I prezzi molto convenienti proposti dalle piattaforme nascondono talvolta sorprese al momento di pagare il conto. La scelta di totale trasparenza aiuta a migliorare l’efficienza del mercato. Ma può avere effetti ambivalenti per i consumatori.
Quali sono i costi nascosti
Spesso, le piattaforme digitali pubblicizzano prezzi molto competitivi, poi però ne aggiungono altri al momento del checkout: per esempio per il servizio o le spese di pulizia oppure le resort fees, il supplemento che alcuni hotel aggiungono per l’accesso al wi-fi o l’uso della palestra. Il fenomeno, noto come “oscuramento dei prezzi” (price obfuscation), complica le decisioni dei consumatori e può indurli a scelte che non sono ottimali.
Negli Stati Uniti, l’amministrazione Biden ha definito junk fees i costi “nascosti” e la Federal Trade Commission (Ftc) ha di recente annunciato regolamentazioni per proibirle, con sanzioni per le piattaforme che non rispettano le regole. Ma ci sono già casi di piattaforme che adottano una politica di piena trasparenza. Un esempio è Ticketmaster, leader nella vendita di biglietti per concerti. Oppure Airbnb che già dal 2022 ha reso visibili prima del checkout i costi aggiuntivi, come appunto le spese di pulizia.
Comunque sia, i costi nascosti fino all’ultimo momento non sono solo criticati dalle associazioni dei consumatori, hanno attirato l’attenzione dei regolatori sia negli Stati Uniti che in Europa.
Trasparenza e prezzi: quali effetti?
Se da un lato la trasparenza aiuta i consumatori a confrontare meglio le alternative, rendendo il mercato più competitivo e riducendo i prezzi, dall’altro lato può favorire comportamenti collusivi tra venditori. Per esempio, nel caso dei distributori di benzina, una maggiore visibilità dei prezzi ha portato in passato ad aumenti generalizzati.
Nel caso delle piattaforme peer-to-peer come Airbnb, il quadro è ancora più complesso. Qui, i prezzi sono stabiliti da utenti non professionisti, che possono non essere razionali o sofisticati come i venditori tradizionali. In più, quando i costi aggiuntivi sono nascosti, lo sono anche per i rivali, limitando la competizione diretta.
Ma cosa accade quando la trasparenza su queste fees viene imposta dalla piattaforma stessa?
Il nostro studio e la svolta normativa
In un nostro recente lavoro, ci siamo chiesti se una maggiore trasparenza possa effettivamente portare a un aumento dei prezzi per i consumatori. Abbiamo analizzato il caso di Airbnb, concentrandoci sulla politica introdotta nel 2019 su pressione della Commissione europea. Prima di allora, gli utenti europei potevano vedere i costi aggiuntivi solo al momento del checkout, rendendo difficile confrontare le offerte.
In particolar modo, nel 2019, Airbnb ha realizzato un nuovo design della sua piattaforma per i soli utenti Ue, mostrando fin dall’inizio i prezzi totali delle prenotazioni, comprensivi di spese di pulizia e tasse. La misura mirava a proteggere i consumatori e promuovere una competizione più equa tra i locatari.
La metodologia dello studio
Abbiamo studiato gli effetti di questa politica confrontando i proprietari di alloggi Airbnb a Londra più esposti alla normativa (quelli che tipicamente ospitano molti viaggiatori europei) con quelli meno esposti (quelli che ospitano prevalentemente viaggiatori non europei). Per farlo, abbiamo utilizzato informazioni riguardanti la provenienza degli ospiti a partire dalle recensioni scritte negli anni precedenti. Successivamente, abbiamo identificato gli effetti della politica con un approccio di “differenza nelle differenze”, analizzando i cambiamenti nei prezzi e nelle spese di pulizia prima e dopo l’introduzione della trasparenza per i locatari con più o meno ospiti provenienti dalla Unione europea.
Spese di pulizia a Londra
I proprietari che applicavano elevate cleaning fees le hanno ridotte in media del 2-4 per cento. Con la trasparenza, tali costi sono diventati più visibili, spingendo i proprietari a competere per attrarre clienti. L’effetto è stato particolarmente evidente tra quelli con una clientela prevalentemente europea, più direttamente influenzata dalla nuova normativa. Inoltre, l’impatto limitato della trasparenza sulle spese di puliziasuggerisce che nel caso di Airbnb non vengono utilizzate dai locatari come uno strumento ingannevole.
Circa il 27 per cento degli annunci non include alcuna spesa di pulizia. Questa scelta riflette strategie diverse: alcuni proprietari preferiscono semplificare l’offerta includendo le spese di pulizia nel costo della camera, mentre altri potrebbero non sostenere costi significativi per le pulizie o gestirle personalmente. Inoltre, i locatari non professionisti potrebbero non essere pienamente capaci di ottimizzare le proprie strategie di prezzo.
Gli annunci senza spese di pulizia hanno registrato un aumento dei prezzi per notte del 5-6 per cento dopo l’introduzione della price transparency. Il risultato è legato a un nuovo meccanismo competitivo reso possibile dalla maggiore visibilità dei prezzi complessivi sul mercato. Prima della normativa, i proprietari che non applicano alcuna spesa per le puliziein genere non conoscevano il costo totale proposto dai loro concorrenti, comprese le spese di pulizia, sia perché potevano non essere perfettamente razionali o perché risultava particolarmente costoso (in termini non monetari) informarsi sulle spese di pulizia dei rivali, essendo queste offuscate.
Con l’introduzione della price transparency, hanno invece potuto osservare che, nel confronto diretto, i loro prezzi totali erano percepiti come più bassi rispetto alla media del mercato. Il che li ha indotti a rivedere le proprie strategie, rialzando i prezzi per notte per allinearsi meglio ai concorrenti e incrementare i propri margini di guadagno.
La combinazione di riduzioni delle spese di pulizia e aumenti dei prezzi per notte ha avuto effetti differenziati. Mentre alcuni consumatori hanno beneficiato di una maggiore chiarezza, altri hanno finito per pagare di più, in particolare per gli annunci che hanno subito rialzi di prezzo, e pernottare meno frequentemente.
Effetti ambivalenti della trasparenza
Il caso di Airbnb evidenzia che la trasparenza dei prezzi, pur essendo un obiettivo importante per migliorare l’efficienza del mercato, può avere effetti ambivalenti. Da un lato, riduce i costi di ricerca per i consumatori, facilitando il confronto tra le alternative disponibili e rendendo più chiare le scelte di acquisto. Questo contribuisce a una maggiore equità, scoraggiando pratiche di prezzo poco trasparenti e favorendo decisioni più consapevoli. Dall’altro lato, tuttavia, la trasparenza può generare effetti indesiderati, soprattutto in mercati competitivi. Come dimostrato nel caso di Airbnb, la maggiore visibilità dei prezzi totali ha portato alcuni locatari a riallineare verso l’alto i propri prezzi, riducendo i benefici attesi per i consumatori. Questo rischio è particolarmente accentuato nelle piattaforme peer-to-peer, dove i proprietari non sempre agiscono con la razionalità di un venditore professionista e possono essere influenzati dalle nuove dinamiche di mercato.
La nostra ricerca evidenzia un nuovo meccanismo attraverso cui la trasparenza modifica i comportamenti sulle piattaforme peer-to-peer dove i venditori scelgono i propri prezzi e possono non essere professionisti. Le politiche di trasparenza non sono né universalmente positive né negative, ma richiedono un’attenta progettazione per garantire un equilibrio tra efficienza di mercato e benessere dei consumatori. Conoscere e anticipare eventuali effetti indesiderati è cruciale per una regolamentazione efficace.
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