La pulizia effettuata nel Monte dei Paschi di Siena è stata notevole e coraggiosa. Come mai allora il risanamento è ancora in forse? Il sistema di potere ruotava (e ruota tuttora) intorno all’intreccio malsano tra banca, fondazione e politica. Un dossier ripercorre la crisi della banca più antica del mondo.
La nuova gestione del Monte dei Paschi di Siena è impegnata nel difficile compito di rimettere in piedi la banca, che solo negli ultimi due anni e mezzo ha registrato perdite per oltre 8 miliardi. La crisi di Mps viene da lontano e riflette una crescita tanto intensa quanto squilibrata, che sotto certi punti di vista può essere considerata esemplare delle distorsioni di processi di privatizzazione non sorretti da una governance adeguata e dunque nel nostro caso, degli intrecci perversi tra fondazioni, banche e politica, assieme alla “senesità” che è stata da sempre l’ingrediente fondamentale della gestione della “banca più antica del mondo”.
Dopo la legge Amato-Ciampi, Mps ha voluto trasformarsi in una grande banca nazionale, entrare nei salotti buoni della finanza italiana e del capitalismo di relazioni, mantenere alti livelli di redditività e garantire un flusso continuo di cedole alla Fondazione divenuta azionista di maggioranza assoluta che, attraverso le sue erogazioni, avrebbe dovuto beneficiare il territorio e soprattutto rinsaldare il sistema di potere che ruotava (e ruota tuttora) intorno all’intreccio banca-fondazione-politica. Troppi obiettivi, tutti sulle spalle del profitto della banca.
Vale dunque la pena di ripercorrere la storia del Monte dei Paschi attraverso i suoi bilanci e capire perchè il modello senese di governance ha fallito, se sia ancora possibile il risanamento del Mps (con il sostegno dei Monti-Bond) e cosa può o deve fare una fondazione che ha il patrimonio investito in una banca con scarse prospettive di reddito.
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Giuseppe
Molto interessante. Solo una perplessità: perchè il cost income del 2011 e 2012 citato (80-85%) non corrisponde a quello esposto nel bilancio consolidato del Gruppo, pari rispettivamente a 64,2 e 66%?
Piero
In tutto il mondo la banca sarebbe stata acquisita dallo stato, in Italia e’ ancora un giocattolo della fondazione, tanto pagano sempre i correntisti.
In italia le fondazioni sono i peggiori azionisti delle banche, la politica non è riuscita a sconfiggere tale potere.
Ilaria Lucaroni
sono assolutamente d’accordo sulla prima conclusione in merito ai rapporti Fondazione – banca, nonostante tutta la riforma per la nascita delle Fondazioni bancarie (dalla legge Amato al D.lgs 153/99, fino alle sentenze della Corte Cost.) abbia cercato negli anni di sciogliere questo laccio. La Fondazione Monte dei Paschi era una delle poche a mantenere ancora la quota di maggioranza nella banca conferitaria ma, questione che aveva ben posto Zagrebelsky al XXI° Congresso Acri (testo disponibile online), ravvivando la discussione di una tediosa giornata di autocompiacimento, il peso delle Fondazioni nel sistema bancario continua ad essere significativo a seguito delle aggregazioni bancarie. Così come, nonostante le sentenze della Corte Costituzionale, la presenza pubblica continui ad essere estremamente rilevante attraverso l’autonomia statutaria.
Piero
Il mondo bancario, in Italia, gode di una protezione senza paragoni nel mondo, oltre al caso Mps,possiamo anche vedere lo scandalo dei diritti di opzione del patto RCS, acquistati da Intesa ad un prezzo cento volte superiore al loro valore di mercato, tutto ciò per aiutare gli imprenditori del patto, naturalmente la minusvalenza andrà scaricata sui correntisti; ciò per dire che l’intreccio non è solo con le fondazioni ma anche con le grandi famiglie di imprenditori; di questo problema se ne è palato molto poco.
NewDeal
Sul tema fondazioni POLITICO-bancarie, dovrebbe probabilmento pronunciarsi un costituzionalista, vista la, ingiustificata, pervasiva presenza dello Stato anche in questo settore.
Il tema, ancora incredibilmente irrisolto, e’ quello 1) del credito all’economia reale 2) la stessa esistenza/modello di business delle banche Italiane. ‘A long, dry summer.Smaller banks on Europe’s periphery are still struggling to find funding’-The Economist, 24 Agosto 2013
Pierfrancesco
Come è stato giustamente scritto, l’interferenza della “politica” nella gestione delle banche non è una prerogativa
di MPS, in altre forme è presente in molte banche italiane. La BPM (in
questo caso sono i sindacati) solo per citarne una con aspetti
giudiziari e di risonanza mediatica simili e con anche una acquisizione
(BDL) effettuata a prezzi sproporzionati. Tuttavia non colgo l’accusa che viene mossa alle fondazioni in relazione al non voler guardare ad una redditività di lungo periodo. Chi shareholder che operi a livello globale oggigiorno ha un orizzonte di investimento superiore ai 2/3 anni ? Lo short-termism è un problema, ma non certo solo delle fondazioni bancarie italiane, perchè una soluzione al problema MPS (e simili) dovrebbe essere l’ingresso nel capitale ad esempio di fondi di investimento con orizzonti forse ancor più brevi rispetto a quelli delle fondazioni ?