Il costo emotivo delle sorprese in politica può essere misurato. Un esperimento italiano sulla percezione di felicità di chi si aspettava la vittoria di Harris e si ritrova a fare i conti con l’elezione di Trump offre spunti di riflessione interessanti.
Sorpresi dagli eventi
Che cosa succede al nostro benessere quando la realtà smentisce le aspettative? Lo misuriamo con un quasi‑esperimento naturale su 2.064 adulti italiani, intervistati due volte: prima delle presidenziali Usa 2024 e quattro mesi dopo l’insediamento della nuova amministrazione. Nella prima rilevazione abbiamo chiesto agli intervistati chi, secondo loro, avrebbe vinto tra Kamala Harris e Donald Trump. Chi si aspettava Harris – e quindi è stato poi smentito dall’elezione di Trump – è il nostro gruppo “sorpreso”; gli altri sono i “non sorpresi”.
L’elezione americana è un terreno ideale per questo esercizio: molti italiani la percepiscono come rilevante per la politica internazionale, commercio e sicurezza, ma non possono influenzarne l’esito, quindi l’evento è emotivamente vicino, ma politicamente esterno.
Prima del voto la felicità auto‑dichiarata (scala 0‑10 in stile Cantril: “considerando ogni aspetto della tua vita, quanto ti consideri felice?”) è 6,55 tra i sorpresi e 6,44 tra i non sorpresi. Dopo l’elezione la felicità dei sorpresi cala di circa il 3 per cento, mentre tra i non sorpresi resta immutata da un punto di vista di significatività statistica.
Figura 1

Con una metodologia difference‑in‑differences l’interazione “effetto sorpresa × post elezioni” vale tra –0,15 e –0,18 punti: rispetto a una base di 6,55 è un effetto non trascurabile ed è appunto statisticamente significativo. Per evitare che il risultato rifletta semplicemente chi sono i sorpresi, controlliamo inoltre per una serie di fattori socio-demografici e non: istruzione, informazione politica, reddito, età, stato civile, area geografica e per eventuali shock personali avvenuti tra le due interviste (un nuovo lavoro o la perdita del precedente, un lutto subito, la rottura di una relazione, l’acquisto di una casa). Il fatto di essere spiazzati da un evento come un’elezione politica non è infatti casuale e può dipendere da quanto ci si informa, dalle proprie preferenze politiche, ma anche dal contesto in cui si vive. L’effetto sulla felicità percepita rimane comunque negativo e statisticamente significativo anche controllando per queste variabili.
L’ottimismo non è la felicità
Ottimismo e felicità non sono la stessa cosa e reagiscono in modo diverso allo shock. L’ottimismo, misurato con una versione del questionario Lot‑R (Life Orientation Test, si tratta di un indicatore standard in letteratura), è una disposizione cognitiva piuttosto stabile: la convinzione che, in generale, si avrà la possibilità di realizzare i propri progetti e di agire in caso di difficoltà. La felicità percepita è più affettiva, immediata e, di conseguenza, più volatile. Quando applichiamo la stessa strategia difference‑in‑differences al livello di ottimismo medio, l’effetto della sorpresa è praticamente nullo. L’elezione inattesa non cambia, nel breve periodo, il modo in cui gli italiani giudicano il proprio futuro in astratto; cambia però il modo in cui valutano la loro vita oggi.
Tra chi si attendeva la vittoria di Harris, gli individui con punteggi di ottimismo molto elevati partono più felici degli altri (oltre 7,5 punti contro poco sopra 6,3), ma dopo la sorpresa negativa perdono di più: la loro felicità cala di quasi il 4 per cento, di nuovo con una differenza statisticamente significativa. L’ottimismo sembra funzionare quindi da moltiplicatore emotivo: amplifica la soddisfazione quando le aspettative sono confermate, ma rende la delusione più dolorosa quando vengono smentite.
Quanto pesa il contesto personale?
Il quadro personale continua comunque a contare. Nel nostro campione dichiarano livelli di felicità più elevati le persone soddisfatte delle proprie relazioni, del proprio stato emotivo “il giorno prima dell’intervista” e dell’uso del tempo libero; anche percepire il proprio tenore di vita come medio‑alto si associa a più benessere rispetto a chi si sente economicamente fragile. Tra gli shock vissuti tra le due rilevazioni, l’acquisto di una casa è l’unico evento associato a un aumento statisticamente significativo della felicità. Restano inoltre differenze territoriali (Nord Ovest e Nord Est sopra il Centro) e il classico andamento a U che si registra per l’età, con un minimo intorno ai 45-50 anni.
Per essere certi che il legame tra sorpresa politica e calo di felicità non sia solo il riflesso di queste caratteristiche personali adottiamo anche una procedura in due stadi. Prima spieghiamo l’ottimismo con variabili relativamente costanti (profilo demografico, condizioni economiche, aspettative sul reddito a dodici mesi, alfabetizzazione finanziaria) e ricaviamo un residuo “purificato”. Poi inseriamo quel residuo come controllo nella regressione che ha la felicità come variabile dipendente e identifichiamo l’effetto della sorpresa tramite l’interazione “sorpreso × post elezioni”. Il risultato rimane robusto e significativo: la sorpresa politica, ancora una volta, riduce il benessere dichiarato.
Perché è importante questo tipo di ricerche?
Questi risultati mostrano che un evento geopolitico esterno può produrre un costo emotivo interno misurabile, purché le persone abbiano aspettative forti sull’esito. Le aspettative diventano dunque un punto di riferimento psicologico.
Un meccanismo analogo è stato osservato durante la pandemia: Briscese et al. (2023) documentano che quando i cittadini scoprono che le restrizioni dureranno più a lungo di quanto si aspettavano, aumentano frustrazione e intenzione di disobbedire, mentre le sorprese “positive” generano reazioni molto più deboli. Anche nel nostro caso non conta solo l’esito oggettivo (chi siede alla Casa Bianca) ma quanto quell’esito si discosta da ciò che i partecipanti all’esperimento ritenevano plausibile.
Da questa evidenza derivano tre spunti di riflessione interessanti. Primo, la comunicazione istituzionale dovrebbe gestire le aspettative in modo realistico quando annuncia cambiamenti potenzialmente stressanti, per esempio su relazioni internazionali o sicurezza, perché la distanza tra promesse e realtà ha un impatto emotivo autonomo. Secondo, rafforzare l’alfabetizzazione economico‑finanziaria e la capacità di leggere i canali attraverso cui gli shock globali arrivano a redditi e lavoro in Italia può ridurre il senso di impotenza che amplifica la caduta di felicità percepita. Terzo, sapere che alcuni gruppi (in particolare gli ottimisti “forti”, che più subiscono l’evento quando le loro speranze vengono disattese) sono più vulnerabili suggerisce l’importanza di una comunicazione – anche giornalistica – basata su fatti e che non sfrutti i contorni emotivi che portano alla drammatizzazione della notizia. In sintesi, la sorpresa politica ha un costo emotivo che può essere misurato: non cambia subito l’idea che abbiamo del nostro futuro, ma cambia come ci sentiamo adesso. E questo è già, di per sé, un fatto economico rilevante.
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Docente e ricercatore alla Scuola Enrico Mattei, dove insegna i corsi di Economia Sperimentale e di Comunicazione Scientifica al Master MEDEA (Management dell’Economia dell’Ambiente e dell’Energia).
Ha studiato Economia a Milano, laureandosi al DES in Bocconi nel 2002. Ha conseguito un master in Development Economics alla University of Sussex e il dottorato in Economia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per due anni, è stato post-doc alla Paris School of Economics. iProf di Economia della felicità su Oilproject.org, collabora con diverse testate di divulgazione scientifica.
PhD in Economia, è il Capo della Segreteria Tecnica di Presidenza di IntesaSanpaolo e il Direttore/Curatore del Museo del Risparmio, un laboratorio di educazione finanziaria che si trova a Torino. È stata young economist presso il FMI, Jean Monnet fellow presso il “European University Institute” e ha insegnato “Economia dei Mercati Monetari e Finanziari” presso l’Università LUISS per circa 10 anni. Ha completato gli studi post laurea presso il “Graduate Institute of International Studies” a Ginevra e presso la Brown University negli USA. Pubblica regolarmente su riveste specialistiche articoli scientifici su temi collegati ai mercati delle commodity, all’economia internazionale, alla corporate finance e più recentemente all’educazione finanziaria.
luca de simone
Sarebbe interessante studiare l’effetto in caso di elezione di un candidato Democratico. Ci sono vari studi, negli USA, che mostrano una migliore salute mentale e maggiore felicita` tra chi si ritiente ‘Conservative” rispetto a chi si considera “Liberal”.
E non sono solo studi recentissimi.
Succedeva anche in tempi pre-Trump.