il cui committente non vuole comunque fare un contratto di tipo subordinato. Se sono evidentemente etero-organizzati d’ora in poi possono chiedere al giudice di essere assunti come dipendenti.
* L’autore è consulente tecnico del ministero dell’Economia e delle Finanze sulle politiche del lavoro. Le opinioni espresse nell’articolo sono esclusivamente personali.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
PB
“d’ora in poi un lavoratore etero-organizzato può andare dal giudice e chiedere di essere trasformato in subordinato.” O MEGLIO: Subordinato con il contratto a tutele crescenti, cioe’ licenziabile a costi irrisori entro i primi anni (come del resto riconosce anche Garibaldi, sempre su lavoce).
Bella sicurezza, bella lotta al precariato, non c’e’ che dire!
domenico
Bhe la cosa fa ridere, per esempio io sono 13 anni che sono precario, il cococo garantiva nel pubblico che molti di noi dottori potessero avere un contratto, probabilmente non si rendono conto che molti di noi cosi’ andranno a casa, perchè non ci sono i soldi per fare un contratto a tempo determinato (un ricercatore costa 45000 euro) mentre un cococo 15000 euro per un anno. Dovrebbero stabilizzarli i ragazzi che sono più di 10 anni in un ente pubblico e con forme cococo-cocopro, mi avranno valutato più di 30 volte con bando pubblico (e parliamo di concorsi? ma dai). Siccome nel pubblico spesso rimani a casa per uno-due mesi per aspettare nuovo contratto, uno alla fine deve fare altre forme di collaborazione cococo (visto che ti garantisce di avere più contratti) con aziende private, che utilizzano le tue conoscenze. Ma se tolgono i cococo nel privato uno non può sfruttare nemmeno queste forme di collaborazione.
Non capiscono che non devono togliere le forme di contratto, ma agevolare abbassando le tasse a prenderti in pianta stabile, perchè e’ soltanto questo il problema.
Gli enti pubblici ti fanno assumere da aziende esterne per evitare che dopo 3 anni di tempo determinato tu venga stabilizzato, quindi di cosa parliamo di leggende. Con queste leggi si creano soltanto problemi a chi vuole lavorare, dovrei aprire partita iva con un milione di tasse? già sono precario con contratti non continui, devo dare anche quel poco che porto a casa, lavorando 10-12 ore al giorno?
bia
come ti capisco,,,
Antonio
“L’implicazione pratica della nuova norma è che d’ora in poi un lavoratore etero-organizzato può andare dal giudice e chiedere di essere trasformato in subordinato” ……. e subito dopo venir licenziato, con la mancia prevista dal Jos Act per i neoassunti.
Ma forse un consulente tecnico del ministero dell’Economia … omississ … fa bene a non rilevarlo.
Cordialmente.
Antonio Frustaci
pierrot
Caro Antonio,
mi hai tolto le parole di bocca !
Perchè così andrà a finire …
Andy Mc Tredo
… e non troverà più nessuno che vorrà avere a che fare con il suddetto “piantagrane” …
PA
” Infine molti collaboratori in realtà preferiscono rimanere autonomi e ovviamente potranno continuare a esserlo.”…sul decreto dove è scritto? è possibile scegliere di rimanere collaboratore? e con che contratto?
Andrea
Non esiste una soluzione senza riserve. Perciò tanto vale provare quanto fatto dal governo, che però deve monitorare attentamente ciò che succede ed essere pronto a introdurre le opportune modifiche. E’ inutili fare ora previsioni a tavolino.
Antonio carbone
Perché chiamarlo a tutele crescenti!
Se si parte da tutele ridotte per arrivare a quelle “normali” per gli altri lavoratori, il termine corretto sarebbe “a tutele ridotte”.
Ma nell’epoca della “politica marketing” riconosco che non suona bene.
L’esclusione del settore pubblico, poi, la dice tutta sulla moralità della riforma. Si, moralità! Perché nel settore pubblico oltre ai cocopro sopravvivono ancora i cococo, per non parlare dei contratti a Piva. Un esercito di persone che aiuta a mandare avanti la macchina amministrativa e tecnica dello Stato. Si, un esercito, e non solo quei 50000 della gestione separata INPS. Essendo spesso professionisti con partita iva, essi sono iscritti a casse come quella forense o l’inarcassa, l’epap, ecc. Molti, inoltre, sono “girati” a società che hanno contratti di assistenza amministrativa e tecnica con le PA.
Per non parlare del frequente utilizzo di fondi strutturali europei per finanziare tali contratti con i quali (di fatto) viene garantito il funzionamento ordinario della PA.
Che squallore! E poi qualcuno dice che il lavoro fisso non esiste più! Non è vero. È solo un altro gioco di parole.
Sono i lavoratori fissi che non esistono più!
Fernando Di Nicola
Solo per segnalare un refuso di qualche rilievo, in quanto un terzo dei contributi (30,7% dal 2015) è a carico del collaboratore, i due terzi essendo a carico del committente.
Mi chiedo poi quanto la nuova dizione di collaboratore subordinato elimini effettivamente i contratti dei cococo e cocopro, cioè quanto spazio resterà ancora ad interpretazioni diverse utili a risparmiare sul costo del lavoro.
Nicola Grimaldi
Egregio Professore,
se chiudo la partita iva e mi iscrivo alle liste di collocamento presso l’agenzia per l’impiego, è necessaria una “anzianità di iscrizione al collocamento” per l’assunzione agevolata con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti?
Grazie in anticipo!
Nicola Grimaldi
Egregio Professore, se chiudo la partita iva e mi iscrivo alle liste di collocamento presso l’agenzia per l’impiego, è necessaria una “anzianità di iscrizione al collocamento” per l’assunzione agevolata con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti? Grazie in anticipo!
Patrizia Turri
A me capita la cosa inversa, in un certo senso. Sono assunta come artigiana a tempo indeterminato da 12 anni e ora dicono che gli costo troppo, quindi mi licenziano per farmi aprire la partita iva e continuare il rapporto con loro (ovviamente per 11 mensilità annuali) A ma pare una palese falsa partita iva, ma possono farlo?
Grazie
Roberto Spettoli
Sono un pensionato già iscritto alla gestione separata INPS e svolgo attività di consulenza aziendale e sono docente in corsi di formazione, non sono iscritto a nessun albo e, fino ad oggi ho sempre lavorato con contratti cocopro; Adesso cosa devo fare?
Giorgio
Ho appena saputo dall’azienda dove lavoro da circa 10 anni con diversi contratti a progetto (ed effettivamente lavoro su progetti) che a causa del “Jobs Act” non mi potrà più essere rifatto. Se aprirò partita Iva ci sarà forse qualche possibilità. Assunzione manco se ne parla :”qui non si assume nessuno!”
Marco
Un dipendente pubblico con contratto a tempo indetermnato presso un università può firmare un contratto co.co.pro? Ed è vero che quest contratti non sono stati aboliti per le P.A.?
cri cri
Cosa succede al pensionato che lavora in azienda come cocopro (fa recupero crediti) dall’ 1.1.16?
CARMELA
Sono stata cococo dal 2003 e ono partita iva dal 2006 per la stessa azienda, posso rivolgermi all’ispettorato del lavoro per richiedere di essere assunta ?