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E il popolo salva Monte dei Paschi

Alla fine lo stato è intervenuto per ricapitalizzare Mps. La strada per concludere il salvataggio è ancora lunga e ricca di incognite, ma già si possono trarre insegnamenti. Il primo: cambiare le regole sulle crisi bancarie, con priorità alla stabilità del sistema finanziario.

L’ombrello dello stato

E alla fine anche da noi il popolo è arrivato. Di fronte all’impossibilità di ricorrere ai mezzi propri per far fronte alla crisi, il Monte Paschi ha ammainato bandiera e si è messo sotto l’ombrello dello stato. È un ombrello, quello definito nella notte tra il 22 e il 23 dicembre dal governo, che si articola su diversi strumenti, con la giusta ambizione di non occuparsi soltanto delle disgrazie senesi. Con i 20 miliardi a disposizione, lo stato innanzitutto entra nel capitale delle banche che non superano gli stress test delle Bce; si tratta di un intervento preventivo per evitare che le cose peggiorino ma non riguarda situazioni di insolvenza. Una precisazione importante perché spesso si fa tanta confusione e si esprimono giudizi sommari danneggiando chi, i risparmiatori, ha invece bisogno di grande chiarezza.
Lo stato diventa proprietario di Monte Paschi attraverso la strettoia della ricapitalizzazione precauzionale disciplinata dall’articolo 32 della direttiva comunitaria sulle crisi bancarie. La norma prevede che per esigenze di stabilità finanziaria lo stato possa far fronte a temporanee carenze di capitale, ma sempre passando attraverso il burden sharing (l’assorbimento di parte delle perdite da parte di azionisti e obbligazionisti subordinati) per rispettare i rigidissimi limiti comunitari sugli aiuti pubblici alle banche. E che si tratti di autentica strettoia lo dimostra il meccanismo inventato per far sì che i titolari di obbligazioni subordinate non siano troppo penalizzati. Questi infatti verranno “compensati” con azioni della banca a un valore del 100 per cento del valore nominale delle obbligazioni detenute, ma solo se appartenenti al settore retail, perché la percentuale scende al 75 per cento per gli investitori istituzionali. Successivamente la banca ricapitalizzata può offrire a questi soggetti obbligazioni senior in cambio delle azioni detenute, che a sua volta potranno essere acquistate dal Tesoro. In sostanza, alla fine di questo processo, chi aveva obbligazioni subordinate diventa un obbligazionista “normale”, ricevendo così una protezione assimilabile a quella offerta ai depositanti.

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Cambiare le regole

Come anche dimostrano i fatti delle ultime ore si tratta di un percorso tortuoso e non certo privo di incognite, ma già si possono trarre da questa vicenda alcuni importanti insegnamenti.
Il primo è che dalle crisi bancarie si esce in maniera rapida ed efficiente facendo ricorso alle finanze pubbliche; strade diverse sono troppo incerte, e si rivelano alla fine molto più costose perché aggravano situazioni che se tempestivamente isolate e risolte evitano la trasmissione della crisi anche a chi malato non é.
Il secondo è che la fiducia nei confronti delle banche è un valore troppo importante per tutto il sistema finanziario di un paese ed è incompatibile con rigide ripartizioni tra categorie di creditori. È sacrosanto far condividere agli azionisti innanzitutto, ma anche agli obbligazionisti subordinati – remunerati, non dimentichiamolo, con lauti interessi – i costi della crisi, ma immaginare che questo avvenga nei confronti di titoli collocati circa dieci anni fa in un contesto regolamentare completamente diverso vuol dire nascondere la testa sotto la sabbia. Tanto è vero che adesso il governo, dovrà ristorare completamente i clienti retail passando attraverso le forche caudine di una discriminazione nei confronti degli investitori istituzionali, dei quali il nostro mercato e le banche stesse hanno un disperato bisogno, con preoccupanti conseguenze future. Ed è una discriminazione che passerà trasversalmente anche all’interno del retail perché non sarà affatto facile trovare criteri uniformi per omogeneizzare il trattamento degli obbligazionisti rispetto ad analoghe linee di policy seguite in situazioni simili.
Il terzo insegnamento è, quindi, che di fonte a questi equilibrismi, e ai cani da guardia dei principi comunitari che però abbaiano dopo aver abbondantemente supportato le banche dei propri paesi, bisogna prendere il toro per le corna con una battaglia tutta politica per un ribilanciamento di quei principi, stabilendo che le regole sulle crisi si devono occupare innanzitutto e prima della stabilità finanziaria e dopo dei vincoli concorrenziali.

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Imparare a leggere

L’ultimo insegnamento è che d’ora in poi chi investe nei mercati finanziari e si compra azioni od obbligazioni di qualsiasi tipo deve cominciare a leggere. Sicuramente si potrà semplificare e rendere più fruibile l’informazione ma, banalmente, bisogna cominciare a leggere i documenti che quello che si rischia lo devono raccontare nel dettaglio. Se poi si ritiene di essere stati ingannati si ricorre alla magistratura ordinaria (o a quelle alternative: di recente presso la Consob è stata creata una struttura simile all’Arbitrato bancario e finanziario che per i servizi bancari ha funzionato molto bene) ma, per riassumere, è finita l’epoca dei pasti gratis e bisogna diventare tutti più attenti e consapevoli delle decisioni di investimento.

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17 commenti

  1. Principe Amedeo

    Prima di intervenire, il Tesoro dovrebbe rendere pubblico l’elenco dei loan che sono diventati non performing perché concessi a cani e scrofe senza due diligence e senza garanzie. Ne vedremmo delle belle e sapremmo chi davvero ha affondato la banca più antica del mondo.

  2. Alberto

    Il salvataggio è costato circa 100 € a testa, mi aspetto che quelli che hanno ricevuto in passato milioni tra stipendio e benefit per ridurre la banca più vecchia al mondo in questo stato e costringere gli italiani all’obolo siano messi alla gogna.

  3. Alessandro Torregiani

    Alla fine però, gli obbligazionisti ordinari gli interessi li hanno presi nel tempo ed ora si ritrovano ancbe il capitale interamente garantito dallo Stato. Forse se ne doveva tenere conto? Non si può liquidare il tutto “tirando le orecchie” ai risparmiatori e ricordando loro di leggere. Suvvia!!!

  4. MIc

    Sommessamente faccio notare che in queste settimane (mesi?) lo sport nazionale più diffuso è lo sputo in faccia al cattivone tedesco. Con conseguente sequela di improperi verso Euro e UE, che portano inevitabilmente alla soluzione (finale): fuori dalla moneta unica che ci ha impoveriti e via verso paradisi artificiali a cavallo della nostra nuova e fantasmagorica LIRA. Bene. Se non fossi residente qui augurerei a tutti gli italiani che la pensano così che il loro sogno si avveri presto. Ma…
    Tornando ai cattivoni teutonici, le banche tedesche (e di altri paesi, come la Spagna) sono state aiutate PRIMA della normativa sul Bail In che è stata serenamente SOTTOSCRITTA anche dal nostro paese. Ricordo che i trattati europei non passano se non a voto unanime. Ricordo anche che si urlava ai quattro venti che le nostre banche erano sanissime e che quindi non c’era bisogno di alcun intervento pubblico. Ma naturalmente non era questo il motivo: come è capitato in Spagna, l’entrata dello Stato prevedeva come condizione indispensabile l’uscita del vecchio management. Ah, già, qui si sarebbe dovuto far fuori gente come il sig. Zonin. Uhm….
    Poi, visto che da ieri si straparla dei regali della BCE a Deutsch Bank (contro le frustate a MPS), bene, anche qui leggiamo i conti: DB raccoglie ancora soldi dal maledetto MERCATO, mentre la nostra cara MPS no.
    Per gli amanti del capitalismo, del libero mercato, etc., dovrebbe essere sufficiente.
    Ma se non ci piace così c’è sempre il Venezuela.

  5. Ma qualcuno riuscirebbe a darmi un giudizio sull’operato della Consob in questa situazione?

  6. Quando c’è un incendio nel sistema bancario lo stato deve intervenire per spegnerlo; è il bail-out, ora condizionato dalle regole del bail-in. Incertezza e rinvii costano caro. Cosa pensare della carta della crisi bancaria giocata nella campagna referendaria? Chi si è opposto a questo gioco ha perso il posto di lavoro. Non capisco poi perché obbligazioni subordinate MPS sottoscritte 10 anni fa con cedole congrue (secondo l’autore, da verificare caso per caso) siano trattate in modo privilegiato rispetto a titoli similari collocate poco prima del loro tracollo definitivo da piccole banche popolari. La regolamentazione non è cambiata completamente, a meno di sostenere che prima della Mifid risparmiatori gestiti, consigliati o sottoscrittori di titoli emessi dalle banche stesse non erano protetti. Dal 2007, in teoria, le regole riassumibili su una pagina sono chiare, nella realtà meno. L’autore ha ragione, si tratta di decidere caso per caso nei tribunali. Ma questa risposta non basta, se alcune banche hanno potuto collocare in tempi sospetti le loro subordinate a condizioni di titoli privilegiati ai loro clienti ignari. In quel caso la responsabilità non è solo contrattuale e non può essere limitata ai manager delle banche, ma riguarda pure chi doveva vigilare. Non so se ci sono state pratiche commerciali di questo tipo in MPS. Più avanti ci accorgeremo pure che salvare con soldi pubblici non significa ancora ristrutturare per creare un operatore efficiente.

  7. Devo precisare che non condivido alcuno dei 4 “insegnamenti” ricavati dall’autore. Al 1° basta aggiungere la limitazione ai casi di crisi sistemica. Il 2° è invece inaccettabile in toto; al di fuori dei casi di collocamento fraudolento, le differenza fra categorie contano, e come; attraverso la doppia sostituzione dei titoli lo stato si accolla l’onere dell’indennizzo che spetterebbe ai colpevoli. Il 3° insegnamento riproduce i soliti attacchi giornalistici – e governativi – ai controllori europei forse incapaci ma solo perché troppo morbidi con l’Italia. L’ultimo aderisce alla dottrina dell’ignoranza colpevole del popolo dei risparmiatori; questo è secondo me l’errore più grave: se i risparmiatori devono leggere i prospetti, non si venderà più un solo titolo; i prospetti non devono essere letti dai clienti retail, ma sono lo strumento della trasparenza per il mercato (degli investitori professionali); i risparmiatori devono potersi fidare ciecamente 1. del prodotto collocato, in particolare se emesso dalla banca collocatrice in conflitto d’interesse, 2. della banca, se no è meglio cambiare istituto, conseguenza ineluttabile delle regole del bail-in! e 3. del sistema paese, della vigilanza e dei tribunali; è qua la falla più grave anche se non riconosciuta: come mai se si può fidare a Londra e a Parigi e non a Milano e a Roma, né degli operatori domestici né di quelli venuti dall’estero spesso per arricchirsi in fretta sfruttando le debolezze del paese.

  8. marcello

    Nella vicenda di Banca MPS si sommano due problemi diversi: l’incapacità del management/cda e la Grande Recessione. Alla fine si è giunti a quello che Viola, l’ex ad di MPS, chiedeva , cioè l’intervento del Tesoro. Ci si chiede perchè si è scelto Morelli, all’epoca dei mis-fatti di Antonveneta capo dell’area tecnica della banca (vice direttore generale), riconoscendogli uno stipendio di 1,4 milioni e perchè lla sua banca di provenienza (IP Morgan) si sono attribuiti 450 milioni per l’operazione di rastrellamento di 5 mld di euro sul mercato? Forse bastava accettare le conclusioni di Viola!
    E’ giusto salvare con denaro pubblico gli obbligazionisti subordinati? A mio parere NO. le obbligazioni sono a tutti gli effetti investimenti rischiosi. 10 anni fa erano considerati a rischio anche i titoli sovrani italiani, figuriamoci le obbligazioni di una banca! Fino a prova contraria l’unico luogo dove il denaro si riproduce senza costo è il Campo dei Miracoli di Pinocchio. In un paese in cui la disuguaglianza e l’esclusione crescono ogni anno sprecare denaro pubblico per favorire qualche categoria non è eticamente accettabile. Le banche italiane erano più solide degli altri perchè non operavano su vasta scala come investment bank e soprattutto perchè avevanp leve inferiori di 20 punti rispetto a quelle francesi e tedesche. 8 anni di crisi con una perdita di capacità produttiva del 28-30% e una riduzione del PIL di oltre il 9% sono in grado di scardinare qualunque suistema bancario

  9. Alessandro

    Quante belle parole…per dire quello che al mercato rionale chiamerebbero “banana” “cipollone” o non so cosa!
    Perchè non c’e’ nessuno disponibile a dire che in questa operazione qualcuno vince è sono tutti quei fondi che hanno acquistato sottozero titoli e obbligazioni che rivenderanno con rendimenti a non si capisce quanti zeri!
    Lo Stato invece dovrebbe fare un’operazione semplice:
    1. Conti Correnti garantiti dalla BCE fino a 100.000 € oltre fa niente (redistribuzione della ricchezza)
    2. Azzeramento di azioni, obbligazioni e titoli
    3. Sussidio straordinario per qualsiasi lavoratore che aveva uno stipendio lordo inferiore ai 35/45000 €
    4. Creazione di una newCo dove confluire la sola parte buona della Banca.

    Insomma un fallimento pilotato senza oneri dallo Stato e ripagamento dei sussidi attraverso le plusvalenze della newCo.
    Invece con la scusa di salvare il risparmio si continuano a rubare ai poveri per dare ai ricchi….che mondo ingiusto!

    • Alberto

      Le ragioni per cui un correntista detiene sul proprio conto corrente più di 100.000 € possono essere svariate. I risparmi di una vita, con i rendimenti negativi di un BOT e ridicoli per un BTP (considerato il rischio insolvenza e la perdita in conto capitale in seguito ad un rialzo dei tassi) trovano oggi poche alternative allettanti alle azioni e si possono detenere sul C/C in attesa di tempi migliori oppure la vendita di un immobile in attesa di un nuovo acquisto… una piccola eredità. Prelevare l’eccedenza di 100.000 dai conti correnti è un furto in piena regola, altro che redistribuire la ricchezza.

      • Alessandro

        Mentre prelevare ad ogni indivuo €.330,07 (€. 20.000.000.000/60 592 547)….circa 1200.00€ a famiglia??? Quello come si chiama??
        Io preferisco prelevare da chi ha scelto MPS.. non da tutti!

  10. Marco Zanchi

    Gentile e stimato professor Vella,
    sono d’ accordo solo parzialmente.
    In questo specifico contesto “Cambiamo le regole” rischia di essere un mantra trito e ritrito ed alquanto ossessivo. Gli accordi di Basilea 1 constavano di circa 40 pagine, ora con Basilea 3 arriviamo a circa 1.200 + svariati regolamenti applicativi (circa 400, cito a memoria con beneficio di inventario). Abbiamo ancora per l’ ennesima volta necessità di regole nuove ? Mi permetto istintivamente di suggerire due azioni più urgenti e cogenti :
    a) Cambiamo le politiche
    E’ possibile che l’ Unione Europea non abbia una procedura snella, flessibile ed operativa d’ urgenza quale prestatore di ultima istanza ? La Storia Economica ci insegna della necessità di questo soggetto, imprescindibile nelle politiche monetarie d’ urgenza, e l’ Europa ne è- fattualmente- priva. Intendo un soggetto autoreferenziale, rapido, insindacabile, super partes. E’ assurdo….
    2) Cambiamo le pratiche . Sulla vicenda MPS ci sono troppi omissis per rendere credibile di fronte all’ opinione pubblica (pagante….) tutto il reticolo di azioni scoordinate organizzate a latere. Domande precise (quali premi sono stati dati ai manager in questi anni, qual’ e’ stato il ruolo di JP Morgan nella gestione degli ultimi mesi, a quanto ammontano con precisione i crediti incagliati e con chi ?) per rendere superflua e barocca, senza una precisa modifica delle pratiche di trasparenza, qualunque nuova ed ulteriore regolamentazione.
    con stima.

  11. Roberto

    Sì, ma una confisca dei beni del management che ha portato a questa situazione (godendo di cospicui benefit) e un congruo periodo di permanenza nelle patrie galere non aiuterebbero a dissipare la fondata impressione che a certi livelli non si è mai “responsabili” e che il cetriolo sempre lì va a finire? Questo non lo prevede la normativa? Nei tempi andati, certe teste finivano sui forconi…

  12. Roberto

    Quindi, adesso MPS è “del popolo”. Bello. Quindi immagino che ora adotterà comportamenti “buoni”, di aiuto, sostegno, assistenza e tutoraggio alle piccole e medie imprese, applicando criteri prudenti ma anche a favore dello stimolo allo sviluppo. O questo non è “compreso nel prezzo”? Mi pare poi che si glissi – elegantemente – sulle sofferenze. Pare quasi che non ce ne siano… E com’è che alora sono circolati nomi “illustri (De Benedetti, Marcegaglia…). Tanto per curiosità e impegnandomi a non dirlo a nessuno, si può vedere l’elenco delle “sofferenze”, per esempio oltre il milione di euro? C’è il sospetto che mentre all’artigiano si lesinavano i fondi, ad amici ed amici degli amici si era di manica sfondata. Ma non posso crederci, non posso crederci…
    Però, adesso lì dentro ci andranno anche i soldi miei… e sarei – giustamente – curioso.

  13. Henri Schmit

    Al mps non c’è stato solo mala gestio, scarsa capacità, c’è stato dolo, frode accertata a danno della banca, non ricordo i dettagli delle operazioni su Londra. Dopo di che rimangono da qualificare alcune emissioni subordinate, collocate se non sbaglio nel 2008 mentre la Mifid è entrata in vigore alla fine del 2007. Poi bisognerebbe conoscere la politica dell’affidamento, caso per caso; credito per un progetto può significare arricchimento; le banche decidono chi diviene ricco. Alla fine bisognerebbe chiarire il ruolo di Banca d’Italia che non poteva non sapere, sia per le emissioni subordinate, sia per i crediti poi andati a oltre il 20% in sofferenza! Perché la vigilanza non ha agito? Il volume degli NPL non è l’effetto della recessione! C’è molto di più. Perché nessuno indaga su questo? Il problema dei soldi pubblici è che saranno versati senza aver fatto prima chiarezza su queste responsabilità, anzi dopo che il governo ha cacciato l’AD che non stava al ricatto del referendum per sostituirlo con uno più allineato. Tutta la vicenda è di una mediocrità incredibile, intervento pubblico incluso.

  14. Franco Tegoni

    Patuelli, presidente ABI, ha proclamato l’esigenza che vengano resi pubblici i primi 100 fruitori di finanziamenti MPS ..per farli pagare…. La demagogia dilaga, bisogna soddisfare la (presunta) voglia di sangue del popolo che paga. Bisogna spiegare ai populisti che il problema vero è accertare, in primo logo, chi (dirigenti, funzionari, amministratori) ha messo la propria firma sui finanziamenti. Solo il CdA e la Banca d’Italia possono sapere dove sono le responsabilità ed assumere tutti i provvedimenti punitivi del caso anche nei confronti dei prenditori che non restituiscono perché hanno santi in paradiso. Ovviamente non basta guardare i crediti in sofferenza ma anche quelli messi a perdite negli ultimi 5 anni. Tutto il resto è come il pepe e il peperoncino messi in abbondanza su una pietanza finta per ingannare il popolo: è puro e volgare populismo.

  15. Luca Bandiera

    Il Prof. Vella riporta l’ortodossia della risoluzione di crisi bancarie. Ma dopo la grande crisi del 2008 si deve andare oltre. Le banche offrono servizi di deposito, credito e gestione patrimoniale, se non sistemiche, devono essere lasciate fallire in modo rapido garantendo gli utenti dei servizi, non gli azionisti e obbligazionisti subordinati. A prezzo basso ogni banca sara’ comprata e riaperta velocemente. Lo stato deve garantire che questo avvenga (negli USA avviene overnight). Dal 2012 il governo e’ gia’ azionista di riferimento (con quota di maggioranza relativa) di MPS, ha avuto 4 anni per riscuotere crediti ad amici connessi, ridurre filiali ed organico. Ovviamente non lo ha fatto. Adesso diventera’ azionista quasi unico e fra due anni (il limite concesso dalla normativa europea) ci sara’ il solito scarica barile per non essere riusciti a risanare MPS che a quell punto, dovra’ veramente fallire con uno sperpero di denaro pubblico di 13.4 miliardi di euro (4.4 dal governo Monti e 9 da quello Gentiloni). Lo stato dovrebbe occuparsi degli aspetti sociali (disoccupazione dei dipendenti MPS, perdita di valore delle azioni e obbligazioni subordinate dei piccolo azionisti e investitori) e non di tenere in piedi una banca gestita male, senza piano industrial e di nessuna rilevanza sistemica per la stabilita’ del sistema finanziario italiano ed europeo.

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