Il disegno di legge di bilancio prevede che i titoli di stato italiani fino al valore di 50 mila euro non vadano più considerati nel calcolo dell’Isee. Come in altri casi, si interviene su un singolo pezzo della normativa, creando iniquità e distorsioni.
Cos’è e a cosa serve l’Isee
Nel disegno di legge di bilancio per il 2024 all’articolo 38 si prevede che, fino al valore complessivo di 50 mila euro, i titoli di stato italiani (nonché gli altri prodotti finanziari di raccolta del risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello stato) non vadano più considerati nel calcolo dell’Isee, l’indicatore della situazione economica che è usato per selezionare le famiglie che hanno diritto di ricevere prestazioni sociali agevolate o per calcolare la compartecipazione al loro costo. In termini molto semplificati, l’Isee si ottiene sommando al reddito della famiglia il 20 per cento del valore del patrimonio. Quest’ultimo comprende sia le attività finanziarie, valutate ai prezzi di mercato, che gli immobili posseduti, al valore catastale, al netto di alcune franchigie che dipendono anche dalla composizione del nucleo familiare.
L’Isee è nato alla fine degli anni Novanta per rimediare a un grave difetto del sistema di tax-benefit italiano: la grande eterogeneità dei metodi usati per determinare il diritto a ottenere le varie prestazioni sociali, che creava ingiustizie perché famiglie simili potevano essere trattate in modo molto diverso a seconda del tipo di prestazione richiesta o del comune di residenza.
Alle buone intenzioni non sono inizialmente seguiti grandi risultati, perché tutti i trasferimenti nazionali furono esclusi dalla applicazione dell’Isee, ma a livello locale vi fu una immediata diffusione del nuovo strumento di misura. Nel tempo però l’Isee si è affermato anche per le misure decise dal governo centrale, ad esempio il Reddito di cittadinanza o l’Assegno unico per le famiglie con figli.
Se si vuole disporre di una valutazione precisa della condizione economica di una famiglia, è ovvio che lo strumento di misura dovrebbe tenere conto di tutte le variabili economiche che la determinano. Certo tutto si può discutere, anche la stessa idea di considerare non solo il reddito, ma anche il patrimonio. La giustificazione data all’epoca della nascita dell’Isee fu che il patrimonio è un autonomo indicatore di benessere, per varie ragioni: dà sicurezza e prestigio a chi lo possiede, mette in grado di affrontare spese impreviste, permette di trasmettere agli eredi un lascito o, in mancanza di eredi, di aumentare il proprio consumo nel ciclo di vita al di sopra dell’ammontare garantito dal reddito percepito. L’introduzione del patrimonio nella metrica dell’Isee viene giustificata anche dal fatto che il suo possesso può essere segnaletico di un occultamento di reddito da parte del richiedente la prestazione sociale agevolata. L’inclusione del patrimonio nell’Isee potrebbe quindi consentire di ridurre, almeno in linea di principio, i cosiddetti falsi positivi (chi risulta beneficiario della prestazione di welfare pur non avendone diritto).
Ogni strumento di misura della condizione economica, quindi anche l’Isee, crea tuttavia “trappole della povertà”: se l’accesso a una prestazione o il suo importo dipendono inversamente da questa misura, e se essa comprende reddito o patrimonio, allora si incentiva la famiglia a produrre (o dichiarare) meno reddito o a risparmiare di meno. È un aspetto inevitabile di ogni politica selettiva. L’alternativa sarebbe un sussidio universale, erogato a tutti nello stesso importo senza verifica della situazione economica, che però costerebbe molto di più e sarebbe meno redistributivo. Attribuendo un peso significativo al patrimonio, in effetti l’Isee potrebbe disincentivare il risparmio, soprattutto perché ormai viene presentato non solo da famiglie povere, che hanno propensione al risparmio molto bassa o nulla, ma anche da una parte significativa della classe media. Non esistono comunque studi, al momento, che quantifichino questo effetto.
Gli aspetti negativi
L’esclusione (fino al valore complessivo di 50 mila euro) dei titoli di stato dall’Isee potrebbe trovare una parziale giustificazione nell’obiettivo di ridurre un eventuale disincentivo al risparmio, ma non è ovviamente stata decisa per questo. L’intento è quello di spingere le famiglie a comprare titoli pubblici italiani, nella speranza che in questo modo si garantisca una maggiore copertura nazionale del debito italiano, riducendo la dipendenza dai mercati esteri. È una scelta con molti aspetti negativi.
In primo luogo, viola un elementare principio di equità orizzontale: due famiglie con uguale reddito e patrimonio sono trattate diversamente dal sistema di tax-benefit a seconda della quantità di titoli pubblici posseduta. Non ha senso che una famiglia riceva un assegno inferiore per i figli se ha investito di più in obbligazioni private invece che pubbliche.
Viene tradita anche l’equità verticale perché una famiglia con molti titoli pubblici potrebbe ottenere più benefici di una più povera. Visto che le risorse pubbliche sono limitate, e sempre più lo saranno, l’effetto principale di questa scelta sarà di favorire l’accesso alle prestazioni sociali di alcune famiglie della classe media a danno di famiglie più povere, che resteranno escluse o riceveranno di meno.
E anche da un punto di vista degli incentivi a una corretta gestione del patrimonio non è un passo avanti. La banale regola numero uno per un comportamento di risparmio efficiente e prudente è la diversificazione: non mettere tutte le uova nello stesso paniere. Lo stato invece dà un forte incentivo a concentrare il risparmio su una sola attività, i titoli pubblici italiani, con conseguente esposizione eccessiva al rischio di perdite in conto capitale nel caso di un aumento dello spread, eventualità non da escludere visto che non si prevede nei prossimi anni una riduzione dell’alto rapporto debito/Pil.
C’è infine un altro effetto negativo: lo spiazzamento degli investimenti privati, perché azioni e obbligazioni private restano a far parte dell’Isee. Ciò renderà più difficile per le imprese trovare i fondi necessari per finanziare i loro investimenti, con un danno per la crescita economica del paese.
Se si vuole riformare l’Isee, bisogna porre il problema e iniziare una discussione generale, non procedere con un intervento estemporaneo su un singolo pezzo della normativa.
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Mahmoud Abdel
Nella economia reale già si può di fatto sottrarre i risparmi all’ISEE con i metodi più diversi, senza comprare Bitcoin come i veri ricchi basta aprire un conto Paypal e questo non è censito in Europa. Per non parlare dei valori catastali delle case discostati del tutto dalla realtà, delle case nemmeno censite (quando basterebbe un drone per vedere cosa non è mappato) del fatto che la prima casa non conta, che questa sia un bilocale in provincia o un attico a Milano del valore di milioni. Il problema è che l’ISEE basso non significa nulla se non che la persona che lo può vantare non contribuisce al benessere comune, già solo poiché i guadagni reddituali veri, anche laddove legali, si fanno spesso in nero. Diciamo che l’ISEE è un metodo che permette di evitare che i sussidi vengano dati alle persone oneste non poverissime, così comportando risparmi di spesa.
Amedeo
Una famiglia, la mia, in 40 anni di lavoro, non va mai a ristoranti, ne’pizzerie, ne vacanze estive, ma solo spiagge libere locali, non eccede nel mangiare e nel vestire, non fa i week end.e metti i suoi risparmi in posta. Un’altra famiglia con lo stesso stipendio mio, spende tutto, ristoranti, ferie, auto nuova ogni 5 anni, ferie e week end, ecc. Con l’isee io vengo punito e l’altro premiato con i miei sacrifici e privazioni. E’ giusto?
Massimo
Sono nella stessa situazione sua. Secondo me è corretto che una certa quantità di risparmio venga esclusa dall’ISEE, perché chi vive una vita di privazioni (per via dei risparmi) non può essere penalizzato più di chi scialacqua mese per mese l’intero stipendio. La mia famiglia, monoreddito con qualche decina di migliaia di euro risparmiata, si ritrova penalizzata rispetto a famiglie di amici con due redditi più spendaccione. Abbiamo un ISEE relativamente alto, e ogni anno la stessa domanda: come mai avete un ISEE così alto? E che vi devo di’… E meno male che abbiamo tre figli, che in qualche misura lo abbassano…
Di contro, sono d’accordo con l’articolo nel punto in cui si disincentivano gli investimenti privati a favore di quelli pubblici: entrambi sono risparmi e in effetti questa manovra disincentiva l’investimento privato, disincentivando la crescita economica del paese. Credo che questa norma sia buona solo per metà, come al solito poteva essere fatta meglio.
Emilia Silvestri
Non ho ancora capito perché un prestito che io devo restituire và ad incidere sull’isee addirittura due anni prima, io in questo momento non ho un euro sul conto tranne la mia pensione e non posso usufruire di nulla
Mose
Ho sentito che i sindaci si sono raddoppiati lo stipendio da 7.000 a 14.000,00 euro.
Ritengo tale soluzione generatrice di inflazione e danno , scandalosamente autocratica senza possibilità alcuna, per il cittadino lavoratore e pagatore, di imporre il veto a tanta vergogna. in quanto misure estortive di denaro privato a favore del dispotismo e assolutismo politico, in un momento difficile, il capo dello stato dovrebbe, almeno lui, negare un arbitrio cosi’ fragoroso e ingiusto.
Stefano
Buongiorno Dott. Baldini, pur condividendo alcune sue argomentazioni non crede che si stia facendo una tempesta in un bicchiere di acqua?.
L’ISEE tiene conto del 20% del valore patrimoniale e la esclusione dalla ISEE è limitata al possesso di titoli di stato non superiore a 50 mila euro.
Tradotto non facciamo concorrere all’ISEE circa 10 mila euro (20% di 50 mila euro).. non credo che vi siano forti differenze nell’accesso alle risorse pubbliche per tale differenza (come neanche un forte incentivo all’investimento sul debito pubblico italiano).
Pur condividendo l’obiettivo del Governo di voler incentivare l’investimento del risparmio delle famiglie italiane nei Titoli di stato per ragioni di equità forse sarebbe stato opportuno mantenere tale investimento nel patrimonio rilevante ai fini ISEE eventualmente ragionando su diverse percentuali di concorrenza (crescenti all’aumentare del valore patrimoniale).
Luca Doppietti
Gentile Stefano,
comprendo il suo punto di vista e sono in parte d’accordo, si è forse esagerato nel polemizzare su una misura che probabilmente non porterà effetti significativi né sulla spesa sociale né sulla propensione a investire in titoli pubblici. Inoltre i 10 mila € di ISEE andrebbero divisi per un denominatore maggiore di 1, per cui l’effetto sull’ISEE è inferiore a 10mila.
La invito tuttavia a verificare quanto impatta una differenza di ISEE compresa tra 5 e 10mila € su quanto può essere percepito per assegno unico+bonus nido, oppure su quanto può essere necessario spendere per iscrivere due figli all’università, magari sperando rientrino in una graduatoria per una borsa di studio.
Le assicuro per esperienza personale che quelle poche migliaia di euro in meno di ISEE permettono a chi ha 50k di liquidità (che io non ho) di investirli in BTP e per poi fruire delle agevolazioni di cui avrei diritto io anche se non ne avrebbe bisogno.
Per farla breve, il Governo in nome di una misura completamente inutile che non raggiungerà i propri obiettivi, sta dando una sonora pedata nelle terga al concetto di equità, che già è stato sapientemente picconato con misure fiscali discutibili (tipo regime forfettario, sconti vari sull’irpef, bonus edilizi etc.) da questo e da tutti i governi politici degli ultimi dieci anni.
Giuseppe P.
In questo modo si darà un sussidio pubblico (sotto forma di maggiori prestazioni sociali) per l’acquisto dei titoli del debito pubblico italiano.
Ma è compatibile con la normativa europea sugli aiuti di Stato?