Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Luigi Di Maio sulle convergenze in Parlamento tra i partiti del centro-destra. Vuoi inviarci una segnalazione? Clicca qui.
Le divisioni viste da Di Maio
Che Luigi di Maio non riconosca l’unità della coalizione di centro-destra è un fatto ormai noto ai più. Negli ultimi giorni sono stati due gli appuntamenti televisivi in cui ha affermato che Lega e Forza Italia hanno avuto – e continuano ad avere – posizioni discordanti su gran parte dei temi di interesse generale. In entrambi i salotti politici (Porta a porta e Otto e mezzo), Di Maio ha rivendicato la sua esperienza da vicepresidente della Camera come prova a sostegno della sua tesi. In particolare, lunedì 16 aprile a Otto e mezzo ha dichiarato:
“Io ho presieduto la Camera come vicepresidente per cinque anni e alla Camera e al Senato per il 70 per cento delle volte in questi cinque anni Forza Italia e Lega hanno votato in maniera difforme, diversa, non c’è mai stata un’unità di contenuti e di intenti.”
Per verificare la validità dell’affermazione – e della percentuale – ci siamo avvalsi dell’aiuto di OpenParlamento, la piattaforma web dell’osservatorio Openpolis che consente di seguire passo dopo passo le attività dei singoli parlamentari, le vicende dei disegni di legge o delle mozioni.
Una precisazione: non intendiamo accertare la solidità della coalizione di centro-destra, sulla quale non esistono probabilmente sufficienti strumenti analitici, bensì verificare la percentuale di voti disgiunti.
Quante volte Lega e Forza Italia hanno votato disgiuntamente
Per verificare le convergenze dei gruppi parlamentari dobbiamo affidarci alle espressioni di voto dei singoli parlamentari: in Italia infatti non esiste un sistema di confronto delle indicazioni di voto dei gruppi, come offre invece Vote Watch per il Parlamento europeo. Abbiamo quindi dapprima confrontato le percentuali dei voti concordi o disgiunti espressi dai capigruppo di Forza Italia e Lega alla Camera e al Senato nella legislatura appena conclusa.
Alla Camera, Renato Brunetta (Fi) ha espresso lo stesso voto del collega Massimiliano Fedriga (Lega) nel 56,8 per cento delle votazioni, specificamente in 940 votazioni sulle 1654 in cui entrambi erano presenti. Dunque, i due ex capigruppo hanno votato in modo difforme circa nel 43 per cento dei casi. Numeri simili anche per gli ex capigruppo al Senato, Paolo Romani per Forza Italia e Gian Marco Centinaio per la Lega. I due senatori hanno votato in modo diverso l’uno dall’altro nel 45,5 per cento delle votazioni.
Prendendo poi in considerazione i due deputati di Lega e Forza Italia con il più alto tasso di presenze e allo stesso tempo il minor tasso di voti ribelli (voti differenti rispetto all’indicazione del gruppo parlamentare), la percentuale di voto difforme diminuisce ancora: Stefano Borghesi (Lega) e Rocco Palese (Forza Italia) – con percentuali di voti ribelli rispettivamente dello 0,3 e 0,8 per cento – hanno infatti espresso lo stesso voto quasi nel 60 per cento delle votazioni. Selezionando due senatori con lo stesso criterio, scopriamo inoltre che Antonio Razzi di Forza Italia (voti ribelli 0,8 per cento) e Paolo Tosato della Lega (voti ribelli 2,3 per cento) hanno espresso voti disgiunti nel 40,3 per cento delle votazioni in cui sono stati entrambi presenti.
Come sottolineato anche da Pagella Politica, il quadro che emerge è certamente discrepante rispetto a quello dipinto da Di Maio: secondo i dati, sembra infatti che Forza Italia e Lega abbiano espresso voti difformi nel 40-45 per cento circa delle votazioni parlamentari. Una cifra ben lontana dal 70 per cento prospettato da Di Maio.
Le votazioni chiave
Non sono solo le statistiche di OpenParlamento a smentire Di Maio. Anche sulle votazioni più importanti degli ultimi cinque anni Lega e Forza Italia hanno dimostrato una vicinanza reale.
Le posizioni sono state spesso discordanti a inizio legislatura, prima fra tutte la scelta di sostenere il governo Letta. Su posizioni diverse i due partiti si sono trovati anche sulla mozione contraria all’acquisto degli F35 (Lega astenuta, Fi contraria), sulla sospensione di una rata Imu (Forza Italia favorevole, Lega astenuta) e sul cosiddetto decreto del Fare (Forza Italia favorevole, Lega contraria).
Successivamente, dalla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore e dalla revoca dell’appoggio da parte di Fi al governo di larghe intese, i due partiti si sono avvicinati considerevolmente. Entrambi hanno sempre votato contro tutte le leggi di bilancio e altri provvedimenti importanti del governo Renzi (a cui il partito di Berlusconi non ha votato la fiducia), come la delega del Jobs act, la Buona scuola, la riforma della Rai, il decreto sulle banche popolari, il disegno di legge per il reddito di inclusione e quello per la concorrenza.
Storia a parte fanno gli atti oggetto dell’accordo del Nazareno: su Italicum e riforma costituzionale Forza Italia – fino all’elezione di Sergio Mattarella – ha votato con la maggioranza di governo, mentre la Lega è sempre stata contraria. Entrambi, però, hanno votato il Rosatellum bis, l’attuale legge elettorale.
Alcune divergenze sono invece emerse sui temi giuridici. Il centro-destra si è per esempio spaccato sul delitto di tortura (Forza Italia ha lasciato libera scelta, Lega ha votato no). Anche sul decreto vaccini e sulla proroga delle missioni militari Lega e Forza Italia hanno assunto posizioni differenti: il partito di Berlusconi si è espresso generalmente in modo positivo, mentre quello di Salvini è stato contrario o astenuto.
Il verdetto
Luigi Di Maio, da ex vicepresidente della Camera, dovrebbe conoscere bene le cronache parlamentari della scorsa legislatura. Invece, non si capisce su quali basi, riporta un dato senza fondamento: i gruppi parlamentari di Lega e Forza Italia hanno votato in modo disgiunto circa nel 45 per cento delle votazioni. Una percentuale probabilmente ridottasi negli ultimi anni, dopo la fuoriuscita di Forza Italia dalla maggioranza del governo Letta e il fallimento del patto del Nazareno. La percentuale riportata dal capo politico del Movimento 5 stelle, “70 per cento”, è dunque PARZIALMENTE FALSA. Ciò non significa che la coalizione di centro-destra si sia sempre dimostrata coesa in questi cinque anni, come il paragrafo sui voti chiave dimostra. Ma la quota di Di Maio è imprecisa di oltre un terzo.
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Savino
Di Maio ignora totalmente il Bossi in canottiera ad Arcore, il Maroni Ministro dell’Interno, il Calderoli autore del porcellum, il Giorgetti sempre presente in tutte quelle fasi.
Salvini è, a torto o a ragione, erede di quella Lega, prima ancora che del centrodestra unito.
Piuttosto, Di Maio a quale famiglia politica appartiene? A quella dei raccattavoti, per caso?
Jacopo
Grazie, molto interessante e nessuna critica su questo.