Le ludopatie continuano a diffondersi. Ma l’Italia non usa l’arma del fisco per frenare il gioco d’azzardo. Le tasse sono alte sul Superenalotto e quasi irrilevanti sul poker on line. Eppure si tratta di un ricco tavolo, da cui si potrebbero ricavare risorse per le casse dello Stato.
I NOSTRI RECORD DI GIOCO
Nel corso della discussione sul decreto “salva-Roma” anche su lavoce.info si era parlato del gioco d’azzardo, con un’analisi dettagliata della popolazione di persone affette da ludopatia o che, in ogni caso, affidano le proprie speranze alla fortuna. L’emendamento al decreto, poi ritirato, che decurtava i trasferimenti ai comuni che prevedono una regolamentazione anti-slot, ha almeno avuto il merito di riaccendere l’attenzione su un tema troppo spesso lasciato in secondo piano. E che invece vale la pena approfondire, anche in considerazione della fiscalità generale, tanto più in un periodo di vacche magre come quello attuale.
Alcuni dati sono significativi. Innanzitutto, l’Italia, con solo l’1 per cento della popolazione mondiale, detiene la ragguardevole quota del 23 per cento del gioco on line su scala mondiale. (1)
Considerando, anche i neonati, la spesa media annuale destinata al gioco d’azzardo supera la cifra di 1.200 euro pro-capite. (2)
Questi non invidiabili record sono riassunti nei dati della tabella seguente, che mostrano il fatturato del gioco d’azzardo in Italia negli ultimi dieci anni, accompagnato dal gettito fiscale raccolto dall’erario.
Tabella 1
Fonte: Elaborazione dati Mef
Si nota un aumento costante e marcato delle entrate da gioco d’azzardo, che si scontra tuttavia con un fisco pressoché immobile. (3) L’ultima colonna rappresenta infatti una sorta di aliquota media implicita che grava sul gioco d’azzardo e che si attesta intorno all’8 per cento.
FISCO POCO INCISIVO
I dati di Ipsos sulla ludopatia ci dicono che nel nostro paese ne sono affette quasi 790mila persone, che rappresentano l’1,6 per cento della popolazione adulta ed è lì che la tassazione può andare a colpire, col doppio vantaggio di rimpinguare le casse dello Stato e combattere, attraverso incentivi distorsivi classici, il gioco d’azzardo. (4)
Tra l’altro, se consideriamo anche chi acquista il tradizionale biglietto della Lotteria Italia, si calcola che siano 36 milioni gli italiani che, almeno una volta all’anno, giocano d’azzardo. (5)
La miopia della classe politica mostra però proprio su questo tema i suoi effetti perversi. Davanti a dati come questi, con una tale metastasi (è la parola più giusta) del gioco on line, ci si aspetterebbe un fisco incisivo ed efficace proprio in quei settori. Invece, da un’elaborazione su dati del ministero dell’Economia e delle Finanze, si ricava la tabella seguente, che mostra le aliquote applicate sui diversi giochi:
Tabella 2
Forse, il legislatore non intende penalizzare settori che producono ricchezza? In effetti, l‘industria del gioco rappresenta una quota non piccola del Pil nazionale: circa il 4 per cento. Tuttavia, bisogna tener conto che, accanto ai circuiti legali, esiste il problema rilevantissimo dell’economia criminale. Si stima, infatti, in 10 miliardi di euro il fatturato della criminalità organizzata connesso alle attività di gioco. (6)
Se ciò non bastasse, ci pare pure opinabile far passare in secondo piano obiettivi sociali ampiamente condivisibili, come la riduzione di una patologia che aumenta le sue vittime. Che sulle ludopatie si sia prossimi al raggiungimento di una soglia critica, è dimostrato anche dalla crescente attenzione della stampa internazionale al fenomeno e alle sue possibili ripercussioni su un clima sociale già teso: il New York Times ha dedicato un servizio a Pavia, capitale italiana del gioco. (7)
Pur con debite riflessioni su quali siano le misure più adeguate per introdurre una fiscalità equa ed efficiente in settori così strategici, ci sembra tuttavia evidente la necessità di intervenire al più presto.
Anche ipotizzando un’elasticità del gioco d’azzardo al fisco molto elevata (cosa che, di fatto, ci auguriamo), troviamo molto ragionevole cercare su questo ricco tavolo il denaro necessario a finanziare gli interventi del Governo, piuttosto che reclamare gli scatti di anzianità maturati dagli insegnanti, ancora una volta dando prova di uno scollamento dal reale delle istituzioni che, sinceramente, preoccupa. Un sano e vecchio intervento di tassazione incisiva delle attività da gioco, andando a intaccare proprio il nostro poco edificante record mondiale, potrebbe essere un punto di partenza interessante sul quale impostare le prossime proposte del ministro Saccomanni. C’è da scommetterci.
(1) Ricerche di NetBetCasino.it in collaborazione con LivePartners, http://www.affaritaliani.it/mediatech/italia-giochi-online180213.html
(2) Rapporto Azzardopoli 2.0 dell’Associazione Libera.
(3) Per il 2013, Agimeg parla del superamento della soglia dei 100 miliardi.
(4) http://video.ilsole24ore.com/TMNews/2013/20131121_video_14110484/00015739-cresce-fenomeno-ludopatiagiocatori-problematici-a-quota-790mila.php
(5) http://espresso.repubblica.it/inchieste/2013/11/19/news/vite-bruciate-alle-slot-una-piaga-che-costa-allo-stato-sei-miliardi-l-anno-1.141480
(6) Sempre dai dati di Libera
(7) http://www.nytimes.com/2013/12/29/world/europe/fears-of-social-breakdown-as-gambling-explodes-in-italy.html
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Luca
La tabella 2 mi sembra irrealistica, in questi casi un link ai dati di partenza non sarebbe male. Che poi, parliamo di tasse sulle vincite? Sul giocato? Sui redditi delle società che operano su questo mercato? Boh.
Marcello Esposito
L’autore inquadra giustamente il problema dell’omogeneizzazione della tassazione delle varie forme di gioco lecito, ma calcola l’aliquota media implicita sulla definizione errata di “fatturato”. Il valore a cui l’autore fa riferimento è infatti la cosiddetta raccolta “lorda”, mentre è necessario considerare la raccolta “netta”, data dalla differenza tra la prima e le vincite. La aliquota media così ricalcolata mostra sempre uno squilibrio tra le varie forme di gioco, ma non di queste dimensioni. Per quanto riguarda la proposta di intervenire sul gioco d’azzardo, qualunque mossa che disincentivi il gambling è benvenuta. Attenzione tuttavia a riferirsi al gioco d’azzardo come ad “un ricco piatto da cui ricavare risorse per le casse dello Stato” o ai ludopatici come a vacche da mungere: “I dati di Ipsos sulla ludopatia ci dicono che nel nostro paese ne sono affette quasi 790mila persone, che rappresentano l’1,6 per cento della popolazione adulta ed è lì che la tassazione può andare a colpire”. Il gioco d’azzardo distrugge capitale umano e sociale. Il Parlamento dovrebbe legiferare per proteggere i cittadini dalla rapacità dell’industria e dell’erario. E se le risorse devono essere reperite, che si pensi prima a recuperare qualcosa dai famosi 90 mld e si lascino stare i ludopatici.
Stefano Caliò
Piccola puntualizzazione: il poker “online” (ovvero il Texas Hold ‘em) non è un gioco d’azzardo, ma un “gioco d’abilità”, come definito dal legislatore in materia. La distinzione spiega l’incidenza della componente aleatoria nel gioco (assoluta ad esempio nella slot machine, parziale in un gioco di carte, specie in quella variante del poker, appunto) e di conseguenza il valore atteso del gioco stesso.
Detto questo, sono favorevole ad un aumento delle aliquote, anche se penso che i più colpiti dovrebbero essere i giochi d’azzardo, se si vuole che la cosa sia “propedeutica”.
informato automatico
Ho trovato questo specchietto che spero vi serva a capire. I giochi sono già tassati in diverse forme: per le Awp o New Slot dei bar (quelle a 1 euro di moneta massimo di giocata e vincita di max 100 euro di moneta) il Preu è al 12,7%+ 0.8 per i Aams i Monopoli + 0,5% per i concessionari (equivale a una tassazione del 56%, la più alta d’Europa e del mondo); il restante 11/12% se lo dividono baristi e i gestori degli apparecchi visto che il resto il 74% va in vincite. Quindi il 74% in vincite, il rimanente 26% suddiviso circa 14/15% Preu/Istat/Concessionarie e l’11/12% suddiviso a metà fra l’esercente barista e il gestore proprietario degli apparecchi che risponde di tutto anche dei furti e la tassa Preu deve versarla ugualmente. Esempio pratico: su 100 euro entrati in monetine in un apparecchio Awp o New slot, 74 euro vanno in media ai giocatori, 14/15 euro allo stato e 5/6 euro per ciascuno al barista e al gestore. Mentre le famigerate VLT o Videolottery quelle anche a 10 euro a partita e vincita da 5 mila euro con jackpot di sala da 100 mila e nazionali da 500 mila – quando ci sono – che vanno solo a banconote anche fino a 500 euro ( a rischio riciclaggio) pagano molto meno: il Preu è al 5%+ 0.8% per Aams, vincita teorica dell’85% ma reale (per un meccanismo infernale di rigioco) del 60/70%; qui i concessionari ci sguazzano. Sono dentro tutte le sale Vlt su cui voi non potete fare nulla perché le licenze sono gestite dalle Questure, dai Monopoli di Stato e dalle concessionarie.