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Il prezzo in bolletta è giusto? Lo decide il giudice

Il Tar della Lombardia ha bloccato l’aumento dei prezzi dell’energia. L’intervento non ha giustificazioni. Perché si occupa di un ambito di competenza dell’autorità di regolazione. Ma va tenuto conto che la frammentazione delle responsabilità rischia di vanificare la protezione dei consumatori.

Le ragioni dell’aumento

È di pochi giorni fa la notizia del prossimo aumento dei prezzi dell’energia, dopo mesi di riduzioni. È bastato questo per far scattare le associazioni dei consumatori e – a sorpresa – il Tar della Lombardia ha bloccato gli aumenti. Decisione sensata? No. Ma figlia di un sistema di regole che fatichiamo a far funzionare. Perché dovrebbe esserci un rincaro dell’energia? Crescono i prezzi all’ingrosso, pagati da chi vende energia ai consumatori finali; l’Autorità per l’energia ne prende atto e aumenta i prezzi al consumo. E perché aumentano i prezzi all’ingrosso? Il costo pagato dai dettaglianti dipende sia dal mercato del giorno prima (ove – detto in modo un po’ sbrigativo – si incontrano semplicemente domanda e offerta per fissare il prezzo) sia da altri mercati solo apparentemente “secondari”. In particolare, il mercato dei servizi di dispacciamento (Msd) serve a far sì che l’offerta sia sempre sufficiente a soddisfare la domanda, ciò che nel mercato elettrico deve essere vero in ogni istante e in ogni zona del paese. Da diverso tempo il costo che paghiamo per il servizio appare a molti “artificialmente” elevato. Quindi, se è vero che l’energia elettrica costa di più, è meno chiaro che accada per ragioni legittime, tanto che l’Autorità ha aperto un procedimento per capire cosa succede e far cessare (eventuali) comportamenti scorretti da parte delle imprese che generano energia, o dei grandi consumatori industriali – anch’essi potenzialmente coinvolti in questa vicenda – e che non hanno proprio nulla a che vedere con le imprese elettriche.

L’intervento dei giudici

L’intervento del Tar blocca le tariffe regolate, ma non quelle a libero mercato. Chiaramente, però, se le prime non aumentano, le seconde saranno meno competitive e i venditori faticheranno a spiegare eventuali aumenti dopo il provvedimento. In questo modo il Tar seppellisce in primis il regolatore. Il Tar interviene tante volte su provvedimenti “strutturali” dell’Autorità, ma non su adeguamenti periodici della tariffa, che dovrebbero essere quasi automatici. Un intervento così pesante non pare avere precedenti, violando un’area che dovrebbe ricadere all’interno della discrezionalità che si riconosce da sempre al regolatore. Ma soprattutto il Tar colpisce operatori incolpevoli. L’elettricità è venduta al dettaglio da imprese molto spesso del tutto differenti da quelle presenti a monte, imprese che ora pagano di più la materia prima senza poter toccare il prezzo finale. Inoltre, chi fa soldi nel settore – eventualmente – possono essere i grandi generatori, che però in questo periodo hanno poco da gioire, mentre i dettaglianti vivono da sempre su margini risicatissimi. Ora, il provvedimento del Tar verosimilmente li renderà negativi. Se non si torna indietro rapidamente, fatico a capire come alcuni rivenditori riusciranno a rimanere sul mercato. Quindi i dettaglianti pagheranno per un problema che – se c’è – è stato generato da altri, dai “big player” della generazione o dai grandi consumatori. Il Tar interviene per evitare ai consumatori un danno “grave e irreparabile”, causando però ai dettaglianti danni altrettanto gravi e – per quelli finanziariamente deboli – ancor più irreparabili. Sarebbe come bastonare i fruttivendoli perché la Chiquita aumenta il prezzo delle banane. Il tutto mentre il governo cerca di liberalizzare il settore, abolendo le tariffe finali regolate e lasciandolo al funzionamento del mercato. Quale mercato ci sarà? Se il Tar non ritiene sufficiente neppure l’autorità di regolazione, passeremo dai prezzi regolati ai prezzi giudiziari?

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Le (poche) ragioni dei giudici

Anche se il provvedimento del Tar non è così esplicito, forse una piccola ragione la ha anche il giudice. Immaginiamo che i prezzi oggi aumentino e che un domani, tra due o tre anni, si riconosca che gli aumenti erano legati a comportamenti scorretti di alcune imprese. Chi potrà chiedere i danni a queste imprese? Forse, nessuno, anche per un sistema di class action che non ha mai funzionato. E qui è il problema. I consumatori non acquistano direttamente all’ingrosso, quindi faticherebbero a tenere in piedi una causa contro imprese che non li servono. Forse dovrebbero rivalersi sui dettaglianti, che però non hanno fatto nulla di male – e anche qui non andrebbero lontano. E i dettaglianti potrebbero rivalersi sui produttori? Forse no, perché – senza l’intervento del Tar – avrebbero traslato i costi sui consumatori, senza subire alcun danno (tecnicamente, si chiama passing-on). Quindi? L’intervento del Tar in sé non ha senso. Ma risulta meno paradossale in un sistema nel quale la frammentazione delle responsabilità rischia di vanificare la protezione dei consumatori. Forse, quando il comportamento di un’impresa provoca un danno a consumatori “lontani” si dovrebbe pensare a qualche forma automatica di compensazione. Almeno in un mercato organizzato come quello energetico, la possibilità vi sarebbe. Giusto reclamare un aggiustamento del sistema di norme. Ma che un giudice pensi di sopperire a norme che non gli piacciono per determinare i prezzi, mi sembra davvero troppo.

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  1. Zannarini

    L’intervento del tribunale è decisamente a gamba tesa, ma la fumosità dei prezzi di dispacciamento è nota da troppo tempo, forse un intervento brutale può spezzare l’azione ed evitare che le posizioni di monopolio continuino a fare reddito facile sulle spalle dei soliti.
    Per l’Autorità di regolazione è un cartellino giallo, per accelerare controlli e decisioni, in questo tempo la velocità d’intervento ha raggiunto la stessa importanza della stessa delibera.

  2. Clo

    1) L’Aumento deriva da potenziali comportamenti abusivi nel mercato all’ingrosso che l’Aeegsi sta valutando nell’istruttoria avviata con la delibera 342/2016/E/eel. Tali comportamenti, tuttavia, sono consentiti- anzi, incentivati- dalla regolamentazione in vigore.
    2) Il problema dei provvedimenti dell’Autorità è che spesso la stessa decide senza avere tutti i “dati” necessari. Nel caso di specie, pone in capo agli utenti finali i maggiori oneri di sbilanciamento non perchè li abbia verificati con certezza ma solo “tenendo comunque prudenzialmente in considerazione una stima degli
    oneri relativi allo sbilanciamento, di cui alla deliberazione 111/06 per la quota parte
    ulteriore rispetto a quella valorizzata al prezzo di acquisto nel mercato del giorno
    prima”.
    Forse da un’Autorità le cui decisioni hanno un impatto rilevantissimo sul mercato ci si aspetterebbe maggiore certezza?
    3) Ultimo, sul TAR: la decisione del TAR è piuttosto sopra le righe in questo caso, tuttavia in generale è corretto vi sia la possibilità di un sindacato giurisdizionale sull’attività delle autorità indipendenti, le quali, essendo, appunto, indipendenti, non sono soggette a un controllo politico, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale costituisce l’unico mezzo per verificare il corretto esercizio del potere assegnato dalla legge all’Autorità (sotto i profili della ragionevolezza, logicità, motivazione, etc).

  3. Claudio Z

    in realtà, se l’Autorità dovesse rilevare manipolazioni di mercato e sanzionare gli operatori, è previsto che gli importi vadano a riduzione delle tariffe: quindi anche senza class action i consumatori sarebbero risarciti (posto che probabilmente il tutto si risolverà in un nulla di fatto in quanto il fatto non sussiste)

    • Vincenzo Fuschini

      Consumatori risarciti? Ma lei ritiene congrue le sanzioni adottate?

    • Clo

      Claudio, in base al REMIT l’interpretazione di “manipolazione del mercato” è piuttosto ampia. Sulla base di quali valutazioni pensi che si risolverà in un nulla di fatto? (dovrebbe andare così anche secondo me, ma conoscendo l’Aeegsi, non sono troppo certa…)

  4. Vincenzo Fuschini

    L’AEEGSI non ha niente da osservare? Perchè l’iniziativa dell’aggiustamento del sistema normativo (richiesto da anni dalle associazioni dei consumatori e auspicato anche da lei) qualcuno dovrà prenderla, e il ddl Guidi non mi sembra lo strumento adeguato!

  5. Sono appena tornato dagli stati uniti dove ho lavorato per qualche anno. Ho dato un’occhiata alla mia ultima bolletta, prezzo del kWh prima delle imposte, una fornitura (Green Mountain Energy) che non prevede costi fissi e garantisce energia di origine non fossile: 10.8 $c/kWh
    Ho guardato la mia bolletta di Enel Energia Elettrica, prima delle imposte, 24.8 Ec/kWh, per una bolletta bimestrale di 338 kWh, per fare un confronto piu’ omogeneo (anche se senza la clausula di energia verde) 18.5 Ec/kWh con Revoluce, https://www.revoluce.it/
    Qual’e’ la ragione, o ragioni, per cui un bene di cosi’ largo consumo debba costare almeno il doppio in Italia rispetto agli USA? Siamo sicuri che il consumatore sia salvaguardato in italia meglio che non in altri paesi

  6. Gianni Ferrara

    A mio avviso l’incremento e’ stato solo rinviato.la decisione e’ stata favorita in quanto la fattura elettrica di Luglio ’16
    include il primo addebito del canone TV.
    Per non includere troppi incrementi, invisi al consenso, si e’ preferito prendere tale decisione . Ma e’ solo rimandata.

  7. In sostanza, la sua opinione è: se a seguito di un’operazione distorsiva del mercato a rimetterci “automaticamente” sono i consumatori, va tutto bene. Se a rimetterci sono “operatori incolpevoli”, è una forzatura del mercato.

    Mi perdoni, ma non concordo minimamente. Dove i prezzi sono regolati, il compito di un’Autorità non è certificare “quasi automaticamente” il ribaltamento sui consumatori di un aumento ingiustificato.
    I consumatori non hanno alcuna leva negoziale per imporre un comportamento commercialmente corretto ai grossisti e ai distributori, e quindi la forzatura del mercato si ha se si permette a chi è a monte di contare su un’Autorità che subisce i prezzi anziché governarli.
    Invece, in questo modo, l’onere di fissare un prezzo equo ricade sulla negoziazione tra grossisti e dettaglianti (quando non siano addirittura lo stesso soggetto), cioè là dove i prezzi si formano “liberamente”, a patto che i dettaglianti sappiano (come ora sanno) di non poter semplicemente trasferire gli aumenti ai consumatori a valle, ma di doversi guadagnare il loro margine.

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