L’elevato stock di crediti deteriorati accumulato dalla banche italiane è un’incognita che pesa sulla ripresa. Il governo ha varato provvedimenti per ridurre i tempi di estinzione delle sofferenze e aumentare la quota di quelle recuperabili. Ma una soluzione più rapida passa per il mercato.
Tempi lunghi per risolvere il problema
Una delle incognite che grava sulla ripresa è costituita dall’elevato stock di crediti deteriorati (o Npl) e di sofferenze accumulato dalle banche italiane durante la crisi: in rapporto al credito, in ambito europeo il nostro è inferiore solo a quello di Cipro, Grecia e Irlanda.
Elevati livelli di crediti deteriorati possono penalizzare l’offerta di credito attraverso tre canali: riducono la profittabilità delle banche, perché richiedono accantonamenti di bilancio e perché sono prestiti che non sono redditizi come gli altri; vincolano elevati livelli di capitale per il maggior rischio delle attività deteriorate; innalzano il costo della raccolta per il maggior rischio percepito dagli investitori associato ad alti volumi di Npl.
Il governo è perciò intervenuto con provvedimenti che riguardano l’infrastruttura regolamentare e la sfera fiscale (legge 6 agosto 2015, n. 132). In particolare, gli interventi regolamentari – che mirano ad accorciare la durata dei fallimenti, ad aumentare il successo del concordato preventivo, a velocizzare le procedure esecutive sui beni mobili e immobili – hanno lo scopo di abbattere i tempi di estinzione delle sofferenze e di aumentare la quota di crediti recuperabili.
Gli effetti delle nuove norme, secondo un ristretto gruppo di banche e operatori del mercato coinvolto in uno studio di Cerved e Abi, potrebbero essere significativi: le norme potrebbero portare a una riduzione del 28 per cento dei tempi dei fallimenti e del 20 per cento di quelli delle aste immobiliari, con un calo dei tempi medi di estinzione delle sofferenze da 7,3 anni, stimati in base alle osservazioni di Cerved, a 6 anni. Con queste tempistiche, e con le attese di un graduale recupero del quadro macroeconomico, lo stock di sofferenze potrebbe raggiungere un picco nel 2018, per poi diminuire fino a raggiungere 197 miliardi alla fine del 2020.
In base allo scenario ottimistico ipotizzato da un gruppo di ricercatori di Banca d’Italia, l’effetto potrebbe essere anche maggiore (-50 per cento sulla durata dei fallimenti e -25 per cento delle aste): con questi tempi, le sofferenze lorde raggiungerebbero 175 miliardi a fine 2020 (8,4 per cento sugli impieghi).
Senza alcun intervento regolamentare, ma solo con il miglioramento del quadro macro, le sofferenze continuerebbero invece ad aumentare fino a raggiungere 216 miliardi alla fine dell’esercizio di stima.
Gli ostacoli al mercato delle “sofferenze”
Questi esercizi mostrano che, anche con ipotesi di moderata ripresa del quadro economico e di successo della riforma, l’estinzione “naturale” dei crediti deteriorati richiederebbe comunque tempi lunghi per una sostanziale diminuzione del loro peso sui bilanci delle banche. L’elevato stock di Npl continuerebbe quindi a penalizzare l’offerta di credito almeno fino al 2020.
Per accelerare l’uscita delle sofferenze dai bilanci bancari è perciò necessario attivare il mercato dei crediti deteriorati, che invece in Italia ha finora avuto una dimensione limitata. L’ostacolo principale al suo sviluppo è l’ampia forbice di prezzo esistente tra chi vende i crediti deteriorati – le banche – e i potenziali compratori, principalmente fondi di investimento specializzati.
Le banche, anche per effetto dell’Asset Quality Review, hanno fortemente ridotto la valutazione delle proprie sofferenze, che è passata dal 52 per cento di fine 2012 al 43 per cento di luglio 2015. Ciononostante, le valutazioni degli investitori, calcolate sulla base di un set di ipotesi descritte nel Rapporto Cerved Pmi 2015, rimangono sensibilmente più basse: incidono tassi di sconto meno favorevoli (gli investitori si finanziano a tassi del 10-15 per cento contro tassi del 2-5 per cento al quale possono finanziarsi le banche) e asimmetrie informative, che spingono i potenziali compratori a valutazioni più prudenti sui tempi necessari per recuperare i crediti e sulle quote di realizzo.
Promuovere in tempi brevi lo sviluppo del mercato dei crediti deteriorati richiede una serie di condizioni aggiuntive al pacchetto di norme sulla giustizia recentemente varato. Una prima condizione che può favorirne lo sviluppo è coinvolgere investitori istituzionali con un orizzonte di medio-lungo periodo, che possano finanziarsi a tassi di interesse simili a quelli delle banche, quali ad esempio i fondi pensione. Una seconda condizione è l’innalzamento dei tassi di recupero attesi da chi compra i Npl: in questo senso, la debolezza del mercato immobiliare ha costituito un forte freno all’investimento in crediti deteriorati e una ripresa del mercato darebbe un contributo decisivo.
Tutte le azioni che riducono le asimmetrie informative possono effettivamente innalzare le valutazioni degli investitori verso quelle di chi vende e ampliare la quota di sofferenze per cui è possibile effettuare delle compravendite. In questa cornice, l’ipotesi alla quale, secondo fonti di stampa, starebbe lavorando il Ministero dell’Economia – un progetto di mercato in cui un gruppo di investitori privati creerebbe società veicolo che, in parte con debito e in parte con equity, possano comprare Npl assistita da garanzie fornite da Cassa depositi e prestiti o da Sace a prezzi di mercato – potrebbe contribuire in modo determinante alla crescita del mercato dei Npl.
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JD
buongiorno,
anche se non fosse una piena violazione degli aiuti di stato, e lo è, la garanzia di CDP o dello Stato dovrebbe comunque assistere vendite a prezzi di mercato, condizione che la commissaria alla concorrenza BCE ha ribadito in parlamento, diversamente le banche devono sottoporsi a Bail In (trova l’intervento sul sito del Senato) quindi il tema è irrisolvibile a livello pubblico perchè il prezzo di mercato è troppo basso, come correttamente ha detto lei, e l’hara kiri è una tradizione giapponese, non nostra, quindi diventa difficile che una banca per pulire il bilancio faccia la fine di Banca Marche. Cordiali saluti
Claudio Bellavita
questa storia che la Cassa Dep e Prest sia babbo natale dovrebbe finire prima che la gente non si fidi più dei libretti postali. Non c’è stupidaggine compiuta dai privati per cui non si invochi il suo intervento
Michele
1) Si vuole fare l’ennesimo regalo a privati (le banche) utilizzando soldi pubblici (la garanzia della CdP a sua volta garantita dallo Stato). In cambio di cosa? 2) non si capisce perché i npl limitino l’offerta di credito delle banche. È dato come un assunto. indimostrato. 3) non si capisce perché investitori specializzati debbano essere più bravi delle banche (e quindi pagare di più, senza garanzia statale) nel gestire i npl
Fabrizio
Concordo in pieno con chi ooserva che la CDP non deve entrare ovunque e men che meno in soccorso ad affari privati; a chi però eccepisce che “non è dimostrato” che i NPL incidano negativamente sulla possibilità di erogare nuovo credito.. posso solo dire che è così per legge.