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I diritti ignorati dalla sentenza della Consulta

La sentenza 70/2015 della Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale della legge 214 del 2011 laddove limita o annulla la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo Inps. Il rimborso integrale dei trattamenti bloccati – comprendendo tutto è stimato in circa 18 miliardi – metterebbe in seria difficoltà la nostra finanza pubblica.

Le conseguenze delle sentenze
Interrogato in merito, il suo presidente afferma che la Corte prende le sue decisioni per garantire i diritti costituzionali senza doversi necessariamente far carico di conoscere e valutare i loro effetti sui conti pubblici. A sua volta la sentenza, in poche righe a fine testo, si limita a rilevare che il legislatore non aveva a suo tempo adeguatamente illustrato le esigenze finanziarie che giustificavano il blocco delle indicizzazioni.
Anche in vista della prossima pronuncia sul blocco delle contrattazioni degli statali, tali affermazioni suscitano forti perplessità. Nella funzione di tutela dei diritti anche sociali dei cittadini, la Corte non dovrebbe prescindere dalla considerazione della situazione economica in cui quelle decisioni sono state assunte, come anche dell’impatto finanziario, economico e sociale che le sue sentenze possono avere.
Sarebbe stata quindi più apprezzabile una sentenza che non mettesse in dubbio l’esigenza originaria di un intervento finanziario severo e di immediato effetto per la spesa pubblica, e si limitasse a affermare che dovevano essere alzati i livelli di blocco o di limitazione della rivalutazione delle pensioni di quanti avrebbero subito un effettivo forte pregiudizio del loro potere di acquisto. Avrebbe così riconosciuto al legislatore la sua competenza a definire, tenendo presente l’indicazione della Corte, la soglia delle pensioni da non sottoporre al blocco. La sentenza della Corte invece non è chiara nel suo dettato e nei vincoli che pone. Ha aperto così il campo a interpretazioni contrapposte, con tensioni fra gli organi istituzionali e nel confronto politico, offrendo anche spazio a pretese di restituzione totale dei miliardi di euro “rubati ai pensionati”.
Chi tutela i principi di solidarietà e di eguaglianza?
Senza la consapevolezza delle concrete conseguenze delle proprie sentenze la Corte, da un lato, può provocare effetti pericolosi anche da essa imprevisti, dall’altro si priva pure della capacità di concorrere con le sue pronunce all’attuazione effettiva di due principi della Costituzione che la stessa sentenza 70/2015 richiama: il principio di solidarietà (articolo 2) e il principio di eguaglianza sostanziale (articolo 3, comma 2). Principi negati dalle profonde diseguaglianze di reddito e di ricchezza presenti nel nostro paese, dovute anche a una divaricazione fra quanti godono di situazioni che la normativa vigente in varia misura tutela e quanti, all’opposto, appartengono a fasce di popolazione ignorate e penalizzate.
La rigida tutela di diritti acquisiti (anche dei politici, fra tanti altri) può allora concorrere, anche per questioni di budget, alla non considerazione di diritti ignorati, e quindi della solidarietà e equità indicate dalla nostra Costituzione. Un effettivo impegno per l’attuazione di tali principi comporta quindi una grande attenzione alle situazioni di fatto, con valutazioni empiriche che possono portare a togliere, o togliere di più, ad alcuni, per dare, o dare di più, ad altri.
In campo sociale la quota delle erogazioni previdenziali finanziate dalla fiscalità generale e tutte le prestazioni assistenziali erogate dall’Inps corrispondono a legittime e forti aspettative degli attuali beneficiari, ma non costituiscono loro diritti acquisiti intangibili. Le erogazioni attingono infatti alle risorse prelevate da tutti i contribuenti e le redistribuiscono a beneficiari la cui individuazione e selezione è stata definita con scelte del passato che possono essere rivedute al modificarsi delle situazioni e delle priorità sociali, senza però mettere gli attuali beneficiari in improvvise difficoltà.
Il perseguimento dei principi costituzionali di equità e solidarietà con norme e azioni appropriate e sostenibili è compito proprio dei vari livelli di governo, ma può interpellare anche, nell’esercizio della sua attività, la Corte, con delicati problemi di rapporto fra poteri dello Stato. Nei casi in cui la Corte ritiene di esprimersi per la tutela di principi costituzionali e di diritti, è importante lo faccia considerando adeguatamente anche l’attuazione delle esigenze di equità e solidarietà, con debita attenzione ai dati di realtà economici e sociali e al possibile impatto.
Se le sentenze della Corte dedicassero particolare cura anche ai diritti ignorati, concorrerebbero a sollecitare una revisione dell’attuale sistema di welfare in termini di efficacia e equità per tutti. Contrastando le resistenze di organizzazioni e corporazioni che presidiano le attuali tutele e si oppongono anche a contenute operazioni di revisione e di redistribuzione dei benefici.

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  1. Marano

    Egregio Prof.
    Sono una persona nata nel sud Italia, piccolo paese, dopo la laurea unica “occupazione” trovata tirocinio professionale a 200 euro al mese, ed ero considerate uno fortunato.Ora sono emigrato, sto scrivendo dall’estremo oriente, unico rimpianto non essere scappato prima da quella nazione dove valori e competenze cedono nettamente il passo a furbizia, amicizie “giuste”e lerciume vario. Lasciare un esercito di giovani spesso molto più competenti degli anzianotti connazionali che faticano anche ad inviare e-mail, lasciarli all’osso senza un soldo in tasca, senza poter realizzare proprie idee,progetti che creerebbero lavoro…è uno sfacelo incommensurabile di cui non ci si rende conto.E senza danaro, non si rischia e non si impara nemmeno a rischiare, è la morte della creatività,dell’iniziativa, il motore si spegne.Poveri giovani, se non fuggite, continuerete a presentare CV ai centri per l’impiego(le uniche persone che impiegano sono loro stessi),con la risatina dell’impiegato infilato lì dal politico di zona “ah ma sei anche laureato, e sai pure le lingue..eheh”, forte del suo inattaccabile “posto fisso”.Equità Lei dice caro Prof…ed ora si premiano anziani, spesso baby-pensionati e si ammazzano figli e nipoti che dovrebbero pagare queste pensioni lavorando fino almeno a 75 anni.E’ a dir poco grottesco, ma di grottesco ne ho visto a bizzeffe nel vostro paese. Non verserò un euro all’INPS nella mia vita contribuendo a questo vergognoso scempio.

  2. Marano

    Il Sistema feudale dei “diritti acquisiti” non può che portare al (meritato) disastro. E che non ci si mascheri dietro ai principi di applicazione della legge, diritti costituzionali ecc.. Se la legge e la costituzione permettono questi obrobri vanno cambiati immediatamente, ma anche in questo si è campioni in quella nazione, basta uno sciopero di categoria, quella manciata di voti sempre cara ai politici, ed ogni riforma svanisce nel nulla e lo status quo è preservato, ormai da 25 anni così credo. Mi piacerebbe che qualcuno in più ricordasse Il principio dell’eguaglianza citato nell’articolo, ma purtroppo non è così, non si spiegherebbe la situazione di una nazione piena di ricchezze storiche e naturali ridotta ad un pig dell’europa. Forse è colpa della miseria già troppa (ma sembra soprattutto quella morale abbia superato ogni limite), che ha ridotto la popolazione ad una lupa dantesca ed immagino già sindacati ed associazioni di pensionati a cavalcare l’onda del loro “trionfo”. Forse unica cosa intelligente sarebbe capire il funzionamento ed I valori di quella nazione e trattarla come si merita : terra di saccheggio. Per far ciò bisognerebbe avere le giuste doti e qualità morali e probabilmente sono questi soggetti che avranno grande successo in quell’ambiente.

  3. Savino

    Ora attendiamo solo le dimissioni dei giudici costituzionali, a cominciare dal presidente Criscuolo. La Corte sta andando ben oltre i propri poteri. Non esiste in natura costituzionale di uno Stato democratico un custode geloso della Carta che decide a chiamata degli interessati, di volta in volta, calpestando le discrezionalità del potere legislativo e il buon governo per il bene comune del potere esecutivo. Criscuolo e i suoi colleghi se vogliono orientare la politica nazionale si candidino alle elezioni e prendano i voti dai cittadini.

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