L’istituto del referendum non è molto diffuso nell’Eurozona: lo prevedono tredici paesi, con regole abbastanza simili a quelle italiane. Mentre la Svizzera, considerata la patria delle consultazioni referendarie, consente solo la forma sospensiva.

Paesi europei e referendum

Dopo aver analizzato la genesi del referendum abrogativo in Italia, in questo contributo ci concentriamo sulla sua diffusione e sulle regole di funzionamento nei paesi europei.

Se guardiamo ai soli paesi dell’area euro, con l’aggiunta dell’emblematico caso elvetico, scopriamo che il referendum abrogativo non risulta così diffuso come si potrebbe pensare. In molti paesi non è previsto e dove è previsto si tratta di uno strumento simile, ma non esattamente uguale a quello italiano.

La forma più vicina alla consultazione abrogativa è il referendum sospensivo, peraltro prevista anche in Italia (art. 138 Cost.), ma solo nel caso speciale delle leggi costituzionali e di revisione della Carta. Si tratta di un istituto che può solo bloccare l’introduzione di una legge, approvata dall’organo legislativo ma non ancora entrata in vigore: una bella differenza col referendum abrogativo, che cancella una legge (o una parte di essa) dopo che ha già prodotto effetti giuridici.

La tabella 1 offre il quadro della situazione in tredici paesi dell’area euro, più la Svizzera. Sono gli unici paesi dell’Eurozona che prevedono referendum abrogativi o sospensivi a livello nazionale. Oltre all’Italia, veri e propri referendum abrogativi sembrano essere presenti solo in Croazia, in Lettonia, a Malta, in Portogallo, in Slovacchia e in Ungheria. In Croazia non esiste un quorum; in Lettonia è legato al numero di elettori che hanno partecipato alle precedenti elezioni parlamentari; negli altri casi, invece, le regole di validità sono identiche a quelle italiane.

Le regole paese per paese

La costituzione croata stabilisce che il parlamento debba indire un referendum su una proposta di modifica della costituzione o disegno di legge, quando viene richiesto dal 10 per cento dell’elettorato. Non c’è un quorum di partecipazione; la decisione è valida se approvata dalla maggioranza dei votanti. Alcune materie sono escluse dalla possibilità di referendum, come il bilancio statale, le imposte, i dazi doganali, la leva militare, la dichiarazione di guerra, i trattati internazionali e la dichiarazione dello stato di emergenza.

In Lettonia i cittadini (almeno il 10 per cento dell’elettorato) possono chiedere il referendum solo se il presidente o un terzo del parlamento sospende la promulgazione di una legge entro dieci giorni dall’approvazione. Perché la consultazione sia valida, devono votare almeno tanti elettori quanti hanno votato alle ultime elezioni parlamentari e la maggioranza dei votanti deve esprimersi per l’abrogazione.

Leggi anche:  L’autonomia differenziata tra economia e Costituzione

Malta ammette il referendum abrogativo tramite iniziativa popolare (deve richiederlo almeno il 10 per cento degli elettori). La consultazione è valida solo se la maggioranza assoluta degli elettori vota a favore dell’abrogazione. Sono escluse dalla possibilità di essere sottoposte a referendum abrogativo la costituzione stessa, leggi finanziarie, leggi elettorali e leggi che danno attuazione a trattati internazionali.

In Portogallo i cittadini possono depositare una proposta per indire un referendum sostenuta da 60mila firme. Il parlamento può approvarla e, nel caso, trasmetterla al presidente della repubblica, che è l’organo deputato a decidere se indire o meno il referendum. La legge viene abrogata solo se il quorum è raggiunto (50 per cento+1 degli elettori).

In Slovacchia, il referendum abrogativo può essere richiesto in due modi: tramite iniziativa popolare, con una petizione firmata da almeno 350mila elettori, oppure tramite iniziativa istituzionale, mediante una risoluzione del parlamento. Perché il referendum sia valido, è necessario che vi partecipi più del 50 per cento degli aventi diritto al voto e che più del 50 per cento dei votanti si esprima a favore della proposta. Tuttavia, alcune materie sono escluse dalla possibilità di essere sottoposte a referendum: in particolare, i diritti e le libertà fondamentali, le tasse, le imposte, i tributi e il bilancio dello stato.

In Ungheria il referendum può essere richiesto tramite una petizione sottoscritta da almeno 200mila cittadini con diritto di voto, nel qual caso il parlamento è tenuto a convocarlo. Se le firme raccolte sono almeno 100mila ma meno di 200mila, il referendum è facoltativo e l’assemblea nazionale decide se indire la consultazione. Perché il referendum sia valido è necessario che vi partecipi più del 50 per cento degli elettori aventi diritto al voto.

I referendum sospensivi

I paesi che prevedono i referendum cosiddetti “sospensivi” sono l’Austria, la Danimarca, l’Estonia, l’Irlanda, il Liechtenstein e la Slovenia, più la Svizzera. Per quanto riguarda il quorum, Austria, Estonia, Irlanda e Liechtenstein non lo prevedono. In Danimarca è necessario che almeno il 30 per cento di tutti gli aventi diritto al voto abbia votato contro l’introduzione della legge. D’altra parte, in Danimarca la richiesta di referendum non può arrivare dal corpo elettorale ma solo dal parlamento stesso. In Slovenia è necessario che almeno il 20 per cento degli elettori voti contro.

Leggi anche:  Perché i Lep non aiutano i servizi per il lavoro

La Svizzera ha una forte tradizione di democrazia diretta che ne fa l’esempio di riferimento in questo campo. Ma nel suo ordinamento non esiste un vero e proprio referendum abrogativo. Così come, per quanto riguarda il referendum sospensivo, non esiste un quorum minimo di partecipazione.

Francia, Germania e Spagna sono un buon esempio?

Vale la pena chiarire poi le tipologie di referendum presenti in tre paesi, che spesso sono citati come esempi per riformare l’istituto italiano.

In Francia non esiste il referendum abrogativo. L’unico meccanismo vagamente simile è il référendum législatif o référendum d’initiative partagée: può servire a proporre una nuova legge, che abroga la precedente se le due sono in contrasto. Non può però riguardare l’abrogazione di una disposizione legislativa promulgata da meno di un anno. Non è previsto alcun quorum.

In Germania non esistono referendum abrogativi a livello federale ma solo, in alcuni casi, a livello statale (Länder). Per esempio, a Berlino, i cittadini possono chiedere l’abrogazione di una legge già in vigore attraverso un meccanismo in tre fasi. Prima presentano una proposta scritta (Volksinitiative) firmata da almeno 20mila elettori. Il parlamento regionale ha quattro mesi per decidere se approvarla. Se rifiuta, si passa alla raccolta firme (Volksbegehren): servono le firme del 7 per cento degli aventi diritto al voto. Se anche in questa fase il parlamento non accoglie la proposta, si arriva al referendum vero e proprio (Volksentscheid). Perché l’abrogazione sia valida, è necessario che almeno il 25 per cento degli elettori totali voti a favore.

Quanto alla Spagna, esiste solo il referendum consultivo non vincolante.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Autonomia differenziata: né sogno né incubo