Dopo una lunga trattativa tra governi, a fine settembre è nato il più importante gruppo europeo dell’industria cantieristica. Fincantieri-Stx rappresenta anche un punto di svolta per tornare a guardare ai mercati internazionali in logica di espansione.
L’industria cantieristica in Europa
Con l’accordo tra i governi francese e italiano di fine settembre, è nato il principale gruppo europeo dell’industria cantieristica. La formula con la quale è stata trovata l’intesa si muove su un sottile filo di equilibrio e di compromesso creativo, che sarà chiamato a dare prova di sé in fase esecutiva. Fincantieri, sia pure con il 50 per cento della società, ha assunto il controllo di Stx; lo stato francese presterà alla società italiana l’1 per cento della sua quota per 12 anni, consentendo il governo nel corso della fase transitoria e il controllo definitivo al suo termine. La quota francese del 50 per cento si ripartisce tra il 24,24 per cento dello stato, il 10 per cento di Naval Group, il 3,66 per cento dei fornitori e il 2 per cento dei lavoratori.
Sullo sfondo si colloca l’ipotesi di costruire un grande player globale nel settore navale, civile e militare. Proprio sugli apparati tecnologici per le navi militari si giocherà una partita delicata, tra Thales e Finmeccanica, i cui esiti saranno determinanti per comprendere il finale di partita di questo inizio di alleanza franco-italiana.
Il settore europeo delle costruzioni navali ha vissuto negli ultimi decenni una fase di crisi e di arretramento competitivo, per effetto della crescente concorrenza da parte dei produttori asiatici, in particolare coreani, cinesi e giapponesi. La quota di mercato degli europei è scesa al 6 per cento del tonnellaggio mondiale lordo complessivo, in coincidenza con la crisi del 2008.
In quella stessa fase cambiava il paradigma dell’industria: in precedenza, sino a un terzo del valore aggiunto era prodotto nella fase dell’assemblaggio, mentre i restanti due terzi erano prodotti dai fornitori di parti delle navi o di componenti. Questo modello di organizzazione è diventato desueto per la evoluzione profonda della domanda.
Dal momento che le navi sono sempre più personalizzate, il contenuto di ricerca e sviluppo presente nel processo di costruzione implica che la componente manifatturiera rappresenti oggi un costo più elevato rispetto alla precedente configurazione industriale. La trasformazione è evidente soprattutto nel settore crocieristico.
Entro il 2020 saranno consegnate al mercato 33 nuove grandi navi da crociera. Negli ultimi due decenni, nonostante una forte crescita della domanda finale, pari al 7,2 per cento annuo, sono entrate in esercizio poche navi. Poi, è partita una grande stagione di ordinativi, sino al 2022, per un volume complessivo pari a 50 unità. Cresce la dimensione finanziaria degli investimenti e si realizzano per le compagnie importanti economie di scala, che conducono a ridurre il costo a passeggero, con navi che ne possono ospitare sino a 5.400.
In questo segmento i valori di investimento sono molto elevati: si parte da mezzo miliardo di dollari sino a giungere a 1,3 miliardi. Proprio in questa fascia di prodotto, Fincantieri detiene il 48 per cento del mercato, Stx il 15 per cento. Non è da escludere che le resistenze che si sono manifestate prima di giungere all’accordo siano state influenzate dai grandi player del settore.
Come ha scritto in una lettera ai dipendenti Giuseppe Bono (amministratore delegato Fincantieri) subito dopo l’accordo con Stx, “la crisi ci ha spronato. La nostra strategia di resistenza è diventata un piano di espansione che ci ha visti sbarcare negli Usa, in Norvegia, sul mercato borsistico, più recentemente in Cina, e ora guardiamo con fiducia all’Australia”.
Accordo per tornare a competere
Da diversi anni le indicazioni di policy, anche da parte della Commissione europea, andavano nella direzione di riqualificare l’assetto competitivo del settore comunitario, al fine di recuperare terreno, quote di mercato e valore aggiunto rispetto ai produttori asiatici. Ne derivava la necessità di sviluppare integrazioni verticali e orizzontali nell’industria europea della cantieristica. L’accordo italo-francese rappresenta in qualche modo il punto di svolta per tornare a guardare ai mercati internazionali in logica di espansione. Dalla futura integrazione di Fincantieri, Naval Group e Stx France nascerà un colosso con ricavi totali per circa 10 miliardi di euro all’anno, un portafoglio ordini di 50 miliardi e una forte presenza internazionale, con 35mila dipendenti in oltre venti paesi.
Con questo accordo, l’industria europea delle costruzioni navali prova a restare un settore strategico per la manifattura, strettamente connesso a trasporti, sicurezza, energia, ricerca e ambiente. Emerge così in Europa, una sorta di duopolio tra il nuovo soggetto e la società tedesca Meyer Werft. Per questa ragione, la Commissione europea potrebbe esprimersi positivamente sull’accordo, non determinandosi una posizione dominante. Sono complessivamente circa 150 gli stabilimenti della cantieristica esistenti nella Comunità, di cui quaranta sono attivi per la produzione di navi commerciali per i mercati globali. Più di 150mila sono gli addetti nel settore delle costruzioni.
La quota di mercato dell’industria europea arriva al 35 per cento nel segmento degli apparati di bordo. Il fatturato totale dell’industria europea nella cantieristica e negli apparati di bordo è pari a oltre 72 miliardi di euro, con una occupazione complessiva di oltre 500mila addetti. Insomma, si apre una partita strategica di primaria importanza, per una filiera manifatturiera e tecnologica a elevato valore aggiunto.
Il compromesso di governance sarà messo alla prova dei fatti; se terrà, e se sarà in grado di generare un allargamento dell’alleanza, allora vorrà dire che potrà nascere un consolidamento importante per l’industria della cantieristica e della componentistica, nel settore civile e militare.
* Pietro Spirito è presidente della Autorità di sistema del Mar Tirreno centrale.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
EMILIO SILETTI
Nelle % azionarie indicate nellarticolo, in possesso dello stato francese, sommando si arriva al 39,90% di chi è il 10,1% che manca per arrivare la 50%?
Pietro Spirito
Per un errore di battitura non ho riportato la quota corretta dello Stato francese: 34,34%. Grazie per la segnalazione