Nei collegamenti marittimi con le grandi isole si sono ottenuti buoni risultati sotto il profilo della liberalizzazione. I problemi riguardano gli affidamenti regionali per il servizio con le minori. E se le regioni decidessero di mettersi in proprio?

I progressi della liberalizzazione nel collegamento con le isole

L’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico di continuità territoriale marittima fra il continente e le isole maggiori – e fra queste e le isole minori – è materia complessa: investe profili sociali, concorrenziali e regolatori, a seconda dei casi è assoggettata alla competenza di amministrazioni diverse (il ministero delle Infrastrutture e del trasporti o le regioni), all’Autorità di regolazione dei trasporti e a quella della concorrenza.

Il regolamento Cee 3577/92 (il “regolamento”) sancisce la libera prestazione dei servizi di cabotaggio marittimo e, se si configurano come servizi di interesse economico generale, impone il ricorso a procedure di affidamento a evidenza pubblica: anticipa così di quindici anni – e in termini alquanto più incisivi – la liberalizzazione di altri servizi di trasporto di interesse economico generale.

Positivo l’obbligo degli enti appaltanti di verificare eventuali fallimenti del mercato nell’assicurare la continuità territoriale con e fra le isole attraverso preventive analisi di mercato, richieste di manifestazioni di interesse e consultazioni con gli operatori allo scopo di accertare la necessità o meno di introdurre obblighi di servizio pubblico e, se sì, optare per le forme di intervento meno restrittive possibile della concorrenza. Fondamentale è stato il ruolo dell’Autorità di regolazione dei trasporti, con la delibera 22/2019 che ha posto fine alla sostanziale inerzia delle amministrazioni pubbliche, più volte segnalata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Fra i collegamenti di competenza del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, delle nove linee storicamente affidate a Tirrenia, quattro sono state completamente liberalizzate; sulla Civitavecchia-Olbia sono stati imposti obblighi di servizio pubblico orizzontali, senza compensazioni, agli operatori presenti; sulle quattro restanti si è mantenuto il regime di contratti di servizio, senza esclusiva e in alcuni casi limitatamente al periodo invernale.

Un buon risultato se si considera che il punto di partenza vedeva su tutte la riserva in capo a Tirrenia. Resta però che i contratti sulle linee più importanti seguitano a far capo al Gruppo Grimaldi o a imprese che rientrano nell’orbita di Msc e che gli obblighi di servizio pubblico sulla Civitavecchia-Olbia sono suddivisi fra Grimaldi, Moby (controllata da Msc) e Gnv (partecipate pariteticamente da Grimaldi e da Msc).

Le difficoltà sui collegamenti con le isole minori

Il grosso delle criticità concorrenziali riguarda però gli affidamenti regionali dei collegamenti con le isole minori – e quelli, cosiddetti di interesse nazionale, fra Reggio Calabria e Messina e fra la Puglia e le isole Tremiti – dove regna di fatto la sclerosi della concorrenza per il mercato.

Infatti, nonostante gli enti appaltanti si conformino al dettato del regolamento Ue, gli affidatari entranti coincidono di regola con quelli uscenti: “di regola” perché sono i soli a partecipare alle gare di volta in volta bandite. Le gare vanno spesso deserte allorché gli enti propongono condizioni più rigorose, senza che gli incumbent sembrino preoccuparsi di essere scalzati da nuovi entranti o di restare pro-tempore disoccupati poiché le amministrazioni non hanno altra scelta che ricorrere a proroghe in attesa di bandirne di nuove, magari alleggerendo gli obblighi e rivedendo al rialzo la base d’asta. Se a questo si aggiungono ribassi d’asta spesso del tutto simbolici – dunque la certezza di non andare incontro a sorprese – ne esce un quadro che a prima vista farebbe pensare a intese collusive. È una conclusione probabilmente erronea poiché, con buona pace del regolamento Ue, la ripartizione dei mercati è il consolidato frutto di una storia pluridecennale, dove gli incumbent hanno cambiato nomi e proprietà, ma sono rimasti sostanzialmente se stessi. E non c’è bisogno di fare accordi dove si può contare su diritti che si considerano acquisiti, con il che anche l’Agcm è servita.

Stando al più recente quadro disponibile, disegnato dalla relazione 2024 dell’Autorità dei trasporti al Parlamento, le linee sono appannaggio di società controllate da Msc (isole toscane, campane, laziali, Tremiti, Bonifacio) o da Liberty e Caronte, da ultimo riconfermate affidatarie rispettivamente di ben sette su sette e quattro su quattro lotti di collegamento con le isole minori della Sicilia (rispettivamente collegamenti veloci e traghetti). 

Argomentava l’Agcm nel 2018 (AS1546) che l’attuale assetto concorrenziale del settore del cabotaggio marittimo da, per ed entro le isole è il portato delle modalità di realizzazione della privatizzazione del gruppo Tirrenia (e di operazioni di concentrazione sotto soglia su cui l’Autorità non è potuta intervenire): in Sicilia e in Campania le società del gruppo Tirrenia sono state acquisite dal principale operatore incumbent nel rispettivo mercato; in Sardegna, Saremar è uscita del mercato lasciando spazio a una gestione sostanzialmente monopolistica su varie rotte; nel Lazio opera la società Laziomar in virtù di un contratto di concessione. In conclusione, “le criticità del settore appaiono in buona misura il riflesso di un’applicazione solo formale ma non sostanziale, della normativa e dei principi eurounitari sulla liberalizzazione del cabotaggio”. L’Autorità denunciava una situazione già incancrenita nel 2018 e a distanza di sei anni nulla è cambiato.

Ora come allora, i mercati di riferimento si configurano come monopoli bilaterali con l’anomalia che gli enti appaltanti sono ostaggio di un potere contrattuale che è tutto dalla parte degli incumbent, posto che non possono mettere a repentaglio servizi essenziali di continuità territoriale. Basti guardare a casi recenti dove alcune regioni si sono trovate costrette a negoziare i contenuti di gare ancora da bandire con affidatari uscenti di fatto autoproclamatisi (e obtorto collo riconosciuti) titolari di diritti di insistenza. 

Sono in questo modo vanificate le finalità concorrenziali del regolamento Ue, così come il rispetto sostanziale delle condizioni Altmark (“vinca il migliore”), con conseguente esenzione dall’obbligo di notifica alla Commissione europea. Difficile sostenere che quelle condizioni siano rispettate – non solo formalmente ma nelle finalità – se gli affidamenti sono sistematicamente attribuiti allo stesso partecipante.

In questo modo il mantra della gara diventa la foglia di fico che nasconde la disparità di potere che si manifesta fin nella fase precontrattuale. 

Un regolamento da aggiornare

Il quadro descritto non sembra una peculiarità tutta italiana. Dalle relazioni biennali della Commissione sull’impatto del regolamento 3577 (l’ultima nota a chi scrive è la V del 2014) emerge che l’abolizione delle barriere all’accesso non ha comportato un aumento rilevante del numero di armatori interessati a fornire servizi di cabotaggio, cosicché “risulta evidente che la liberalizzazione ha avuto un impatto complessivo modesto (sulla concorrenza, ndr). Ciò può essere legato alle caratteristiche proprie del mercato del cabotaggio che, con alcune eccezioni rappresentate da rotte di grandissimo interesse commerciale, è costituito da traffici passeggeri piuttosto modesti e volumi di merci limitati”. Precisamente quelli dove più si addensa la richiesta di supporto pubblico e dove, stante l’esiguo numero di operatori, minore è il countervailing power delle amministrazioni.

A essere pedanti, va pure annotato che non aiuta le regioni l’essere spesso inclini a una concezione estensiva dei livelli minimi delle prestazioni – e della dimensione ottima dei lotti di affidamento – mentre un maggiore rigore al riguardo potrebbe aiutarle ad alzare la voce e a contenere gli oneri per la finanza pubblica.

La conclusione da trarre è che il regolamento Ue andrebbe aggiornato, quantomeno riguardo ai collegamenti con le piccole isole. Insomma, la condizione base per le liberalizzazioni è che i mercati siano o siano resi contendibili: i fatti ci narrano qui un’altra storia. Per ora, tuttavia, l’Ue sembra incline a ritenere che le teorie debbano prevalere (a lungo andare?) sui fatti: è il sacrosanto mestiere suo e delle istituzioni, ma andrebbero apparecchiati gli strumenti allo scopo.    

A legislazione invariata vi è da chiedersi come emancipare gli enti appaltanti dallo stato di subordinazione in cui sono relegati. 

Una strada da esplorare potrebbe essere il ricorso al “fai-da-te”, a forme di autoproduzione dei servizi, previste dall’articolo 14 Tfue. Vietato l’in house, è da ritenere che sia compatibile con il regolamento il ricorso a società miste ex art. 17, Dlgs 175/2016 (nel caso specifico regionali), con soci operativi privati selezionati mediante procedure pubbliche a doppio oggetto, basate su schemi di contratto di servizio riferiti all’ipotetica impresa mediamente efficiente richiamata da Altmark. Il solo mettere (credibilmente) in cantiere un progetto di questo tipo attribuirebbe agli enti appaltanti quel countervailing power oggi del tutto assente e produrrebbe effetti di deterrenza nei confronti degli operatori.

Certo, data per scontata l’ostilità degli attuali incumbent, sembra lecito mettere in conto anche la riluttanza degli enti a imbarcarsi – rectius, a reimbarcarsi – in questa avventura (sebbene nel trasporto pubblico terrestre abbiano spesso mostrato una considerevole propensione per il modello in house).

Stante la cronicità del quadro qui descritto, sarebbe auspicabile che il governo, meglio se d’intesa con altri stati membri, se ne facesse portatore in sede europea. Parimenti opportuno sembra l’avvio di un’indagine conoscitiva da parte delle Autorità della concorrenza e dei trasporti.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!