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Quanto reddito per una casa*

Qual è la quota di reddito familiare necessaria per acquistare un’abitazione, comune per comune? Nel 25 per cento dei casi è superiore al 30 per cento, mentre nel 10 per cento dei comuni si sorpassa il 40 per cento.

Nel nostro paese la questione abitativa è al centro della discussione rispetto alle fragilità sociali anche in campagna elettorale. In questo articolo presentiamo i risultati preliminari di una collaborazione tra Tortuga e Area Proxima, con l’obiettivo di fornire un’immagine chiara della situazione.

In questa ottica, abbiamo prodotto un indice di accessibilità immobiliare (o housing affordability index, HAI) a livello comunale, che indica la percentuale di reddito disponibile spesa in media dal nucleo familiare di ogni comune per acquistare un immobile. Come costo consideriamo la somma annuale delle rate del mutuo corrispondente al prezzo medio degli immobili in un comune. Tralasciando il mercato della locazione, che interessa il 19 per cento della popolazione, le famiglie italiane continuano a essere propense alla proprietà, anche grazie alla disponibilità di credito a tassi contenuti degli ultimi anni. L’indice permette, quindi, di misurare in maniera granulare la facilità di accesso alla proprietà immobiliare, colmando il bisogno informativo che è alla base delle politiche abitative.

Una misura analoga è pubblicata dal rapporto immobiliare annuale Omi-Abi, limitata alla dimensione regionale. Un’aggregazione di questo tipo, tuttavia, non permette di evidenziare la variabilità territoriale dei contesti abitativi. Difatti, assimila la situazione immobiliare del centro di Milano a quella del piccolo paese nelle montagne del sondriese. Raggruppando contesti abitativi così disparati, l’indice risulta inconclusivo e poco indicativo per l’attuazione di politiche adeguate. Dai rapporti emerge, infatti, come tutte le regioni italiane abbiano, a diversi livelli, un mercato immobiliare allineato con le possibilità economiche delle famiglie, nel quale la percentuale di reddito annuale necessaria a coprire un mutuo non supera mediamente il 30 per cento, ovvero quello che è considerato il valore soglia simbolico per evidenziare criticità nell’accesso abitativo. La nostra analisi, al contrario, mostra come gran parte delle aree urbane presentino mercati poco accessibili, rivelando un’emergenza abitativa diffusa nelle aree più rilevanti del paese.

Metodo

L’indice di accessibilità immobiliare è d’interesse al fine di comprendere le necessità abitative in Italia in maniera granulare, in quanto non si limita a indicare chi ha la possibilità o meno di accedere al mercato immobiliare, ma misura quanto stringente sia l’accesso rispetto alle finanze familiari. L’indice calcola il rapporto tra il costo annuale dell’acquisto della casa attraverso un mutuo e il reddito disponibile familiare, entrambi riferiti al livello medio comunale. Il reddito medio netto (figura 1) è derivato dai dati della Agenzia delle entrate sull’ammontare totale dichiarato per fini fiscali e il numero di percettori per comune nel 2019. Il totale dei redditi lordi dichiarati è riportato a livello comunale in base allo scaglione Irpef di riferimento, che quindi trasformiamo in valori netti attraverso le rispettive aliquote. Sommando questi valori e dividendo per il numero totale dei contribuenti, è possibile ottenere il reddito netto medio comunale. Per ottenere il reddito disponibile a livello famigliare moltiplichiamo il valore medio per il numero dei percettori per famiglia riportato dal censimento del 2011 (i dati utilizzati sono i più recenti disponibili). Il costo legato alla proprietà è calcolato come una rata annuale con tasso di ammortamento alla francese sul prezzo dell’immobile medio. Per la misura a livello comunale dei prezzi immobiliari (figura 2) utilizziamo una metodologia analoga a quella impiegata da Omi, a partire però da una serie di rilevazioni nel periodo gennaio-maggio 2022 a livello di singolo immobile in vendita sui principali portali di compravendita immobiliare online. I dati, opportunamente ripuliti, vengono elaborati per ottenere un dataset di immobili i cui valori rappresentano l’asking price al metro quadro. Opportunamente scontati per i valori riportati nel Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia a livello di macroarea, misuriamo infine il prezzo di ogni immobile messo in vendita nei comuni italiani nella maniera più precisa possibile in assenza di accesso diretto ai dati ufficiali sulle transazioni. La mancanza di questo dato per una parte consistente dei comuni nel Centro-Sud Italia deriva principalmente dalla scelta di rimuovere dallo studio le unità territoriali (zone Omi) con un mercato immobiliare meno attivo, nelle quali rileviamo un numero inferiore ai cinque annunci per anno e per cui non avremmo una stima affidabile del valore medio. In totale, il nostro studio copre 5.683 comuni su 7.904 (circa l’80 per cento del totale).

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Dai dati emerge la classica diseguaglianza in termini di redditi tra Nord e Sud, mentre il prezzo delle case risulta particolarmente elevato nei grandi centri urbani e nei luoghi turistici.

Figura 1 e 2

Quanti comuni superano la soglia di allerta

La soglia di allerta convenzionale, utilizzata in analoghi studi statunitensi, corrisponde alla necessità di impiegare oltre il 30 per cento del proprio reddito disponibile per il finanziamento della casa. Mentre i rapporti Omi-Abi sottolineano come nessuna tra le regioni italiane sfori questa soglia nell’ultima decade, l’immagine che emerge dal nostro indice evidenzia forti criticità.

In primo luogo, il 25 per cento dei comuni nel nostro gruppo (ovvero almeno il 18 per cento del totale dei comuni italiani) hanno un indice di accessibilità oltre la soglia del 30 per cento, mentre per il 10 per cento è addirittura superiore al 40 per cento (almeno il 7 per cento). Nella tabella 1 sono riportati i valori per alcune delle principali città italiane.

Figura 3

In secondo luogo, dall’analisi geografica del paese nel suo complesso (figura 3) emerge una forte polarizzazione tra le aree urbane e costiere rispetto a quelle interne, caratterizzate da una maggiore accessibilità dovuta alle minori opportunità economiche e alla minore disponibilità di servizi. Allo stesso modo, però, è importante notare come il divario tra Nord e Sud nei redditi disponibili abbia un effetto sull’indice. Ad esempio, mentre per il comune di Milano l’indice si attesta al 34 per cento, nonostante i prezzi delle abitazioni siano molto elevati, a Napoli è del 47 per cento: una famiglia napoletana media, quindi, deve impiegare quasi la metà del proprio reddito per comprare una casa.

L’eterogeneità territoriale e, soprattutto, quella intra-regionale sono evidenti dal focus comunale e permettono di comprendere meglio quali siano le aree che potenzialmente necessitano di un intervento pubblico per favorire l’accessibilità abitativa, in particolar modo delle fasce più vulnerabili. Ovviamente, siamo consci che l’analisi al livello granulare prescinde dai movimenti migratori interni e dalle dinamiche turistiche, analizzando “solamente” a quanto reddito dovrebbe rinunciare la famiglia media di un comune per comprare una casa in quello stesso comune. Ciò porta ad avere valori dell’indice particolarmente alti nei comuni in cui il mercato immobiliare non è orientato a soddisfare la domanda interna, bensì quella di turisti o lavoratori che si spostano dall’esterno. Ad ogni modo, il dato rimane di primaria importanza per le decisioni sulle politiche da adottare.

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Un indice

L’approccio ai dati qui mostrato può rivelarsi utile per arrivare a una maggiore consapevolezza sulla situazione abitativa e sociale del territorio nazionale. Nonostante le diverse assunzioni necessarie per la compilazione dell’indice e anche se i comuni qui presi in esame non sono ovviamente bolle isolate dall’ambiente circostante, la disponibilità di informazioni dettagliate sull’andamento del mercato immobiliare dovrebbe essere il punto di partenza per qualunque intervento organico sul tema. Allo stesso tempo, è vero che a ogni luogo sono associati una serie di servizi e caratteristiche del mercato del lavoro uniche. Proprio per questo, in un successivo lavoro cercheremo di approfondire in che modo diversi centri metropolitani presentino oggi un mercato immobiliare repulsivo, che esclude gran parte della popolazione nazionale dalle opportunità che pure offrono. Ci permetterà di approfondire i caratteri dell’emergenza abitativa rilevata dalla nostra misura.

*Hanno contribuito alla realizzazione dell’articolo:
Gianluigi Chiaro: economista del territorio ed esperto di politiche abitative e del mercato immobiliare. Fondatore di Area Proxima, specializzata nella ricerca sociale ed economica.
Giorgio Pietrabissa, dottorando in economia presso il Cemfi di Madrid e Senior Fellow di Tortuga.
Simone Valle, assistente di ricerca presso l’Università di Chicago (Booth) e Senior Fellow di Tortuga.

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Il Punto

  1. Marcello

    La camera di commercio di Firenze ha pubblicato il rapporto Excelsior che in modo semplice e chiaro ci descrive cosa è accaduto in qusto paese, il paese dell’80% di proprietri di abitazioni, con un consumo del territorio che non ha eguali nel mondo. Nel 1960 lo stipendio di un impiegato comunale era di 47mila lire (640 euro attuali) e corrispondeva allo stipendio medio italiano, quello del famoso CETO MEDIO! Oggi lo stipendio medio dello stesso impiegato è di 1400 euro. Quindi il nostro soggetto è più ricco? Assolutamente NO. “Nel 1960 l’affitto incideva per il 25% sui redditi degli italiani, mentre oggi, per un neo assunto nella pubblica amministrazione che guadagna 1.400 euro al mese, incide per il 68%. Nel 1960, inoltre, comprare un quadrivani in zona semicentrale a Firenze costava 4 milioni e 200 mila lire che sarebbero pari a 110 mila euro di oggi, quando per i prezzi attuali, invece, ne servirebbero quasi 300 mila”.
    Quindi abbiamo un patrimonio immobiliare fatiscente, abbiamo distrutto il mercato degli affitti, abbiamo massacrato il territorio, abbiamo centinaia di migliaia di case vuote, abbiamo un mercato finanziario da terzo mondo. Soprattutto abbiamo distrutto il ceto medio inducendolo a indebitarsi per comprare una casa che non assicura nemmeno contro gli eventi naturali. Che geni, c’è da rimanere impressionati. La realtà supera l’immaginazione e spesso è veramente semplice da capire.

  2. Savino

    Ciò che gli italiani fanno finta di non comprendere sono le difficoltà che incontrano i giovani per l’acquisto della prima casa, sede di dimora da abitazione civile. Gli italiani, nella loro visione distorta dell’economia, proteggono il mattone come rendita, ma qui i problemi sono ben altri. C’è tanto patrimonio a giacere nell’ignoranza e nella presunzione e la politica continua a tutelare privilegi scandalosi, da ultimo quello sugli stipendi a manager pubblici e mega dirigenti di Stato; sembra quasi che gli oligarchi li abbiamo anche noi, mentre i nostri giovani istruiti ed eccellenti debbono lottare per la sopravvivenza.

  3. Carlo Mozzoni

    Tutto piuttosto interessante , sia quanto a metodiche di tracciamento e analisi dei dati che quanto ai contenuti espressi.
    Purtroppo, cone ogni altra ricerca generalizzata di natura socio-economica, alla voce “disponibilità finanziarie” (reddituali) non è possibile tener conto dell’elevat(issimo)o valore di reddito generato da prestazioni non fatturate o in ogni caso non contabilmente registrate (il che rende oggettivamente zoppa una parte delle risultanze critiche dell’indagine).

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