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Cassa integrazione “Covid”, un primo bilancio*

Nei mesi di marzo e aprile, un’impresa su due ha usufruito della Cig ordinaria. Più al Sud e meno al Nordest, con un risparmio medio per l’azienda di circa 1.000 euro per dipendente e una perdita media per il lavoratore del 27 per cento.

In una nota congiunta Inps-Banca d’Italia abbiamo analizzato i dati relativi all’effettivo utilizzo nei mesi di marzo e aprile degli strumenti di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro, così come modificati dal decreto “Cura Italia” (Dl n.18/2020). L’analisi è basata sui microdati presenti nell’archivio dell’Inps (aggiornati al 15 luglio, per mese di competenza) e si riferisce a tutti gli strumenti di integrazione salariale previsti per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid: Cassa integrazione guadagni (Cig) ordinaria, assegni dei Fondi di solidarietà e del Fondo di integrazione salariale (Fis) e Cig in deroga, sia pagati direttamente dall’Inps, sia portati a conguaglio dalle imprese.

Risparmi e perdite

Nei mesi di marzo e aprile il 51 per cento delle imprese ha usufruito della Cig-Covid per quasi il 40 per cento dei dipendenti del settore privato. Tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato prevalentemente la Cig-Covid in deroga, l’importo medio risparmiato grazie alla riduzione dell’orario di lavoro è stato pari a 3.900 euro nel bimestre; le imprese più grandi del settore dei servizi, che hanno fruito dell’assegno ordinario Covid, hanno risparmiato in media quasi 24.000 euro mentre le imprese della manifattura, che ricorrono prevalentemente alla Cig ordinaria Covid, circa 21.000 euro. In media ogni impresa in Cig-Covid ha speso circa 1.100 euro in meno per ogni dipendente presente in azienda (a prescindere dall’incidenza dei lavoratori in Cig; Figura 1, pannello di sinistra). Per il 7 per cento delle imprese il risparmio è stato di almeno 3.000 euro per dipendente (nel totale nei due mesi).

Dal lato dei lavoratori, in media ogni individuo in Cig-Covid ha subito una riduzione oraria di 156 ore, il 90 per cento dell’orario mensile di lavoro a tempo pieno (pari a 173 ore in marzo e aprile). La conseguente perdita di reddito da lavoro è stata in media del 27 per cento, con punte di oltre il 50 per cento (Figura 1, pannello di destra). La perdita media registrata da coloro che si trovano nel quinto più elevato della distribuzione del reddito lordo mensile è stata di 7 punti superiore a quelle osservata nel quinto più basso.

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Figura 1 – Risparmio di costo del lavoro per le imprese e perdita subita dai lavoratori in Cig-Covid nei mesi di marzo e aprile (valori percentuali).

Nota: elaborazione degli autori su dati Inps. I dipendenti si riferiscono agli occupati presenti nell’impresa nel mese di febbraio 2020, indipendentemente dal tipo di contratto di lavoro.

Chi e dove ne ha usufruito di più

L’utilizzo della Cig-Covid è più elevato nei settori con una dinamica più sfavorevole dell’attivitàsia nella manifattura sia nei servizi. La Figura 2 riporta i cambiamenti nella tendenza dell’indice della produzione industriale o del fatturato sull’asse delle ascisse (misurati dal rapporto tra la variazione tendenziale della produzione industriale in aprile e il medesimo indice misurato in febbraio) e, in ordinata, la quota di imprese che in ogni settore hanno utilizzato la Cig-Covid (per il settore manifatturiero Ateco a 4 digit; per i servizi Ateco a 2 o 3 digit). Oltre alla relazione negativa tra le due grandezze, la figura mostra che l’utilizzo della Cig-Covid ha coinvolto una quota significativa di imprese (circa il 20 per cento nella manifattura e il 30 per cento nei servizianche in settori meno colpiti.

Figura 2 – Relazione tra la quota di imprese richiedenti la CigCovid e i cambiamenti nell’andamento di indici congiunturali nella manifattura (a sinistra) e nei servizi (a destra).

Nota: elaborazione degli autori su dati Inps e Istat. Si rimanda al testo completo della nota per i dettagli circa le modalità di stima.

Dall’analisi emerge inoltre che i settori con alta incidenza di attività definite “non essenziali”, cioè sottoposte a lockdown in marzo e aprile, hanno fatto un ricorso più generalizzato alla Cig-Covid e meno correlato ai cambiamenti dell’evoluzione ciclica determinati dalla crisi.

Figura 3 – Le determinanti dei differenziali territoriali (valori percentuali).

Nota: le differenze al netto della composizione settoriale, dimensionale e di produttività (proxy) sono calcolate sui residui di una regressione delle quote di imprese in Cig-Covid a livello di cella su tali variabili. Dati ponderati per il numero di dipendenti. Si rimanda al testo completo della nota per i dettagli circa le modalità di stima.

Infine, la quota di imprese che hanno fatto ricorso alla Cig-Covid è pari al 45 per cento nel Nordest, al 48 nel Nordovest, al 52 nel Centro e al 55 per cento nel Mezzogiorno. La Figura 3 riporta nel pannello di sinistra le differenze delle tre macroaree rispetto al Nordest, che registra il minor ricorso alla Cig-Covid. Il pannello di destra mostra invece che, al netto di eterogeneità nella composizione settoriale, nella classe dimensionale e nella retribuzione media pagata dalle imprese (una proxy della produttività) i differenziali territoriali sono molto meno marcati. In particolare, è l’eterogeneità nel settore di attività che spiega buona parte delle differenze tra macroaree: la composizione settoriale delle imprese nel Mezzogiorno è infatti relativamente più sbilanciata a favore dei comparti dell’alloggio e della ristorazione, delle costruzioni e del commercio al dettaglio, che maggiormente hanno subito le conseguenze della crisi.

Nel complesso l’analisi dei dati rivela che le statistiche aggregate possono fornire un quadro solo parziale sull’utilizzo di questo strumento emergenziale. L’ampio numero e la varietà di imprese e di lavoratori coperti dalla Cig-Covid, nonché l’eccezionalità della crisi affrontata dall’economia italiana, richiedono ulteriori sforzi di analisi, al fine di comprendere meglio le determinanti della scelta delle imprese circa il ricorso alla Cig, anche in connessione con le altre misure di sostegno introdotte per far fronte all’emergenza sanitaria.

* Le opinioni qui espresse sono degli autori e non sono necessariamente riferibili alla Banca d’Italia o all’Inps

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  1. Savino

    Chi ci governa ha mostrato lacune nella conoscenza delle attività di intrapresa e del lavoro autonomo, che, tuttavia, continuano ad essere aleatori rispetto al mondo del lavoro dipendente, non avendosi piena tracciabilità del fatturato, del volume d’affari, delle forniture e del fiscalmente dichiarato reale. Così, in fasi confuse ed emergenziali come questa, il rischio è che sia tutto ingiusto, che non venga premiata l’impresa che vuole continuare a produrre, ad essere competitiva, a mantenere i dipendenti, ad assumerne altri. Questo discorso nasce dal fatto che non si possa vivere di soli ammortizzatori sociali e che la normalità non è l’assistenza.

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