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Migranti economici cercasi

Durante la crisi economica, l’Italia ha ridotto nettamente le quote annuali di ingresso per lavoratori extra-UE. Ma di manodopera straniera abbiamo ancora bisogno. Serve una strategia che scoraggi il lavoro nero e favorisca canali di ingresso legali.

Numeri e percezioni

Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nella sua relazione annuale 2018 ha affermato che, viste le dinamiche demografiche e la struttura del mercato del lavoro, “in Italia c’è una forte domanda di lavoro immigrato” e che “in presenza di decreti flussi del tutto irrealistici, questa domanda si riversa sull’immigrazione irregolare”.

Viene da chiedersi allora come mai i migranti economici, cioè chi non ha diritto all’asilo, vengano considerati (non solo dai partiti di destra) un problema da prevenire o allontanare.

Per cominciare bisognerebbe riportare il tema della migrazione regolare all’interno del dibattito sull’immigrazione, finora concentrato solo sui “profughi”. Solo per dare la dimensione dei fenomeni, in Italia abbiamo oggi 2,4 milioni di occupati stranieri regolari (10,5 per cento del totale), 14 volte rispetto al numero di richiedenti asilo presenti nei centri di accoglienza (170 mila).

Fino al 2011 (anno delle guerre civili in Siria e Libia e delle “primavere arabe” in Egitto e Tunisia), l’ammissione di migranti economici permetteva che arrivassero rapidamente a pagare tasse e contributi. Successivamente, vista la crisi economica, i vari governi hanno ridotto drasticamente le quote annuali per lavoratori extra-UE. Questo ha di fatto incanalato anche i migranti economici nelle lunghe procedure di asilo, un limbo almeno biennale di costi per lo stato e difficoltà burocratiche.

I permessi di soggiorno (primo rilascio) per motivi di lavoro sono così scesi da 350 mila nel 2010 a 125 mila nel 2011 e addirittura a 13 mila nel 2016. Il parallelo aumento dei permessi per motivi umanitari (78 mila nel 2016) non giustifica la percezione negativa dell’opinione pubblica.

La stessa distinzione tra migranti economici e richiedenti asilo, molto netta nel diritto internazionale, si fa decisamente più sottile nella pratica: una grossa fetta dei migranti che oggi sbarcano in Italia e presentano richiesta d’asilo proviene da paesi dell’Africa occidentale ed è quindi improbabile che abbia diritto all’asilo (fermo restando che ogni domanda va valutata individualmente). In un’economia in ripresa, seppur lenta, sarebbe dunque utile tornare a considerare i migranti economici non come un pericolo, ma come forza lavoro.

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Figura 1 – Ingressi nell’anno di cittadini non comunitari per motivo del permesso (2007-2016)

Fonte: Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat

Perché non possiamo fare a meno dei lavoratori stranieri

In tempi di crisi, si è diffusa la convinzione che la presenza straniera tolga posti di lavoro ai disoccupati italiani. Benché i due gruppi siano numericamente simili (2,4 milioni gli occupati stranieri, 2,5 milioni i disoccupati italiani), non sono facilmente sostituibili: innanzitutto, gli occupati stranieri svolgono prevalentemente lavori poco qualificati (quindi faticosi e poco retribuiti), mentre buona parte dei disoccupati italiani ha almeno il diploma e ambisce a professioni qualificate. I lavoratori stranieri sono in maggioranza al Nord, i disoccupati italiani al Sud. C’è poi la tendenza demografica: in un paese che invecchia rapidamente, reintegrare i disoccupati (parte dei quali ha età avanzata) non basterebbe a sostenere il sistema pensionistico. Infine, il mercato del lavoro non è una scatola chiusa in cui prima di mettere bisogna togliere: in un’economia che cresce, creare nuovi posti di lavoro ne genera altri.

Il fatto che la manodopera immigrata sia ancora necessaria all’Italia è confermato anche da altri due elementi. Primo, le previsioni demografiche Istat confermano la tendenza all’invecchiamento del nostro paese. Si tratta di una tendenza comune a tutto il mondo occidentale, ma particolarmente sentita in Italia e Germania. Secondo lo scenario medio dell’Istat, da qui al 2050 la popolazione con almeno 65 anni passerà da 13 a 20 milioni (+50 per cento), ovvero dal 22 al 34 per cento del totale.

Secondo, i settori con la maggior presenza di occupati irregolari sono anche quelli con la più alta incidenza straniera: edilizia (irregolarità al 16,1 per cento), agricoltura (23,4 per cento) e lavoro domestico (58,3 per cento). In altri termini, anche in tempi di crisi l’economia ha avuto bisogno di lavoratori stranieri, che però sono rimasti in posizione irregolare perché formalmente non era possibile assumerli. A maggior ragione, con la ripresa economica il fabbisogno di manodopera aumenterà: quote di ingresso meno restrittive potrebbero contribuire a svuotare il bacino di irregolarità straniera in quei settori.

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Possibili strategie

Fermo restando che sarebbe auspicabile una condivisione d’intenti a livello europeo, piuttosto improbabile visto il clima generale, l’Italia – che è a inizio legislatura – potrebbe cominciare a lavorare autonomamente su un modello virtuoso a lungo termine, abbandonando la gestione d’emergenza. Le priorità sarebbero due: scoraggiare il lavoro nero, attraverso incentivi a chi assume e controlli rigorosi, e favorire canali di ingresso legali, che oltretutto fungerebbero da deterrente verso la migrazione irregolare.

L’attuale normativa mostra oggi tutti i suoi limiti: il decreto flussi basato sull’ordine cronologico delle domande è da superare. Senza arrivare al modello canadese basato sulla qualità del migrante, occorre introdurre altri elementi di valutazione (ad esempio età, competenze), che consentano di passare da una immigrazione “subita” a una “co-gestita” e più orientata verso i fabbisogni del mercato del lavoro.

Una soluzione potrebbe essere quella di negoziare quote d’ingresso con i paesi di origine, andando a “selezionare” i lavoratori da far entrare, affinando strumenti già sperimentati in passato (non sempre con successo). In questo modo, quegli stessi paesi potrebbero poi collaborare nella gestione dei flussi irregolari e dei rimpatri.

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22 commenti

  1. Savino

    Abbiamo bisogno di capitale umano (dare le redini dell’economia in mano ai giovani, incoraggiandoli a fare figli una volta che si vedono coi soldi in tasca), di persone che imparino un’arte anzichè continuare a lamentarsi sui social network, di qualcuno che sappia selezionare il merito e il talento anzichè valutarlo per due soldi (portando, invece, avanti i soliti raccomandati), di qualcuno che sappia dare l’esempio anzichè fare il corrotto, il furbo e il fannullone, di qualcuno che sappia essere umile nel cominciare un progetto professionale anche dal basso.
    Più in generale, abbiamo bisogno di tornare ai nostri valori, che pongono al centro di tutto l’essere umano, la sua dignità, il suo ingegno, le sue abilità.

  2. Enrico

    Continuo a non capire il discorso delle pensioni soprattutto in ottica prospettica e quindi vi pongo il mio dubbio. Se chi lavora oggi paga le pensioni oggi gli immigrati di domani le pagheranno agli immigrati di oggi ed a meno di una scomparsa degli italiani nel giro dei prossimi 30 anni o di una esplosione della nostra economia tale da richiedere afflussi mastodontici di nuovi lavoratori e quidi considerando costanti sia gli immigrati che il tasso di natalità ( o frose di de natalità ) degli italiani. Il supporto sarà giusto per pagare le pensioni di chi ha attraversato il mediterraneo prima di loro. Infine se non erro tempo fa più di qualcuno ci ha spiegato che le, per me, giuste riforme fatte avevano messo nel lungo periodo il sistema pensionistico in equilibrio e pertanto se il sistema è in equilibrio con la gestione degli immigrati as is per quale motivo è necessario, polemica politica a parte, enfatizzare il tema ?

    • Giuseppe GB Cattaneo

      Concordo. Anche io non capisco il discorso sugli immigrati che pagheranno le pensioni. Poi mi chiedo in che quartiere vive chi parla di immigrazione. Quanti venditori di ombrelli ci sono nel vostro quartiere? Perché non troviamo un lavoro ai venditori di ombrelli prima di parlare?

      • LUIGI

        Semplice: l’immigrato regolare lavora generalmente un certo numero di anni, mette da parte un gruzzoletto (per lo standard del suo paese) mentre sostiene anche la famiglia con le rimesse.Poi torna a casa ad aprire qualche attività, grazie anche all’esperienza fatta in Italia. MA… non ha maturato i requisiti per la pensione e con quei paesi non ci sono accordi per il riconoscimento dei contributi, ergo non riscuoterà niente di quanto versato. In altre parole Boeri ci dice che il problema pensioni si risolve RUBANDO agli immigrati. Complimenti!

  3. “canali di ingresso legali, che oltretutto fungerebbero da deterrente verso la migrazione irregolare.” Non si capisce come. In quanto tali i canali di ingresso legali tendenzialmente comportano un aumento dell’ immigrazione irregolare per via dell’ effetto “amici e parenti”. A meno che l’ immigrazione regolare non coinvolga buona parte del bacino dei possibili migranti, che sono parecchie decine di milioni (vedere i dati sulle rilevazioni Gallup e Pew center).

  4. bruno puricelli

    Condivisibile dal punto di vista del lungo periodo, si insiste erroneamente su un’apparente virtualità del valore percettivo. Gli intellettuali continuano a sbagliare ed il popolo continua ad essere confuso. Noi (il popolo) valutiamo in base alla frequenza di incontro con il fenomeno migratorio non sempre per sentito dire ma soprattutto per la effettiva, costante presenza in luoghi pubblici di gente che non è inserita e si ritrova suo malgrado con i compagni (di sventura) a condividere momenti di noia o di scambio di idee; raramente sono incoraggiati a frequentare biblioteche dal di dentro. Anzi, in alcune città stanno fuori forse a curare chi entra! Comunque la si guardi, è una situazione non accettabile da una società costruita su regole e leggi. Queste vanno rispettate ancor di più da chi non vi appartiene non perchè sia più giusto ma perchè il territorio di possesso ha un valore naturale. Chi non ha il coraggio di addentrarsi in tali disquisizioni dimostra di essere portato a filosofie metafisiche. Ricordate, in natura, bontà e carità non esistono. Sono funzioni dipendenti dal possesso. Umano, molto umano parlarne. Ma bisogna fare tutti i conti

  5. Alessandro Bellotti

    Scusate, ma non capisco davvero dove sia il problema. In Italia può arrivare chiunque purché dotato dei titoli necessari per stare nel nostro paese. Titoli che sono, tipicamente, il passaporto e, quando previsto, il visto. Chiunque può presentarsi in frontiera, via aerea, nave etc…, presentare i documenti necessari e poi cercare lavoro. Un volo da Lagos a Fiumicino costa meno di 500 euro. Chi arriva con i barconi ne spende migliaia…Quindi ?

  6. Franco

    Si dice che abbiamo bisogno di migranti economici perche’ i disoccupati italiani sono prevalentemente al Sud e ambiscono a professioni qualificate mentre gli stranieri sono in maggioranza al Nord e svolgono lavori poco qualificati. Sinceramente non capisco. Perche’ i disoccupati del Sud non possono muoversi verso le regioni del Nord dove c’e’ lavoro, e — in mancanza di posti di lavoro nelle “professioni qualificate” — cominciare ad accontentarsi dei lavori “poco qualificati” disponibili? Sembra tanto che dobbiamo importare manodopera perche’ i nostri disoccupati sono un po’ “viziati”. Una volta i disoccupati italiani attraversavano l’oceano per trovare lavoro… Oggi non possono trasferirsi dalla Calabria alla Lombardia? Certo, se un disoccupato puo’ ricevere un assegno mensile dallo stato (reddito di cittadinanza) per starsene a casa davanti alla TV, capisco che non abbia un grande incentivo a trasferirsi al Nord a fare un lavoro poco qualificato…

  7. Henri Schmit

    Concordo. È quella la differenza: subita o co-gestita. La generalità dell’ultimo termine indica l’ampiezza e l’indeterminazione del compito.

  8. fobar

    facendo emigrare 170.000 giovani italiani, diplomati e laureati, e poi si persevera nel dire che servono estracomunitari lavoratori?
    Per favore esaminate il tema lavoro a 360° e non banalizzate come mantra dei media fanno.
    “lavori poco qualificati (quindi faticosi e poco retribuiti” altra perla che si sente ovunque, peccato che : 1) calmierano i salariati attuali 2)la tecnologia non esiste 3) come ripeto ad amici, se di avvocati è saturo il mercato perchè il compenso non scende mentre se di spazzini non si trovano non si alza il salario (legge domanda/offerta)?
    Comunque perdonatemi sono io che vivo su altro pianeta

  9. Elio Pennisi

    Esorterei gli autori a redigere una statistica che tenga conto della futura riduzione della domanda di lavoro a basso livello dovuta a utilizzo di Intelligenza Artificiale (circa 40% in 15-20 anni). Nella globalità e nei Paesi ad alta produttività tale contrazione è indicata nel 20% (studi credibili). In ITA rischiamo di immettere popolazione che domani dovremo mantenere con reddito di cittadinanza/disoccupazione. Ponderiamo oggi pianificando il futuro dei ns. figli.

  10. Marcomassimo

    Si vede che che certi ricercatori vivono in un mondo virtuale, aule universitarie formali che con la realtà ha un rapporto molto labile e relativo; Spendiamo 5 miliardi per la accoglienza ed il mantenimento a lungo termine di centinaia di migliaia di migranti; ora se fosse vero che i poveri datori di lavoro si sbracciano e si accapigliano invano per cercare manodopera generica inesistente, questi troverebbero impiego subito e non si dovrebbe mantenerli per lunghi periodi; la realtà è che in tutti i paesi del mondo si cerca manodopera qualificata; i tempi del bisogno delle nude braccia per le esigenze della industria fordista appratengono ad altre epoche; anche paesi che sono demograficamente praticamente spopolati come per esempio l’Australia ora non accettano affatto immigrati come potevano farlo negli anni ’60 e non credo che paesi del genere siano in preda a pulsioni suicide.
    Certo la particolarità dell’Italia, rispetto ad altri paesi sviluppati, è che il suo tessuto di imprese minime è naturalmente e geneticamente soggetto ad irregolarità ed informalità molto più rispetto ad altri paesi, come per esempio Francia e Germani; si tende molto a fare profitto sulla compressione dei salari e dei diritti della manodopera; ed in questo senso l’immigrato è il candidato ideale quando si pensa che la efficienza e la produttività si possano rimandare alle calende greche e il “negro”, dalle scontate poche esigenze, possa essere una manna.

  11. Andrea C

    Continua a suonare il disco rotto….ma se questi migranti economici sono così preziosi in quanto svolgono prevalentemente lavori poco qualificati e sono fondamentali per il mantenimento del sistema pensionistico, perché allora tutti i paesi europei li respingono? Anche Germania e Austria hanno problemi d’invecchiamento della popolazione eppure non li vogliono e ce li rimandano indietro. Delle due l’una: siamo furbi noi e stolti tutti loro, oppure è il contrario? Se qualcuno riuscisse a spiegarmelo gli/le sarei molto grato. Ah, poi la storia dei disoccupati italiani che hanno alte ambizioni…molto comodo pensarla così, alcuni non sanno davvero dove orientarsi, altri sarebbero disponibili a fare un’ampia gamma di lavori ma a condizioni perlomeno decenti….

  12. Lucio

    vista dall’Africa subsahariana l’Europa appare una fortezza. La possibilita’ per un africano di emigrare legalmente in Europa e’ sostanzialmente nulla. Di fatto e’ gia’ impossibile accedere anche solo alle ambasciate dove oramai per la maggiore vige il sistema di accesso telefonico con carta prepagata, superato questo scoglio si puo’ accedere a qualche scarna informazione e da li’ partire per una lunga trafila. Avere un visto salvo per i benestanti che dimostrino di avere famiglia e lavoro oltre che risorse e’ impossibile. Dopo l’assurda direttiva 51/2001 della EU le poche verifiche e la responsabilita’ su eventuali rimpatri per accessi irregolari ricade sulle compagnie aeree rendendo impossibile scappare legalmente pure ai rifugiati.
    Detto questo e’ ovvio orami che la problematica sia sfaccettata ed estremamente complessa tale da rendere inevitabile un approccio di studio multidisciplinare e sul campo un intervento coordinato tra diversi paesi e enti sovranazionali (ONU e sue agenzie in primis) reso difficile anche da questione di scarsa rappresentativita’ e governance di molti paesi coinvolti nella questione. Cio’ che Boeri ha evidenziato nella sua relazione costituisce un approccio valido ma che occorre approfondire in certi punti ad esempio valutare l’impatto delle norme sui ricongiungimenti familiari, fenomeno che potrebbe rendere l’effetto positivo dei nuovi contribuenti su casse pubbliche solo di breve: anche i migranti hanno figli (piu’ di noi) e genitori

  13. Mario Angli

    Con 11% di disoccupati e 11,7% di scoraggiati, la tesi non sta in piedi. Non c’è carenza di manodopera in Italia, non c’è necessità di schiavi. Quanto gettito fiscale produrrebbero la metà di quei disoccupati italiani se messi al lavoro? Davvero si pensa che l’immigrazione di qualità abbia un contributo nettamente positivo alle casse dello stato? Perché non lo è.

  14. Antonio Fusi

    Non metto in dubbio le analisi però allo stesso tempo mi chiedo: che fa lo Stato per ridurre l’enorme disoccupazione, sopratutto giovanile, e la numerosa emigrazione di italiani costretti ad andare all’estero in cerca di lavoro? Che fa questo pseudo stato? Dove sono i programmi per arginare questi due fenomeni che riguardano gli Italiani?

  15. Claudio

    Migranti economici cercasi? Forse quando usciremo dalla cris. Cioè mai, perchè l’Italia nelle condizioni vigenti dell’EU e dell’euro è tenuta costantemente sotto scacco. Dobbiamo ridurre il debito (sigh) ergo non possiamo fare spesa pubblica, quindi non possiamo crescere. Povera Europa, povera Italia.

  16. piero

    Continuo a non capire questi discorsi sul bisogno di forza lavoro in Italia. Attualmente in Italia ci sono circa 6 milioni di senza lavoro reali (di cui un milione stranieri), una parte dei quali lavoricchia in nero; senza contare alcune centinaia di migliaia di stranieri irregolari, di cui una parte lavoricchia in nero. In futuro continueranno ad arrivare molti immigrati, checchè ne dica Salvini, comunitari e non. Quindi non capisco tutta questa preoccupazione. Semmai, bisogna cercare una soluzione per gli irregolari, che nemmeno Salvini riuscirà a rimpatriare. E poi sarebbe il caso di vedere come si può arrestare l’emigrazione di giovani italiani, una perdita sul piano qualitativo che gli immigrati non sono in grado di compensare.

  17. Marco Molgora

    Commenterei i commenti: denotano in maggioranza il fastidio, l’irritazione e preoccupazione diffusa per le persone che immigrano in Italia.
    Gli stranieri sono un problema reale, in che misura, od è un problema -almeno per una parte non trascurabile- la narrazione sui migranti che è diventata convinzione collettiva?
    I fatti singoli sono sempre distorcenti rispetto alla comprensione di un problema. Se sei stato testimone di una rapina mentre sei in viaggio, pensi di trovarti in un paese insicuro. etc.
    Penso a 3 immagini: A) le ore 22 quando vedo, non pochi immigrati, in bici che terminano il 2° turno, sulle strade buie dell’hinterland di Milano, quando torno dalla palestra con mio figlio, B) la badante che segue temporanemente mia mamma, in regola, permesso di soggiorno, ma che per il rinnnovo ha l’appuntamento fra 10 mesi in questura, nei quali sarà senza SSN. C) i migranti che ti vendono di tutto “in nero” in spiaggia, o talvolta alle stazioni del metro.
    C’è una occupazione buona (operaio, badante) ed altra marginale (venditore ambulante), uno stato credibile deve fare emergere la prima e scoraggiare la seconda. Perchè la realtà è piena di grigi.
    Il mercato del lavoro non è un mercato di soggetti fungibili, nè per area del paese, nè per settori e qualifiche che per lavoratori. Per cui possiamo avere disoccupati Italaini ed occupati stranieri, italiani che emigrano per lavoro, etc.
    Il problema è creare lavoro e buoni posti.di lavoro per Italiani, Europei, altre persone ..

  18. MTJ

    Se posso portare un esempio personale – ho molti amici che hanno fatto le scuole e le università italiane e per avere un lavoro dignitoso (non precario, con contributi ecc.) sono costretti a andare all’estero – chi in Inghilterra, chi in Germania, chi in Austria. Molte persone che conosco e che hanno già superato i 40 anni si accontentano di lavori di basso profilo, saltuari, senza certezze economiche che possano fare in modo che pianifichino (a 40 anni) il proprio futuro. Per logica anche a me sorgono grossi dubbi sulle stime in base alle quali c’è un bisogno di manodopera straniera. Allo stesso modo non capisco le prese di posizione di certe istituzioni in merito.
    Alcune osservazioni:
    1. Il lavoro in nero bisognerebbe controllarlo anche tra i cittadini italiani non solo tra gli stranieri.
    2. Favorire flussi legali: come, più facile a dirsi che a farsi. Bisognerebbe innanzitutto dividere persone oneste e meritevoli da quelle che non lo sono (o lo sono meno). Come fare questa distinzione?

    Nota finale. L’Italia poi non è l’America. Jared Leto in America o altrove può sbandierare orgogliosamente “America is a land of immigrants” (rif. Yahr, E. “MTV EMAs: Jared Leto tells London crowd America is ‘a land of immigrants…we welcome you”, Washington Post, 12 novembre 2017). Ma l’Italia non è l’America, ha problemi radicati da risolvere e credo che bisognerebbe dunque porre altri framework per meglio contestualizzare le osservazioni sul tema di questo articolo. Buon lavoro.

  19. Daniel

    Chiederei agli Autori di fornire il dato complessivo degli immigrati disoccupati iscritti agli Uffici provinciali del Lavoro, ed un motivo plausibile per il quale non svolgono i lavori che “gli italiani non vogliono più fare”. Assolto questo minimo dovere informativo, possono anche continuare a sostenere che “di manodopera straniera abbiamo ancora bisogno”.

  20. Rino Talucci

    Non se ne può più di ricercatori, presidenti INPS, ecc. che vivono fuori dal mondo reale. Continuano a sostenere cose che sono contrarie a quello che ogni cittadino vede ogni giorno nella sua esperienza. E cioè due realtà contrapposte: o migranti a spasso nelle nostre città a spese dello stato, e quindi dei cittadini, ed anche a caro prezzo, o schiavi nelle campagne a 15 euro al giorno ammassati nelle baraccopoli. La verità che questa immigrazione serve alle strutture che fanno business dell’accoglienza (Caritas, cooperative, ecc.) e ai nuovi schiavisti alla ricerca di manodopera senza diritti da schiavizzare. Nel mentre i nostri figli devono emigrare all’estero per trovare un lavoro decente…

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