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Treni fermi per neve, ma i finanziamenti corrono

I disagi alla circolazione dei treni nei giorni di maltempo sono dovuti alla scarsità di finanziamenti pubblici? Il confronto con altri paesi europei mostra che non è così. La spesa pubblica in conto capitale per la rete italiana è anzi la più elevata.

In varie regioni, e per diversi giorni, le cattive condizioni metereologiche si sono ripercosse sulla circolazione ferroviaria, determinando numerose soppressioni di treni, in particolare nei servizi regionali, e gravi ritardi per quelli che hanno egualmente circolato, compresi quelli a lunga percorrenza e alta velocità.
Quali sono le cause? Fenomeni atmosferici particolarmente sfavorevoli e atipici, oppure un funzionamento non adeguato della rete ferroviaria? E se la risposta è la seconda, è possibile che ciò sia dovuto alla scarsità di risorse finanziarie pubbliche? Non abbiamo le competenze per rispondere alla prima domanda, possiamo tuttavia provare a verificare il livello del finanziamento della rete ferroviaria e la sua adeguatezza in raffronto a casi europei comparabili.
La rete ferroviaria italiana, con esclusione delle reti regionali minori, è gestita dall’anno 2000 da Rfi, società del gruppo Ferrovie dello stato. I suoi costi di esercizio sono coperti da due fonti principali di ricavo: (1) i pedaggi corrisposti dalle imprese ferroviarie che la utilizzano, principalmente Trenitalia, Italo e TreNord, oltre alle imprese merci private; (2) i trasferimenti pubblici a copertura delle manutenzioni, dato che l’art. 14, comma 4, del decreto legislativo 188/2003 stabilisce l’erogazione di incentivi pubblici per le “operazioni di manutenzione, nonché il miglioramento della qualità dell’infrastruttura e dei servizi ad essa connessi, al fine di “ridurre i costi di fornitura dell’infrastruttura e l’entità dei diritti di accesso”. Il conto economico di Rfi è stabilmente in attivo, ma il risultato migliore è quello del 2014, anno in cui la riduzione dei pedaggi dei treni ad alta velocità, stabilità dall’Art, l’Autorità di regolazione dei trasporti, è stata più che compensata dalla riduzione dei costi.

Grafico 1 – Conto economico di Rfi (milioni di euro)

Fonte: Relazione annuale Rfi, vari anni.

Finanziamenti in conto capitale

La gran parte dei trasferimenti pubblici in favore di Rfi non è tuttavia in conto esercizio e di conseguenza non emerge dal conto economico. Riguarda invece il finanziamento in conto impianti delle manutenzioni straordinarie, dei rinnovi di rete e dei nuovi investimenti. I trasferimenti pubblici in conto capitale vanno però esaminati per un lungo periodo di tempo, data la loro variabilità in relazione all’esecuzione di piani d’investimento non caratterizzati da un fabbisogno finanziario regolare.
Il grafico 2 riporta gli importi cumulati a partire dall’anno 1997 per quattro grandi reti europee: oltre a Rfi, la britannica Network Rail, erede della privatizzata e fallita Railtrack, la francese Rff, ora divenuta Sncf Réseau, e la svedese Banverket, ora inclusa in Trafikverket che gestisce anche la rete stradale.

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Grafico 2 – Trasferimenti pubblici alle reti ferroviarie (miliardi di euro correnti)

Fonte: Corte dei conti (It), ORR (Uk), Comptes des Transports (Fr), Trafikverket Annual Report (Se).

Il dato totale italiano, che include i contributi in conto impianti erogati dal 2006 e gli apporti pubblici al capitale sociale Fs antecedenti, ammonta a 71,5 miliardi. Nello stesso periodo, lo stato francese ha versato in conto capitale alla sua rete 37 miliardi, quello britannico 56 miliardi e quello svedese 25 miliardi. Nel caso svedese sono inclusi tutti gli oneri sostenuti dal gestore, comprese le manutenzioni ordinarie in quanto non separabili. Nel caso britannico, invece, i trasferimenti pubblici compensano in realtà gli oneri d’esercizio per interessi e gli ammortamenti di rete, i cui investimenti il gestore finanzia contraendo debiti sul mercato. Infine, per rendere comparabile il dato francese, occorre tener conto che molti investimenti sono stati finanziati da Rff contraendo finanziamenti sul mercato. Considerando che all’inizio del periodo il debito a lungo termine di Rff era di 136 miliardi di franchi francesi, pari a 21 miliardi di euro, e a fine 2016 era salito a 44 miliardi, la spesa totale in conto capitale di Rff ammonta a 60 miliardi, di cui 37 finanziati dallo stato e gli altri 23 da incremento nel debito a lungo termine. Nonostante questa rettifica, la spesa pubblica in conto capitale per la rete ferroviaria italiana resta la più elevata in valore assoluto nel ventennio considerato. In media d’anno l’onere pubblico è stato pari a 1,3 miliardi in Svezia, 2,8 miliardi nel Regno Unito, 3 miliardi in Francia e 3,6 miliardi in Italia.

Grafico 3 – Trasferimenti pubblici in rapporto alle dimensioni di rete (milioni di euro per km)

Fonte: elaborazioni su dati grafico 2; Eurostat ed EU Commission, Transport Statistics, per le dimensioni delle reti.

La rete gestita da Rfi non è tuttavia quella di dimensioni maggiori tra le quattro considerate. Se dividiamo la spesa media annua per i km di rete o di binari, otteniamo per l’Italia valori decisamente più elevati rispetto a tutti gli altri. In relazione ai km di rete la spesa pubblica italiana è circa il doppio di Francia e Svezia e un quarto in più del Regno Unito; in relazione ai binari quasi il doppio di Svezia e Regno Unito e due volte e mezza la Francia. È vero che nel periodo considerato l’Italia ha costruito circa 750 km di linee ferroviarie ad alta velocità, tuttavia la Francia negli stessi anni ne ha aggiunto 1.500 ulteriori alla sua rete. Si può dunque escludere che vi sia stato nel tempo un sotto-finanziamento pubblico della rete ferroviaria, anzi i dati evidenziano un sovra-finanziamento che non sembra essersi tradotto in un adeguamento generalizzato della rete tradizionale e non ha impedito i recenti episodi, dall’incidente di Pioltello, ammesso che possa essere imputato alla rete, alle interruzioni della circolazione per l’assenza di ‘scaldiglie’ nel nodo di Roma. Una valutazione della congruità delle risorse pubbliche spese rispetto ai risultati conseguiti, che non sembra essere stata fatta dal governo uscente, si impone pertanto nel breve termine.

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Il Punto

  1. oscar

    Sulla repubblica comparve nei giorni della “ neve” un intervista al presidente delle ferovie dove tra le altre cose si parlava dei famigerati sistemi di riscaldamento degli scambi caratterizzandoli come impianti di energia analoga a quella consumata da un comune appartamento, 3 kW/h. Mi incuriosirebbe sapere chi e’ riuscito a mettere 2 errori in una parola, una potenza si esprime in kW e un energia in kWh. Se il responsabile nel non sapere distinguere un energia da una potenza fosse il presidente questo spiegherebbe tutto, se il responsabile fosse il giornalista lo spiegherebbe solo in parte.

  2. Francesco Brasi

    Quanto incide, nel più elevato costo medio per km, la geografia italiana?
    Rispetto a Francia, Inghilterra e Svezia mi sembra di poter affermare che il nostro territorio sia più “ostico” per la costruzione e manutenzione della rete ferroviaria.

  3. Michele

    Il cuore di buona parte dei problemi italiani sta nella qualità della spesa. Se spendiamo di più e otteniamo di meno qualche problema strutturale c’è. È innegabile. Le varie riforme degli appalti pubblici non sono servite. È inutile fare politiche di bilancio se poi si spende male o malissimo. Questo riguarda tutta la spesa pubblica: dalle infrastrutture alla sanità, dagli investimenti alla spesa corrente.

  4. Frank

    Alcune osservazioni:
    1) il dlgs 188/2003 è stato sostituito dal dlgs 112/2015 (in recepimento della direttiva direttiva 2012/34/UE): il riferimento a quanto indicato è l’art. 14 c. 4
    2) interessante il confronto con indicatori tra reti simili in Europa, ma vanno altresì considerati, ad esempio: la situazione orografica italiana è ben diversa da altri paesi (e questo spiega, tra l’altro, anche i maggiori costi per AV); l’impatto del tipo di traffico – passeggeri vs. merci – dato che quest’ultimo provoca maggior usura dei binari (trasporto merci sulla rete AV, cosa succederebbe? ipotesi prospettata dal ministro ed allo studio di FSI, oltre che di altre IF merci); l’unità di traffico per km (linee secondarie a scarso traffico richiedono, naturalmente, minore manutenzione)
    3) la valutazione sulla destinazione di risorse pubbliche ad una specifica tipologia di trasporto è squisitamente politica (il favor al ferro è, come noto, forte), al di là della possibilità di utilizzare evoluti strumenti di confronto tra politiche alternative che possono essere più o meno contemplati nella cornice normativa (es. analisi costi-benefìci per le azioni necessarie al Piano di potenziamento della capacità dell’infrastruttura, art. 33 c. 3 dlgs 112/2015)

  5. Valerio

    Su Wikipedia, la lunghezza delle linee ferroviarie italiane sono lunghe 26500 km, quelle francesi 29488, quelle svedesi 9821 e quelle britanniche 16208. Il che manda benedire le tesi di questo, che definire articolo è francamente improprio.

  6. Enea

    Mi pare che non si possa fare un confronto sensato sommando solo i trasferimenti pubblici da bilancio.
    Infatti negli anni presi ad esempio RFI ha ricevuto numerosi finanziamenti per la dispendiosa costruzione della Reta AV-AC, totalmente finanziata da contributi pubblici, mentre in Francia, ad esempio, l’investimento è stato fatto in compartecipazione tra lo stato e il gestore nazionale (https://uic.org/IMG/pdf/2010_high_speed_brochure_2010.pdf – pag 20) che ad esempio può spiegare i minori trasferimenti francesi (e sicuramente il maggior debito di SNCF, pari a circa 45 miliardi di debito rispetto a quello molto più ridotto di FS).

  7. Dean

    Buongiorno Dr Arrigo,

    amici che vivono in Inghilterra mi fanno notare quanto segue:

    1) secondo wikipedia l’Italia ha 26.500 km circa, contro 17.300 in UK.
    2) l’orografia italiana e’ certamente molto piu’ accidentata di quella francese, in media, ed enormemente di piu’ di quella britannica o svedese (paesi sostanzialmente piatti). Il costo di costruzione e di manutenzione di un’opera e’ assai maggiore di quello di una linea in pianura.
    3) Rispetto a UK, in Italia abbiamo una percentuale molto maggiore di elettrificazione, 16.700 km su 26.500 (63%) vs. 5.300 su 17.700 circa (30%). Una linea elettrificata costa molto di piu’ di manutenzione, particolarmente se si usa la catenaria anziche’ quella “porcheria” di terzo binario che si trova a sud di Londra, fonte di un sacco di guai e pericoloso, ma piu’ economico da costruire e mantenere.

  8. Sarebbe interessante confrontare anche il volume di traffico generato sull’infrastruttura. La rete AV italiana ha raggiunto quasi i livelli di saturazione, soprattutto nella tratta Bologna-Roma. Quanti treni-km supportano le reti confrontate?

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