Ai mercati è bastato che i no-euro fossero messi alla porta perché calasse la percezione di rischiosità del debito pubblico italiano. Il nuovo governo deve non sprecare questo regalo, resistendo alla tentazione di fare più deficit e impostando una manovra di qualità, contenendo la spesa pubblica corrente.
La exit dei no-euro e i rendimenti sul Btp
È bastato che salisse al Quirinale lo stesso presidente del Consiglio del governo precedente ma privo dell’ipoteca dei no-euro sulle sue azioni e sul futuro dell’Italia. Prima ancora che il premier incaricato Giuseppe Conte sciogliesse la riserva. Prima ancora della formazione di un nuovo governo e anzi con tutte le incognite legate alla formazione di un esecutivo tra due partiti come Pd e M5s che si sono detestati, insultati e combattuti con colpi sotto la cintola negli ultimi anni. Prima ancora che siano state delineate le linee guida di una manovra di bilancio che si preannuncia come minimo in salita ripida, data l’eredità del passato e le aspettative presenti di una svolta di bilancio. Insomma, non è ancora successo niente ma è bastato che i mercati avessero solo la percezione del “basta no-euro” – cioè che Matteo Salvini e i suoi esperti economici da social network non saranno più nella stanza dei bottoni – e il costo del debito italiano è sceso allo 0,99 per cento sui Btp a 10 anni. Sono 84 punti base in meno rispetto al 9 agosto, quando il rendimento sui Btp italiani si impennò all’1,83 per cento salendo di 42 punti base in due giorni e interrompendo una discesa iniziata alla fine di maggio.
Naturalmente nei dati sul rendimento dei Btp non c’è solo l’effetto “no-euro exit”. C’è un trend mondiale e continentale di tassi a lunga che sono scesi ovunque a precipizio dall’inizio dell’anno, incorporando le aspettative di una possibile recessione in America. Per isolare in modo semplificato quanto conta l’effetto “basta no-euro” nel calo dei tassi sui Btp negli ultimi venti giorni si può guardare cosa è successo ai rendimenti dei bonos spagnoli nello stesso periodo di tempo. La Spagna, grazie alla sua robusta crescita economica, paga già da vari mesi un rendimento molto basso. Il 9 agosto il rendimento sui bonos spagnoli decennali – il titolo confrontabile con i Btp italiani – era infatti pari a un minuscolo 0,27 per cento. Quello stesso rendimento è sceso il 29 agosto allo 0,12 per cento, in un periodo in cui né dalla Spagna né da Francoforte è arrivata alcuna notizia rilevante. Nello stesso periodo il rendimento dei treasury Usa è sceso dall’1,73 all’1,52 per cento, più o meno in linea con quello dei bonos spagnoli. Prendendo la riduzione del rendimento sui bonos come il punto di riferimento dei trend di mercato per un paese osservato speciale (come Spagna e Italia sono) viene fuori che, tra il 9 e il 29 agosto, il tasso spagnolo è sceso di 15 punti base (da 0,27 a 0,12), mentre in Italia lo stesso tasso è sceso di 84 punti (da 1,83 a 0,99). L’uscita dei no-euro sembra dunque valere un bonus di 69 punti base. Ed è un bonus ottenuto senza passare per la roulette delle elezioni anticipate, con una campagna elettorale che si sarebbe svolta a colpi di promesse inattuabili sullo sfondo della Brexit e della prosecuzione di una guerra tariffaria che molto preoccupa le borse di tutto il mondo. Mica male.
Come non sprecare il dividendo della “no-euro exit”
La fortuna però è sempre meglio non sprecarla. È vero che in Europa Ursula von der Leyen, la presidente designata della Commissione, ha, tra l’altro, annunciato l’intento di rivedere le regole fiscali dell’Unione – ritenute da larga parte del nostro mondo politico responsabili dell’eccessiva restrittività delle politiche di bilancio seguite dall’Italia negli ultimi anni. Ed è anche vero che sulle regole di bilancio la nuova presidente della Bce Christine Lagarde ha fatto eco a von der Leyen, citando anche gli eurobond come strumento per rafforzare l’euro. C’è però da considerare che rivedere regole europee pur bizantine e condizionate a grandezze come l’output gap, difficili da misurare e da comprendere per la maggior parte dei cittadini europei, non vuol dire che si vada verso un’Europa senza regole fiscali in cui chi vuole spende e spande. Come insegna la storia americana, in un’unione monetaria qualche regola di bilancio che vincoli i singoli stati a non fare deficit eccessivi ci vuole. E in un’unione molto imperfetta, come un’unione monetaria di tanti stati nazionali, le regole sono ancora più necessarie. In ogni caso, per approvare queste regole – forse – più favorevoli ci vorrà del tempo. Intanto la prossima legge di bilancio va fatta con le regole esistenti. Che danno margini di flessibilità in presenza di circostanze documentabili come una recessione o altre circostanze eccezionali. L’arrivo di dati meno positivi dai fatturati e dagli ordinativi assieme a dati in chiaroscuro sul mercato del lavoro potrebbero aiutare a istruire una pratica di richiesta di maggiore flessibilità da parte del nuovo governo. Magari con maggiori speranze di successo rispetto al governo precedente dove c’era chi credeva nella filosofia di battere i pugni sul tavolo e di non partecipare alle riunioni dove si prendono le decisioni. Ma è difficile che – dopo i pur importanti attestati di stima – al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ora a capo di una maggioranza giallorossa, non venga rammentato dai membri della Commissione l’impegno preso all’inizio di luglio da una persona con il suo stesso nome e la sua stessa carta d’identità anche se a capo di una maggioranza di colore parzialmente diverso. Sarà difficile disattendere l’impegno a fare tutto il possibile per rispettare le regole in materia di disavanzo eccessivo a distanza di una manciata di settimane.
Molto meglio dunque che il nuovo governo imposti una manovra che guardi alla qualità del bilancio pubblico, tornando a investire sul futuro e risparmiando ove possibile una parte delle risorse destinate alla spesa corrente con la precedente legge di bilancio, per creare lo spazio per una riduzione graduale ma permanente del carico fiscale che non sia rubata alle future generazioni.
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Marcello Romagnoli
Più fondamentale è domandarci se è giusto che i mercati intervengano o comunque spingano verso decisioni politiche in un paese. E’ democrazia?
La variazione dei tassi dei titoli di stato avviene probabilmente per altri motivi che quelli che il prof.Daveri riporta perchè, se guardo i valori in questi giorni, molti paesi europei hanno segni negativi nei tassi ( i tassi diminuiscono). Non mi si dica perchè è avvenuto in allontanamento dei sovranisti in Italia dai….
Savino
Cosa dovrebbero fare di diverso coloro che finanziano, prestando soldi, la baracca? Cosa diamo in cambio della fiducia sul nostro debito pubblico, le figurine di Tardelli anche stavolta come con l’ipotesi mini-Bot ai creditori?
francesco daveri
“La variazione dei tassi dei titoli di stato avviene probabilmente per altri motivi che quelli che il prof.Daveri riporta “. Non è così. Nel pezzo provo a decomporre in modo semplificato la componente comune a tutti i paesi (che vale circa 0,15 in un paese come la Spagna e 0,20 negli Usa). Questa è la variazione a cui lei si riferisce. Questo effetto colpisce anche i titoli italiani. Ma il calo dei tassi italiani è di 0,84. Quindi c’è un delta (pari a 0,69, cioè 0,84 meno 0,15) che è specifico dell’Italia e che nel mio articolo ho chiamato effetto “basta noeuro”.
Andrea Monti
In pratica i mercati comandano i governi. Non é paradossale? Immaginate Colbert che dice al Re Sole: 2Non comanda lei Sire… comanda lo Spread”!
shadok
“I mercati” non comandano nessuno. Semplicemente se uno stato chiede un finanziamento, il tasso di interesse che deve riconoscere dipende, anche, dalla sua credibilità. Se è intenzionato a fare sempre più debito e alcuni esponenti del governo lasciano intendere che si potrebbe ridenominare il debito, è normale che chiunque sottoscriva i titoli chieda, in cambio, un interesse più elevato, a compensazione del rischio di insolvenza. Poi, fare gli spacconi dicendo “faccio quanto debito mi pare”, “lo ripago in pataccones, poi ridiamo”, senza poterselo permettere (ovvero senza essere in grado di emanciparsi dal mercato del credito) non è molto furbo.
Michele
C’è un sacco di gente che non è mai andata in banca a chiedere un mutuo o un prestito. Se non sei l’amante del Direttore, generalmente ti fanno la Tac delle risorse (finanziarie, immobiliari, etc) e se proprio non hai niente vogliono almeno la firma di qualche tuo parente ricco. Dopo, forse, ti danno qualche soldo. Stringi stringi, la logica di chi presta denaro è (giustamente) sempre la stessa: vogliono garanzie. PS: tra l’altro, questi famigerati mercati, sono gli stessi che investono i soldi nei fondi pensione. Se non facessero bene il loro mestiere uno potrebbe ritrovarsi un importo molto inferiore a quello previsto. Immagino la felicità.
Mauro Peveri
Caro Prof. Daveri volevo sciogliere un dubbio: E’ vero che gli interessi sui BTP sono composti, semplificando, da due componenti: Interesse + premio per il rischio? Es. 2% int (asta) + 3% (cds).= 5%. Non mi risulta che Banche acquistino CDS, per cui es. Banca Nazionale sottoscrive BTP incassa 5% e Stato IT paga 5%? Con meccanismi diversi Lo Stato non potrebbe risparmiare molto sugli interessi? Grazie Mauro Peveri
Alberto Isoardo
La banalità dell’analisi stupisce davvero…..o forse non dovrebbe visto che si tratta di un professore della Bocconi da cui arrivava pure il “senatore a vita” Mario Monti.Difendere a priori ed in modo acritico un’Europa che nessuno vuole davvero federata perchè oggi rappresenta soltanto gli egoismi, gli appetiti rappresentati da Francia, Germania e gli altri paesi che brillano per politiche fiscali che dovrebbero essere proibite.
Penalizzare quelli che hanno evidenziato le criticità di un’Europa che non è più dei cittadini ma solo delle banche e delle imprese globalizzate significa voler negare il malcontento originato dalle distorsioni di questa politica europea e non penso si tratti di miopia ma di sguardo volutamente girato dall’altra parte.
E poi, diciamoci la verità, quella dell’abbandono dell’euro è una vera balla usata da chi voleva rimanere ossequioso nei confronti dei burocrati EU che ora hanno dato il placet a questo governicchio.
Ricordando Sciascia non mi rimane che sperare che i quaquaraquà della politica con la loro corte di giornalisti e accademici possano essere messi da parte da elezioni in cui i cittadini possano legittimamente e liberamente esprimere le loro scelte, qualunque esse siano.
In fin dei conti chi ha condotto l’Italia in queste condizioni non è l’asta la Lega e nemmeno il M5S (che non mi piace), ma i professoroni ed io politici che, a torto, si sono sentiti moralmente migliori di quelli attuali.
Leggete Galli della Loggia sul Corriere di oggi!
francesco daveri
Guardi il malcontento lo vedo io quanto lei. Solo che io diffido delle scorciatoie proposte dai pifferai noeuro. L’idea del’abbandono dell’euro è stato esposto in mille occasioni da Bagnai, Borghi e Salvini. Salvo poi ritirare la mano quando – arrivati nella stanza dei bottoni – si sono accorti che il solo parlare di Italexit (come nella bozza del contratto di governo di maggio 2018 poi sconfessata) costava 100 e più punti di spread.
Alessandro Pescari
Non vi sono dubbi che il nuovo governo dovrà fare maggiore attenzione ai temi dell’economia. Al di là dei manifesti di questi giorni, occorrono azioni strutturali con una visione del paese per il futuro che metta al centro il sostegno alla produzione (manifattura in primis) e ai redditi da lavoro (di qualsiasi tipo).
Per fare ciò – l’esecutivo – non potrà appellarsi a maggiore spesa corrente/+ deficit e alle solite ricette di breve respiro. Al contrario occorre una seria revisione della spesa e in particolare l’eliminazione di “agevolazioni” che sono divenute in larga parte anacronistiche se non foriere di privilegi non più sostenibili.
Di pari passo non è più rinviabile una riforma del sistema fiscale che dia priorità alla semplificazione del sistema con più equità della tassazione dei redditi da lavoro, rispetto alle altre categorie reddituali (fondiarie, capitale, ecc..) che paradossalmente scontano aliquote proporzionali e in molti casi largamente inferiori a quelle dovute sul lavoro.
E’ chiaro che in questi anni di crisi (e non solo), il nostro Paese non ha saputo approntare le vere riforme e ora che a livello europeo (Danimarca e Germania) si stanno sperimentando addirittura tassi negativi anche sui mutui a 10/20 anni, non possiamo permetterci di portare avanti una politica economica che non riesca a dare gli shock necessari per non finire in una stagnazione secolare.
bruno puricelli
Egr. Professore,
credo sia un’illusione sperare in una politica economica capace di farci recuperare il terreno perduto in almeno un ventennio di cattive abitudini profuse da tutti i governi. Ora, qualunque richiamo a politiche economiche “corrette” non potrà cavarci d’impaccio perché la coperta è ormai troppo corta. Oltre il limite cruciale. Lo sanno anche i sassi!
Molte e diverse sono le cause per le quali può esistere soltanto una disponibilità di risorse che non “pesino” sui parametri.
Si potrebbe pensare che la riduzione dello spread sia la panacea ma, stante la situazione generale, io non lo penso. Non lo penso perché il nostro “cavallo” beve più di quanto dovrebbe. Sono arciconvinto che non ce la si può fare….. a meno che si escogiti un escamotage tipo Minibot o CCF CON un doveroso accordo con la UE. in tal caso ci sarebbe un aumento di liquidità monetaria a costo zero per parecchio tempo. Tuttavia penso i partner tedeschi ed olandesi in primis non lo consentirebbero. A noi servirebbe qualcosa di più del risparmio di ulteriori 100 p.b. a noi servirebbe un autentico booster da 30-50 mlds l’anno per almeno 200-400 mlds in 8 anni. Ciò non deve apparire fantascientifico in quanto, mentre lo Stato italiano si indebitava, noi italiani abbiamo risparmiato. Dati ufficiali delle Entrate citano 8-9 mila miliardi, di cui oltre 4000 mlds per il patrimonio immobiliare. Mi è capitato di indicare una possibile via per disporre di liquidità aggiuntiva più reale e più congrua ..segue
bruno puricelli
..
dei Minibot sia dei CCF. Recentemente, su Start Magazine, Salerno accenna alla cartolarizzazione del 20-25% del patrimonio privato. La vedo come la confrema della validità della mia proposta che tende a generare circa 1000 mlds in 30 anni praticamente gratis. Attenzione, non è una moneta parallela per via del fatto che:
1- il cespite è congruo, reale e valorizzato;
2- coinvolge praticamente tutti gli italiani che saranno interessati alla circolazione dei titoli ad hoc appositamente emessi;
3-non incidono sul debito affrancandoci dallo spread da subito e per 30 anni.
La proposta è legata a doppio filo con la tenuta dei conti ma le risorse ci permetteranno il miglioramento del tessuto culturale, civile, strutturrale del paese
Asterix
Caro Daveri è esattamente l’opposto. La riduzione dello spread non è legato all”uscita del governo dei no euro, bensì dall’ ingresso del partito dell’Europa ad ogni costo. I mercati festeggiano il ritorno al governo dell’unico partito italiano che ha fatto scattare l’incremento dell’Iva, che ha ridotto gli investimenti pubblici, che ha accettato le clausole per il rientro dal debito più severe (tranne la Grecia ovvio) anche a costo di deprimere il PIL. Mentre altri Paesi hanno fruito du deviazioni più ampie (francia, spagna, portogallo) questo partito ha sempre rispettato la politica degli avanzi primari anche a costo di ridurre la sanità pubblica, le infrastrutture civili e tecnologichenecessarie allo sviluppo del Paese. Ora in un momento di difficoltà per tutti (Germania in primis) a causa della brexit e dazi usa, che stanno chiudendo i mercari di sbocco per le imprrse UE, quando si allegeriranno i parametri del rigore, l’Italia si presenterà con un Governo docile che accetterà le vecchie regole. Questo consentirà di destinare le risorse europee al salvataggio degli altri Paesi UE (Germania, Francia). I mercati non festeggiano le future politiche di ripresa del PIL italiano, bensì le future misure di austerity che noi adotteremo (patrimoniale o Iva), o peggio, le future cessioni delle poche partecipazioni strategiche in mano ancora al MEF. Adesso hanno al governo il partito più pronto a difendere gli interessi europei, e meno quelli degli italiani, come il voto dimostra.
francesco daveri
Sofisticato commento con tante congetture, con i mercati che congiurano e si accordano e la godibilissima congettura su Francia e Germania da salvare a nostre spese. Ha però un difetto, cioè che non passa il test del rasoio di Occam: tra varie spiegazioni alternative, di solito meglio la più semplice.
bruno puricelli
segue le 2 mie preceenti osservazioni.
Il meccanismo che genererebbe la liquidità opera con una tassazione nominale pari al 10% (quantità arbitraria) del valore patrimoniale privato degli italiani (ma anche del patrimonio immobiliare privato italiano).a garanzia del pagamento futuro a 30 anni di una tassazione IMU straordinaria. Questo fatto dovrebbe poter permettere allo Stato di emettere titoli che denomino TDPII per 50 mlds l’anno per 8 anni. Tale liquidità è patrimonio di “tutti” noi italiani e ci risparmierebbe finanziamenti per 50 mlds/a consentendoci di investire cifre che, diversamente, non sarebbero consentite per il vincolo del 3%. I rsiparmi e le attività aggiuntive derivanti dai 50 mlds ci permetterebbero di raggiungere in 8 anni un livello di auto sostentamento tale da prevedere un gettito aggiuntivo per 50 mlds….. a condizione che non si sfori!
Si disporrebbe di risorse a favore delle imprese, dei lavoratori privati innanzitutto e avremmo il necessario per opere pubbliche. Deve passare il messaggio che ci saranno risorse adeguate per chi lavora e per chi studia. L’assistenza non sarà rivolta alle persone sane. La proposta è più ampia e più bella ma senza il contributo di economisti come lei ed alcuni suoi colleghi difficilmente si potrà mettere a punto una proposta convincente per i nostri dirigenti politici che, a tutt’oggi, si sono mostrati reticenti. Io porpongo l’idea su come sfornare liquidità, non può essere considerata una moneta parallela. Eviterei l’
bruno puricelli
… l’aiuto miserevole del generoso Personaggio perchè insufficiente e perchè protrarrebbe l’agonia.
Amo ripetere che in natura gli esseri viventi sopravvivevano a danno di altri. Un uomo ma anche una società hanno il diritto di sopravvivere quando non a danno di altri. in questo caso dovremmo sentirci pienamente in diritto di adottare l’azione descritta. A vantaggio persino dell’Europa per i riflessi economici e sociali derivanti