Lavoce.info

Nord-Sud: crescere insieme è possibile

Nel biennio 2021-2022, il Sud ha agganciato la ripresa grazie alle politiche di sostegno e al contributo di costruzioni e servizi. Anche nel 2023-2025 il divario di crescita tra Nord-Sud dovrebbe essere contenuto. Come renderlo un fenomeno strutturale.

La ripresa al Sud

Questa volta, il Mezzogiorno ha agganciato la ripresa nazionale, a differenza di altre fasi, quando il Sud aveva mostrato più difficoltà a ripartire ai ritmi del Nord. A mostrarlo sono le Anticipazioni del Rapporto Svimez 2023 sull’economia e la società del Mezzogiorno (che sarà pubblicato il prossimo novembre). Ne riprendiamo qui le principali evidenze macroregionali su andamento di Pil e occupazione nel 2021-2022 e previsioni economiche per il 2023-2025.

La novità di una ripresa allineata tra Sud e Nord sconta l’eccezionalità del contesto post-Covid per il tenore straordinariamente espansivo delle politiche e la peculiare composizione settoriale della ripresa (costruzioni e servizi). Due elementi che tenderanno a esaurirsi. Ci troviamo dunque di fronte a un passaggio nel quale le politiche dovrebbero puntare a radicare e consolidare tale tendenza.

Il biennio 2021-2022

Nel 2022 il tasso di crescita del Pil italiano ha superato di due decimi la media dell’Ue-27 (+3,7 per cento contro +3,5 per cento), Il Pil meridionale nel 2022 è cresciuto in linea con la media Ue-27 (3,5 Per cento). Cumulativamente, nel 2021-2022, l’economia meridionale è cresciuta del +10,7 per cento, più che compensando la perdita del 2020. Se allarghiamo lo sguardo all’intero periodo 2020-2022, la performance del Sud è risultata in linea con quella del Centro-Nord.

Gli ampi spazi di flessibilità concessi dall’Europa hanno consentito alla politica nazionale di sostenere i redditi delle famiglie e garantire la continuità economica a molte imprese (Svimez-Mcc, 2021).

La ripresa si è concentrata nelle costruzioni e nei servizi, che al Sud assorbono quote di valore aggiunto e occupazione relativamente più elevate rispetto al resto del paese. Per chiarire, fatto 100 il dato di crescita cumulata del valore aggiunto extra-agricolo nel 2021-2022, i servizi hanno contribuito per 71 punti nel Mezzogiorno (63 nel Centro-Nord).

Il terziario ha trainato anche l’occupazione. Le nuove assunzioni al Sud, in particolare, si sono concentrate nelle attività di alloggio e ristorazione: circa 100 mila, quasi un quarto dei nuovi posti di lavoro (+442 mila) tra il I trimestre 2021 e il I trimestre 2023.

Anche le costruzioni hanno concorso alla crescita del valore aggiunto con maggiore slancio al Sud (19 punti; 13 nel Centro-Nord), grazie all’impatto espansivo esercitato dai bonus per l’edilizia (Svimez, 2023).

Leggi anche:  L'aborto è un diritto, ma non è garantito ovunque

Il risultato, quindi, è una fotografia positiva per il Sud, ma sbiadita dallo scarso contributo dell’industria alla crescita del valore aggiunto (nel Mezzogiorno solo 10 punti; 24 nel Centro-Nord) e dalla concentrazione del recupero occupazionale in settori tra i più vulnerabili, in primis l’indotto del turismo, e che tipicamente esprimono una domanda di lavoro poco qualificato. Non solo, nonostante la leggera crescita dei contratti a tempo indeterminato (concentrata nelle costruzioni), al Sud il peso della componente del lavoro a termine rimane a livelli patologici se confrontato con il resto del paese: 22,9 per cento contro il 14,7 per cento del Centro-Nord. E, d’altra parte, nel Mezzogiorno si resta precari più a lungo: quasi un lavoratore a termine su quattro lo è da più di cinque anni, circa il doppio rispetto al resto del paese. A ciò si aggiunge che l’erosione del potere d’acquisto subita dai salari rispetto al periodo pre-pandemia ha interessato soprattutto il Mezzogiorno (-8,4 per cento; -7,2 per cento Centro-Nord).

Previsioni per il 2023-2025

Per quanto riguarda i prossimi anni, le previsioni Svimez per il 2023-2025 incorporano gli effetti di un tasso di interesse di riferimento del 4,25 per cento e si basano sull’ipotesi prudenziale di un utilizzo parziale delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (in coerenza con quanto previsto dal Documento di economia e finanza).

Su queste basi, la crescita del Pil italiano è stimata al +1,1 per cento nel 2023: +0,9 per cento nel Mezzogiorno, soli tre decimi in meno del Centro-Nord (+1,2 per cento). Nel 2024 e nel 2025, il Pil italiano dovrebbe crescere rispettivamente del +1,4 per cento e del +1,2 per cento, con uno scarto di crescita sfavorevole al Mezzogiorno molto limitato rispetto a quanto osservato nelle passate fasi di ripresa ciclica. Ci si aspetta quindi che il Sud tenga il passo con il resto del paese anche nel nuovo contesto di “normalizzazione” della crescita nazionale.

In particolare, nel triennio di previsione, gli investimenti dovrebbero essere la componente di domanda interna più vivace. Quelli in costruzioni dovrebbero crescere in maniera più pronunciata nel Mezzogiorno, soprattutto per la spinta della domanda pubblica legata agli interventi infrastrutturali del Pnrr; nel Centro-Nord si prevede invece una crescita più sostenuta degli investimenti più direttamente orientati all’ampliamento della capacità produttiva. Per i consumi si prevedono aumenti sensibilmente più deboli, soprattutto al Sud.

Leggi anche:  Nel derby del bilancio vince il Milan

A partire da questo scenario base, si valuta che un inasprimento dell’intonazione restrittiva della politica monetaria avrebbe effetti recessivi più pronunciati nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord, contribuendo ad ampliare il divario nei tassi di crescita tra le due aree.

Svimez ha anche stimato quale contributo aggiuntivo offrirebbe il Pnrr alla crescita del Pil in regime di piena efficienza (completo utilizzo delle risorse disponibili; pieno superamento delle criticità attuative). In questo scenario, il Pil del Mezzogiorno potrebbe far segnare già nel 2023 una crescita superiore di circa 5 decimi rispetto allo scenario base. Negli anni successivi, il contributo aggiuntivo del Pnrr tenderebbe ad aumentare in entrambe le aree del paese, ma con maggiore intensità al Sud, fino a chiudere sostanzialmente il divario di crescita tra Nord e Sud nel 2025.

Complessivamente, fino al 2027, l’impatto cumulato del Pnrr sul Pil italiano potrebbe raggiungere 5,1 punti percentuali: 8,5 al Sud e 4,1 nel Centro-Nord. Numeri che mostrano quanto sia essenziale per il Meridione e per l’Italia una piena ed efficiente realizzazione del Piano.

In forte discontinuità rispetto alle passate fasi di ripresa ciclica, Sud e Nord sono ripartiti insieme. La sfida è rendere la tendenza strutturale. Un risultato che passa da una politica industriale attiva capace di cogliere le opportunità trasformative e di creazione di buona occupazione presenti al Meridione nei settori a elevata tecnologia e nelle filiere produttive connesse alla transizione ecologica. Le imprese innovative sono oltre 90 mila, è qui lo zoccolo duro da cui partire.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Nel derby del bilancio vince il Milan

Precedente

Nei consumi meno beni e più servizi

Successivo

Politiche ambientali tra redistribuzione e consenso

  1. bob

    Una domanda: quanto durerà ancora per questa politica di basso e mediocre profilo l’alibi del Sud?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén