È stata lanciata un’app per iPhone e iPad che promette una rivoluzione nell’economia sperimentale. Permetterà la creazione di un laboratorio real-time dislocato in tutto il mondo, per analizzare in modo creativo vari aspetti del comportamento umano di interesse economico. Con molte applicazioni.
UNA APP PER ECONOMISTI
Il Center for Advanced Hindsight della Duke University, diretto dall’economista comportamentale Dan Ariely, ha lanciato sul mercato (Sample) Size Matters, un’app per iPhone e iPad che promette di cambiare il modo in cui gli economisti hanno fatto esperimenti fino a oggi.
Normalmente, i soggetti degli esperimenti economici sono studenti universitari: facili da reclutare, economici perché accettano un pagamento basso, sufficientemente eterogenei come campione da indagare. È evidente, però, che ogni esperimento in “laboratorio”, in una classe o davanti allo schermo del computer, per quanto simuli la situazione che vuole investigare, deve necessariamente astrarre da molti aspetti della realtà che potrebbero risultare decisivi. Questa è la ragione per cui, spesso, non è scontato che i risultati trovati in laboratorio valgano nel mondo reale. La cassetta degli attrezzi del bravo sperimentalista prevede già, oltre agli esperimenti in laboratorio, quelli sul campo (field experiments), che riguardano cioè lo studio del comportamento dei soggetti nel mondo reale. Ovviamente, più ampio è il campione da esaminare (e quindi più è rappresentativo della variabilità rispetto al contesto della questione da investigare) e maggiori sono le difficoltà di costruire un esperimento rigoroso.
Non sarebbe allora magnifico poter sperimentare e raccogliere dati in abbondanza (e immediatamente) “dal vivo”, in circostanze e situazioni di vita reale? È proprio ciò cui mira (Sample) Size Matters: un laboratorio portatile di economia sperimentale real-time dislocato in tutto il mondo. I soggetti di questo laboratorio virtuale sono potenzialmente tutti i possessori di uno smart-phone che, attraverso la app, assolvono ad alcuni compiti, opportunamente progettati da Ariely e il suo team, per analizzare, in modo creativo, vari aspetti del comportamento umano di interesse economico.
Provare per credere. Ecco l’esperimento di benvenuto: “Se una tazza di caffè e una zolletta di zucchero costano 1,10 euro e il caffè costa 1 euro in più della zolletta, quanto costa la zolletta?”. Un quesito ricalcato su quello con cui Daniel Kahneman ha intrattenuto la platea a Stoccolma quando è andato a ritirare il Nobel, che mira a catturare la capacità delle persone di riflettere sui processi cognitivi messi in atto quando si risolve un problema analitico. In questo caso, il problema, apparentemente semplice, è presentato a mo’ di “trabocchetto”. La formulazione della domanda rende immediatamente accessibile alla mente la risposta 10 centesimi. Questa è infatti la soluzione errata suggerita dalla nostra intuizione, che separa naturalmente 100 e 10. Infatti, quasi tutti hanno l’iniziale tendenza a pensare così: “10 centesimi”, che è la risposta impulsiva. Anche chi dà la risposta corretta, 5 centesimi, sentirà per un attimo l’attrazione magnetica che offre la segmentazione in 100 e 10. In questo caso, catturare l’errore consiste immediatamente nello scoprire la risposta giusta. E per catturare l’errore occorre attivare il sistema di controllo: cioè il ragionamento deliberativo. La maggior parte di noi, tuttavia, non lo fa e non riesce ad arginare la tentazione di rispondere 10 centesimi. Il “controllo di qualità” del nostro cervello raziocinante fallisce; la soluzione intuitiva (euristica) ci convince istantaneamente e ha la meglio, facendoci cadere nel trabocchetto come polli. Si tratta di un errore di valutazione che commettiamo in molte situazioni di tutti i giorni, quando ci affidiamo al primo giudizio plausibile che ci viene in mente senza prenderci il disturbo di controllare con un minimo di riflessione. I risultati sperimentali noti fino a oggi dicono che solo il 20 per cento di studenti risponde correttamente alle domande di un test di questo tipo – fanno eccezione gli studenti di economia del Mit che arrivano al 48 per cento. Ma la cosa interessante è che coloro che ottengono alti punteggi in quesiti come questo, hanno solitamente risultati accademici sopra la media.
Ci si rende pertanto conto dell’importanza di poter controllare la variabilità delle risposte a quesiti come questo su scala globale, dall’Antartide allo Zimbabwe – come sbandiera Airely sul suo blog. Dal punto di vista metodologico, inoltre, lavorare avendo a disposizione un campione statistico sterminato e in continua crescita consente di evidenziare possibili regolarità (o deviazioni) del comportamento che non apparirebbero in campioni più piccoli.
(Sample) Size Matters è intuitiva, la si scarica gratuitamente, si crea un account con alcune informazioni (genere, età, fascia di reddito) e si partecipa agli esperimenti. Ci sono diversi ‘giochi’ disponibili, e alcuni sono davvero intriganti.
Per esempio: immaginate di entrare in un bar e di offrire un caffè a chi vi sta davanti in fila (uno dei compiti assegnati è proprio questo). Un semplice gesto gentile, e gentile gratuitamente (con il vantaggio della dimensione ludica), offre l’opportunità, per il ricercatore, di valutare l’effetto della cortesia o di un dono sul benessere delle persone. L’utente deve infatti quantificare, una volta compiuto il gesto, la reazione della persona che ha ricevuto il caffè. E lo fa (pur a sua insaputa) portando il suo contributo di dati e comportamenti al sempre più influente e crescente ambito di ricerca dell’economia della felicità. Ma mentre questo tipo di ricerche, il più delle volte, si basa su questionari somministrati a un campione di popolazione necessariamente piccolo, e in contesti comunque astratti, qui i dati vengono raccolti, per così dire, al centro dell’azione, in situazioni reali, e con la possibilità di controllare per molti fattori che, tradizionalmente, si perdono nell’analisi: l’ora e il luogo in cui una persona risponde, i fattori climatici delle coordinate esatte in cui si trova, che sono determinanti non banali del benessere psico-fisico. Attraverso questo semplice gioco di situazione (in un bar reale, nel mondo reale, in tempo reale) è possibile controllare ipotesi chiave dell’economia sperimentale, concernenti, per esempio, l’attitudine alla reciprocità (o la sua assenza) degli individui. In un solo colpo, e con il vantaggio di un campione statistico davvero ampio (la dimensione del campione c’entra eccome) si può investigare, per esempio, uno degli assunti chiave della teoria economica ortodossa: la motivazione self-interested degli agenti economici. Considerato che è qualcosa di cui su dibatte dai tempi di Adam Smith, si capisce la potenziale rilevanza di questi dati via app. Ariely mira a raccoglierne milioni, per garantirsi i quali ha predisposto un ingegnoso sistema di incentivi: ogni esperimento fa guadagnare dei punti, utilizzabili per acquisti su Amazon e altri siti web. E non ci stupiremmo se questi stessi incentivi diventassero oggetto di analisi. Il database degli esperimenti e dei tasks viene, inoltre, aggiornato periodicamente, e la natura wiki di questa app costituisce un abile strumento per mantenere viva l’attenzione degli utenti. L’aggiornamento continuo crea un senso della narrazione simile all’effetto di un romanzo da cui non ci si riesce a staccare, essenziale per creare dipendenza alla app.
TANTE POSSIBILI APPLICAZIONI
Disporre di statistiche robuste e pulite consente una cartografia sociale molto più precisa. Conoscere bene il territorio significa poter decidere meglio come intervenirci, e ciò apre nuove prospettive anche in termini di policy. Un esperimento disponibile con (Sample) Size Matters, per esempio, indaga le reti delle amicizie dell’utente: quante persone frequenti per lavoro? Quante fanno parte della tua rete familiare? Quante, ancora, sono semplici conoscenti? Mettetevi nei panni di un assessore ai servizi sociali che, in tempi di spending review, si trova a organizzare i propri interventi tentando di razionalizzare le risorse. Una app di questo tipo, inviando semplici domande opportunamente contestualizzate, tese a scoprire quante persone anziane fanno parte della propria rete sociale, consentirebbe di individuare, con precisione geografica a livello di quartiere, specifiche aree di disagio o in cui la copertura delle reti sociali è assente. La rivoluzione mobile consente di creare una sorta di rete di sensori civici che, 24 ore su 24, invia dati reali a un’amministrazione in grado di raccoglierli senza l’invasività (e il costo) di un questionario tradizionale e di provvedere a un aggiornamento continuo, con un “termometro” della soddisfazione o della criticità di un servizio. (1)
Ancora, immaginate di monitorare attraverso uno smart-phone la soddisfazione di due gruppi di famiglie che sono oggetto di una sperimentazione sul ticket sanitario. E di utilizzare in tempo reale quelle informazioni per migliorare la strutturazione del servizio. O per modificare le modalità di pagamento con un semplice click. Questo scenario non è un’utopia irrealizzabile né, tantomeno, una modalità di intervento pubblico asfissiante più della burocrazia che rende le nostre giornate impossibili.
(Sample) Size Matters è una metodologia di ricerca pionieristica che apre la via a una molteplicità di applicazioni di cui abbiamo fornito solo qualche possibile esempio. In realtà, i dati per una riforma in questa direzione ci sarebbero già tutti: si tratta soltanto di avere la visione giusta per incanalarli efficacemente al servizio al cittadino. (2) L’integrazione tra ricerca scientifica e informazione raccolta attraverso una rete sempre più capillare offre un potenziale enorme per il miglioramento delle tecniche di ricerca, per utilizzare la realtà come un laboratorio sociale in cui controllare ipotesi teoriche, e soprattutto per realizzare politiche sempre più fine tuned.
(1) La diffusione degli smart-phone supporta l’argomento che la rappresentatività del campione sia decisamente superiore a quella di una popolazione scelta a caso e sottoposta a un eventuale questionario tradizionale.
(2) In questa direzione, si muove anche il concorso App4Mi, del comune di Milano, fatto apposta per proporre un uso integrato degli opendata disponibili a livello amministrativo.
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antonio gasperi
Interessante anche se non condivido l’entusiasmo degli autori per gli sviluppi prefigurati nell’articolo e ciò per due ordini di motivi, il primo concreto il secondo di principio. Si parte infatti dal presupposto che le motivazioni di chi entrerà in possesso di questa enorme massa di dati siano sempre rivolte al bene comune, mentre essi potranno essere facilmente utilizzati per scopi meno nobili, marketing per citare quello più banale. Poi un dubbio mi assale: non è che i comportamenti sociali siano determinati da un numero enorme di variabili, fra le quali resta indeterminato il sottoinsieme delle variabili che potremmo definire valoriali? E se è così, non è che queste stesse variabili valoriali verranno in parte influenzate con processi e modalità difficilmente modelizzabili proprio dai comportamenti indotti da questi esperimenti sociali su vasta scala? In altri termini, resto dell’idea “novecentesca” che le “leggi dell’economia”, in quanto scienza sociale, non possano avere la robustezza di quelle delle scienze fisico-matematiche.