L’aumento dello spread Btp-Bund non influenza il costo dei mutui esistenti, ma può avere effetto su quelli non ancora stipulati. In effetti sta già accadendo, come mostrano i dati. Che però non sempre vengono spiegati adeguatamente al pubblico.
Ancora spread, ancora mutui
Spread e costo dei mutui: l’eterno ritorno dell’uguale. Il tema è stato nuovamente tirato in ballo a Porta a Porta la scorsa settimana, nel corso di un’animata schermaglia tra l’ex ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan e la sottosegretaria all’Economia in quota Cinque stelle Laura Castelli. Avevamo già lungamente approfondito la relazione tra spread e mutui in questo fact-checking, subito dopo l’invio della Nota di aggiornamento al Def alle Camere e la conseguente maretta dei mercati. Del resto il Sole 24Ore potrebbe persino curare una monografia, se contiamo tutti gli articoli che ha dedicato all’argomento (i più significativi qui e qui). Ma il video della contesa continua a impazzare sui social (“Questo lo dice lei!”) e la questione merita una puntata risolutiva, anche alla luce del Rapporto sulla stabilità finanziaria di Banca d’Italia diffuso pochi giorni fa. Saranno soltanto numeri, ma parlano chiaro.
Esiste un effetto spread? Sì, potrebbe
È nei dettagli che il diavolo nasconde la coda. Di fronte a Laura Castelli che nega l’esistenza di qualsivoglia relazione tra spread e costo dei mutui, la risposta corretta è “vero, ma soltanto per i vecchi mutui”. Proprio qui ha origine l’equivoco, amplificato dai media e da alcuni politici poco rigorosi. Lo ha spiegato il Sole 24Ore, lo abbiamo ribadito noi: l’aumento dello spread Btp-Bund non ha alcun impatto sui mutui in essere. Quelli a tasso fisso già stipulati sono, per definizione, invulnerabili alle dinamiche dei tassi di interesse e dei mercati; quelli a tasso variabile sono agganciati prevalentemente all’andamento del tasso interbancario Euribor, le cui oscillazioni non influenzano e non sono influenzate dallo spread. Ma è soltanto una parte della storia: sono i “nuovi” mutui – quelli ancora da stipulare – che potrebbero risentire del rialzo dello spread. Padoan non racconta il falso dunque, come afferma la sottosegretaria in quello che è ormai diventato un video di culto. Piuttosto, la sua argomentazione fa riferimento soltanto al costo dei mutui futuri.
“Questo lo dicono i dati”
Il rapporto di Banca d’Italia uscito il 23 novembre chiarisce come l’aumento del rischio dei titoli di stato impatti sulla decisione delle banche di concedere mutui a tasso maggiore.
Anzitutto vi sono maggiori costi di raccolta. Studi condotti su quanto successo tra il 2010 e il 2011 (quando lo spread è passato in pochi mesi da 100 a 500 punti base) ci raccontano che un aumento di 100 punti di spread può causare un aumento dei tassi d’interesse sui depositi a lungo termine e sui pronti contro termine di 40 punti base. Il tasso d’interesse sulle nuove emissioni obbligazionarie potrebbe invece aumentare di 100 punti base. Si potrebbero poi svalutare le garanzie stabili per i rifinanziamenti presso l’Eurosistema, riducendo la liquidità bancaria. Cosa che si sta già verificando: alcuni indicatori di liquidità delle banche italiane stanno peggiorando e continueranno a farlo se il debito procederà su questi livelli, secondo le stime di Banca d’Italia. Per quanto riguarda il rischio di mercato, il value at risk misurato dai cinque intermediari che abitualmente calcolano i rischi di mercato dei propri portafogli è più che raddoppiato da maggio. Stessa cosa si può dire del rischio di tasso d’interesse. Infine, una svalutazione dei titoli di stato riduce l’attivo di patrimonio. Alla fine dello scorso giugno questi ammontavano all’11,3 per cento del patrimonio delle banche più piccole e al 4,7 delle più significative. Secondo le stime di Banca d’Italia ad oggi un aumento parallelo della curva dei rendimenti sui titoli di stato di 100 punti ridurrebbe il rapporto Cet1 (capitale di migliore qualità/attività ponderate per il rischio) di 50 punti base.
Meno liquidità, attivi svalutati e maggiori costi di raccolta incidono anche sulle famiglie, rendendo l’accesso al credito più oneroso. Tra il 2010 e il 2011 un aumento di spread di 100 punti ha determinato in soli tre mesi rialzi dei tassi per imprese (70 punti) e famiglie (30 punti). Tale effetto è stato di certo amplificato dalla fragilità del sistema bancario, ma chi oggi vuole stipulare un nuovo finanziamento sostiene già un costo del debito più alto rispetto a qualche mese fa. Questo perché, come registra l’Associazione bancaria italiana, a partire da ottobre le banche hanno cominciato ad alzare gli spread sui mutui proprio per via dell’aumento del rischio sovrano (il costo medio del mutuo sulla casa è aumentato dall’1,8 all’1,87 per cento). Anche per le imprese le frizioni nel mercato dei titoli di stato di quest’estate sembra abbiano già avuto effetto: i margini sui nuovi prestiti a tasso fisso sono infatti leggermente aumentati e il costo medio sui finanziamenti in essere ha smesso di abbassarsi.
Per adesso non si tratta di aumenti allarmanti, ma se lo spread resterà alto il rincaro sul costo del debito di famiglie e imprese rischia di avere conseguenze ben più dannose. E infatti, come mostrano i dati sulla crisi del debito del 2011, i margini applicati ai nuovi mutui non hanno iniziato a crescere alle prime avvisaglie del pericolo, ma soltanto quando il rialzo dei tassi si è dimostrato abbastanza forte e prolungato (figura 1).
Figura 1
Fonte: Banca d’Italia e Thomson Reuters Datastream (Rapporto sulla stabilità finanziaria)
Non per fare la morale…
Tirando le somme, un effetto seppur contenuto del rialzo dello spread sul costo dei mutui (quelli nuovi) lo stiamo già osservando, con buona pace della sottosegretaria Castelli. È vero che i tassi dei mutui sono ancora su livelli molto bassi e lo scostamento è minimo, ma è pur sempre un’inversione di tendenza certificata (e non un’opinione). Mentre i mutui già stipulati restano al riparo dalle montagne russe subite dai rendimenti dei titoli di stato, anche questo è innegabile. Non si tratta di parteggiare per un politico o per l’altro, ma di leggere i numeri. E neppure il mandato del popolo dovrebbe esonerare gli eletti da questo.
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Gabriele
Chi afferma che lo spread non influisce sui tassi dei mutui , o e’ un ignorante in materia economico/finanziaria o e’ in malafede.
Avendo la Castelli una Laurea anche se solo triennale in economia aziendale , propendo per il fatto che e’ semplicemente in mala fede.
Visto lo standing e il percorso professionale dell’ex ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan , direi che il percorso sia scolastico che professionale della Castelli e’ praticamente insignificante.
D’altronde sembra evidente a tutti quelli che hanno una media cultura scolastica e professionale , che l’attuale governo e’ composto da persone assolutamente incompetenti . Difatti difronte a evidenti difficolta’ durante i dibattiti , si difendono sempre con la stessa frase , magari incompetenti ma eletti dal popolo.
Certamente eletti dal popolo , ma a detta di molti un popolo bue. Ebbene si , la qualita’ media del popolo italiano e’ di essere intelligente preparato acculturato come un branco di buoi o di pecore. Povera democrazia , doveva eleggere i migliori per gestire bene uno stato , oggi la democrazia con un popolo cosi’ infimo elegge purtroppo anche gli idioti. Ne pagheremo tutti le conseguenze
giudecca
Egregio Gabriele, pur non avendo io votato per questo Governo, sento la necessità di far seguito alla sua arroganza ed ignoranza. Lei definisce gli italiani stupidi ed idioti, mentre tali epiteti si addicono perfettamente soltanto a Lei, visto il suo sciocco e rabbioso commento. Lo spread potrà influire soltanto sui NUOVI mutui, non su quelli in essere, sia che siano a TF legati all’Irs iniziale, che a TV legati all’Euribor.
Considerate le Sue manifestate modeste competenze cercherò di farLe un esempio il più semplice possibile: le banche investono in mutui (per Lei leggasi “presteranno soldi per i mutui”) se il relativo tasso è superiore a quello dei BTP. Diversamente, investono nel più remunerativo BTP.
STUDI E SIA MENO PRESUNTUOSO !!!!
giudecca
Marco Pietripaoli
Personalmente ho sottoscritto a luglio ’18 un mutuo a tasso fisso con un primario istituto bancario al tasso dell’1.30 % (il valore sottoscritto era per altro corrispondente al simulatore di un noto sito online di comparazione mutui).
Oggi , con lo stesso simulatore, con lo stesso istituto bancario, con gli stessi identici parametri, la proposta è a 1,50 % , con le altre spese accessorie inalterate.
Ma osservo analoghi aumenti anche da parte degli altri istituti bancari proposti.
Risulta evidente l’aumento avvenuto negli ultimi 4 mesi. Con buona pace della Sottosegretaria
Massimo GIANNINI
La solita campagna anti-governativa…fatta di opinioni. Sarebbe bene che gli autori leggessero i numeri e applicassero la statistica rispondendo a queste tre domande: qual è la correlazione statistica tra spread e aumento dei tassi sui mutui ? Quali sono le variabili, statisticamente significative, oltre lo spread, che determinano e spiegano un aumento del tasso sui mutui ? Quali banche e di quanto hanno aumentato i tassi sui nuovi mutui?
Amegighi
E per verificare questo utilizzerebbe una statistica frequentista o Bayesana ?
Alessandro Lonardi
Perdonate il mio principiantismo, ma quando apro l’outlook di Novembre del’ABI trovo scritto che l’aumento del rischio sovrano medio registrato sui mutui casa e’ passato da 1.80% (Settembre) ad 1.87% (Ottobre). Questo non significa che l’incremento imputabile allo spread e’ del 0.07%? Nell’articolo l’espressione “il costo medio del mutuo sulla casa è aumentato dell’1,87 per cento” mi sembrerebbe pretestuoso in tal caso. Per favore correggetemi se sbaglio nell’interpretazione.
Mi sento inoltre di sottolineare un’errore contemporaneamente logico e di metodo all’articolista: se si vuole fare fact-checking su una correlazione temporale di due indici, non basta pescare due esempi per dire che c’e’, ma si dovrebbe affiancare le distribuzioni temporali degli indici e rendere evidente la correlazione.
Concretamente: non basta pescare due momenti della serie storica (2010 vs 2011), un articolo di fact checking serio dovrebbe affiancare l’andamento temporale del tasso medio dei mutui allo spread, similmente a quello esposto dalla Castelli Euribor vs Spread per intenderci.
L’unico grafico simile che sia fin ora riuscito a rintracciare va in antitesi con l’articolo (mi riferisco a quello pubblicato dallo studio di Win the Bank su malvezzieuropei.it).
Lieto di essere smentito dai dati, ma in assenza loro questo specifico fact-checking assume una valenza relativa.
mario
Innanzitutto grazie molte delle osservazioni,
Abbiamo rettificato per quanto riguarda l’1.87%. Sul resto: non si tratta di un fact-checking ed è bene che non sia valutato come tale. L’obiettivo dell’articolo era provare a spiegare meglio i meccanismi per cui le banche, indebolendosi a causa della riduzione del valore dei titoli di stato, potrebbero essere indotte ad aumentare il costo dei mutui. Cosa che è successa tra 2010 e 2011. Non volevamo fare una correlazione tra i due indici, anche perchè quello che sosteniamo nell’articolo è che non sia un aumento temporaneo, ma permamente e cospicuo, dello spread a indurre queste dinamiche.
In ogni caso qui trova un fact-checking sul tema (il grafico della Castelli è utile a spiegare, come fatto anche da noi, come lo spread non influenzi il tasso sui mutui esistenti, ma in questo caso parliamo di nuovi mutui):
https://www.lavoce.info/archives/55398/ce-davvero-un-effetto-spread-sui-mutui/
Michele
L’articolo dimostra il contrario di quello che gli autori vorrebbero. Lo scrivono pure: 1) i mutui già stipulati non variano 2) per i nuovi mutui i tassi sono “molto bassi” e il rialzo osservato è “contenuto”. Inoltre che il rialzo “contenuto” sia la risultante dello spread non è dimostrato. Che il costo della raccolta non abbia influito lo dimostra l’euribor (piatto e negativo) e i tassi costantemente a zero sui depositi. Molto invece possono aver influito altre variabili; il costo dei mutui è un prezzo di mercato su cui influiscono tante variabili: domanda e offerta, necessità delle banche di recuperare reddito a coprire i npl, più o meno concorrenza tra banche, ma anche tanta propaganda che lega – in modo spurio – spread e tassi dei mutui finisce per auto avverarsi grazie alla suggestione indotta nei prenditori. In conclusione il contenuto rialzo del costo dei mutui è solo una occasione per le banche per aumentare i loro profitti.
Baldarri Margherita
Domanda: il mutuo già stipulato da tempo, ma con tasso variabile, può subire variazioni in base allo spread? Siate pure prolissi nella risposta. Grazie
Henri Schmit
Con simpatia e rispetto: è indegno per gente che si occupa di economia, finanza o politica accettare il dibattito sull’esidtenza di una correlazione fra spread e costo dei finanziamenti. È mettersi al livello di Siri e compagnia. Bisogna invece spiegare e misurare la correlazione nel tempo sui vari tipi di finanziamento (che necessitano coperture più o meno ampie con fondi propri) e sulla causalità meccanica fra l’uno e l’altro. Ho negoziato fra maggio e luglio un finanziamento per una start up; le tre banche mi hanno detto che le loro offerte di tasso fisso e di tasso variabile valevano solo per un breve lasso di tempo. Basta confrontare poi le condizioni di un’emissione di obbligazioni a medio termine di UniCredit lanciata la scorsa settimana con un’operazione similare fatta all’inizio dell’anno e i conti sono presto fatti. Sarebbe anche utile confrontare le condizioni di finanziamento equivalente in vari Stati membri. Gli ignoranti presuntuosi che diffondono falsità sono agevolati dall’assenza di verifica della serietà sui sociale e …. sulla maggior parte dei media tradizionali – pure finanziati dallo Stato!
Michele
Ha perfettamente ragione. Qualunque prezzo, incluso il costo di mutui o di altri tipi di finanziamento, dipende innanzitutto dal mercato. Domanda e offerta, trend generali e aspettative. Far intendere un legame meccanico tra spread – tra i rendimenti dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi – e il costo dei mutui casa è pura propaganda politica di basso livello. Tifo da stadio. Serve a impaurire la gente digiuna di nozioni specifiche. Approfittare della ignoranza altrui non è cosa onorevole.
Maurizio Cocucci
Una sola osservazione. Anche voi confondete lo ‘spread’ con il rendimento (o yield se si vuole utilizzare il termine anglosassone) e i due termini non coincidono. E’ vero che all’aumentare del rendimento di un titolo italiano anche lo spread segue lo stesso andamento ma talvolta non è così. Una particolare attenzione la riserverei guardando il valore attuale dei rendimenti dei titoli tedeschi, presi come riferimento, nelle varie durate per spiegare come la mia osservazione non vuole essere una mera questione lessicale. Attualmente i rendimenti dei titoli tedeschi è di gran lunga al di sotto del livello che si potrebbe definire ‘naturale’, ovvero alla pari con l’aumento dei prezzi per garantire il mantenimento del potere di acquisto da parte degli investitori. A fronte di una inflazione in Germania ma anche in gran parte della UE attorno al 2% i titoli decennali registrano un rendimento di nemmeno mezzo punto percentuale e quelli di durata inferiore sono tutti a rendimento negativo, cioè il governo tedesco incassa anziché pagare. Ora, se in futuro le cose dovessero regolarizzarsi dovremmo avere i rendimenti dei titoli tedeschi salire, con i decennali di poco superiore al tasso di inflazione. Questo comporterebbe un calo sensibile dello spread con i nostri BTP ma non comporterebbe una riduzione del costo del debito se appunto il loro rendimento rimanesse costante.
Pietro Cesati
Mi sembra che nell’articolo non si tenga in considerazione di un effetto importante: la sfiducia nel debito sovrano, che fa aumentare immediatamente lo spread, nel tempo può creare tensioni anche sul mercato interbancario e quindi far aumentare l’euribor. In questo caso anche il costo dei mutui a tasso variabile già stipulati aumenterà. Non è un caso di scuola, è già successo nel 2010-2011. All’epoca la sfiducia nel debito sovrano riguardava più paesi, ma la dimensione enorme del debito pubblico italiano fa sì che anche una crisi di fiducia sul solo debito italiano possa avere il medesimo effetto.
Giuseppe Sibilli
Vero, ma l’effetto è meno che proporzionale proprio perché riguarda la parte di portafoglio Euribor, ponderata soltanto sul settore bancario italiano (più rischioso).