A marzo il governo ha lanciato una campagna per promuovere il numero antiviolenza e stalking 1522. Le richieste di aiuto sono rapidamente aumentate. Non nelle aree dove gli stereotipi sono più diffusi e la violenza di genere più accettata.

La campagna di promozione del 1522 durante il lockdown

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, una donna su tre subisce violenze fisiche o sessuali almeno una volta nel corso della sua vita. La maggioranza delle violenze è perpetrata da partner all’interno delle mura domestiche. Con il verificarsi della pandemia di Covid-19, i governi e le organizzazioni non governative di tutto il mondo hanno subito segnalato che le misure di contenimento progettate per limitare il contagio avrebbero potuto esacerbare la violenza sulle donne.

Il governo italiano ha risposto all’allarme con la campagna Libera puoi, partita il 23 marzo 2020 e volta a promuovere la linea 1522, che dal 2006 assiste e sostiene le vittime di abusi. La campagna è stata ampiamente pubblicizzata sulle reti Rai e tramite stampa e social media.

In un’analisi in cui confrontiamo le chiamate al 1522 a livello provinciale ricevute nel 2020 e 2019 da febbraio a maggio, mostriamo che, rispetto alla media pre-lockdown (56 chiamate), gli abusi segnalati aumentano di quasi il 100 per cento (42 chiamate) nella prima settimana (23-29 marzo) e di circa il 300 per cento (129 chiamate) nella quinta settimana dal lancio della campagna (13-19 aprile). L’effetto persiste anche dopo l’allentamento delle misure di contenimento del 4 maggio (figura 1). Il confronto tra le chiamate ricevute nel 2019 e 2018, al contrario, non mostra differenze.

Figura 1 – Chiamate al 1522

Chiamate al 1522

Nota: In blu scuro le differenze settimanali tra le chiamate al 1522 nel 2020 e nel 2019. In blu chiaro le differenze tra le chiamate nel 2019 e nel 2018. Ogni settimana consiste in un periodo di 7 giorni (ad esempio, la settimana 2 rappresenta il periodo tra il 9 e il 15 febbraio). La prima settimana (2-8 febbraio) è la baseline. Le regioni di colore diverso rappresentano periodi differenti forniti come riferimento: pre-lockdown; lockdown e pre-campagna; lockdown e campagna; lockdown e post-campagna; post-lockdown e post-campagna.
Fonte: rielaborazione su dati del ministero delle Pari opportunità.

Certamente, non si può escludere che l’aumento delle chiamate sia in parte dovuto a un incremento effettivo degli abusi durante il lockdown, proprio perché vittime e aggressori passavano più tempo tra le mura domestiche. Tuttavia, i dati sulla mobilità mostrano che il tempo trascorso a casa aumenta notevolmente dopo il 9 marzo e non con il successivo inasprimento delle misure di contenimento del 25 marzo (figura 2). Se l’effetto osservato fosse dovuto interamente all’aumento degli episodi di violenza legati alla convivenza forzata tra vittime e aggressori, l’incremento nelle chiamate al 1522 avrebbe dovuto verificarsi già nelle prime settimane di marzo. E benché sia possibile che le vittime di abusi decidano di chiedere aiuto solo dopo qualche tempo, resta il fatto che l’aumento nel numero di chiamate al 1522 è avvenuto esattamente in concomitanza dell’inizio della campagna.

Un altro dato interessante è che nello stesso periodo il numero dei cosiddetti “reati spia” riportati dal ministero dell’Interno (atti persecutori, maltrattamenti e violenze sessuali) è diminuito rispetto al 2019: da 3297 a 2177 in marzo e da 3122 a 2267 in aprile.

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Figura 2 – Tempo trascorso a casa e numero di chiamate al 1522

Tempo trascorso a casa e numero di chiamate al 1522

Nota: In blu i dati sulla mobilità dal luogo di residenza (fonte: rapporti Google sulla mobilità). L’indice misura il tempo trascorso nei luoghi residenziali rispetto alla baseline (dal 3 gennaio al 6 febbraio). I valori mostrati non sono residualizzati dagli effetti giorno settimana. In rosso i dati sulle chiamate valide al 1522
Fonte: ministero delle Pari opportunità.

In quali aree è stata più efficace?

La decisione di non segnalare la violenza subita può essere spiegata da una combinazione di fattori personali, interpersonali e socioculturali. Includono non solo paura, vergogna o la percezione dell’abuso come qualcosa di non grave, di privato o da nascondere alla famiglia, ma anche la coercizione da parte del partner violento, lo status socio-economico delle donne relativamente al proprio partner, norme religiose e sociali, identificazione con i tradizionali ruoli di genere e accettabilità della violenza.

Il nostro studio valuta l’efficacia della campagna in dipendenza dello status socio-economico delle donne, misurato sulla base del tasso di occupazione femminile e la percentuale di donne elette presso istituzioni di governo locale.

La figura 3 mostra l’evoluzione del differenziale tra province con bassi tassi di occupazione delle donne e di rappresentanza femminile in politica (sotto il venticinquesimo percentile della distribuzione nazionale) e province con tassi medio-alti (sopra il venticinquesimo percentile). La campagna è stata meno efficace nelle aree in cui il tasso di occupazione femminile e la percentuale di donne in politica sono più bassi.

Figura 3 – Chiamate al 1522 e fattori socio-economici

Nota: Ogni punto rappresenta il differenziale nel numero di chiamate tra aree a basso (sotto il 25-esimo percentile della distribuzione nazionale) e medio-alto status socio-economico della donna. Tutte le regressioni includono effetti fissi per provincia, settimana e anno. La baseline corre dal 9 al 22 febbraio. Il periodo di pre-lockdown (PreLD) è dal 23 febbraio al 7 marzo. Il periodo pre-campagna (PreCamp) va dall’8 al 21 marzo. Il periodo di lockdown è diviso in due sottoperiodi di uguale durata: campagna (Camp, 22 marzo – 11 aprile) e post-campagna (PostCamp, 12 aprile – 2 maggio). Il periodo successivo al lockdown (PostLD) va dal 3 maggio al 31 maggio.
Fonte: rielaborazione su dati del ministero delle Pari opportunità, del ministero dell’Interno e Istat.

L’esistenza del divario sembrerebbe suggerire che lo status socio-economico delle donne sia rilevante per spiegare la segnalazione di abusi da parte delle vittime di violenza. Da un lato, l’autonomia economica della donna all’interno della famiglia fornisce vie d’uscita a quelle che subiscono abusi. Dall’altro, l’esistenza di modelli femminili di riferimento presso le comunità di appartenenza può incoraggiare le denunce di violenza domestica. Tuttavia, la partecipazione al mercato del lavoro e la rappresentanza politica sono equilibri socio-culturali che riflettono dinamiche più profonde.

Un’indagine condotta dall’Istat nel 2018 fornisce informazioni sulla pervasività degli stereotipi di genere nelle regioni italiane. Utilizziamo questi dati per confrontare aree con diversa percezione del ruolo della donna in famiglia o in ambito lavorativo e accettazione di violenza e dominanza sessuale da parte dell’uomo. Nello specifico, definiamo aree ad alta pervasività di stereotipi di genere le regioni sopra il settantacinquesimo percentile della distribuzione nazionale, distinguendo le risposte in base al sesso dell’intervistato. I quattro indicatori considerati riflettono la percentuale di intervistati d’accordo o molto d’accordo con affermazioni che riguardano il ruolo della donna in famiglia, al lavoro, l’accettazione della violenza all’interno della coppia e la dominanza sessuale della figura maschile su quella femminile.

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La figura 4 suggerisce che, in corrispondenza della campagna, l’aumento nel numero di chiamate al 1522 è più basso nelle aree in cui gli stereotipi sulle donne sono più diffusi e dove le norme culturali di genere sono più accentuate. Questo vale quando a rispondere sono sia gli uomini che le donne. Le stime, inoltre, suggeriscono che l’effetto non sia attribuibile a differenziali di reddito e di incidenza della violenza di genere (misurata con il tasso di omicidi che hanno come vittima una donna).

Figura 4 – Chiamate al 1522 e stereotipi di genere

Chiamate al 1522 e stereotipi di genere

Nota: ogni punto rappresenta il differenziale nel numero di chiamate tra aree a alta (sopra il 75-esimo percentile della distribuzione nazionale dell’indicatore considerato) e medio-bassa pervasività. Tutte le regressioni includono effetti fissi per provincia, settimana e anno. La baseline corre dal 9 al 22 febbraio. Il periodo di pre-lockdown (PreLD) è dal 23 febbraio al 7 marzo. Il periodo pre-campagna (PreCamp) va dall’8 al 21 marzo. Il periodo di lockdown è diviso in due sottoperiodi di uguale durata: campagna (Camp, 22 marzo – 11 aprile) e post-campagna (PostCamp, 12 aprile – 2 maggio). Il periodo successivo al lockdown (PostLD) va dal 3 maggio al 31 maggio.
Fonte: rielaborazione su dati del ministero delle Pari opportunità e Istat.

I risultati sollevano interrogativi su quale sia la strategia più appropriata per incoraggiare la segnalazione di abusi da parte delle vittime e, finalmente, eradicare il fenomeno della violenza domestica. Se contasse per lo più il livello socio-economico, le istituzioni dovrebbero investire in programmi volti a rafforzare l’autonomia delle donne, tramite, ad esempio, l’aumento delle opportunità nel mercato del lavoro. Tuttavia, lo studio evidenzia che la presenza di stereotipi gioca un ruolo sostanziale nella decisione di segnalare le violenze subite. Trascurare l’importanza delle norme sociali potrebbe portare a una non completa comprensione del fenomeno e ridurre il potenziale sostegno da parte dei servizi antiviolenza.

* Le opinioni qui espresse sono degli autori e non sono necessariamente riferibili alla Commissione europea.

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