Lavoce.info

È l’ora di una primavera europea*

Incompleta ed esposta a pericolosi shock, l’architettura dell’euro ha bisogno di essere aggiustata per poter andare oltre nel rafforzamento della Ue. In un e-book, la strategia in quattro punti che bisogna mettere in atto urgentemente per assicurare stabilità alla moneta unica.

Se sull’Unione si fa sentire l’effetto Macron

L’elezione di Emmanuel Macron ci offre l’occasione per fare diversi passi avanti nell’agenda europea. Macron è stato eletto in base a un programma che abbina riforme strutturali in patria a una nuova impostazione dell’Unione verso un’”Europa che protegge”, un concetto che prevede l’avvio di politiche comuni nei settori della difesa e della sicurezza, stanziamenti comuni nella zona euro, standard sociali in tutta l’Unione e iniziative commerciali più dinamiche verso i paesi non europei, ovvero nell’area di concorrenza fiscale e normative ambientali. Ovviamente, questa piattaforma dovrà essere discussa con tutti i partner europei, specie quelli che appaiono convinti che l’Europa debba fare di meno, e non di più, nell’ambito dei diritti sociali e del coordinamento fiscale, e coloro che considerano un bilancio comunitario essenzialmente un’”unione di trasferimento”.

Il punto di partenza inevitabile è che i paesi europei hanno distinte preferenze quando si tratta del rapporto efficienza-equità. La questione allora è capire se il progresso in parallelo, da ambo le parti di questo scambio, potrebbe essere accettabile politicamente, essendo assai improbabile che si possano fare passi avanti in un’unica direzione.

Cornice condivisa

Ci vorrà tempo per intavolare questi dibattiti. La Commissione ha offerto qualche riflessione in proposito nel suo libro bianco sul futuro dell’Unione Europea, che abbraccia proposte per la realizzazione di un pilastro europeo dei diritti sociali e, più di recente, ha emesso nuove comunicazioni su come regolamentare la globalizzazione. Per quanto interessanti appaiano questi contributi, stiamo entrando in una fase in cui il procedimento verrà gestito dai governi e dai politici, non da Bruxelles e dai tecnocrati. Considerando le istanze sul tappeto – e nonostante la nuova visione e il nuovo slancio che la Francia porterà al tavolo dei negoziati – tali discussioni sono destinate a durare parecchio tempo. Passi in avanti in una cornice condivisa per far fronte ai flussi migratori e all’esigenza di una capacità di difesa più incisiva a livello europeo potrebbero risultare più facili da intraprendere, specie se si ricorrerà al meccanismo di “collaborazione intensificata”. Tuttavia, qualunque decisione imperniata sul binomio efficienza-equità richiederà inevitabilmente tempi più lunghi.

Gli economisti stessi hanno una visione molto diversa sul futuro dell’Unione Europea e sulla zona euro. Molti di loro sembrano concordi nel definire ciò che è urgente fare per “sistemare” l’eurozona. Queste soluzioni non comportano alcuna forma di “unione di trasferimento”, né modificano l’accezione tradizionale del principio di sussidiarietà. In molti casi, esse potrebbero essere attuate all’interno dei limiti stabiliti dai trattati esistenti.

Leggi anche:  Sulle telecomunicazioni il Rapporto Draghi ha luci e ombre

Noi siamo convinti che sarebbe uno sbaglio aspettare che il Consiglio decida su problematiche ovviamente più importanti per il futuro dell’Unione piuttosto che su soluzioni tecniche per sistemare l’eurozona. Ricordiamo sempre l’osservazione di Rudi Dornbush che “per scoppiare, le crisi ci mettono più tempo di quanto non si creda, poi però scoppiano più in fretta di quanto ci si aspetti.” Nelle parole di Patrick Honohan “Sarebbe bello poter affermare che l’euro è uscito rafforzato da questa esperienza, ma non si può ancora dire.”

Una strategia bifronte

È questo lo scopo che si propone il nostro e-book (*): fare il punto sulle principali falle dell’euro e offrire una panoramica selettiva di soluzioni coerenti per affrontarle. Nel far ciò, abbiamo fatto leva sui contributi che voi leggerete, senza tuttavia sentirci vincolati ad essi. Questo è il nostro modo per impostare le soluzioni. Pertanto non coinvolgeremo gli autori di questo eBook, tranne che per segnalare le idee prese in prestito e, soprattutto, il livello di consenso – o dissenso – raccolto.

Ovviamente, riconosciamo che la crisi dell’Unione europea è una crisi di identità politica oltre che una crisi economica e di governance. Le principali minacce che incombono sul progetto europeo al giorno d’oggi sembrano essere meno di natura economica (fallimento delle banche, accumulo di debito sovrano, ecc.) che di natura politica (vittoria di candidati/partiti estremisti). L’esigenza di restituire connotazioni positive all’Europa tra i vari elettorati, specie i più giovani che hanno votato massicciamente per Le Pen e che in larga misura sono favorevoli al Movimento 5 Stelle in Italia, fa passare in secondo piano qualunque buona proposta tecnica.

Tuttavia, noi crediamo che nelle prossime settimane occorra seguire una duplice strategia: da un lato, sistemare l’eurozona per renderla più robusta e flessibile e, al contempo, avviare una vasta consultazione sul futuro dell’Europa, assieme a un programma di crescita/protezione, che – si spera – restituisca “popolarità” al progetto europeo. Si auspica che le due iniziative simultanee potranno rafforzarsi a vicenda. Per fare progressi nel futuro dell’integrazione europea, i leader europei avranno bisogno di spazio politico, pertanto non dovranno essere distratti da decisioni di emergenza ricollegate a nuove crisi. Al contempo, uno slancio politico a favore di una nuova e coerente strategia di integrazione aiuterà a sbloccare tutte le impasse che al momento ostacolano le decisioni tecniche indispensabili per incrementare la capacità di flessibilità e resistenza dell’eurozona.

Leggi anche:  Il Patto che non c'è*

Ci auguriamo che questo contributo sia utile alla prima mossa di questa duplice strategia, ovvero il rafforzamento della zona euro.

Quattro cose da fare subito

Le quattro falle da colmare urgentemente per assicurare la sostenibilità dell’euro sono:

  • la capacità dell’Unione Europea di resistere a uno scossone finanziario derivante da un blocco improvviso dei flussi di capitale, oppure da nuovi squilibri o crisi bancarie;
  • l’assenza di uno strumento per controllare la domanda aggregata quando i tassi di interesse scendono a zero e la politica monetaria si rivela in larga misura inefficace;
  • un chiarimento sulla normativa della ristrutturazione del debito sovrano, assieme all’eliminazione del circolo vizioso che lega banche e debiti sovrani, e questo è essenziale per rendere credibile la clausola che vieta i bail-out;
  • il completamento dell’Unione bancaria, quantificare cioè l’importo del fondo di risoluzione, l’applicabilità delle regole del bail-in previste dalle direttive della risoluzione, una soluzione al problema dei prestiti in sofferenza, e l’introduzione di asset “sicuri”, in grado di avere un effetto stabilizzante.

Queste quattro criticità ovviamente non sono le uniche che la zona euro si ritrova a trattare. Per esempio, non affrontano il problema di come gestire i livelli eccezionalmente alti di debito sovrano. Esse rappresentano peraltro, nella nostra opinione, le questioni principali da risolvere per evitare il rischio di una deflagrazione della zona euro, qualora dovesse verificarsi una nuova crisi. Una soluzione garantirebbe un più regolare flusso del credito dalle banche all’economia. Qualunque ritardo nell’attuazione di un meccanismo capace di gestire blocchi improvvisi o il circolo vizioso banche-debito sovrano potrebbe rivelarsi molto pericoloso.

(Traduzione di Rita Baldassarre)

* Questo testo – che esce in contemporanea su L’Economia del  Corriere della Sera – è l’introduzione all’e-book “Europe’s Political Spring: Fixing the Eurozone and Beyond”, pubblicato in inglese (e scaricabile gratuitamente qui) da Voxeu.org

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Il Patto che non c'è*

Precedente

Elezioni in Gran Bretagna, dove regna l’incertezza

Successivo

Vale la pena copiare (male) il modello tedesco?

  1. Michele Lalla

    A una lettura superficiale sfugge la questione importante dell’unione anche fiscale dell’UE o quanto meno linee di condotta comuni; forse è solo implicita o non l’ho vista evidenziata con la necessaria enfasi.

  2. Marcomassimo

    La primavera europea sarebbe necessaria quanto mai, ma Giavazzi dovrebbe capire che essa può essere solo di stampo keynesiano; il fondo del barile liberista è stato abbondantemente raschiato

    • bob

      più che di una primavera l’ Europa dovrebbe essere portatrice di un nuovo “illuminismo rivoluzionario” che nella economia metta al centro degli interessi l’ uomo. L’ economia ha senso se produce e ridistribuisce ricchezza e benessere. Solo l’ Europa con la sua storia può farlo non certo l’economia da Far West degli USA o quella schiavista di Cina e India
      Economia di stampo keynesiano prevede pure keynesismo militare, cosa inaccettabile nel futuro. L’ Europa dello Sato Sociale è l’ultimo baluardo se non vogliamo finire indietro di 300 anni

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén