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Tutto cambia: energia e ambiente verso Parigi*

Due terzi delle emissioni climalteranti provengono dal settore energetico. Che infatti affronta una transizione epocale, da cui dipende il futuro dell’ambiente. Il banco di prova della conferenza di Parigi tra scelte dei due “sorvegliati speciali” e necessità di forti investimenti in rinnovabili.
Il rapporto Iea
Il 10 novembre è stato pubblicato dall’International Energy Agency (Iea) il World Energy Outlook 2015. La pubblicazione, annuale, è ormai diventata la “Bibbia” del settore energetico: l’analisi, condotta per scenari, costituisce un punto di riferimento condiviso.
Come ha sottolineato Fatih Birol, executive director dell’Agenzia, quest’anno vi sono due circostanze che conferiscono al dibattito maggiore interesse: da un lato il persistere del prezzo basso per il petrolio, dall’altro l’approssimarsi della Cop21 di Parigi.
Sul primo punto, il rapporto mette in luce come il 2016 potrebbe essere il secondo anno consecutivo di riduzione degli investimenti nel settore oil&gas, proprio in conseguenza del basso livello dei prezzi. Lo scenario centrale dell’Agenzia prevede inoltre un prezzo del barile intorno a 80 dollari nel 2020 e 128 dollari nel 2040.
Quanto alla conferenza sul clima, il rapporto sottolinea come due terzi delle emissioni climalteranti provengano dal settore energetico. È implicito allora che un accordo efficace a tutela del clima non possa prescindere da una regolamentazione attenta di questo settore.
Profondi cambiamenti attendono dunque la generazione elettrica: nel 2013 il 41 per cento della produzione mondiale era affidata al carbone, il 22 per cento al gas naturale, il 16 per cento all’idroelettrico e il 6 per cento ad altre fonti rinnovabili.
Nello scenario centrale proposto dall’agenzia, nel 2040 il mix sarà significativamente diverso: il carbone scenderà al 30 per cento, l’idroelettrico rimarrà stabile mentre le altre rinnovabili saliranno al 18 per cento. In altre parole, le rinnovabili (compreso l’idroelettrico) diventeranno la prima fonte di generazione del settore elettrico, con una quota del 34 per cento.
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Paesi emergenti in primo piano
Ciò significa, ovviamente, un grosso sforzo in termini di investimenti: per ogni dollaro investito nel settore elettrico nei prossimi anni, 60 centesimi saranno indirizzati a progetti rinnovabili. Inoltre, due terzi della crescita saranno localizzati nei paesi emergenti, favorendo un incremento sostenibile dei consumi energetici.
Cina e India sono i due “sorvegliati speciali” del mercato energetico: entrambi attraversano una fase di transizione che sarà determinante per il futuro dell’energia e dell’ambiente.
Per la Cina, il dato che riassume la transizione è sicuramente il divorzio felice tra crescita economica e andamento della domanda di energia (vedi figura 2). Le cause sono due: da un lato, il netto miglioramento dell’efficienza (la capacità di produrre gli stessi servizi utilizzando minore energia, un fronte su cui la Cina ha ampi margini di miglioramento); dall’altro, il progressivo cambio strutturale del sistema economico, dall’industria pesante a un’economia basata sui servizi e sulla dematerializzazione.
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Anche il fuel mix del paese subisce una trasformazione sostanziale: basti pensare che nei prossimi dieci anni è prevista in Cina la costruzione di circa 783 GW di capacità elettrica addizionale e il 55 per cento sarà da fonti rinnovabili, mentre solo il 25 per cento sarà costituito da centrali a carbone.
Anche l’India affronta i primi segnali di una potente trasformazione e il settore energetico è ovviamente molto coinvolto: negli ultimi quindici anni il consumo di energia è quasi raddoppiato, anche se il consumo pro‐capite rimane un terzo della media mondiale e 240 milioni di indiani ancora non hanno accesso all’elettricità.
Se aggiungiamo che l’India è il primo produttore mondiale di acciaio e cemento (i due settori energivori per eccellenza), possiamo aspettarci che nei prossimi anni il paese sarà l’attore principale della crescita della domanda di energia. E si può immaginare che più della metà dell’incremento di domanda di carbone nei prossimi due decenni verrà dall’India.
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Anche in questa prospettiva, è evidente il ruolo cruciale che l’efficienza energetica può giocare nello scenario futuro, come contrappeso alla crescita dei consumi. Il grafico sottostante mostra alcuni esempi significativi.
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Per questo si diffondono continuamente nuove forme di regolazione: nel 2014 circa il 27 per cento dei consumi finali di energia era soggetto a standard di efficienza. Oggi, il 70 per cento delle automobili in circolazione è regolato da parametri di efficienza dei consumi e, come evidenzia il grafico, il trend è destinato ad aumentare.
Alla luce di queste analisi è facile capire perché la Cop21 avviene in quello che lo stesso Birol ha definito “un contesto politico senza precedenti”: oltre 150 paesi su un totale di 195, responsabili di circa l’85 per cento delle emissioni, hanno presentato il loro impegno di riduzione volontario.
La messa in pratica effettiva degli impegni presi condurrebbe il mondo verso un incremento medio di temperatura pari a 2,7 gradi centigradi e richiederebbe un investimento al 2030 di circa 13,5 trilioni di dollari.
Il messaggio dell’Iae è molto chiaro: è in atto una transizione energetica storica che necessita di un segnale forte dai governi riuniti a Parigi.
 
* Le opinioni dell’autore non riflettono quelle dell’azienda in cui lavora.

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  1. Paolo Stracca

    La “transizione energetica storica” che ci attendiamo per il bene del pianeta e in conseguenza delle nuove generazioni si dovrebbe concretizzare in efficaci politiche di incentivazione all’uso delle energie alternative (solare in particolare) e ad una modifica dei costumi dei cittadini, vedasi traffico automobilistico privato.
    In Italia non si vede nulla di tutto questo. Temo che alle belle parole che sicuramente saranno espresse durante la conferenza non seguiranno fatti…

  2. Piero Fornoni

    Non vedo nessuna informazione sull’Africa che sta crescendo in media del 4-5% , ha una popolazione attorno ai 1.2 miliardi di cui 80-90% ha “saltuariamente” accesso alla corrente elettrica .
    Penso che International Energy Agency (Iea) stia sottovalutando l’Africa etc. e quindi il consumo mondiale di energia.

  3. La affermazione “l’India è il primo produttore mondiale di acciaio e cemento” richiede una doverosa correzione: la Cina ha livelli di produzione, in entrambi questi settori, di circa 10 volte l’India.

  4. Credo sia doveroso, prima di parlare di scenari energetici, chiarire un po’ di cose relativamente all’impatto sul clima.
    A Copenhagen nel 2009 venne definito lil massimo di aumento tollerabile per il pianeta entro la fine del secolo ma non si sa quali effetti avrà l’aumento sul pianeta, se innescherà pericolosi processi di feedback positivo, e soprattutto in che relazione è l’aumento di emissioni antropogeniche con l’aumento di temperatura.
    Quindi dire che “la messa in pratica degli impegni presi condurrebbe a questo obiettivo” è per lo meno un’affermazione superificiale.

  5. Paolo Mazzara

    Buongiorno.
    secondo una mia ricerca , la possibilta’ strutturale di intervenire sulla protezione ambientale (almeno nei paesi OECD), sarebbe favorita da un circolo virtuoso tra occupazione e orientamento degli investimenti (prevedendo una trasformazione socioeconomica), nonche’ da una migliore ripartizione dei costi ambientali tra Pubblio e Privato (a favore di maggiore privatizzazione di alcuni settori strategici di Energia) Calcolo che si tratti di raggiungere circa 14 Trillions US$ in 15-20 anni (nei paesi OECD)

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