Il numero degli utenti raggiunti e i dati che offrono sono fondamentali nei mercati digitali. Producono esternalità di rete che consentono alla piattaforma leader di diventare ancora più grande e potente. Quindi, difficilmente scalzabile dai concorrenti.

Perché sono un mercato diverso dagli altri

Quali ragioni possiamo immaginare dietro a un’evoluzione dei diversi segmenti del mercato digitale che non segue sempre gli stessi sentieri? Per i social network abbiamo accennato alle possibilità di differenziazione dei contenuti tra piattaforme e al tipico comportamento multi-homing degli utenti, fattori che favoriscono la compresenza nel mercato di più piattaforme di grandi dimensioni.

Per i motori di ricerca, invece, la struttura di mercato è sostanzialmente monopolistica e la qualità delle risposte rappresenta il fattore predominante nel processo continuo di innovazione. In questo segmento i vantaggi dei grandi database nell’allenamento degli algoritmi sono fondamentali, mentre una differenziazione per generi risulta residuale. Valga per tutti l’esempio di DuckDuckGo, un motore di ricerca che si distingue per una politica molto stringente di privacy nell’utilizzo dei dati degli utenti, e che tuttavia non ha mai superato una posizione di nicchia nel mercato. Per i motori di ricerca gli utenti tendono a utilizzare una sola applicazione (single-homing), riducendo le possibilità di crescita degli operatori minori.

Le differenti tendenze nell’evoluzione dei servizi cruciali delle piattaforme si accompagnano, per tutte le big tech, a un processo di creazione di ecosistemi, con l’aggiunta di servizi e la loro integrazione.  

Questo racconto ci ha permesso di individuare una serie di elementi che, interagendo tra loro, caratterizzano i mercati digitali e la loro evoluzione. Presi separatamente, alcuni dei fattori si riscontrano anche in mercati più tradizionali. Ma quello che rende i mercati digitali un caso a sé stante è il fatto che questi fattori si ritrovano nei contesti high tech tutti assieme, generando interazioni e un’ampiezza degli effetti sconosciuti ai mercati più tradizionali.

La tendenza alla concentrazione

Il primo elemento ricorrente riguarda le cosiddette esternalità di rete (network externalities), che si verificano quando l’utilità di un bene o servizio non dipende solamente dal suo valore intrinseco (stand-alone value) ma anche dal numero e dalle caratteristiche degli altri utenti che lo scelgono. Un social network risulta più attraente se frequentato da molti altri utenti che, conferendo i propri contenuti e partecipando all’interazione, rendono più interessante e appagante la partecipazione. Un motore di ricerca o una piattaforma di vendita di beni e servizi è in grado di affinare i propri algoritmi, meglio profilando i gusti dei propri utenti e la qualità delle risposte. L’“allenamento” degli algoritmi è tanto maggiore quanto più elevato è il numero di utenti e la base di informazioni disponibili. Un altro esempio sono le applicazioni per la navigazione come GoogleMaps o Waze: sono in grado di fornire informazioni più precise e in tempo reale sulle condizioni del traffico e sugli itinerari più veloci grazie all’elevato numero di utenti geolocalizzati che contemporaneamente li utilizzano.

Nelle prime fasi di crescita di un nuovo mercato digitale, il numero di utenti, e quindi l’importanza delle esternalità di rete, può essere limitato, e a contare di più è la qualità intrinseca del servizio offerto grazie all’innovazione. Ma con lo sviluppo della domanda, il numero di utenti raggiunti diviene l’elemento fondamentale nelle scelte del pubblico. Se quindi una prima fase di crescita di un mercato si gioca sulla capacità di proporre un bene o servizio meglio disegnato rispetto ai concorrenti, con l’avvicendarsi delle imprese nelle posizioni di testa, a un certo punto lo squilibrio che si genera nelle iniziali quote di mercato spinge i nuovi utenti ad aderire alla piattaforma con una base di clienti più larga. Questa dinamica, strettamente connessa all’operare delle esternalità di rete, spiega quindi come vi possa essere una forte instabilità nelle sorti dei primi pionieri di un nuovo mercato, come testimonia il succedersi di Friendster, MySpace e infine Facebook nel caso dei social network, o i diversi motori di ricerca nei primi anni Duemila. E spiega anche come, a un certo punto, i vantaggi legati a una ampia base di clienti abbiano preso il sopravvento, in un meccanismo di leadership crescente che si auto-alimenta, quello che viene solitamente definito market-tipping. Le esternalità di rete, pertanto, rappresentano uno dei fattori che riducono – e possono portare al collasso – la competizione tra attori diversi all’interno di uno stesso mercato.

I dati, un vero tesoro

Il ruolo dei dati nel sostenere questo processo cumulativo è nei mercati digitali fondamentale. Attraverso l’utilizzo di una piattaforma, gli utenti rilasciano una lunga serie di informazioni sulle proprie ricerche e scelte, che consentono di ricostruire il variegato universo degli utilizzatori e individuare un ampio numero di profili e di preferenze. In questo modo la piattaforma è in grado di personalizzare i servizi che vengono offerti e il valore nel suo utilizzo per ciascuno degli utenti. La creazione di ecosistemi di servizi integrati e compatibili, inoltre, favorisce il flusso e la combinazione di dati e informazioni da un servizio all’altro, consentendo un miglioramento di tutti quelli collegati.

Da dove arrivano i ricavi delle piattaforme

Guardando più da vicino il funzionamento e i modelli di business delle piattaforme digitali, possiamo mettere a fuoco un secondo fattore, e cioè la loro natura di soggetti a più versanti. Un social network si rivolge contemporaneamente ai propri utenti e agli inserzionisti pubblicitari; un motore di ricerca interagisce con utenti e investitori pubblicitari e fornisce risposte alle interrogazioni degli utenti, inserendo quelle per le quali gli inserzionisti pagano per comparire nei risultati; una piattaforma di compra-vendita di beni e servizi offre un terreno di incontro tra venditori e acquirenti. In altri termini, una piattaforma a più versanti opera come punto di interazione tra gruppi diversi di soggetti, sfruttando il beneficio che ciascun gruppo deriva da un’ampia presenza di membri dell’altro gruppo. I benefici “incrociati” tra i due lati serviti rappresentano una seconda fonte di esternalità “tra i lati”, che si somma alle esternalità di rete, che operano all’interno di ciascun lato e gruppo di utilizzatori.

Per uscire da questa definizione apparentemente astratta, è bene introdurre una classificazione delle piattaforme secondo due tipologie prevalenti. Da un lato, abbiamo le cosiddette attention platforms, il cui modello di business prevede di attrarre gli utenti attraverso l’offerta di contenuti e servizi, offrendo la loro attenzione agli inserzionisti pubblicitari. Ricadono in questa categoria, ad esempio, i social network, i motori di ricerca, le app di navigazione, i media online.

Questa modalità è comune ai media tradizionali, dai giornali alle radio alle televisioni: anche in questo caso le entrate derivano (anche) dagli introiti pubblicitari, stimolati dalla dimensione del pubblico raggiungibile. Quello che, tuttavia, rende particolarmente efficaci le piattaforme digitali agli occhi degli inserzionisti pubblicitari è la loro capacità di selezionare e convogliare il messaggio pubblicitario in modo personalizzato al singolo utente, raggiungendo chi con maggiore probabilità è interessato al prodotto, laddove i media tradizionali espongono tutto il proprio pubblico al medesimo messaggio. È esperienza comune di ciascuno di noi, dopo una ricerca ad esempio per trovare quali modelli di sandali Birkenstock sono commercializzati in città, ritrovarci la pagina Facebook piena di offerte dei sandali a prezzi scontati. Così come, nello scorrere i risultati di una ricerca su Google, incontriamo i siti sponsorizzati che schiacciano in fondo alla pagina i risultati “organici”. Per le attention platforms le fonti di ricavo sono solitamente concentrate sugli introiti dagli inserzionisti pubblicitari. In molti casi, risulta infatti conveniente distribuire gratuitamente agli utenti i propri servizi, che siano contenuti o motori di ricerca, rinunciando agli introiti su quel lato, se così aumenta significativamente il numero di utenti. L’ampia audience raggiunta accresce la disponibilità a pagare e i ricavi sul lato degli inserzionisti pubblicitari, più che compensando quelli mancati dagli utenti. Modelli di business nei quali i ricavi vengono ottenuti su un solo lato sono estremamente frequenti nel mondo digitale.

Una seconda categoria di piattaforme a più versanti viene classificata come match-makers, poiché facilitano l’incontro tra i due lati, venditori e acquirenti, interessati a scambiare un determinato bene o servizio, ricavando da uno o da entrambi i lati una fee per il servizio prestato. Amazon, e-Bay, Booking sono solamente alcuni tra gli esempi che vengono in mente.

Anche in questo caso, si potrebbe dire “nulla di nuovo sotto il sole”, poiché i luoghi dello scambio, dal tradizionale mercato del bestiame nella piazza del paese ai grandi supermercati o centri commerciali, hanno esattamente la stessa funzione. Con una piccola novità che fa una grande differenza: la capacità di personalizzare lo scambio, proponendo all’acquirente un prodotto che, con alta probabilità, risponde alle preferenze con cui è stato classificato attraverso gli algoritmi, riduce i costi legati all’informarsi e al comparare diverse offerte. Se a questo uniamo la consegna a domicilio, che elimina la necessità di uno spostamento, e i servizi di review sulla qualità di quanto acquistiamo, comprendiamo la forza delle piattaforme digitali rispetto ai più tradizionali match-makers. In uno stesso ecosistema possono coesistere servizi appartenenti alla categoria delle attention platforms e dei match-makers, come appare evidente guardando il grafico dell’ecosistema di Amazon, dove alla prima categoria appartiene Prime video e alla seconda i servizi di Marketplace e Prime.

Perché chi è “ricco diventa più ricco”

Esternalità di rete all’interno del medesimo “lato” e esternalità “tra i lati”, unite al ruolo lubrificante dei dati, costituiscono una forza potente che spinge ad allentare la concorrenza all’interno dei mercati digitali e all’emergere di leader di mercato. Un’ampia base di clienti in uno dei lati serviti, ad esempio un grande numero di frequentatori di un social network, aumenta il valore della piattaforma per le maggiori e più interessanti opportunità di interazione offerte agli utenti. La piattaforma, inoltre, è in grado di profilare in modo più fine le loro preferenze attraverso le informazioni che raccoglie dalla loro attività presso il social network. Numero e migliore profilazione degli utenti, a sua volta, accrescono la disponibilità a pagare degli inserzionisti pubblicitari, in grado di raggiungere in modo più mirato un maggior numero di potenziali acquirenti, con più ampi ricavi pubblicitari della piattaforma. Gli introiti, a loro volta, finanziano l’innovazione nei servizi offerti sia agli utenti che agli inserzionisti, rafforzando la posizione dominante della piattaforma. Un discorso molto simile si potrebbe fare per il ruolo dei dati nel migliorare algoritmi e servizi dei motori di ricerca e aumentare i ricavi pubblicitari dagli inserzionisti che competono per le posizioni di testa nei risultati di ricerca. Questa dinamica cumulativa viene spesso definita come rich-get-richer.

La concorrenza per il mercato: da Schumpeter ai Nobel per l’Economia 2025

Se esistono forze potenti che spingono alla concentrazione e attenuano la concorrenza nel mercato, resta comunque un secondo livello rispetto a cui le dinamiche della competizione possono svilupparsi. Se, infatti, le dinamiche competitive portano all’emergere di un’impresa dominante, resta la possibilità che nuovi soggetti, portatori di innovazioni, riescano a scalzare gli attuali leader di mercato sostituendoli nella loro posizione di preminenza.

Questa visione risale ai contributi dell’economista Joseph Schumpeter ed è alla base dei lavori dei premi Nobel per l’Economia del 2025 Philippe Aghion e Peter Howitt. Guarda non tanto alla concorrenza nel mercato, ma alla concorrenza per il mercato come motore fondamentale per l’innovazione e la crescita. Un mercato che, pur caratterizzato da forte concentrazione, rimane contendibile può sviluppare gli incentivi appropriati affinché le imprese competano sul piano dell’innovazione, dimensione fondamentale per il mondo digitale, con l’obiettivo di rimpiazzare gli attuali leader.

La domanda cruciale che a questo punto occorre porsi è allora la seguente: può una vigorosa concorrenza per il mercato sostituire adeguatamente la tendenza all’affievolirsi della concorrenza nel mercato? Purtroppo, la risposta che possiamo proporre non volge all’ottimismo. Molti dei fattori che tendono a ridurre la concorrenza nel mercato, favorendo l’emergere di una posizione dominante, concorrono anche a rendere difficoltosa la concorrenza per il mercato, proteggendo la posizione di leadership raggiunta a sfavore di eventuali nuovi contendenti.

Se le prime fasi di un nuovo segmento del mondo digitale possono vedere l’avvicendarsi di diverse piattaforme come leader di mercato, questo è consentito dal fatto che, non essendosi costituite ancora ampie basi di clienti per nessuno degli operatori, la competizione avviene principalmente attraverso l’innovazione e il miglioramento nelle caratteristiche del bene o servizio offerto. In questa fase nuovi attori possono farsi largo nel mercato, come è avvenuto nel caso dei social network. Ma una volta che una piattaforma consegue un sufficiente vantaggio rispetto alle altre, le esternalità di rete ne autoalimentano la continua crescita, rendendo la sua posizione difficilmente contendibile. Le esternalità di rete, in altri termini, riducono sia l’intensità della concorrenza nel mercato che la contendibilità delle posizioni dominanti acquisite. 

Il ruolo dei dati come benzina che alimenta e rafforza questa tendenza, a sua volta, opera da barriera all’entrata per i nuovi soggetti: se per migliorare l’offerta dei beni e servizi e allenare gli algoritmi, è necessario disporre di una larga base di clienti, i nuovi concorrenti partono con uno svantaggio ulteriore, tanto maggiore quanto più ampi sono i database necessari per affinare i propri servizi. Nei segmenti digitali dove l’accesso a grandi database è precondizione per poter contendere le posizioni di leadership, la posizione dominante di chi li possiede risulta inattaccabile.

Va inoltre riconosciuto che molto spesso l’entrata di nuovi soggetti digitali, portatori di servizi innovativi, non è finalizzata a scalzare i leader del mercato, ma casomai a essere inglobati in uno degli ecosistemi esistenti, sfruttando i benefici che un servizio riceve dall’aderire a un sistema integrato di altri servizi complementari. In molti casi, le start-up innovative che propongono un nuovo servizio sono mosse dall’obiettivo di essere acquisite dalle grandi piattaforme, più che da quello di rimpiazzarle al vertice del mercato.

Piccoli elementi di ottimismo

Per fortuna, qualche elemento di ottimismo comunque sopravvive. Per quanto riguarda il ruolo dei dati quale motore per la concentrazione e barriera all’entrata, non sempre la dimensione dei database necessari per un adeguato miglioramento dei servizi risulta fuori dalla portata dei concorrenti, anche per lo sviluppo di data broker che li offrono. Inoltre, dati raccolti da operatori di differenti segmenti digitali possono essere utili anche per sviluppare servizi in segmenti attigui o prima non serviti. L’attuale competizione per lo sviluppo dei servizi di intelligenza artificiale generativa vede impegnate tutte le grandi piattaforme, da Google a OpenAI, Meta (Facebook, Instagram, WhatsApp), Microsoft, Amazon e molte altre, ciascuna disponendo di propri database per allenare gli algoritmi. 

Infine, i fattori che abbiamo richiamato come favorevoli al mantenimento di forme di concorrenza nel mercato, per esempio la capacità di differenziare i servizi servendo nicchie non coperte, o l’abitudine al multi-homing degli utenti, facilitano anche il ricambio e l’entrata nel mercato, preservandone concorrenza e contendibilità. In conclusione, dall’analisi delle dinamiche dei mercati digitali emerge una naturale tendenza alla concentrazione, non adeguatamente mitigata da fattori che consentono di preservare una qualche forma di concorrenza nel mercato, assieme a una problematica contendibilità delle posizioni dominanti da parte di nuovi concorrenti. Questi elementi si ritrovano assieme all’intenso processo di innovazione che continuamente propone nuovi beni e servizi al pubblico. Concentrazione e innovazione rappresentano i due estremi tra cui le politiche pubbliche devono orientarsi, per contenere la prima senza sacrificare la seconda, un esercizio complesso che ora è tempo di esaminare.

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