Con l’arrivo di Elon Musk, Twitter ha cambiato l’algoritmo che propone contenuti agli utenti. Il social network può così raccogliere informazioni aggiuntive su chi lo utilizza. Il rischio è che il cambiamento spinga molti a chiudere il proprio profilo.
La forza dell’abitudine
Diceva Marcel Proust che l’abitudine è una delle abilità più potenti di cui siamo dotati come esseri umani. Anche nel mondo virtuale dei social network non è immediato abituarsi a cambiamenti che modificano in maniera decisa la tipologia di interazioni possibili. Nel caso specifico dei social network, la struttura “di default” a cui veniamo esposti quando entriamo sulla pagina web o apriamo l’app del network stesso ha una forte influenza su che cosa decidiamo di fare, a motivo della frequenza con cui i nostri comportamenti sono inerziali.
Un caso piuttosto rilevante è quello di Twitter, che è stato modificato in maniera non irrilevante qualche mese dopo il suo acquisto (a caro prezzo: 44 miliardi di dollari) da parte di Elon Musk, imprenditore americano proprietario di Tesla e Space-Z. Nell’esperienza tipica antecedente all’arrivo di Musk, l’utente Tizio di Twitter si trovava di fronte ai tweet e ai retweet “rilevanti” da parte degli utenti che quel tizio seguiva. Dunque, l’algoritmo – nello scegliere tweet “rilevanti” – era comunque vincolato dal fatto di individuarli nell’ambito disegnato dalle preferenze di Tizio, così come espresse dalla scelta di seguire Caio e non Sempronio. L’alternativa, da scegliere da parte dell’utente, consisteva invece nel cosiddetto “ordine cronologico inverso”, cioè essere esposti ai tweet più recenti degli utenti seguiti, senza alcun intervento da parte dell’algoritmo nel dare la precedenza a ciò che era ritenuto più rilevante.
Dopo l’arrivo di Musk, l’algoritmo è cambiato, la scelta di default è denominata “per te” (“for you”) e di fatto risulta molto simile all’algoritmo di base del network TikTok. Che cosa ne è venuto fuori? In tre parole: un’esperienza piuttosto straniante (il sottoscritto ne è testimone oculare insieme a moltissimi altri utenti). Si è di fatto perso il vincolo per cui l’algoritmo va a pescare dentro i tweet di utenti seguiti da Tizio. Di conseguenza, Tizio vede tweet di utenti che non ha nessuna intenzione di seguire, ad esempio perché sono lontanissimi dalla sua posizione ideologica, e che per di più sono caratterizzati da uno stile estremamente provocatorio, che ovviamente Tizio nota di più proprio a causa della lontananza ideologica. A Tizio capitano anche notizie personali su utenti che non conosce e che – per usare un eufemismo – non si collocano in alto nella graduatoria di ciò che ritiene importante.
In tempi non sospetti, cioè ben prima della scalata ostile a Twitter, Musk stesso aveva dichiarato di preferire l’ordine cronologico inverso invece della manipolazione algoritmica, ma “for you” va esattamente in una direzione algoritmica, a discrezione del social network (e di chi lo programma).
Insomma, l’esperienza attuale disorienta sia per il cambiamento in sé sia perché Tizio, invece di incontrare le persone che generalmente incontra nel bar sotto casa sua e sentirne o leggerne le ultime battute e dichiarazioni, viene di fatto catapultato in un bar di New York dove non conosce nessuno, e non necessariamente ha voglia di conoscere qualcuno.
È vero che Facebook è il posto dove Tizio incontra i suoi compagni di scuola, mentre Twitter è il posto dove incontra quelli che avrebbe voluto avere come compagni di scuola. Tuttavia, finora la distorsione di Twitter verso personaggi famosi era di fatto temperata dal meccanismo di scelta individuale, per cui Tizio leggeva sì per primi i tweet di chi avrebbe voluto avere come compagni di scuola, ma tra questi vedeva in larga misura quelli che gli stavano simpatici, cioè che in precedenza aveva deciso di seguire e con cui poteva già avere interagito.
Il grande esperimento
Perché Musk ha deciso di prendere la nuova direzione, che sembra piuttosto rischiosa per i destini di Twitter stesso?
In maniera volontaria Musk e il nuovo management stanno sottoponendo gli utenti a un grande esperimento, per cui vengono esposti a tweet che sono largamente casuali rispetto ai gusti individuali degli utenti, così come misurati dalle loro precedenti scelte su chi seguire (tra quelli che avrebbero voluto avere come compagni di scuola). In questo modo, possono emergere informazioni nuove su gusti precedentemente inespressi, cosicché le interazioni degli utenti aumentano, e con esse il tempo passato sul social e dunque l’appetibilità del network per gli inserzionisti pubblicitari: utenti che stanno più a lungo e che sono meglio profilati sotto il profilo dei loro gusti.
Come ha notato un utente di Twitter in risposta a un mio piccolo sondaggio sul tema, è possibile che Musk abbia deciso di testare un nuovo algoritmo direttamente sull’intera popolazione di utenti, senza passare da una fase intermedia in cui il test è effettuato su un campione casuale che è nettamente più piccolo della popolazione generale degli utenti. Può essere meno costoso e più immediato, ma per l’appunto comporta il rischio che gli utenti rimangano disorientati dal cambiamento e che una percentuale importante di loro decida di usare di meno il social network, oppure di abbandonarlo del tutto.
Che cosa succederà in futuro? Forse possiamo fare qualche previsione sulla base delle esperienze passate. Ad esempio, l’idea di creare account privilegiati a pagamento (Twitter Blue), che dovrebbe costituire il meccanismo principale tramite cui Twitter potrà finalmente ottenere un utile di esercizio grazie a maggiori ricavi ordinari, ha avuto un percorso accidentato: l’opzione, creata in tutta fretta dopo il take-over, è stata presto sospesa. Era infatti facilissimo creare un account con il bollino verificato “blu”, il cui nome coincideva – o era molto simile – a quello di grandi imprese e di personaggi noti. Twitter Blue è stato poi rimesso in pista quando gli account istituzionali hanno ricevuto un bollino verificato di colore “oro”, così da distinguerli immediatamente dagli altri.
Come finirà ora la faccenda dell’algoritmo? Da utente affezionato di Twitter che a priori non è contrario all’arrivo di Musk, ritengo importante che la fase sperimentale abbia una durata limitata nel tempo, così da raccogliere informazioni aggiuntive sugli utenti, ma evitando fenomeni di disaffezione di massa. Parafrasando la famosa domanda di Bud Fox a Gordon Gekko nel film Wall Street di Oliver Stone – “Quand’è che basta, Elon?” – forse la fine dell’esperimento potrebbe arrivare più facilmente con un nuovo amministratore delegato, a cui Musk delegherà un’ordinaria – e più abitudinaria – amministrazione.
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