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Anche i mercati finanziari si fanno guidare dal “sentiment”

Il costo del debito italiano riflette solo le difficoltà del nostro paese? Il racconto stesso dell’importanza dell’inasprimento delle regole fiscali europee potrebbe aver esacerbato le dinamiche speculative nei momenti di alta tensione finanziaria.

Opinioni via Twitter

I social media non solo hanno profondamente influenzato il modo in cui ci informiamo ogni giorno, ma hanno anche dato a chiunque la possibilità di diffondere la propria opinione in tutto il mondo. Nell’ultimo decennio, Twitter è diventata una piattaforma molto affidabile – gli utenti hanno una più alta probabilità di avere una laurea rispetto al pubblico generico – basata su un flusso rilevante e costante di informazioni in tempo reale. La moltitudine di tweet giornalieri può rispecchiare l’opinione collettiva nei confronti di una determinata tematica, il che ha spinto molti ricercatori a tener conto dell’umore (sentiment) negativo o positivo intrinseco alle singole parole contenute nei messaggi e a sintetizzare poi le informazioni in un unico indice di sentiment collettivo.

È un filone di ricerca (sentiment analysis) che ha suscitato molto interesse, soprattutto quando rivolto ai mercati finanziari. Ogni decisione finanziaria, infatti, è guidata dalle emozioni ed è ormai riconosciuto dalla letteratura economica che l’opinione possa guidare il valore del mercato azionario e obbligazionario al pari di qualsiasi altra misura quantitativa. Oltre ai fondamentali macroeconomici e microeconomici, esiste dunque qualcosa di altro – ciò che John M. Keynes, ad esempio, chiamava animal spirits o che, nella letteratura più recente, viene definito noise trading e che, potenzialmente, investe gran parte delle decisioni degli operatori finanziari. È qualcosa che va al di là della pura razionalità e che fa sì che le aspettative degli investitori possano divergere da quelle determinate da un comportamento razionale.

Se è vero, come ha dimostrato l’economia comportamentale, che ciò che pensiamo è ciò che effettivamente determina le nostre decisioni, riuscire a intercettare l’opinione collettiva attraverso la sentiment analysis può aiutare a interpretare l’andamento dei mercati finanziari. È questa, in poche parole, l’idea che ha guidato un mio recente lavoro, in cui l’intera struttura dei tassi di interessi del debito italiano (figura 1)– da un mese a trenta anni –è stata esaminata in relazione a un indice sperimentale di sentiment, conosciuto come Social Mood on Economy Index (Smei – figura 2), al fine di valutare le eventuali connessioni esistenti tra queste variabili.

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Figura 1 – Tassi di interesse sui titoli di stato italiani a diverse scadenze

Fonte: elaborazioni proprie su dati Thomson Reuters (il tasso di interesse evidenziato fa riferimento ai 10 anni di scadenza)

Figura 2 – Trend giornaliero del Social Mood on Economy Index (Smei)

Fonte: elaborazioni proprie su dati Istat

L’effetto sul debito italiano

A partire dal 2016, sulla base di circa 60 mila tweet giornalieri nazionali, l’Istat ha sviluppato un indice in grado di valutare il sentiment collettivo italiano in relazione alla situazione economica, sfruttando l’idea che i messaggi, nel loro insieme, possano approssimare l’opinione generale in relazione a un tema così pervasivo. Tenendo conto dei fondamentali macroeconomici così come del rischio percepito dagli operatori finanziari sulla base dei giudizi delle agenzie di rating e di specifici derivati finanziari (i cosiddetti credit default swap, che permettono al sottoscrittore di assicurarsi contro l’eventuale default sovrano), è stato analizzato il percorso di aggiustamento verso l’equilibrio di lungo periodo tra le due variabili fortemente interconnesse (Smei, da una parte, e i diversi tassi di interesse sovrani, dall’altra), mettendo in luce come sia stato il sentiment degli operatori finanziari a guidare in qualche misura il costo del debito. I meccanismi di formazione pubblica delle opinioni sembrano aver giocato in effetti un ruolo rilevante nel costo del finanziamento del debito.

Il risultato deve naturalmente essere interpretato con cautela, poiché gli aggiornamenti relativi ai fondamentali possono essere influenzati da un ritardo temporale, anticipati e incorporati dal pessimismo dei media.

Soprattutto dopo la crisi europea del debito sovrano, i fondamentali macroeconomici hanno guadagnato grande importanza – il deterioramento degli indicatori di finanza pubblica ha iniziato a essere gradualmente interpretato dagli investitori come un segnale di aumento del rischio di default sovrano – ma non quanto l’umore del mercato. Da questo punto di vista, è possibile che il progressivo inasprimento delle regole fiscali europee e il racconto della loro importanza abbiano esacerbato le dinamiche speculative nei momenti di maggiore tensione finanziaria. Thomas Gade, Marion Salines, Gabriel Glöckler e Steffen Strodthoff (2013) hanno già sottolineato l’influenza negativa che la cattiva comunicazione politica ha avuto durante la crisi del debito sovrano europeo, evidenziando che i punti di vista pessimistici potrebbero aver aggiunto incertezza alle percezioni del mercato sulla sostenibilità finanziaria dei paesi altamente indebitati.

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Almeno due sono le implicazioni. Innanzitutto, quando si guarda al mercato del debito sovrano e ai relativi costi di finanziamento, potrebbe essere utile considerare un indicatore più reattivo, che preveda il sentiment degli investitori con la diffusione di notizie negative. In secondo luogo, i media, così come le istituzioni europee e nazionali, dovrebbero tenere presente il loro potenziale impatto sull’umore degli operatori finanziari. I risultati sottolineano l’importanza dell’educazione economica e della comunicazione non allarmistica. Prendendo come esempio una corsa agli sportelli bancari, Robert K. Merton (1948) teorizzò l’idea di un’aspettativa che si autoavvera: “la profezia del crollo portò al suo stesso adempimento”. Data l’importanza del sentiment collettivo, questo concetto e quanto detto fino ad ora potrebbero essere utili per affrontare il problema delle turbolenze macroeconomiche e finanziarie.

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  1. Enrico

    Non c’è dubbio che il clima di fiducia influenzi le quotazioni di qualsiasi asset. Tuttavia le transazioni sugli strumenti finanziari (e sui Btp in particolare) sono effettuate in maggiornaza da operatori specializzati, che utilizzano set informativi diversi (e sperabilmnete più completi e sofisticati) del pubblico generico. Anche il sentiment generale può influire sulle decisioni dei trader, ma in misura minore rispetto a indicatori più solidi. Sarebbe interessante verificare se il sentimnet continua ad essere correlato con la struttura dei rendimenti anche dopo aver “controllato” il risultato per indicatori più tradizionali, come quelli sulle operazioni della BCE, le emissioni del Tesoro, i dati macroeconomici, ecc.

  2. Giovanni Carnazza (autore)

    I risultati sono robusti all’inserimento nel modello di diverse variabili di controllo quali, ad esempio, i fondamentali macroeconomici, il rating e così via… Il lavoro esteso può essere letto al seguente link: https://link.springer.com/article/10.1007/s40797-022-00217-z

    • Enrico

      Grazie della precisazione. Ma a questo punto mi chiedo perchè pagare commissioni a trader professionali che, alla fin fine, sembrano saperne quanto una casalinga di Voghera.

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